Com’è lontana Lecce…non tanto in chilometri, quanto nel tempo. Era il 20 ottobre, 129 giorni fa, che potrebbero sembrare pochi, ma che per la Fiorentina sono moltissimi. Un’era, praticamente.
Contro il Lecce, all’andata, la squadra di Palladino stava iniziando a mettere le ali. Al Via Del Mare i viola continuarono il primo filotto utile stagionale, venendo dalla vittoria con la Lazio, dal pari ad Empoli e soprattutto dalla vittoria col Milan. Pochi giorni prima fece 4 gol al San Gallo in Conference League, in Salento ne fece 6, pochi giorni dopo ne rifilò 5 alla Roma e iniziò a scalare la classifica a suon di risultati.
Coi giallorossi allora allenati da Gotti, arrivò la seconda delle 8 vittorie di fila in A che hanno portato Palladino, la Fiorentina e la piazza viola a sognare in grande. In quella gara del Via del Mare si sbloccò anche Andrea Colpani, per quelli che sono stati fin qui gli unici suoi acuti stagionali, con doppietta e assist. Certo, si fece male Gudmundsson, dopo pochi minuti, ma sul momento la cosa non destò troppe preoccupazioni. D’altronde, in quel momento lì, funzionava tutto. Al posto dell’islandese, infatti, entrò Beltran, fece un partitone, segnò e trovò una discreta continuità nelle sfide successive facendo passare Gudmundsson come un assente qualunque.
Quella Fiorentina volava, come Dodo, che faceva chilometri su e giù per il campo andando a cento all’ora, prendendosi una punizione su un taglio in velocità che costò il rosso a Gallo e vide Cataldi metterla dentro su punizione. L’ex Lazio fece addirittura doppietta, mentre Adli, alternava momenti di assenza dal gioco a palloni illuminanti, come quello che mise giustappunto per Dodo, con anche Fabiano Parisi che subentrò e la mise dentro, a proposito del ‘funzionava tutto’ di cui sopra. Et voilà.
129 giorni più tardi sembra di parlare di preistoria, con un’involuzione che sembra non conoscere fine. L’ultima versione della Fiorentina non è solamente crollata nei punti, con una media che è passata da oltre 2 a meno di 1 a partita prima e dopo la sfida col Bologna della giornata numero 16, cioè dal turno in cui la squadra viola ha iniziato ad arrancare, ma in tenuta fisica, fase difensiva, fase offensiva, idee e gioco. In tutto, insomma. Quel Palladino che prima del tonfo del Dall’Ara era visto dai più come l’uomo della svolta, oggi è visto da quasi tutti come il problema di questa involuzione. Nel mezzo, tra l’altro, la dirigenza ha fatto di tutto e di più per accontentarlo, epurando coloro che potevano creare problemi al gruppo, tra cui capitano, vice capitano e senatori vari, sostituendoli con uomini e giocatori voluti dal tecnico, ultimo su tutti Pablo Marì. A gennaio Palladino voleva centrocampisti per infoltire la mediana e non voleva più esterni offensivi per cambiare modulo e idea di gioco, ma nonostante la società lo abbia assecondato inserendo qualità (Fagioli, Zaniolo) e quantità (Folorunsho), cedendo esterni di ruolo (Sottil, Ikoné – non che qualcuno li rimpianga eh), Palladino continua a giocare con esterni che non fanno quello di ruolo. Il gioco? Non ne parliamo. Lo schema resta il solito, palla per la punta e speriamo accada qualcosa. Se poi quella punta non c’è, addio.
Ok le prestazioni esaltanti e i tanti punti fatti contro le grandi, ma la Fiorentina è stata capace di perdere con Verona e Monza, coi brianzoli che hanno fatto 4 punti sui 14 totali ottenuti coi viola. Contro le squadre che si chiudono Palladino non è mai riuscito a dare ai suoi un’idea di gioco. E adesso arriva il Lecce, venerdì, 131 giorni dopo quella gara al Via Del Mare che sembra davvero di anni fa per come questa Fiorentina si è involuta. Ora c’è da rialzarsi e ripartire. Il rischio di precipitare ancora, con poi Napoli, Juventus, Atalanta e Milan e il doppio incrocio in Conference coi greci del Panathinaikos all’orizzonte, c’è. Qualcosa che fino a qualche settimana fa pareva impossibile. Com’è lontana Lecce…preistoria, appunto. Con un futuro che richiede un’immediata sterzata per non passare dalle proverbiali stelle alle altrettanto proverbiali stalle.
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