Il ricordo del set e del regista Monicelli, del quale ricorre il 110mo anniversario della nascita

Cinquant’anni fa nelle sale cinematografiche italiane usciva “Amici Miei”, l’immortale capolavoro di Mario Monicelli (del quale oggi ricorre anche il 110mo anniversario della nascita) che ha consacrato la comicità toscana nell’Olimpo del cinema italiano.

Un’opera che ancora a mezzo secolo di distanza non smette di far ridere gli spettatori, catturandone ancora l’attenzione e catapultandoli in un mondo che, forse, ormai non esiste più.

A ricordare i giorni del set a Firenze e il regista Monicelli è oggi, sulle pagine di La Repubblica Firenze, la compagna del grande regista, Chiara Rapaccini, che su quel set arrivò come semplice comparsa, ma che giorno dopo giorno seppe catturare l’attenzione di Monicelli fino a diventare una “comparsa fissa” nel film e sua compagna di vita.

E, racconta la stessa Rapaccini, passare dal teatro al cinema non fu semplice: diversa aria, diversi modi, diverse persone, un mondo completamente alieno e quasi sovrastante, un mondo, come le spiegò lo stesso Monicelli, in cui era necessario mantenere il polso fermo e deciso per saper reagire a qualunque imprevisto potesse capitare.

E nelle parole di Rapaccini, il film di Monicelli riprende forma, dalla leggendaria scena degli schiaffi alla stazione di Santa Maria Novella a quella, alla quale è più affezionata, della fioraia in piazza Santissima Annunziata.

Con quel film, racconta ancora Rapaccini a Repubblica, Monicelli sapeva di aver celebrato la comicità toscana, molto più tagliente e acida di quella che allora andava per la maggiore al cinema, cioè quella meridionale. Ma al tempo stesso, l’indimenticabile regista non si capacitava di come il pubblico andasse al cinema a vedere un film considerandolo qualcosa di comico: “Perché in realtà era un film sulla morte” spiega Rapaccini.

Ancora oggi, lei come tantissime altre persone, continuano a guardare quel film che compie cinquant’anni ma che sta ancora benissimo.


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