“Io adoro lo spionaggio, perché è la parafrasi della vita molto più del giallo, c’è tutto il bene o il male del mondo”. Parole di Leonardo Gori a Itaca, in via San Domenico, per presentare con Juri Meda, docente dell’Università di Macerata, “Il vento di giugno” (Tea).
L’ultima storia con protagonista Bruno Arcieri, la quattordicesima scritta in un arco narrativo temporale che va dal 1938 al 1970, è ambientata nel 1946 nei giorni a cavallo del referendum istituzionale del 2 giugno tra monarchia e repubblica, sullo sfondo di un intrigo internazionale con inglesi e americani che ancora occupano Roma, in un’Italia sospesa tra il sollievo per la fine della guerra e la liberazione dal fascismo ma colpita dalle rovine materiali e morali.
“È un periodo di grande incertezza, con la novità anche del voto alle donne”, dice Gori, “un po’ tutti sono vittime perché hanno subito il dramma della guerra. I miei non sono romanzi di divulgazione storica ma con la Storia con la s maiuscola come personaggio tra gli altri”.
L’Italia del dopoguerra traspare nella sua desolazione nelle pagine di Gori, come in ogni sua opera attento alla ricostruzione storica così da rendere verosimili i suoi personaggi, anche quelli apparentemente secondari.
Il protagonista, Bruno Arcieri, per meriti di guerra è stato promosso da capitano a maggiore, ma nel nuovo servizio segreto di cui fa parte, l’Ufficio I che ha sostituito il SIM, è inoperoso. Lo cerca il suo vecchio comandante, nonostante ormai non sia più in servizio, per affidargli una nuova indagine in seguito alla morte sospetta di alcuni suoi informatori.
“Ho ritagliato un po’ questo personaggio su Cesare Amè”, spiega Gori, “il capo del Sim che ha scritto le sue memorie, fonti preziosissime. La mia è una finzione narrativa, ma molto ispirata alla realtà”.
Nel romanzo c’è un personaggio femminile di grande rilievo, Cristina. “Non è Cristina Campo, personaggio controverso che mi ha affascinato, ma ne evoca parti fondamentali”.
L’ultima storia con protagonista Bruno Arcieri, la quattordicesima scritta in un arco narrativo temporale che va dal 1938 al 1970, è ambientata nel 1946 nei giorni a cavallo del referendum istituzionale del 2 giugno tra monarchia e repubblica, sullo sfondo di un intrigo internazionale con inglesi e americani che ancora occupano Roma, in un’Italia sospesa tra il sollievo per la fine della guerra e la liberazione dal fascismo ma colpita dalle rovine materiali e morali.
“È un periodo di grande incertezza, con la novità anche del voto alle donne”, dice Gori, “un po’ tutti sono vittime perché hanno subito il dramma della guerra. I miei non sono romanzi di divulgazione storica ma con la Storia con la s maiuscola come personaggio tra gli altri”.
L’Italia del dopoguerra traspare nella sua desolazione nelle pagine di Gori, come in ogni sua opera attento alla ricostruzione storica così da rendere verosimili i suoi personaggi, anche quelli apparentemente secondari.
Il protagonista, Bruno Arcieri, per meriti di guerra è stato promosso da capitano a maggiore, ma nel nuovo servizio segreto di cui fa parte, l’Ufficio I che ha sostituito il SIM, è inoperoso. Lo cerca il suo vecchio comandante, nonostante ormai non sia più in servizio, per affidargli una nuova indagine in seguito alla morte sospetta di alcuni suoi informatori.
“Ho ritagliato un po’ questo personaggio su Cesare Amè”, spiega Gori, “il capo del Sim che ha scritto le sue memorie, fonti preziosissime. La mia è una finzione narrativa, ma molto ispirata alla realtà”.
Nel romanzo c’è un personaggio femminile di grande rilievo, Cristina. “Non è Cristina Campo, personaggio controverso che mi ha affascinato, ma ne evoca parti fondamentali”.
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