La Fiorentina sta attraversando uno dei momenti più difficili della stagione. Le cause sono molteplici, ma tutte riconducono a un'involuzione preoccupante della squadra.
Al centro della questione c’è Stefano Pioli: scelto per la sua esperienza e conoscenza dell’ambiente, finora non è riuscito a incidere sul gioco e sull'identità della squadra. Tuttavia, la società lo conferma con forza, sottolineando fiducia e unità d’intenti. La sosta servirà per analisi approfondite, confronti interni e correzioni, anche sul piano tattico.
Albert Gudmundsson è uno dei simboli della crisi: l’islandese, fortemente voluto e titolare in quattro gare su sei in campionato, appare bloccato dalla pressione e incapace di offrire quel salto di qualità che ci si aspettava da lui. Male anche Gosens, irriconoscibile rispetto al passato, e Fagioli, spento e involuto.
La squadra fatica anche sul piano difensivo: 5 degli 8 gol subiti sono arrivati da palla inattiva, segnale di distrazione e poca organizzazione. In attacco la coppia Kean-Piccoli non funziona: alternanza inefficace e intesa mai nata.
Anche il centrocampo è in affanno, con Mandragora e Nicolussi Caviglia che non convincono pienamente.
Con il ciclo di ferro post-sosta — Milan, Rapid Vienna, Inter e Bologna — servirà una scossa: tecnica, mentale e societaria. Altrimenti, i sogni europei rischiano di svanire già in autunno.
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