La storia della Palazzina Indiano Arte

Siepi che nascondono la droga, spaccio tra i vialetti ed episodi di criminalità trascinati dalla dipendenza, brutte storie quotidiane che si consumano come tizzoni nell'ombra, ma c'è anche altro alla fine del parco monumentale delle Cascine. Le Cascine sono un caso ancora aperto.

Tra il nuovo appello della sindaca Sara Funaro al ministro Piantedosi e l'opposizione che torna alla carica sulla dotazione del taser alla polizia municipale come chiede il consigliere Guglielmo Mossuto, in viale degli Olmi due uomini vengono fermati dai carabinieri per il possesso di oltre 100 dosi tra crack ed eroina. E domani la questione sicurezza alle Cascine sarà al centro di un apposito Cosp, comitato per l'ordine pubblico. Ma all'altro capo del parco, oltre la paura, c'è uno spazio che resiste, un avamposto di cultura.

È la Palazzina Indiano Arte, per gli amici Pia, la casa bianca dove ogni giorno Virgilio, Lucia e Alessio aprono le porte alla città. Dopo annidi abbandono, occupazioni e tentativi di rilancio, lo spazio è gestito oggi, in concessione, dal Centro nazionale di produzione per la danza Virgilio Sieni, sostenuto dalla Fondazione CR Firenze e dal Comune di Firenze.

«Mi ci portava mio nonno - ricorda Virgilio Sieni, direttore artistico
di Pia - e fin dall'inizio l'ho immaginato come uno spazio poetico e suggestivo dove meditare sulla natura. Alla confluenza di due fiumi, immerso nella natura». Lucia si occupa degli spazi culturali, Alessio apre il bar e punto ristoro.

«All'inizio abbiamo sofferto gli anni di abbandono, accoglievamo chi cercava rifugio perché fuggiva da possibili aggressioni - ricorda il direttore artistico, e noto coreografo fiorentino - Oggi è un presidio sempre aperto, un laboratorio permanente, una residenza per artisti, dove si incontrano famiglie, anziani e giovani studenti. Un centro artistico dedicato alla relazione tra corpo e natura dove aprire una riflessione critica sulla frequentazione dei parchi pubblici».

Per l'inaugurazione un corteo di 200 persone, dal Maggio fino a Pia e anche oggi il modo migliore per raggiungere l'indiano è passeggiare.

«Ogni giorno facciamo 5mila passi dal piazzale del Re e ritorno - raccontano Teresa e Domenico, insieme da una vita - perché siamo anziani e abbiamo bisogno di camminare, ma anche di ascoltare i pensieri. Non abbiamo paura, sappiamo che c'è sempre qualcuno alla fine del viale».

«Il bar è frequentato fin dal mattino - dice Alessio mentre prepara il caffè - e sono tranquillo, anche se il furto subito ad aprile mi ha messo in apprensione. Siamo un punto di
riferimento e non molliamo, tra cortesie, sorrisi e colazioni pagate ci supportiamo a vicenda».

Ma la notte c'è ancora paura.

«Abbiamo provato a restare aperti fino a tarda sera in estate, ma essendo rimasti l'unica attività in zona - dice Alessio - ci siamo accorti che al calare del sole le persone riprendono la strada di casa. Per questo motivo in inverno chiudiamo poco dopo il tramonto».

«Siamo un presidio sociale - aggiunge Lucia - dove circolano le idee e dove ogni elemento è natura, dal geco che dorme sulla terrazza panoramica al leccio che diventa scenografia».

«I fiorentini sono di casa - ne è felice Sieni - arrivano da piazza Puccini, via Baracca e San Donnino, ma anche dall'Isolotto grazie alla passerella. E nel fine settimana con i turisti c'è la folla».

Qui si sta come il purgatorio tra l'inferno e il paradiso. "Ricorditi di me che son la Pia" è la citazione dantesca all'ingresso della Palazzina alla fine del mondo, "riposati de la lunga via".

Fonte: Repubblica

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