Presentazioni fiorentine a cura di Paolo Mugnai

“È l’epopea dell’approdo all’adolescenza, quella tempesta di prime volte”. Sandro Veronesi, due volte vincitore del Premio Strega con “Caos calmo” nel 2006 e con “Il colibrì” nel 2020, presenta il suo ultimo romanzo Settembre nero” (La nave di Teseo) alla libreria cinema Giunti Odeon con lo scrittore Antonio Franchini.

“L’adolescenza”, dice Veronesi, “è quando ti rendi conto che esiste un altro mondo, che le cose succedono anche fuori dal perimetro dove sei stato protetto dai genitori, e questo mondo immenso sta dentro il tuo piccolo mondo. È quanto avviene ad Agostino di Moravia, che ho conosciuto ed è stato un adolescente curioso e innamorato per tutta la vita, o in ‘Tempi memorabili’ di Cassola o a Gigio Bellandi”.

Gigio Bellandi, il protagonista del romanzo di Veronesi, è un signore di sessant’anni di Vinci che rievoca l’estate a Fiumetto, frazione di Marina di Pietrasanta, nel 1972, quando, dodicenne, scopre la musica di David Bowie, la lettura, l’amore. Ci sono anche le Olimpiadi di Monaco di Baviera e avviene il massacro compiuto dall’organizzazione terroristica palestinese “Settembre nero”, a cui rimanda il titolo del libro, contro gli atleti israeliani.

“Oggi questa vicenda non avrebbe senso, non si svolgerebbe così, perché con il cellulare e i social si controlla tutto, ma allora i ragazzi potevano raccontare delle storie non verificabili. È un romanzo storico. L’ho ambientato in quel periodo non per nostalgia ma perché si distingue tutto molto meglio rispetto a ora”.

A un certo punto Gigio balla con Astel, la ragazzina più grande di un anno vicina di ombrellone. “Quando Astel trascina Gigio per ballare, lo prende per le mani e lui si lascia andare, a differenza di Milton in ‘Una questione privata’ di Fenoglio, diventando quello che balla, perché se tu decidi in quel momento che non balli con la ragazza per cui ti batte il cuore stai decidendo che non ballerai per tutta la vita. Chi balla significa che la prima volta non ha detto no, anche se ha sentito la vocina che lo sconsigliava. Questo ragazzo, sollecitato dalla persona giusta che non può essere il genitore, è in grado di fare delle cose ed elevarsi dall’infanzia, alla quale sta aggrappato perché gli conviene, ma è finita e lui lo sa, quindi è in grado di compiere dei passi che lo proietteranno nell’adolescenza”.

C’è una frase che rappresenta il romanzo?
“Questo è un romanzo di crepe, la sua profondità la trova attraverso queste crepe da cui viene fuori qualcosa. Ci sono due versi di una canzone di Leonard Cohen, ‘Anthem’, che in italiano recitano: C’è una crepa, una crepa in ogni cosa. È così che entra la luce’. Ecco, la luce di Gigio Bellandi è fosca, anche dolorosa, ma è la luce del mondo”.

Il romanzo ha una prima parte molto lunga con un senso di attesa di un evento traumatico a cui si allude più di una volta.
“Io ho studiato architettura, quindi il mio unico modo di concepire una struttura, anche per un romanzo, è disegnare. Io faccio un disegno all’inizio, senza la struttura non si compone. Da qualche anno alla scuola Molly Bloom di Roma tengo una lezione che si intitola i sette ottavi. Si basa su quello che secondo me è il racconto più bello e perfetto mai stato scritto ovvero “The Dead” (“I morti”) di Joyce, in cui sette ottavi vanno lentamente e parlano di un mondo, ma nell’ultimo ottavo c’è un colpo di scena ed entra l’altro mondo”. 


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