Proseguono le audizioni della commissione sanità del Consiglio regionale, presieduta da Enrico Sostegni (Pd), per gli approfondimenti sulla proposta di legge di iniziativa popolare 'Procedure e tempi per l'assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della sentenza della Corte costituzionale 242/2019'.
La commissione ha ascoltato ieri pomeriggio l'Osservatorio di bioetica di Siena, il Movimento per la vita, l'Associazione medici cattolici italiani, la Fondazione Ant, il Centro studi 'Rosario Livatino', il Network 'Ditelo sui tetti', che avevano inviato richiesta di essere ascoltati.
Alessandro Candido, docente di diritto costituzionale all'Università di Milano-Bicocca, è intervenuto per il network 'Ditelo sui tetti'. Secondo il suo giudizio "nessuna legge regionale può intervenire su questa materia e l'assenza di una specifica normativa nazionale non vale in alcun modo a renderla legittima. Legiferare in questa materia da parte delle Regioni costituisce una fuga in avanti".
Sulla stessa linea Carmelo Leotta, docente di diritto penale all'Università europea di Roma, intervenuto per il centro studi 'Rosario Livatino': "Questo testo va ben oltre tempi e modalità, ha un contenuto innovativo fondamentale rispetto a quello della sentenza 242 della Corte costituzionale. Si trasforma la richiesta di suicidio assistito in un diritto soggettivo, compiendo un salto qualitativo che dovrebbe portare a introdurre anche l'obiezione di coscienza, cosa che non è possibile".
In rappresentanza del Movimento per la vita, è intervenuto Leonardo Bianchi, docente di Diritto costituzionale all'Università di Firenze: "Su temi di questo tipo non si possono venire a determinare ingiustificabili disparità di trattamento, in contrasto con la Costituzione e con principi supremi della stessa Carta costituzionale".
Secondo Carla Minacci, dell'associazione Medici cattolici italiani, "il diritto alla vita è indisponibile a tutela prioritariamente dei più fragili. Non dovremo andare nella direzione di riconoscere un diritto a uccidere".
Silvia Leoni, è intervenuta per la Fondazione Ant: "Chiediamo prima di tutto di garantire l'accesso alle cure palliative. Non posso pensare che una persona malata abbia meno valore e non possiamo accettare la cultura dello scarto".
Secondo Giuliana Ruggeri, presidente dell'Osservatorio di bioetica di Siena: "In ballo c'è una libertà che non può diventare un diritto. Si vuole che la morte sia deliberata, avallata e consentita dal sistema sanitario nazionale".
La commissione ha ascoltato ieri pomeriggio l'Osservatorio di bioetica di Siena, il Movimento per la vita, l'Associazione medici cattolici italiani, la Fondazione Ant, il Centro studi 'Rosario Livatino', il Network 'Ditelo sui tetti', che avevano inviato richiesta di essere ascoltati.
Alessandro Candido, docente di diritto costituzionale all'Università di Milano-Bicocca, è intervenuto per il network 'Ditelo sui tetti'. Secondo il suo giudizio "nessuna legge regionale può intervenire su questa materia e l'assenza di una specifica normativa nazionale non vale in alcun modo a renderla legittima. Legiferare in questa materia da parte delle Regioni costituisce una fuga in avanti".
Sulla stessa linea Carmelo Leotta, docente di diritto penale all'Università europea di Roma, intervenuto per il centro studi 'Rosario Livatino': "Questo testo va ben oltre tempi e modalità, ha un contenuto innovativo fondamentale rispetto a quello della sentenza 242 della Corte costituzionale. Si trasforma la richiesta di suicidio assistito in un diritto soggettivo, compiendo un salto qualitativo che dovrebbe portare a introdurre anche l'obiezione di coscienza, cosa che non è possibile".
In rappresentanza del Movimento per la vita, è intervenuto Leonardo Bianchi, docente di Diritto costituzionale all'Università di Firenze: "Su temi di questo tipo non si possono venire a determinare ingiustificabili disparità di trattamento, in contrasto con la Costituzione e con principi supremi della stessa Carta costituzionale".
Secondo Carla Minacci, dell'associazione Medici cattolici italiani, "il diritto alla vita è indisponibile a tutela prioritariamente dei più fragili. Non dovremo andare nella direzione di riconoscere un diritto a uccidere".
Silvia Leoni, è intervenuta per la Fondazione Ant: "Chiediamo prima di tutto di garantire l'accesso alle cure palliative. Non posso pensare che una persona malata abbia meno valore e non possiamo accettare la cultura dello scarto".
Secondo Giuliana Ruggeri, presidente dell'Osservatorio di bioetica di Siena: "In ballo c'è una libertà che non può diventare un diritto. Si vuole che la morte sia deliberata, avallata e consentita dal sistema sanitario nazionale".
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