Paolo Ruffini dialoga, diverte, improvvisa. È alla Feltrinelli in Piazza della Repubblica per il suo ultimo libro, Benito, presente! (Baldini + Castoldi), ma a tratti sembra di essere a teatro e infatti dopo andrà al Verdi per il musical “Sapore di mare”.
“Ho fatto Colorado e i cinepanettoni”, dice Ruffini a proposito delle etichette che si assegnano alle persone, “ma anche un documentario sull’Alzheimer e lavoro coi disabili e quando faccio queste cose, come scrivere un libro, la frase che mi sento dire spesso è ‘pensavo che fossi un coglione’. La mia risposta è che lo sono, di mestiere faccio il coglione e lo rivendico perché è un mestiere nobile, dè, che mi consente sempre di stupire”.
Con Andrea Falcone, Ruffini parla del protagonista del suo libro, il professor Edoardo Meucci, spigoloso, nostalgico di una sinistra che non c’è più. Un giorno, mentre spiega il ventennio durante la sua lezione di filosofia, reagisce in malo modo a uno studente che dice che Mussolini ha comunque fatto delle cose buone, lo prende per un braccio e lo butta fuori. I genitori fascisti minacciano di denunciarlo e il preside lo sospende dal liceo, mandandolo a insegnare in una scuola elementare a Predappio. Pure lì, però, viene ripreso dalla preside per i suoi atteggiamenti aggressivi. La mattina dopo c’è un temporale e, correndo, sbatte contro il collega Luigi. Un tuono innesca uno shock spazio-temporale che li catapulta in quella stessa scuola, ma nel 1890, infatti quando torna in classe fa l’appello e legge “Mussolini Benito”. Si alza un bimbo di sette anni che dice “Presente!” e da lì si sviluppa il tema principale del libro come viene riportato nel sottotitolo: “Se tornassi indietro nel tempo e diventassi il maestro elementare di un futuro dittatore?”
Come nella serie tv Dark o nei film Ritorno al futuro, Non ci resta che piangere e Ricomincio da capo, Edoardo e Luigi tornano indietro nel tempo. Verso Mussolini bambino, i due hanno reazioni diverse, mentre il primo vorrebbe educarlo, il secondo, anarco-insurrezionalista, lo ammazzerebbe subito.
“Il libro vive di queste due anime: voi che cosa fareste?” Chiede Ruffini.
“Anche il peggiore di noi ha avuto un’innocenza. Pure da bambino, però, Mussolini non era tranquillo, a nove anni accoltellò alla schiena un compagno con una penna stilografica”.
Ruffini come era da bambino?
“Dicevano che ero cattivo. Come tutti quelli che fanno il mio lavoro ho bisogno di attenzioni e da bambino la cercavo facendo casino. Non ero violento, ma vivace. E non ho mai messo giudizio, anzi ne ho fatto una professione”.
Potrebbe diventare un film? “È molto cinematografico. All’inizio avevo scritto una cosa più vicina a una sceneggiatura, poi, visto il momento del cinema, ho trovato la casa editrice. Il romanzo è molto più libero rispetto alla sceneggiatura. Mi sono divertito a scrivere”.
“Un altro tema del libro”, prosegue Ruffini, “è chi siamo, l’interrogativo è: cattivi si nasce o si diventa? A un certo punto il maestro in classe assegna il tema ‘che cos’è l’amore’ e lo svolgimento del bambino Mussolini è ‘non lo so’.
“Se io son matto incontro tutti matti”, conclude Ruffini, “se io sorrido incontro gente che mi sorride, è una legge di fisica quantica, se immagini che la persona davanti a te debba essere punita tu ti stai punendo e il libro parla di questo, di due persone con una forma mentis moderna che tornano indietro nel tempo. Non dovrebbero punire qualcuno per qualcosa che non ha ancora commesso, né cercare di correggerlo, ma semplicemente amarlo”.
“Ho fatto Colorado e i cinepanettoni”, dice Ruffini a proposito delle etichette che si assegnano alle persone, “ma anche un documentario sull’Alzheimer e lavoro coi disabili e quando faccio queste cose, come scrivere un libro, la frase che mi sento dire spesso è ‘pensavo che fossi un coglione’. La mia risposta è che lo sono, di mestiere faccio il coglione e lo rivendico perché è un mestiere nobile, dè, che mi consente sempre di stupire”.
Con Andrea Falcone, Ruffini parla del protagonista del suo libro, il professor Edoardo Meucci, spigoloso, nostalgico di una sinistra che non c’è più. Un giorno, mentre spiega il ventennio durante la sua lezione di filosofia, reagisce in malo modo a uno studente che dice che Mussolini ha comunque fatto delle cose buone, lo prende per un braccio e lo butta fuori. I genitori fascisti minacciano di denunciarlo e il preside lo sospende dal liceo, mandandolo a insegnare in una scuola elementare a Predappio. Pure lì, però, viene ripreso dalla preside per i suoi atteggiamenti aggressivi. La mattina dopo c’è un temporale e, correndo, sbatte contro il collega Luigi. Un tuono innesca uno shock spazio-temporale che li catapulta in quella stessa scuola, ma nel 1890, infatti quando torna in classe fa l’appello e legge “Mussolini Benito”. Si alza un bimbo di sette anni che dice “Presente!” e da lì si sviluppa il tema principale del libro come viene riportato nel sottotitolo: “Se tornassi indietro nel tempo e diventassi il maestro elementare di un futuro dittatore?”
Come nella serie tv Dark o nei film Ritorno al futuro, Non ci resta che piangere e Ricomincio da capo, Edoardo e Luigi tornano indietro nel tempo. Verso Mussolini bambino, i due hanno reazioni diverse, mentre il primo vorrebbe educarlo, il secondo, anarco-insurrezionalista, lo ammazzerebbe subito.
“Il libro vive di queste due anime: voi che cosa fareste?” Chiede Ruffini.
“Anche il peggiore di noi ha avuto un’innocenza. Pure da bambino, però, Mussolini non era tranquillo, a nove anni accoltellò alla schiena un compagno con una penna stilografica”.
Ruffini come era da bambino?
“Dicevano che ero cattivo. Come tutti quelli che fanno il mio lavoro ho bisogno di attenzioni e da bambino la cercavo facendo casino. Non ero violento, ma vivace. E non ho mai messo giudizio, anzi ne ho fatto una professione”.
Potrebbe diventare un film? “È molto cinematografico. All’inizio avevo scritto una cosa più vicina a una sceneggiatura, poi, visto il momento del cinema, ho trovato la casa editrice. Il romanzo è molto più libero rispetto alla sceneggiatura. Mi sono divertito a scrivere”.
“Un altro tema del libro”, prosegue Ruffini, “è chi siamo, l’interrogativo è: cattivi si nasce o si diventa? A un certo punto il maestro in classe assegna il tema ‘che cos’è l’amore’ e lo svolgimento del bambino Mussolini è ‘non lo so’.
“Se io son matto incontro tutti matti”, conclude Ruffini, “se io sorrido incontro gente che mi sorride, è una legge di fisica quantica, se immagini che la persona davanti a te debba essere punita tu ti stai punendo e il libro parla di questo, di due persone con una forma mentis moderna che tornano indietro nel tempo. Non dovrebbero punire qualcuno per qualcosa che non ha ancora commesso, né cercare di correggerlo, ma semplicemente amarlo”.
Condividi
La funzionalità è stata disattivata perché si avvale di cookies (Maggiori informazioni)
Attiva i cookies
Attiva i cookies