"Dopo che ho fatto affiggere i manifesti contro il velo islamico ho subito minacce di morte da esponenti arabi e anche da italiani e durante l'8 marzo, con mia grande sorpresa, le femministe hanno invaso la città di Roma e imbrattato i miei manifesti. Sopra di essi ne hanno affissi altri a sostegno di Hamas e della Palestina, cosa incredibile per chi dovrebbe difendere i diritti delle donne. Ho ricevuto in passato minacce con proiettili, ora mi hanno scritto che 'avrebbero ballato sulla mia tomba', mi hanno augurato la morte e mi hanno detto che non capivo nulla di Islam". Lo ha detto Susanna Ceccardi, europarlamentare della Lega, ospite di KlausCondicio, il web talk di Klaus Davi su YouTube.
"Ho allertato le autorità, attualmente le scorta fortunatamente non ce l'ho, io non ho paura ma la mia famiglia un pochino sì: vivo con i miei genitori, mio marito e mia figlia molto piccola che hanno iniziato a dimostrare un po’ di timore", ha reso noto la leghista.
"Sono pronta”, continua Ceccardi, “a diffondere un 'dress code' delle donne islamiche per aiutarle concretamente a trovare lavoro. L'occupazione è molto bassa: credo si debba dare un'informazione di quali siano le nostre regole e i nostri costumi per una vera integrazione. Sfido chiunque ad andare ad un colloquio con il passamontagna: non c'è nessuna discriminazione ma il candidato avrebbe un comportamento non conforme alla legge italiana. Se le donne musulmane vogliono trovare lavoro in Italia non devono avere problemi a patto che rispettino le convenzioni e la legge.
Quindi no al burqa perché copre interamente il volto. Lo hijab, che è quello che ho messo nel mio manifesto, copre tutto eccetto gli occhi e non garantisce anch'esso la riconoscibilità. Diverso è il velo che copre soltanto i capelli ed è quello che può essere tollerato dalla legge italiana", conclude Ceccardi.
"Ho allertato le autorità, attualmente le scorta fortunatamente non ce l'ho, io non ho paura ma la mia famiglia un pochino sì: vivo con i miei genitori, mio marito e mia figlia molto piccola che hanno iniziato a dimostrare un po’ di timore", ha reso noto la leghista.
"Sono pronta”, continua Ceccardi, “a diffondere un 'dress code' delle donne islamiche per aiutarle concretamente a trovare lavoro. L'occupazione è molto bassa: credo si debba dare un'informazione di quali siano le nostre regole e i nostri costumi per una vera integrazione. Sfido chiunque ad andare ad un colloquio con il passamontagna: non c'è nessuna discriminazione ma il candidato avrebbe un comportamento non conforme alla legge italiana. Se le donne musulmane vogliono trovare lavoro in Italia non devono avere problemi a patto che rispettino le convenzioni e la legge.
Quindi no al burqa perché copre interamente il volto. Lo hijab, che è quello che ho messo nel mio manifesto, copre tutto eccetto gli occhi e non garantisce anch'esso la riconoscibilità. Diverso è il velo che copre soltanto i capelli ed è quello che può essere tollerato dalla legge italiana", conclude Ceccardi.
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