L’analisi dell’esperto per capire come si muovono i mercati

L'Europa sta scoprendo la sua fragilità in un mondo che non aspetta nessuno.

Isabel Schnabel, membro del comitato esecutivo della Banca Centrale Europea e rappresentante della Germania, con un ruolo di rilievo anche nella Bundesbank e figura chiave tra i cosiddetti "falchi" della politica monetaria, ha dichiarato che la BCE dovrebbe fermarsi a riflettere sulla fine dei tagli ai tassi, segnando un cambio di passo a mio parere molto preoccupante.

Mentre l'economia arranca e le tensioni globali impongono una visione strategica, l'Europa continua a muoversi a passo incerto, ostaggio di un'austerità miope e di un'inflessibilità che rischia di condannarla all'irrilevanza.

Le parole di Mario Draghi di inizio settimana sono state uno schiaffo alla politica del "no" perenne. No al debito comune, no alla flessibilità di bilancio, no a uno stimolo fiscale adeguato. L'ex presidente della BCE ha sollevato un punto cruciale: senza un cambio di passo, l'Europa resterà vittima della sua stessa rigidità. Eppure, appena pochi giorni dopo, arriva l'affermazione di Schnabel, che getta un'ombra sulle aspettative di un ulteriore allentamento monetario. Se da una parte la crescita langue, dall'altra la BCE si interroga su rischi inflazionistici ancora nebulosi, alimentando una percezione di paralisi decisionale.

Il punto è che l'Europa sembra incapace di definire una strategia di crescita. Le previsioni economiche restano fiacche, il divario con gli Stati Uniti si allarga, e le tensioni geopolitiche complicano ulteriormente il quadro. Nel frattempo, i mercati prezzano ancora tre tagli ai tassi entro la fine dell'anno, ma la BCE appare divisa sul da farsi.

Anche se l'inflazione si mantiene appena sopra il target del 2%, non dà segnali di surriscaldamento. Il tasso di riferimento è sceso di 125 punti base dall'estate, portandosi al 2,75%, il livello più basso degli ultimi due anni. Eppure, il dibattito interno alla BCE suggerisce che alcuni membri del board siano già pronti a interrompere il ciclo espansivo.

L'idea che la politica monetaria possa essere già sufficientemente accomodante non tiene conto del contesto macroeconomico: una crescita vicina allo zero, salari stagnanti e un'industria manifatturiera che fatica a riprendersi.

Schnabel sottolinea che la neutralità dei tassi è una variabile ancora incerta, e che il limite superiore del "tasso neutrale" potrebbe essere più alto del previsto. Tradotto: la BCE potrebbe avere meno spazio del previsto per allentare la sua politica monetaria.

Ma il problema di fondo non è solo monetario. L'assenza di una politica fiscale coesa e di un piano industriale strutturato lascia l'Europa in balìa degli eventi e prigioniera di regole di bilancio che appartengono a un'altra era.

Questa rigidità decisionale rischia di condurre il continente in un vicolo cieco. Il mondo sta cambiando rapidamente, e le sfide si moltiplicano: dalla transizione energetica alla competizione tecnologica, dalla sicurezza economica alla resilienza industriale. Eppure, ogni tentativo di rispondere a queste sfide è ostacolato da un'inerzia istituzionale che impedisce all'Europa di prendere decisioni coraggiose.

L'incapacità di affrontare questi nodi con una visione strategica alimenta il rischio di una stagnazione strutturale. E questo, anche per chi ha sempre creduto nell'Europa, diventa difficile da ignorare.

Ma per quanto meriti tutte le critiche, questa Europa resta comunque un argine rispetto a chi, da solo, si troverebbe in balìa degli eventi. Senza l'ombrello dell'Unione, un Paese come il nostro, gravato da un debito insostenibile, sarebbe già stato colonizzato. Da chi? Dagli Stati Uniti, dalla Russia o dalla Cina: scegliete voi, per me è irrilevante.
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