James Ellroy viene accolto alla libreria cinema Giunti Odeon come una rockstar e lui non tradisce le attese urlando uno yeah liberatorio, personificando così in un certo senso la sua scrittura. Ospite de La città dei lettori, progetto culturale a cura di Fondazione CR Firenze e Associazione Wimbledon APS con la direzione di Gabriele Ametrano, Ellroy presenta il suo ultimo romanzo, Gli incantatori (Einaudi).
Dopo un omaggio a Maurizio Pollini, “il più grande pianista del mondo” scomparso poco tempo fa, Ellroy legge il primo capitolo, tradotto all’istante da Simona Caldera, quindi stende una gamba sul tavolo e risponde alle domande di Gianni Santucci del “Corriere della Sera”.
INTERVISTA A JAMES ELLROY
Si sente un po’ come Freddy Otash, il suo protagonista? “La creazione è in parte autobiografica, però io non sono mai stato così cattivo come lui anche se abbiamo delle cose in comune”.
Quali? “Fin da ragazzo sono sempre stato molto curioso di sapere che cosa succedeva nelle vite degli altri, i dettagli. Crescendo, mi sono interessato ai crimini, alle indagini, al chi ha fatto cosa, chi sarà ritenuto colpevole, qual è la psicopatologia del criminale, giustizia sarà fatta? Antonioni con Blow-up mi ha fatto capire come io avrei guardato questo mondo pieno di bugie”.
Il maestro del noir ha 76 anni e parla chiaro. “Sono cresciuto a Los Angeles dopo la seconda guerra mondiale e il mio papà era la persona più scurrile che abbia mai conosciuto”. Ellroy rivisita la storia americana a modo suo, tra finzione e realtà, personaggi inventati e veri, nel contesto criminale della trama. Stavolta il punto di inizio è una calda notte d’agosto del 1962 quando a Los Angeles viene ritrovato il cadavere di Marilyn Monroe. La storia reale si intreccia alla finzione, la sparizione di una giovane attrice rapita. Delle indagini si occuperà il detective Freddy Otash.
“Cerco di dare nei miei romanzi la mia versione senza filtri e un po’ selvaggia, verosimile della verità. In relazione alla morte di Marilyn Monroe i dati medici sono ambigui così ho avuto molto spazio per romanzare questo evento”.
Chi sono gli incantatori? “Negli anni Sessanta la gente cercava l’incanto, un particolare modo di vita; la prima a pronunciare quella parola è l’insegnante di recitazione di
Marilyn”.
E se Gli incantatori diventasse un film? “L.A. Confidential e Dalia Nera le hanno trasformate in schifezze”.
La scrittrice Joyce Carol Oates la definì “il Dostoevskij americano”. Che ne pensa? “Mi fa sembrare di alto livello ma ... Non mi interessa la letteratura minimalista, sociale, realista, le tragedie americane, Faulkner non l’ho mai letto, Hemingway lo trovo noioso. Leggo solo storie noir ed è appunto quello che scrivo”.
Dopo un omaggio a Maurizio Pollini, “il più grande pianista del mondo” scomparso poco tempo fa, Ellroy legge il primo capitolo, tradotto all’istante da Simona Caldera, quindi stende una gamba sul tavolo e risponde alle domande di Gianni Santucci del “Corriere della Sera”.
INTERVISTA A JAMES ELLROY
Si sente un po’ come Freddy Otash, il suo protagonista? “La creazione è in parte autobiografica, però io non sono mai stato così cattivo come lui anche se abbiamo delle cose in comune”.
Quali? “Fin da ragazzo sono sempre stato molto curioso di sapere che cosa succedeva nelle vite degli altri, i dettagli. Crescendo, mi sono interessato ai crimini, alle indagini, al chi ha fatto cosa, chi sarà ritenuto colpevole, qual è la psicopatologia del criminale, giustizia sarà fatta? Antonioni con Blow-up mi ha fatto capire come io avrei guardato questo mondo pieno di bugie”.
Il maestro del noir ha 76 anni e parla chiaro. “Sono cresciuto a Los Angeles dopo la seconda guerra mondiale e il mio papà era la persona più scurrile che abbia mai conosciuto”. Ellroy rivisita la storia americana a modo suo, tra finzione e realtà, personaggi inventati e veri, nel contesto criminale della trama. Stavolta il punto di inizio è una calda notte d’agosto del 1962 quando a Los Angeles viene ritrovato il cadavere di Marilyn Monroe. La storia reale si intreccia alla finzione, la sparizione di una giovane attrice rapita. Delle indagini si occuperà il detective Freddy Otash.
“Cerco di dare nei miei romanzi la mia versione senza filtri e un po’ selvaggia, verosimile della verità. In relazione alla morte di Marilyn Monroe i dati medici sono ambigui così ho avuto molto spazio per romanzare questo evento”.
Chi sono gli incantatori? “Negli anni Sessanta la gente cercava l’incanto, un particolare modo di vita; la prima a pronunciare quella parola è l’insegnante di recitazione di
Marilyn”.
E se Gli incantatori diventasse un film? “L.A. Confidential e Dalia Nera le hanno trasformate in schifezze”.
La scrittrice Joyce Carol Oates la definì “il Dostoevskij americano”. Che ne pensa? “Mi fa sembrare di alto livello ma ... Non mi interessa la letteratura minimalista, sociale, realista, le tragedie americane, Faulkner non l’ho mai letto, Hemingway lo trovo noioso. Leggo solo storie noir ed è appunto quello che scrivo”.
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