Secondo quanto riportato questa mattina dal Corriere Fiorentino, il Governo ha elaborato una bozza di progetto di riforma dell’attività di medici di famiglia e pediatri di libera scelta che, in sostanza, diventerebbero dipendenti del sistema sanitario pubblico.
La riforma, precisa il quotidiano, varrebbe solo per i neoassunti e per i professionisti che decidessero di aderire al nuovo inquadramento.
Sono tre gli obiettivi della riforma proposta dal ministro della Salute Orazio Schillaci: far seguire le indicazioni delle Asl ai professionisti, spostare le attività assistenziali all’interno delle Case di Comunità, garantire ai pazienti assistenza costante portando il servizio minimo da 15 a 38 ore settimanali.
Per bilanciare questa riforma, riporta il quotidiano, sembra ne sia stata elaborata un’altra (anche se al momento anche per questa si parla solo di una bozza) da parte di Forza Italia, che invece prevederebbe un regime più discrezionale per medici e pediatri diviso in diciotto ore settimanali in Casa di Comunità e venti di libera scelta mantenendo l’inquadramento professionale.
Sulla riforma per il momento la Regione Toscana mantiene un atteggiamento prudente: riporta il Corriere Fiorentino che prima di esprimere qualunque valutazione l’assessore regionale alla sanità Simone Bezzini intende prima dare un’occhiata al testo della riforma.
Meno entusiasti, per usare un eufemismo, sono i sindacati dei medici, che al quotidiano manifestano tutti posizioni contrarie.
Pietro Dattolo, presidente dell’Ordine dei Medici di Firenze, fa leva sulla necessità di conservare il rapporto fiduciario fra medico e paziente mettendo in guardia dalle possibili conseguenze che riassorbire l’attività della medicina di base all’interno delle Case di Comunità può avere.
Assolutamente contrari sono i sindacati dei medici di base e dei pediatri: Niccolò Biancalani, segretario regionale della Fimmig, prevede che anche nel settore dell’assistenza di base nascerà e prolifererà il settore privato a discapito di quello pubblico, mentre Paolo Biasci, segretario regionale del Fimp, sostiene che la riforma distruggerà il rapporto di fiducia medico-paziente e la capillarità del servizio sanitario sul territorio, con un deciso peggioramento della qualità dell’attività svolta.
La riforma, precisa il quotidiano, varrebbe solo per i neoassunti e per i professionisti che decidessero di aderire al nuovo inquadramento.
Sono tre gli obiettivi della riforma proposta dal ministro della Salute Orazio Schillaci: far seguire le indicazioni delle Asl ai professionisti, spostare le attività assistenziali all’interno delle Case di Comunità, garantire ai pazienti assistenza costante portando il servizio minimo da 15 a 38 ore settimanali.
Per bilanciare questa riforma, riporta il quotidiano, sembra ne sia stata elaborata un’altra (anche se al momento anche per questa si parla solo di una bozza) da parte di Forza Italia, che invece prevederebbe un regime più discrezionale per medici e pediatri diviso in diciotto ore settimanali in Casa di Comunità e venti di libera scelta mantenendo l’inquadramento professionale.
Sulla riforma per il momento la Regione Toscana mantiene un atteggiamento prudente: riporta il Corriere Fiorentino che prima di esprimere qualunque valutazione l’assessore regionale alla sanità Simone Bezzini intende prima dare un’occhiata al testo della riforma.
Meno entusiasti, per usare un eufemismo, sono i sindacati dei medici, che al quotidiano manifestano tutti posizioni contrarie.
Pietro Dattolo, presidente dell’Ordine dei Medici di Firenze, fa leva sulla necessità di conservare il rapporto fiduciario fra medico e paziente mettendo in guardia dalle possibili conseguenze che riassorbire l’attività della medicina di base all’interno delle Case di Comunità può avere.
Assolutamente contrari sono i sindacati dei medici di base e dei pediatri: Niccolò Biancalani, segretario regionale della Fimmig, prevede che anche nel settore dell’assistenza di base nascerà e prolifererà il settore privato a discapito di quello pubblico, mentre Paolo Biasci, segretario regionale del Fimp, sostiene che la riforma distruggerà il rapporto di fiducia medico-paziente e la capillarità del servizio sanitario sul territorio, con un deciso peggioramento della qualità dell’attività svolta.
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