Presentazioni fiorentine a cura di Paolo Mugnai

Un altro caso per il Commissario Manfredi. A due anni di distanza da “Il rifrullo del diavolo”, Andrea Improta pubblica la seconda storia con il suo protagonista: “Dovevo ucciderti” (Incipit23). Presenta il libro al Conventino Caffè Letterario con Paola Gradi e, a un certo punto, non c’è più una sedia libera. Varie persone stanno in piedi, ad ascoltare le parole di Improta e l’accompagnamento musicale del Meissa Duo ovvero le bravissime sassofoniste Alda Dalle Lucche e Giulia Fidenti.

È una presentazione riuscita, perché ci sono partecipazione, spontaneità, divertimento. Anche se i temi del libro non sono affatto divertenti.

A cominciare dall’inizio, con una donna, Sara, che scappa dal marito violento, Sandro, il quale viene ritrovato cadavere sulla riva dell’Arno. Chi lo ha ucciso? Il Commissario Marco Manfredi indaga sul presente e sul passato dei personaggi, tra cui la carismatica Federica, spostandosi tra Firenze e Napoli in una storia ambientata ai nostri giorni.

Incontra strozzini e ludopatici, “perché il genere giallo”, dice Improta, “ha questo di bello: ci puoi mettere di tutto, dal rapporto d’amore più bello al femminicidio, a ogni altro tema difficile. Ingiusto definirlo, come spesso accade, letteratura di serie B”. Un tipo di romanzo in cui la figura dell’investigatore è naturalmente centrale.

Il commissario Manfredi ha qualcosa di mio: gli piacciono il vino, i gatti che sono esseri speciali, è molto sensibile alle donne, ipocondriaco”. Manfredi vive, infatti, con il gatto Buk e la compagna Alice e, rispetto al primo romanzo, si vede l’evoluzione dei personaggi. Particolare la tecnica  narrativa scelta dall’autore; ogni capitolo, infatti, è scritto in prima persona secondo il punto di vista di un personaggio diverso, quindi cambia il linguaggio.

“Non è semplice”, spiega Improta, “in particolare per il giallo, perché parla anche l’assassino ma chiaramente non può dire che lo è, quindi bisogna descrivere lo scorrere degli eventi secondo i vari punti di vista senza svelare il mistero che c’è sotto. Questo è uno stile diffuso, a me è venuta l’idea dopo avere letto una scrittrice spagnola di gialli che scrive con questa tecnica: Lorena Franco”.
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