«Non so cosa sia successo: ho un vuoto», racconta a verbale una giovane promessa della scherma dell’Uzbekistan che denuncia ai poliziotti del Commissariato di San Vitale (Roma) di essere stata violentata durante un ritiro della Federscherma a Chianciano Terme (Siena), come rivelato ieri da Il Messaggero.
Le sue parole di fronte agli investigatori risalgono al 9 agosto: «È accaduto la notte tra il 4 e il 5», dice la ragazza, che in quel momento ha 17 anni. Alla polizia spiega: «Eravamo andati a festeggiare di fronte al pub dell’hotel. Ho bevuto solo una bevanda analcolica, poi non ricordo più nulla. Quando mi sono risvegliata non ero in camera mia, ma in un’altra stanza. Ero molto confusa. Supino su di me c’era un ragazzo, un altro stava dormendo di lato e un terzo si stava rivestendo».
Le sue parole di fronte agli investigatori risalgono al 9 agosto: «È accaduto la notte tra il 4 e il 5», dice la ragazza, che in quel momento ha 17 anni. Alla polizia spiega: «Eravamo andati a festeggiare di fronte al pub dell’hotel. Ho bevuto solo una bevanda analcolica, poi non ricordo più nulla. Quando mi sono risvegliata non ero in camera mia, ma in un’altra stanza. Ero molto confusa. Supino su di me c’era un ragazzo, un altro stava dormendo di lato e un terzo si stava rivestendo».
Ancora: «Provo ad alzarmi, ma accuso dei dolori. Alla fine riesco ad andare in camera mia e a raccontare cosa è accaduto alla mia compagna di stanza. Mi faccio una doccia, chiamo mia madre e le dico tutto». La mamma della ragazza arriva poco dopo a Chianciano e la porta al pronto soccorso, dove denuncia lo stupro raccontando la vicenda ai carabinieri della stazione di Chiusi (Siena).
L’atleta va poi al Bambino Gesù di Roma per le prime cure. Due giorni dopo va all’ospedale San Giovanni. Sul suo corpo ha ancora ecchimosi e traumi diffusi. Gli esami tossicologici evidenziano tracce di droga nelle urine: un’anomalia per un’atleta periodicamente sottoposta a controlli. «Sono distrutta e sconvolta, la mia vita non è più la stessa», continua a ripetere lei.
L’atleta va poi al Bambino Gesù di Roma per le prime cure. Due giorni dopo va all’ospedale San Giovanni. Sul suo corpo ha ancora ecchimosi e traumi diffusi. Gli esami tossicologici evidenziano tracce di droga nelle urine: un’anomalia per un’atleta periodicamente sottoposta a controlli. «Sono distrutta e sconvolta, la mia vita non è più la stessa», continua a ripetere lei.
Nel frattempo la pm Serena Menicucci della Procura di Siena apre un’inchiesta per violenza sessuale aggravata dalla minorata difesa. Sul registro degli indagati finiscono — lo scorso anno — tre giovani atleti: un minorenne di 17 anni, un milanese di 20 anni e un foggiano di 18 anni. A loro la polizia sequestra i telefoni cellulari. «Non posso dire se hanno fatto delle riprese», dice la presunta vittima. Anche il cellulare della giovane atleta viene preso dagli inquirenti.
«Conoscevo di vista quei tre ragazzi ma non ci ho mai parlato a parte uno al quale ho detto ciao», spiega la giovane che, il giorno dopo il presunto stupro, riceve sul suo cellulare un messaggio da parte di uno dei tre indagati: «Stai bene?».
L’avvocato Luciano Guidarelli, legale della ragazza, chiede alla Federscherma di sospendere gli indagati in via cautelare, per evitare all’atleta di incontrare durante le gare chi ha denunciato, «come invece è avvenuto già lo scorso settembre a Istanbul quando la mia assistita è stata costretta a cambiare hotel. Ho provato a dirlo a Federscherma che però non ha preso alcun provvedimento: il suo presidente non mi ha mai ricevuto».
La Federscherma è di avviso contrario: «Tutto falso. La Federazione ha dettagliatamente risposto all’avvocato, depositando anche la nomina della Federazione per una costituzione di parte civile nell’eventuale giudizio, qualora venisse disposto dalla giustizia ordinaria».
La Federscherma è di avviso contrario: «Tutto falso. La Federazione ha dettagliatamente risposto all’avvocato, depositando anche la nomina della Federazione per una costituzione di parte civile nell’eventuale giudizio, qualora venisse disposto dalla giustizia ordinaria».
L’avvocato Guido Settimj della Federazione dice: «Abbiamo mandato una Pec all’avvocato per spiegare — dopo alcune interlocuzioni con la Procura — che non erano stati ravvisati estremi per i provvedimenti cautelari».
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