Il 27% dei reparti di medicina interna toscani in overbooking ma circa un quarto dei ricoveri potrebbe essere evitato con una migliore presa in carico del territorio e più prevenzione. Carenza cronica poi di personale nel 90% delle unità operative, con la quasi totalità dei medici che non ha più tempo o ne ha troppo poco per fare ricerca. E' quanto emerge da un'indagine condotta tra marzo ed aprile da Fadoi, la Federazione dei medici internisti ospedalieri.
"Nelle medicine interne - si spiega - si può dire che la sottoutilizzazione dei posti letto sia un fenomeno inesistente: nessuna delle unità operative ha un tasso di utilizzo inferiore al 50% e nessuna tra il 51 e il 70%. Ma mentre il 73% dei reparti occupa tra il 70 e il 100% dei letti a disposizione, il 27% va appunto in overbooking. Ciò significa poi avere pazienti assistiti magari su una lettiga in corridoio. Ad acuire il tutto c'è poi la carenza di personale, riscontrata nel 90% dei casi".
"La situazione potrebbe essere un po' più gestibile se si potessero evitare i ricoveri impropri, frutto di una difficoltà di presa in carico dei servizi territoriali, centrati in larga parte sulla rete degli studi dei medici di famiglia, anche loro sempre meno numerosi e con un numero in eccesso di pazienti da dover seguire. Mediamente un ricovero su quattro poteva essere evitato", percentuale che sale "a oltre il 30% nel 18% delle unità operative".
Discorso "analogo per la mancata prevenzione": dagli stili di vita scorretti al "più basso finanziamento pubblico d'Europa per la prevenzione", a causa di tutto ciò un quarto degli assistiti "finisce in ospedale, quando avrebbe potuto evitarlo. Nei reparti il 25% dei ricoveri è dovuto alla poca prevenzione".
Per l'indagine Fadoi invece, se la riforma della sanità territoriale ancora arranca nell'evitare i ricoveri "altrettanto non si può dire per chi viene dimesso: la percentuale di chi va a casa ma con l'assistenza domiciliare integrata attivata è salita al 54%, il 45% in un'altra struttura intermedia".
Per la riforma dallo studio emerge "un mix di speranza e scetticismo rispetto all'operatività delle nuove strutture che dovranno aprire i battenti entro il giugno 2026", come evidenzia anche il presidente Fadoi Toscana Giancarlo Tintori. Riguardo alle case di comunità per il 73% dei medici potranno effettivamente ridurre il numero dei ricoveri "ma bisognerà vedere come verranno realizzate".
Simile la risposta fornita dal 72% dei medici rispetto agli ospedali di comunità a gestione infermieristica. Per il 9% degli interpellati, invece, nessun beneficio arriverà da case e ospedali di comunità, fermo restando che per i medici il 23% dei ricoverati potrebbe essere dimesso più rapidamente con queste nuove strutture se ben funzionanti. Dato questo quadro non stupisce, si spiega, "se il 45% degli internisti dichiara di non trovare più tempo per fare ricerca, mentre il 55% ne fa meno di quanto vorrebbe".
"Nelle medicine interne - si spiega - si può dire che la sottoutilizzazione dei posti letto sia un fenomeno inesistente: nessuna delle unità operative ha un tasso di utilizzo inferiore al 50% e nessuna tra il 51 e il 70%. Ma mentre il 73% dei reparti occupa tra il 70 e il 100% dei letti a disposizione, il 27% va appunto in overbooking. Ciò significa poi avere pazienti assistiti magari su una lettiga in corridoio. Ad acuire il tutto c'è poi la carenza di personale, riscontrata nel 90% dei casi".
"La situazione potrebbe essere un po' più gestibile se si potessero evitare i ricoveri impropri, frutto di una difficoltà di presa in carico dei servizi territoriali, centrati in larga parte sulla rete degli studi dei medici di famiglia, anche loro sempre meno numerosi e con un numero in eccesso di pazienti da dover seguire. Mediamente un ricovero su quattro poteva essere evitato", percentuale che sale "a oltre il 30% nel 18% delle unità operative".
Discorso "analogo per la mancata prevenzione": dagli stili di vita scorretti al "più basso finanziamento pubblico d'Europa per la prevenzione", a causa di tutto ciò un quarto degli assistiti "finisce in ospedale, quando avrebbe potuto evitarlo. Nei reparti il 25% dei ricoveri è dovuto alla poca prevenzione".
Per l'indagine Fadoi invece, se la riforma della sanità territoriale ancora arranca nell'evitare i ricoveri "altrettanto non si può dire per chi viene dimesso: la percentuale di chi va a casa ma con l'assistenza domiciliare integrata attivata è salita al 54%, il 45% in un'altra struttura intermedia".
Per la riforma dallo studio emerge "un mix di speranza e scetticismo rispetto all'operatività delle nuove strutture che dovranno aprire i battenti entro il giugno 2026", come evidenzia anche il presidente Fadoi Toscana Giancarlo Tintori. Riguardo alle case di comunità per il 73% dei medici potranno effettivamente ridurre il numero dei ricoveri "ma bisognerà vedere come verranno realizzate".
Simile la risposta fornita dal 72% dei medici rispetto agli ospedali di comunità a gestione infermieristica. Per il 9% degli interpellati, invece, nessun beneficio arriverà da case e ospedali di comunità, fermo restando che per i medici il 23% dei ricoverati potrebbe essere dimesso più rapidamente con queste nuove strutture se ben funzionanti. Dato questo quadro non stupisce, si spiega, "se il 45% degli internisti dichiara di non trovare più tempo per fare ricerca, mentre il 55% ne fa meno di quanto vorrebbe".
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