“Servono più controlli e i rinnovi dei contratti collettivi” affermano i lavoratori

Il mondo delle RSA è finito sotto la lente di ingrandimento dell’opinione pubblica da quando tre persone sono tragicamente decedute a seguito di un’intossicazione alimentare in alcune case di riposo nel fiorentino.
Un aspetto contro il quale i sindacati puntano il dito è che le residenze sono intese come business e non come un servizio.

Come scrive questa mattina La Nazione citando diversi sindacalisti, nelle RSA si cerca di ridurre i costi di gestione adottando diverse soluzioni, come ad esempio annacquare il latte che viene servito agli ospiti o, in generale, provare a risparmiare sul cibo, come spiega al quotidiano Andrea Nerini della Fp Cisl.

Ma il cibo, e quindi anche il pasto, rappresentano anche un importante momento di convivialità e socialità per gli ospiti, e quindi risparmiare sulla qualità del cibo “è ancora più scandaloso” afferma Beatrice Stanzani della Uilp Toscana, che poi aggiunge che “chi prepara all’interno delle strutture il mangiare è più attento a diete o bisogni degli ospiti”.

Il quotidiano fornisce anche una stima dei costi medi giornalieri per il pasto di ogni persona ospitata nella RSA: tra i 4 e 14 euro secondo la Cisl, fino a 13 secondo Francesca Conte, presidente di Arat, associazione che gestisce 11 case di riposo sul territorio.

A scatenare però lo sdegno dei sindacati, riporta La Nazione, è il tentativo di risparmiare sul costo del personale: se, da una parte, Francesco Belli di Fp Cgil respinge nettamente l’ipotesi che sia stato il rinnovo del contratto collettivo la causa dell’aumento delle rette, dall’altra la Cisl con Raffaella Comodo puntualizza che risparmiare sul personale significa offrire un servizio di qualità inferiore: “Servono più controlli seri, non come adesso che si sa quando arrivano” commenta.

E poi c’è la questione delle retribuzioni, troppo basse per attirare nuovi professionisti nel settore, tant’è che un infermiere impiegato in una RSA guadagna, mediamente, il 30% in meno di uno che lavora nel settore pubblico: uno squilibrio che potrebbe essere superato con il rinnovo del contratto collettivo e l’adeguamento della retribuzione.

Infine, a pesare sulla qualità del servizio è anche la scarsità di personale specializzato, specialmente Oss, dato che nelle strutture sempre più spesso arrivano persone che hanno bisogno di assistenza medica specifica: secondo i parametri fissati dalla Regione Toscana e citati questa mattina da La Nazione, in ogni RSA ci dovrebbe essere un Oss ogni cinque pazienti, un infermiere ogni dieci, un fisioterapista e un animatore ogni quaranta.

Conclude con amarezza Belli: “Ci arrivano segnalazioni di situazioni in cui ci sono quattro infermieri in totale”.
Condividi
La funzionalità è stata disattivata perché si avvale di cookies (Maggiori informazioni)

Attiva i cookies