La corte di appello di Firenze ha condannato il Ministero dell'Economia e delle Finanze (Mef) a versare 140 mila euro a titolo di indennizzo per oltre 1.000 giorni di ingiusta detenzione a favore di un operaio edile di 60 anni accusato e poi assolto dall'accusa di aver più volte abusato delle figlie minori di 8 e 4 anni.
"Il mio assistito - ha spiegato il difensore Gianluca Gambogi - ha affrontato ben 10 processi in 12 anni e per ben quattro volte, ed è un record, la Suprema Corte di Cassazione gli ha sempre dato ragione. Grazie ai giudici di legittimità si è evitato un errore giudiziario". Il Mef è l'ente statale preposto a liquidare gli indennizzi decisi da sedi giurisdizionali per la riparazione di errori giudiziari.
Nella vicenda, in primo grado l'uomo era stato condannato per violenza sessuale aggravata in abbreviato a 7 anni e 6 mesi, pena che venne ridotta a 5 anni in appello. Nel maggio del 2015 ci fu l'annullamento in Cassazione della sentenza di secondo grado. Poi seguì una nuova condanna in appello e, ancora, un nuovo annullamento della Suprema corte in accoglimento del ricorso della difesa, per illogicità della sentenza impugnata che non sarebbe stata coerente con la valutazione delle prove. Il processo è tornato così di nuovo davanti ai giudici di secondo grado che hanno deciso di riaprire l'istruttoria per ascoltare la testimonianza della madre delle piccole. Nel febbraio del 2020 la sentenza di assoluzione, confermata nel 2021 della Cassazione.
A questo punto dopo oltre 1.000 giorni di detenzione, l'operaio ha presentato domanda di riparazione per ingiusta detenzione. La corte d'appello, stavolta in sede civile, con ordinanza depositata nel maggio 2023, ha respinto la richiesta ritenendo che l'uomo, al momento dell'interrogatorio di garanzia, non avesse contraddetto in maniera adeguata le accuse e che fosse un suo onere farlo. La decisione viene impugnata. La Cassazione accoglie il ricorso e dispone un nuovo processo d'appello. "I giudici della Suprema Corte - spiega l'avvocato Gambogi - stabiliscono un principio di fondamentale importanza per la tutela di tutti i diritti soggettivi dei cittadini e cioè che le risposte ad un interrogatorio o il silenzio sono facoltà assoluta dell'imputato che attiene al diritto di difesa e che non può incidere in alcun caso al diritto di riparazione dell'ingiusta detenzione".
La corte di appello applicando il principio della Cassazione ha condannato il Mef a risarcire l'operaio edile: 140 mila euro di indennizzo oltre al pagamento delle spese processuali per tutta la durata del processo per ingiusta detenzione.
"Il mio assistito - ha spiegato il difensore Gianluca Gambogi - ha affrontato ben 10 processi in 12 anni e per ben quattro volte, ed è un record, la Suprema Corte di Cassazione gli ha sempre dato ragione. Grazie ai giudici di legittimità si è evitato un errore giudiziario". Il Mef è l'ente statale preposto a liquidare gli indennizzi decisi da sedi giurisdizionali per la riparazione di errori giudiziari.
Nella vicenda, in primo grado l'uomo era stato condannato per violenza sessuale aggravata in abbreviato a 7 anni e 6 mesi, pena che venne ridotta a 5 anni in appello. Nel maggio del 2015 ci fu l'annullamento in Cassazione della sentenza di secondo grado. Poi seguì una nuova condanna in appello e, ancora, un nuovo annullamento della Suprema corte in accoglimento del ricorso della difesa, per illogicità della sentenza impugnata che non sarebbe stata coerente con la valutazione delle prove. Il processo è tornato così di nuovo davanti ai giudici di secondo grado che hanno deciso di riaprire l'istruttoria per ascoltare la testimonianza della madre delle piccole. Nel febbraio del 2020 la sentenza di assoluzione, confermata nel 2021 della Cassazione.
A questo punto dopo oltre 1.000 giorni di detenzione, l'operaio ha presentato domanda di riparazione per ingiusta detenzione. La corte d'appello, stavolta in sede civile, con ordinanza depositata nel maggio 2023, ha respinto la richiesta ritenendo che l'uomo, al momento dell'interrogatorio di garanzia, non avesse contraddetto in maniera adeguata le accuse e che fosse un suo onere farlo. La decisione viene impugnata. La Cassazione accoglie il ricorso e dispone un nuovo processo d'appello. "I giudici della Suprema Corte - spiega l'avvocato Gambogi - stabiliscono un principio di fondamentale importanza per la tutela di tutti i diritti soggettivi dei cittadini e cioè che le risposte ad un interrogatorio o il silenzio sono facoltà assoluta dell'imputato che attiene al diritto di difesa e che non può incidere in alcun caso al diritto di riparazione dell'ingiusta detenzione".
La corte di appello applicando il principio della Cassazione ha condannato il Mef a risarcire l'operaio edile: 140 mila euro di indennizzo oltre al pagamento delle spese processuali per tutta la durata del processo per ingiusta detenzione.
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