Un ribaltamento nei ruoli tradizionali della famiglia, quello proposto da Marco Bonini, attore e regista, nel suo ultimo libro “Se mi manchi è più bello” (Ribalta Edizioni) presentato alla libreria Libraccio, all’interno del programma settimanale de “La Toscana delle Donne”, con Erika Pontini, capocronista de la Nazione, e Cristina Manetti, capo di gabinetto della Regione Toscana. Si tratta di sei storie, ambientate a Firenze, raccontate come favole della buonanotte al telefono da una madre lontana per lavoro alla figlia a casa col padre. Recita, infatti, il sottotitolo “Brevi storie per colmare la distanza”.
“La mia Lucrezia”, spiega Bonini, “è un po’ un alter ego di Ulisse, ha bisogno di andare e ha un uomo, Luca, che è il mio Penelope, perché viceversa ha bisogno di restare. Per lui rimanere a casa non è un passo indietro, ma avanti, perché ha un lavoro che gli permette di dedicarsi a Marta, la loro figlia, seppure con i risultati di un principiante ovvero tanta buona volontà ma meno competenza di quella che avrebbe Lucrezia, la quale, infatti, mantiene la sua prossimità emotiva nonostante la distanza fisica”.
Che cosa manca al padre?
“Il modello femminile è cambiato, quello maschile ancora no, per cui dobbiamo inventarci una nuova mitologia in cui si racconta qual è il modello a cui noi possiamo riferirci come maschi, liberati da una narrazione in cui devi essere duro, non emotivo, non relazionale. Bisogna imparare a gestire il nostro mondo emozionale che ci è stato negato”.
Come si immedesima un uomo nel raccontare la storia di una donna?
“Le competenze professionali di un attore dovrebbero essere di dominio pubblico, perché imparare a recitare significa mettersi nei panni degli altri e questo risolverebbe molte delle problematiche sociali oggi all’ordine del giorno, tra cui la violenza di genere. Mi sono messo nei panni di una donna, di una madre, perché volevo tentare di ribaltare lo stereotipo che vuole le donne davanti all’alternativa secca o mi occupo della carriera o della famiglia”.
A differenza di quanto accade in genere, il libro nasce da uno spettacolo teatrale, scritto e diretto appunto da Bonini, “La Vittoria è la balia dei vinti” interpretato da Cristiana Capotondi, che ha debuttato l’anno scorso alla Pergola.
“È andato bene”, spiega Bonini, “allora il produttore Stefano Francioni, nel frattempo diventato anche editore, mi ha proposto di farlo diventare un libro. Lo spunto me lo ha fornito Vittoria Puccini che una sera mi ha raccontato un episodio conosciuto da sua nonna ovvero che una signora aristocratica aveva allattato il figlio della sua balia, perché le era andato via il latte per la paura durante il bombardamento del ’44 a Firenze. Mi piaceva il ribaltamento sociale. Volevo raccontare una storia che parlasse di guerra ma ad una bambina, quindi con toni favolistici. Nello spettacolo Cristiana, cioè la mamma ovvero Lucrezia, dice che è martedì e tornerà a casa sabato, così ho pensato ad altri racconti per arrivare a quel giorno. La domenica no, è il racconto di Luca, marito e padre”.
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