"Ormai le parole non bastano più. Non basta indignarsi, esprimere cordoglio, vicinanza, organizzare visite per toccare con mano la drammatica situazione di carceri fatiscenti dove tutto sembra possibile tranne riabilitazione e una vita dignitosa. Se questo stillicidio non viene interrotto, saremo tutti complici".
Così il garante regionale Giuseppe Fanfani dopo il suicidio stamani di un 39enne recluso nel carcere fiorentino di Sollicciano, il secondo in meno di 12 ore in Toscana: ieri a Prato si è tolto la vita un altro detenuto, 32 anni. "Questo sistema detentivo genera solo disperazione e morte" commenta.
Sulla struttura fiorentina il garante si è espresso più volte: "Deve essere abbattuto e dismesso. Non risponde ad alcuno dei requisiti e delle finalità previste dalla Costituzione" e cita anche l'istituto di Prato "sostanzialmente nelle stesse condizioni di Sollicciano".
"Non ci si suicida per caso - commenta ancora -. Si sceglie di morire a trenta anni quando si è sopraffatti dalla disperazione, dalla mancanza di speranza o anche solo di una parola di conforto. In carcere manca tutto, ma manca soprattutto una prospettiva di riabilitazione e di reinserimento. Manca una mano amica che ti accompagni in un percorso riabilitativo. Nessuno in questi lunghi anni lo ha compreso o ha avuto il coraggio di misurarsi con questo impegno e la politica in genere ha dimostrato di non essere né disponibile né preparata".
Così il garante regionale Giuseppe Fanfani dopo il suicidio stamani di un 39enne recluso nel carcere fiorentino di Sollicciano, il secondo in meno di 12 ore in Toscana: ieri a Prato si è tolto la vita un altro detenuto, 32 anni. "Questo sistema detentivo genera solo disperazione e morte" commenta.
Sulla struttura fiorentina il garante si è espresso più volte: "Deve essere abbattuto e dismesso. Non risponde ad alcuno dei requisiti e delle finalità previste dalla Costituzione" e cita anche l'istituto di Prato "sostanzialmente nelle stesse condizioni di Sollicciano".
"Non ci si suicida per caso - commenta ancora -. Si sceglie di morire a trenta anni quando si è sopraffatti dalla disperazione, dalla mancanza di speranza o anche solo di una parola di conforto. In carcere manca tutto, ma manca soprattutto una prospettiva di riabilitazione e di reinserimento. Manca una mano amica che ti accompagni in un percorso riabilitativo. Nessuno in questi lunghi anni lo ha compreso o ha avuto il coraggio di misurarsi con questo impegno e la politica in genere ha dimostrato di non essere né disponibile né preparata".
Condividi
La funzionalità è stata disattivata perché si avvale di cookies (Maggiori informazioni)
Attiva i cookies
Attiva i cookies