«Ho ancora tanto da fare, vado avanti». L’avvocato Roberto d’Ippolito nonostante la malattia avesse minato il suo fisico non si dava per vinto. «Bisogna sempre andare avanti, ti pare?», ripeteva con quel sorriso che non ha mai perso chiudendo la frase sempre con quel punto interrogativo che era il punto di partenza per conversazioni che potevano andare avanti per ore. Se n’è andato ieri (11 marzo) a 67 anni. Ha vissuto sempre a Firenze, era nato a Volterra (Pisa) ma era calabrese di origine e aveva un forte legame con quella terra. «Ho un grande desiderio di vedere il mare, farei l’autostop per farmi portare laggiù», uno degli ultimi desideri espressi.
Da sempre impegnato come parte civile nei procedimenti contro la criminalità organizzata, aveva assistito la Fondazione Caponnetto nei processi per mafia, era stato parte civile in quello per la strage di via dei Georgofili e per la morte di Lea Garofalo, uccisa dalla ‘ndrangheta. La storia della testimone di giustizia di Petilia Policastro, in provincia di Crotone, sciolta nell’acido nel novembre 2019, se l’era presa a cuore. Si era battuto fino alla fine perché venisse riconosciuta l’aggravante mafiosa e non fosse semplicemente un delitto passionale. È stato anche parte civile nel processo sulle stragi naziste di Vallucciolle.
Dal 1980, per dieci anni, è stato consigliere comunale di Scandicci della Dc e poi coordinatore regionale del Movimento della Rete, nata dopo l’esperienza della Primavera di Palermo di Leoluca Orlando. Nel 2020 aveva fondato l’associazione «Politica Ora!» per dare un contributo al riutilizzo dei beni confiscati alla mafia.
«Professionista serio e una persona per bene» lo ricorda il procuratore generale di Firenze Ettore Squillace Greco. «Lo conoscevo dai tempi del liceo — racconta Paola Pasquinuzzi e consigliere dell’Ordine degli avvocati di Firenze – faceva parte dei gruppi cattolici ed era un ragazzo controcorrente in una scuola in cui tutti gli studenti erano di sinistra. Grande collega e bella persona». «Gli voglio un gran bene e ne parlo ancora al presente — esclama l’avvocato Gianluca Gambogi — Ci eravamo conosciuti 40 anni fa, giovani esponenti del mondo cattolico: lui militava nei giovani della Dc io mi occupavo di Pastorale Giovanile in Diocesi. C’è un’esperienza che ci ha unito per sempre, lui segretario regionale della Rete ai tempi di Orlando e io candidato alla Camera. Conoscemmo padre Sorge e padre Pintacuda e una sera ci ritrovammo a parlare di cosa volesse dire essere cristiani». «Persona leale e molto preparata — dice l’avvocato Federico Bagattini — anteponeva le ragioni dell’umanità alle ultime sentenze della Cassazione. È una perdita enorme che sento in modo particolare perché si nutriva della stessa cultura professionale nella quale io mi riconosco». «Sapeva sempre considerare le ragioni degli altri ma non per questo veniva meno alle sue posizioni», è il ricordo dell’avvocato Eriberto Rosso, segretario dell’Unione delle camere penali. «Perdiamo un valido professionista e perdo un amico», dice Pietro Dattolo, presidente Ordine dei Medici.
I funerali mercoledì 13 marzo alle 15 alla Badia Fiesolana.
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