“… quando una rosa muore non c’è spina che la trattenga. Perché siamo come le lucciole: nelle tenebre, brilliamo”. La prosa poetica di Enrico Zoi, autore per lo più di libri su cinema e teatro e di racconti e fiabe illustrate (con il figlio Filippo), è condensata in un piccolo volume dal titolo curioso e di sicuro inedito fino a questa pubblicazione: “Delinguare cerillarius” (I libri di Mompracem).
“Queste due parole non esistono”, spiega Zoi, “ma me le porto dentro da quarant’anni, da una notte d’estate in Grecia quando sognai un foglio bianco con queste due parole; mi rimasero impresse, a casa poi controllai sul dizionario, ma, pur essendo di chiara ispirazione latina, non esistono. Non significando niente erano perfette per questo libro che non è un saggio o una storia con degli intenti ben precisi, ma è il più personale di tutti quelli che ho scritto, in cui mi ci riconosco tantissimo e per questo lo definisco il più ‘zoico’ di tutti”.
A Itaca, in Via San Domenico, Enrico Zoi presenta il suo “Diario tirrenico di un sospeso sentire”, questo il sottotitolo, con Paolo Ciampi. Massimo Blaco legge dei brani e Filippo Zoi parla delle sue illustrazioni, per la prima volta in bianco e nero.
“La mia è una scrittura non per sottrazione ma per addizione, un flusso di coscienza”, dice Zoi, “sono pensieri nati nei momenti vuoti di una vacanza all’Argentario, scritti su uno smartphone, poi integrati con dei post su facebook e altri brani. In quel periodo ero sotto l’influsso delle letture, da un lato, della Recherche di Marcel Proust e, dall’altro, dei tre volumi di Enrico Ruggini dedicati a una delle più grandi esperienze medianiche della storia, il Cerchio Firenze 77”.
Che cosa è l’Argentario per lei?
“Il rifugio nel bosco, con la mia famiglia ci andiamo dal 1978. Un punto bello per isolarsi dal mondo, dove puoi leggere, scrivere, dormire, in una sospensione del tempo difficile da raggiungere in città”.
Un libro intimo e familiare?
“Non è un libro sulle memorie familiari, in parte sì, ma più che altro di memorie rivolte a un domani interrogandosi sul senso della vita”.
Nel libro rende omaggio a suo padre.
“L’Argentario era il suo luogo magico, penso all’oleandro piantato da lui, lì sento sempre la sua presenza, anche se è morto venticinque anni fa”.
Nella foto da sinistra: Massimo Blaco, Filippo Zoi, Enrico Zoi, Paolo Ciampi
“Queste due parole non esistono”, spiega Zoi, “ma me le porto dentro da quarant’anni, da una notte d’estate in Grecia quando sognai un foglio bianco con queste due parole; mi rimasero impresse, a casa poi controllai sul dizionario, ma, pur essendo di chiara ispirazione latina, non esistono. Non significando niente erano perfette per questo libro che non è un saggio o una storia con degli intenti ben precisi, ma è il più personale di tutti quelli che ho scritto, in cui mi ci riconosco tantissimo e per questo lo definisco il più ‘zoico’ di tutti”.
A Itaca, in Via San Domenico, Enrico Zoi presenta il suo “Diario tirrenico di un sospeso sentire”, questo il sottotitolo, con Paolo Ciampi. Massimo Blaco legge dei brani e Filippo Zoi parla delle sue illustrazioni, per la prima volta in bianco e nero.
“La mia è una scrittura non per sottrazione ma per addizione, un flusso di coscienza”, dice Zoi, “sono pensieri nati nei momenti vuoti di una vacanza all’Argentario, scritti su uno smartphone, poi integrati con dei post su facebook e altri brani. In quel periodo ero sotto l’influsso delle letture, da un lato, della Recherche di Marcel Proust e, dall’altro, dei tre volumi di Enrico Ruggini dedicati a una delle più grandi esperienze medianiche della storia, il Cerchio Firenze 77”.
Che cosa è l’Argentario per lei?
“Il rifugio nel bosco, con la mia famiglia ci andiamo dal 1978. Un punto bello per isolarsi dal mondo, dove puoi leggere, scrivere, dormire, in una sospensione del tempo difficile da raggiungere in città”.
Un libro intimo e familiare?
“Non è un libro sulle memorie familiari, in parte sì, ma più che altro di memorie rivolte a un domani interrogandosi sul senso della vita”.
Nel libro rende omaggio a suo padre.
“L’Argentario era il suo luogo magico, penso all’oleandro piantato da lui, lì sento sempre la sua presenza, anche se è morto venticinque anni fa”.
Nella foto da sinistra: Massimo Blaco, Filippo Zoi, Enrico Zoi, Paolo Ciampi
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