In una nota il consigliere comunale del Pd Edoardo Amato ha criticato la politica del Governo circa l'applicazione della legge 194: “La pubblicazione del report annuale sull’attuazione della legge 194 in Italia è in ritardo di sette mesi. In 46 anni è la prima volta. Mentre l’ISTAT ha già pubblicato i dati del 2022, il Ministero della Salute è fermo al 2021.
Questo ritardo sommato all’emendamento al disegno di legge “Pnrr-quater”, che prevede la possibilità per le associazioni pro-vita di entrare nei consultori pubblici, solleva domande sul vero motivo di questa situazione. Il ministero parla di questioni tecniche, ma legittimamente ci chiediamo: è davvero così o è una scelta politica?
Fornire i dati non è una concessione: è un obbligo sancito dalla legge che richiede al Ministro della Sanità di presentare entro febbraio una relazione sull’applicazione della legge 194.
Questo appello viene da Firenze, dalla Toscana. Una delle regioni dove il numero di obiettori è, relativamente, più basso (46,3% dato ARS 2023), in una situazione complessiva gravissima. In Italia, nonostante il calo delle interruzioni volontarie della gravidanza negli ultimi quarant’anni la disponibilità di medici non obiettori è ancora insufficiente in molte regioni, e il carico di lavoro per questi medici è estremamente variabile. In Sicilia, ad esempio, un medico non obiettore arriva a praticare fino a 13,4 aborti a settimana.
Nelle regioni con alto tasso di obiezione e l’accesso ai consultori è limitato, le donne si vedono costrette a ricorrere a pratiche non sicure o clandestine, aggravando i rischi fisici e psicologici.
Oltre a una celere pubblicazione del Report, serve ripensare il sistema di raccolta e diffusione dei dati. Servono dati aperti e disaggregati che forniscano un quadro chiaro e completo della situazione per ogni struttura ospedaliera, poiché solo così le informazioni possono permettere alle donne di scegliere con consapevolezza. A tutto questo si aggiunge la carenza di informazioni accessibili, come la mappa aggiornata dei consultori sul sito del Ministero della Salute, che presenta strutture non più operative e manca di un portale dedicato e multilingue per l’interruzione di gravidanza. Inoltre, senza questi dati, non è possibile monitorare efficacemente l’applicazione della legge 194.
Garantire un accesso sicuro all’aborto è una questione di salute pubblica e di diritti umani, un obbligo che ogni Stato dovrebbe assumere per proteggere e rispettare la dignità delle donne”.
Questo ritardo sommato all’emendamento al disegno di legge “Pnrr-quater”, che prevede la possibilità per le associazioni pro-vita di entrare nei consultori pubblici, solleva domande sul vero motivo di questa situazione. Il ministero parla di questioni tecniche, ma legittimamente ci chiediamo: è davvero così o è una scelta politica?
Fornire i dati non è una concessione: è un obbligo sancito dalla legge che richiede al Ministro della Sanità di presentare entro febbraio una relazione sull’applicazione della legge 194.
Questo appello viene da Firenze, dalla Toscana. Una delle regioni dove il numero di obiettori è, relativamente, più basso (46,3% dato ARS 2023), in una situazione complessiva gravissima. In Italia, nonostante il calo delle interruzioni volontarie della gravidanza negli ultimi quarant’anni la disponibilità di medici non obiettori è ancora insufficiente in molte regioni, e il carico di lavoro per questi medici è estremamente variabile. In Sicilia, ad esempio, un medico non obiettore arriva a praticare fino a 13,4 aborti a settimana.
Nelle regioni con alto tasso di obiezione e l’accesso ai consultori è limitato, le donne si vedono costrette a ricorrere a pratiche non sicure o clandestine, aggravando i rischi fisici e psicologici.
Oltre a una celere pubblicazione del Report, serve ripensare il sistema di raccolta e diffusione dei dati. Servono dati aperti e disaggregati che forniscano un quadro chiaro e completo della situazione per ogni struttura ospedaliera, poiché solo così le informazioni possono permettere alle donne di scegliere con consapevolezza. A tutto questo si aggiunge la carenza di informazioni accessibili, come la mappa aggiornata dei consultori sul sito del Ministero della Salute, che presenta strutture non più operative e manca di un portale dedicato e multilingue per l’interruzione di gravidanza. Inoltre, senza questi dati, non è possibile monitorare efficacemente l’applicazione della legge 194.
Garantire un accesso sicuro all’aborto è una questione di salute pubblica e di diritti umani, un obbligo che ogni Stato dovrebbe assumere per proteggere e rispettare la dignità delle donne”.
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