Oggi e domani, nel cartellone del Festival del Maggio Musicale Fiorentino, la prima assoluta della nuova creazione del coreografo Roberto Zappalà con la sua compagnia di danza: "L'après midi d'un Faune, Boléro, Le Sacre du Printemps (trilogia dell'estasi)".
Tre grandi composizioni classiche e per Zappalà anche "sacre" - che hanno segnato il percorso coreografico e musicale del secolo scorso - e che ora compongono un unico spettacolo, unite dal comune denominatore del linguaggio chiaro e selvaggio del coreografo catanese, sulle splendide musiche di Claude Debussy, Maurice Ravel ed Igor Stravinskij. Un lavoro per 14 danzatori e 10 comparse che vedrà per le date catanesi al Teatro Massimo Bellini (6/13 ottobre) con l'esecuzione dal vivo della musica a cura dell'orchestra dello stesso teatro, diretta da Vitali Alekseenok.
La sfida e la scommessa di questa trilogia è quella di trovare un nuovo immaginario che tenendo conto del passato, forte della maturità acquisita, personalizzi un mondo che ha già un potere evocativo immenso. Il lavoro sullo spazio è una componente fondamentale tanto che Roberto Zappalà crea un "dispositivo scenico" unico e valido per le tre composizioni musicali, che limita, amplifica, "modifica", la danza. Il primo spunto concettuale della creazione è ispirato ad un tragico fatto di cronaca accaduto durante una festa in una villa nella campagna romana agli inizi del 2021 sul quale si innesta un'evocazione dell'iconica sequenza della festa in Eyes wide shut di Kubrick; entrambi, episodio di cronaca nera e scene cinematografiche, vengono liberamente trasfigurate dall'immaginario visivo e coreografico di Zappalà.
La creazione è appunto realizzata in un set unico per tutte e tre i lavori.
Ne L'après midi d'un faune, (già rappresentato in forma di studio con un solo danzatore, negli anni passati) l'esclusione, il sentirsi estranei, il non potere o volere partecipare a una socialità forzata, quasi obbligata, ha una "via di fuga" in un erotismo sognato e vagheggiato, in parte onanistico; in Boléro, al contrario, l'inclusione, il vizio, la lussuria sono soggetti a una sessualità apparentemente libera ma in realtà sottomessa a una ritualità che prevarica sugli stessi partecipanti al rito; e, infine, ne Le Sacre du Printemps, la persecuzione e il sacrificio è collettivo e non individuale e sono parte integrante del rito che viene messo in scena. Per citare il titolo di un vecchio film di Lelouch che si conclude appunto con le riprese del Boléro di Ravel/Béjart si tratta sempre di danzare con e per "gli uni e gli altri". L'accento come sempre è sulle relazioni umane, in particolare qui sui rapporti tra uomini e donne: negati, esaltati, violati in una "riflessione" coreografica sulle derive della società contemporanea
Tre grandi composizioni classiche e per Zappalà anche "sacre" - che hanno segnato il percorso coreografico e musicale del secolo scorso - e che ora compongono un unico spettacolo, unite dal comune denominatore del linguaggio chiaro e selvaggio del coreografo catanese, sulle splendide musiche di Claude Debussy, Maurice Ravel ed Igor Stravinskij. Un lavoro per 14 danzatori e 10 comparse che vedrà per le date catanesi al Teatro Massimo Bellini (6/13 ottobre) con l'esecuzione dal vivo della musica a cura dell'orchestra dello stesso teatro, diretta da Vitali Alekseenok.
La sfida e la scommessa di questa trilogia è quella di trovare un nuovo immaginario che tenendo conto del passato, forte della maturità acquisita, personalizzi un mondo che ha già un potere evocativo immenso. Il lavoro sullo spazio è una componente fondamentale tanto che Roberto Zappalà crea un "dispositivo scenico" unico e valido per le tre composizioni musicali, che limita, amplifica, "modifica", la danza. Il primo spunto concettuale della creazione è ispirato ad un tragico fatto di cronaca accaduto durante una festa in una villa nella campagna romana agli inizi del 2021 sul quale si innesta un'evocazione dell'iconica sequenza della festa in Eyes wide shut di Kubrick; entrambi, episodio di cronaca nera e scene cinematografiche, vengono liberamente trasfigurate dall'immaginario visivo e coreografico di Zappalà.
La creazione è appunto realizzata in un set unico per tutte e tre i lavori.
Ne L'après midi d'un faune, (già rappresentato in forma di studio con un solo danzatore, negli anni passati) l'esclusione, il sentirsi estranei, il non potere o volere partecipare a una socialità forzata, quasi obbligata, ha una "via di fuga" in un erotismo sognato e vagheggiato, in parte onanistico; in Boléro, al contrario, l'inclusione, il vizio, la lussuria sono soggetti a una sessualità apparentemente libera ma in realtà sottomessa a una ritualità che prevarica sugli stessi partecipanti al rito; e, infine, ne Le Sacre du Printemps, la persecuzione e il sacrificio è collettivo e non individuale e sono parte integrante del rito che viene messo in scena. Per citare il titolo di un vecchio film di Lelouch che si conclude appunto con le riprese del Boléro di Ravel/Béjart si tratta sempre di danzare con e per "gli uni e gli altri". L'accento come sempre è sulle relazioni umane, in particolare qui sui rapporti tra uomini e donne: negati, esaltati, violati in una "riflessione" coreografica sulle derive della società contemporanea
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