Il tecnico scommette tutto sul modulo e si gioca la permanenza alla Fiorentina

La Fiorentina di Palladino ha finalmente trovato la sua identità, tornando al 3-5-2, il modulo con cui aveva dato inizio alla stagione, ma che inizialmente sembrava poco adatto alle caratteristiche dei giocatori. Dopo aver provato il 4-2-3-1 tra ottobre e dicembre con discreti risultati, il mercato invernale ha portato con sé nuove necessità tattiche, costringendo la squadra a un ulteriore adattamento. Il ritorno al 3-5-2, però, si è rivelato decisivo, anche se non privo di difficoltà iniziali che hanno comportato una leggera flessione in classifica.

I vari aggiustamenti tattici hanno permesso a diversi elementi della squadra di emergere. Ad esempio, Pongracic, che in un primo momento sembrava non essere adatto a giocare nella difesa a tre, è diventato una colonna portante, relegando Comuzzo in panchina. L'arrivo di Pablo Marí ha conferito esperienza e solidità alla retroguardia, mentre il centrocampo, formato da Cataldi, Mandragora e Fagioli, ha offerto un perfetto mix di qualità e grinta. Gosens ha trovato finalmente la posizione ideale, mentre in attacco Gudmundsson si è rivelato il compagno ideale per Kean. Senza la necessità di ricorrere alle ali tradizionali come Sottil e Ikoné, la Fiorentina ha costruito un reparto offensivo più compatibile con il modulo scelto e con gli obiettivi stagionali.

Il processo di adattamento non è stato immediato. Dalla partenza con il 3-4-2-1, che ha visto sperimentazioni tattiche e numerosi cambi di protagonisti, si è arrivati gradualmente al 3-5-2 definitivo. È stato necessario del tempo, ma alla fine i risultati sono arrivati. Le vittorie in Conference League e la prestazione convincente contro la Juventus hanno dato la fiducia necessaria alla squadra, che ora guarda con ottimismo all'Europa 2025-26 e al possibile trionfo nella competizione europea in corso.

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