Ci sono molti modi di perdere, ma alla frustrazione dei tifosi viola per la terza finale persa in due anni (la seconda consecutiva in Conference League) si aggiunge la prestazione (non) offerta dalla squadra nella giornata di ieri. Chi era sugli spalti ad Atene, chi si è ritrovato allo stadio Franchi e chi al Viola Park o davanti ai maxischermi sparsi per tutta la città o più semplicemente sul divano di casa, si aspettava una prestazione decisamente differente da parte della squadra di Vincenzo Italiano.
Quello che ha fatto più male al tifoso è stato vedere una squadra mentalmente, e forse anche fisicamente, scarica. A tratti non sembrava nemmeno che la Fiorentina stesse giocando una finale. E poi i soliti errori sotto porta dettati da tanta imprecisione, nel caso di Bonaventura, e da qualità tecniche non trascendentali nel caso di Kouamé. E poi, una finale che racconta che il migliore in campo è stato il tuo portiere…
In discussione, totalmente futile dato che lascerà a breve la Fiorentina, adesso c’è la filosofia dell’allenatore. Chi lo sostiene dice che quei gol presi in contropiede ed in situazione di palla scoperta sono frutto di una mentalità che, a loro dire, nella maggior parte dei casi ha garantito il successo alla Fiorentina in svariate occasioni. I suoi detrattori sostengono invece che, a prescindere dalla mentalità instillata alla squadra, certe situazioni di gioco siano da gestire meglio e certi gol presi in maniera semplicemente inammissibile.
Ma alla fine di questi tre anni di ‘’ciclo Italiano’’, che cosa resta? Restano due settimi posti ed un ottavo posto in campionato, due semifinali perse (Coppa Italia contro l’Atalanta e Supercoppa Italiana contro il Napoli) e tre finali perse (due di Europa Conference League contro West Ham United ed Olympiakos e una di Coppa Italia contro l’Inter. Un po' poco per celebrare questi anni come positivi, certamente non abbastanza per passare alla storia della Fiorentina.
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