"Sono contento di celebrare questa eucaristia nel 47/o anniversario della morte di Giorgio La Pira. Saluto le autorità presenti e ringrazio per l'invito la Fondazione La Pira, la comunità dei frati predicatori e il rettore della Basilica padre Fabrizio. E' un momento importante di questi primi mesi di servizio come vescovo di Firenze perché in questo giorno, da quasi 50 anni, la città si ritrova a riflettere sulla particolare vocazione che le deriva dal lascito profetico, cioè genuinamente politico, della vicenda lapiriana: lascito che interpella tutti, credenti e non credenti". Così l'arcivescovo Gherardo Gambelli, nell'omelia proclamata stasera nella Basilica di San Marco per il 47/o anniversario della morte del professor Giorgio La Pira (1904-1977) che fu sindaco di Firenze.
"Questa particolare vocazione implica prima di tutto il coraggio di costruire il tessuto sociale della città sulla solidarietà fattiva su cui la nostra Costituzione, grazie anche all'apporto di La Pira, ha disegnato l'architettura di una democrazia sostanziale e non solo formale - ha sottolineato Gambelli - Questa particolare vocazione coinvolge inoltre Firenze nel servizio alla pace che si costruisce sui precisi fondamenti del diritto e della giustizia fra i popoli, del disarmo e del superamento della logica della guerra, inefficace e non compatibile con le sfide dell'umanità del XXI secolo. Tralasciare questo lascito non significa solo disconoscere un passato più o meno mitizzato, ma tradire le giovani e future generazioni".
"Questo lascito, invece - conclude Gambelli - costituisce "un'opportunità favorevole" che noi fiorentini - credenti e non credenti - siamo chiamati a cogliere come la possibilità di Vita nuova che a ogni generazione è dato di vivere, così come ci dice il Vangelo di oggi".
"Questa particolare vocazione implica prima di tutto il coraggio di costruire il tessuto sociale della città sulla solidarietà fattiva su cui la nostra Costituzione, grazie anche all'apporto di La Pira, ha disegnato l'architettura di una democrazia sostanziale e non solo formale - ha sottolineato Gambelli - Questa particolare vocazione coinvolge inoltre Firenze nel servizio alla pace che si costruisce sui precisi fondamenti del diritto e della giustizia fra i popoli, del disarmo e del superamento della logica della guerra, inefficace e non compatibile con le sfide dell'umanità del XXI secolo. Tralasciare questo lascito non significa solo disconoscere un passato più o meno mitizzato, ma tradire le giovani e future generazioni".
"Questo lascito, invece - conclude Gambelli - costituisce "un'opportunità favorevole" che noi fiorentini - credenti e non credenti - siamo chiamati a cogliere come la possibilità di Vita nuova che a ogni generazione è dato di vivere, così come ci dice il Vangelo di oggi".
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