‘Manco fosse il Real Madrid’. Viola, si può fare!

Per la Fiorentina c’è il Betis sulla via della Finale

Così come poteva essere eccessivo considerare il Celje una manica di sprovveduti, o almeno di totalmente inadatti a disputare un quarto di finale di una competizione europea, allo stesso tempo appare eccessivo pensare che il Betis sia un avversario imbattibile. Al limite potrebbe avere quei crismi il Chelsea, se si considerassero solamente i valori e la carta, senza pensare che poi le partite iniziano da 0-0 e che, da stra favorita, la Fiorentina ha già perso una finale dodici mesi fa. La carta, tra l’altro, dice che la Fiorentina è pure più forte del Betis. E non di poco, ma di oltre 100 milioni di euro di valore complessivo della rosa. Non vorrà dire niente, visto che rispetto ai 173 e più milioni che vale il Betis il Celje ne valeva 13,5, e la Fiorentina non ha propriamente passeggiato, nonostante la squadra a disposizione di Palladino ne valga 281,8 di milioni. Certo, l’ambiente caldo che ci sarà al Villamarín, la maggiore esperienza che ha Pellegrini rispetto al tecnico viola, la caratura internazionale che possono avere Isco, Antony, la vena realizzativa di Bakambu e via discorrendo, inducono alla cautela. Ma in fondo resta pur sempre il Betis, non è il Real Madrid. Gli spagnoli sono sesti in Liga, stanno facendo una grande seconda parte di stagione, sì, ok. Ma guardando alla classifica e ai risultati anche la Fiorentina sta facendo più o meno come gli spagnoli, con la differenza che in questo campionato la Serie A ha una classifica più compatta nelle zone alte per cui, ad oggi, nonostante la Fiorentina abbia una media punti in campionato di 1,74 rispetto all’ 1,64 degli spagnoli, rischi di ritrovarsi fuori dalla prossima Europa via Serie A. Impossibile fare dei paragoni tra due campionati diversi, così come tra valori matematici di mercato che, per quanto oggettivi possano essere, restano discrezionali. E poi, la somma dei singoli non porta quasi mai ad un risultato collettivo garantito. Ci sono momenti in cui anche un modesto TNS risulta difficile da battere, altri in cui rifili tre gol ad una semifinalista di Champions come l’Inter senza subire un tiro in porta. Cosa che, tra l’altro, la Fiorentina quest’anno ha fatto e rifatto contro tutte le ‘big’, faticando un po’ di più in Conference o contro squadre che lottano per salvarsi. Nelle ultime due partite, tuttavia, la Fiorentina ha fatto sei punti contro due piccole, non esaltando per supremazia e qualità, ma arrivando al risultato come raramente le era capitato in stagione. Certo il Betis non è il Celje. Ma la Fiorentina non è il Jagiellonia, avversario che gli spagnoli hanno regolato nei quarti con un 2-0 interno e pareggiando 1-1 al ritorno. Al netto di tutti i cambiamenti che sono stati fatti a gennaio per quanto riguarda la squadra spagnola, i rientri degli infortunati e la carica che avranno nel match d’andata giocando in casa, non va dimenticato che in questa stagione di Conference League il Betis non è arrivato alla semifinale passeggiando, cosa che invece ha fatto il Chelsea. La squadra di Pellegrini, infatti, ha eliminato negli spareggi di inizio stagione gli ucraini del Krybas, vincendo 0-2 all’andata e 3-0 in casa al ritorno. Nel girone ha perso col Legia Varsavia in trasferta, pareggiato in casa 1-1 con l’FC Copenaghen, vinto 2-1 al 94’ contro il Celje, 1-0 con l’HJK, 0-1 coi rumeni del Petrocub e perso in Repubblica Ceca col Boleslav. Poi hanno vinto nel playoff col Gent in Belgio 0-3, perdendo 0-1 in casa il ritorno. Quindi hanno eliminato il Vitoria Guimaraes pareggiando 2-2 in casa ma vincendo 0-4 fuori. Insomma, quando ha spinto sul gas hanno fatto poca fatica, ma hanno anche avuto tante amnesie e diversi passi falsi. Anche tra le mura amiche, ad esempio, nelle ultime tre sfide interne di Conference League ne hanno vinta solamente una. Più in generale, delle 7 gare europee giocate in casa, hanno ottenuto un ruolino di 4 vittorie, 2 pareggi e 1 ko. In Liga, idem: 9 vittorie, 5 pareggi e 3 ko in 17 partite interne, con 32 punti conquistati per una media di 1.88 punti a partita (la Fiorentina viaggia a 2,06 di media in casa). Insomma, come detto in precedenza, è il Betis, non il Real Madrid, vale 100 milioni di euro in meno complessivamente della Fiorentina e il ritorno si giocherà a Firenze. Loro non hanno De Gea, Kean, Gudmundsson, Gosens etc etc. Riassumendo: ‘Si può fare!’.

Crash test Betis

Si avvicina la gara di Conference di Siviglia

La Fiorentina batte di misura l’Empoli, come aveva fatto a Cagliari, si prende altri tre punti e resta attaccata al treno per l’Europa via Serie A. Ma soprattutto si avvicina alla gara di giovedì contro il Betis di Conference League, sfida che rappresenterà un vero e proprio crash test per la formazione di Raffaele Palladino. I motivi sono svariati: è una semifinale di una coppa europea; in palio c’è il pass per la finale; il Betis è l’avversario forse più forte affrontato in due anni e mezzo di questa manifestazione; l’andata si gioca in Spagna, in un ambiente che sarà caldissimo; mancherà Dodo, come con l’Empoli, ma con la contemporanea assenza dietro anche di Pablo Marì, per cui a disposizione ci saranno solo 3 difensori centrali più Moreno, aspetto da tenere in considerazione in ottica doppio confronto e cartellini; Kean, sempre che ci sia, non sarà al massimo della condizione visto che è mancato una settimana; il Betis ha un valore della rosa che vale 20 volte quello del Celje, con cui la Fiorentina ha faticato più del previsto e quasi doppio di quello del Panathinaikos, contro cui la Fiorentina ha sofferto e non poco per passare il turno; loro hanno un tecnico dalla lunga esperienza come Pellegrini, mentre per Palladino questa è la prima annata in Europa etc etc. La lista per definire quello di giovedì un crash test potrebbe allungarsi ancora. Basti pensare che ad oggi la Fiorentina sarebbe ancora fuori da ogni competizione europea per l’anno prossimo, perciò è fondamentale mantenersi viva la speranza di alzare al cielo la Conference League per entrare in Europa League (a maggior ragione dopo che in finale di Coppa Italia sono approdati Bologna e Milan, per cui potrebbe mancare uno slot per l’Europa League dal campionato se vincessero i rossoneri). E vista la situazione ancora ballerina di tanti giocatori viola, dal riscatto di Gudmundsson al rinnovo di Dodo, dalla permanenza di De Gea al riscatto di Fagioli, Adli e altri, sarebbe vitale riuscire a non restare fuori dalle coppe per la prossima stagione. E poi ancora: nonostante i sei punti arrivati con Cagliari ed Empoli, oltre ad aver passato il turno col Celje e il fatto che a 4 giornate dal termine del campionato la Fiorentina di Palladino abbia un punto in meno rispetto a quelli con cui terminò la scorsa Serie A quella di Vincenzo Italiano, per cui ci sono ottime possibilità che Palladino chiuda con più punti, in teoria anche molti di più, c’è sempre un alone di critica che accerchia la figura del tecnico. D’altronde, si sa: “se a Firenze vinci 4 a 0 ti chiedono perché non hai vinto 5 a 0” diceva il Barone Liedholm. Eh vabbè. La qualità del gioco della Fiorentina di Palladino non convince e non piace. Ma i risultati stanno arrivando, perciò…Tutti, in pratica, aspettano al varco le prossime tre gare dei viola (con Betis e Roma e ancora Betis) per dire: ve l’avevo detto! Qualunque sia la sponda del proprio pensiero, se pro Palladino ‘ve l’avevo detto io, altro che critiche, la Fiorentina vince’ oppure se anti Palladino ‘ve lo avevo detto io che con questo allenatore si andava poco lontano’. Il tutto, ovviamente, con critiche a chi critica, e viceversa, annesse. Ecco perché sarà un crash test quello di Siviglia. La speranza, ovviamente, è che a prescindere di come la si pensi sul lavoro del tecnico e sul gioco la Fiorentina esca indenne dal prossimo trittico di gare. Vorrebbe dire che sarebbe ancora in corsa per l’Europa League via Serie A e via Europa, oltre che essere in finale di Conference per il terzo anno di fila.

Tutti i tabù del ‘derby’. Fiorentina, missione tre punti

Dai pesanti forfait ai passi falsi con l’Empoli e D’Aversa

Non sono poche le difficoltà che dovrà affrontare la Fiorentina contro l’Empoli domani al Franchi. Non solo per le assenze pesanti, anzi pesantissime, di Moise Kean e Dodo, ma anche per mille altri tabù che vanno a contraddistinguere la sfida tra gli azzurri di D’Aversa e i viola di Palladino. Contro l’Empoli, infatti, la Fiorentina vanta uno score tutt’altro che invidiabile da qualche anno a questa parte. All’andata fu solamente 0-0, a dicembre invece l’Empoli espugnò ai rigori il Franchi eliminando la Fiorentina dalla Coppa Italia. Negli ultimi 6 incroci la formazione viola non ha mai vinto. Fu pareggio l’anno scorso al Castellani a febbraio, tra i fischi e i mugugni del tifo viola per un trend che quella Fiorentina aveva preso ormai da inizio gennaio, fu vittoria Empoli a Firenze 0-2 nella partita d’andata, un tonfo inatteso che arrivava dopo la vittoria di Napoli e che fu una mazzata ai sogni di gloria di una Fiorentina che pareva lanciata verso le zone alte della graduatoria. L’ultimo successo risale all’aprile del 2022, ed è l’unica delle ultime 9. Nelle ultime 10 sfide tra viola e azzurri, insomma, il ruolino dice 2 successi viola, 5 pareggi e 3 vittorie Empoli. Mettici poi che per l’Empoli questa sfida è da sempre vista un po’ come quella della vita, aggiungici poi che quest’anno potrebbe esserlo ancor di più, visto che la squadra di D’Aversa è ormai alle prese con una crisi di risultati quasi senza precedenti. L’Empoli, infatti, non vince una partita dall’8 dicembre in Serie A. E abbiamo detto tutto. Dal canto suo, storicamente Roberto D’Aversa non è che sia proprio l’allenatore più facile da battere per i viola. Quella di domenica sarà l’11° volta da allenatore contro la Fiorentina, che contro i viola ha rimediato due sorrisi quest’anno alla guida dell’Empoli, riuscì a rimontare dall’1-2 al 3-2 l’anno scorso quando guidava il Lecce al Via Del Mare e da 2-0 a 2-2 a Firenze, con l’ultimo ko coi viola che risale al 2021/22, quando allenava la Sampdoria. Riuscì a fare 3-3 col Parma, quando una Fiorentina disperatamente in cerca di punti salvezza, con Prandelli in panchina, riuscì a pareggiare solo allo scadere con un autogol nel 2020/21. Nel 2019/20 fu vittoria Fiorentina al Tardini 1-2 con doppietta di Pulgar su rigore e 1-1 al Franchi. Nel 2018/19, invece, D’Aversa vinse due volte su due per 1-0 contro la Fiorentina di Pioli prima e Montella poi. In totale, dunque, D’Aversa ha vinto 3 volte, pareggiato 5 e perso solo 2 volte contro la Fiorentina fin qui. Tornando agli assenti, sarà un caso, o forse un rischio che poteva capitare visto che in rosa non ci sono né un vice Kean né un vice Dodo, ma i loro forfait vanno a complicare ulteriormente la vita di una Fiorentina che contro l’Empoli dovrà vincere a tutti i costi per restare agganciata al treno per l’Europa. E se senza Kean sono arrivati comunque 3 successi in Serie A, ultimo su tutti quello col Cagliari di mercoledì, l’assenza del bomber viola ha un peso enorme. Così come quello di Dodo, visto che Palladino sarà costretto a cambiare e adattare. Potrebbe tornare alla difesa a 4, adattare Moreno come col Celje, esperimento disastroso quello, o mettere lì Folorunsho o Fabiano Parisi, altro che quando ha giocato a destra, contromano, ha fatto dei disastri. Insomma, c’è poco da sorridere in tal senso. La speranza è che col successo in Sardegna la Fiorentina abbia sfatato almeno il tabù piccole, aspetto fondamentale per provare ad avere la meglio di assenze, sfighe e ricorrenze (sfortunate o comunque negative) varie .

Si può fare!

La Fiorentina vince con una piccola, in trasferta e senza Kean

In fin dei conti la vittoria di Cagliari non ha cambiato granché la vita della Fiorentina. Hanno vinto Atalanta, Bologna, Lazio e Roma, per cui la truppa di Palladino ottava era prima di ieri e ottava è rimasta oggi. Almeno ha perso la Juventus, per cui la zona Champions è a 4 lunghezze di distanza e il quinto posto a 3 lunghezze. Nulla di irraggiungibile, insomma. Resterà tuttavia da capire chi alzerà al cielo la Coppa Italia tra Milan e Bologna e dove rossoblu e rossoneri saranno in classifica a fine stagione per decidere quale posto darà l’accesso all’Europa League. Ma oltre alla statistica e ai numeri, intesi come quello che dice la graduatoria del campionato, la vittoria della Fiorentina in terra sarda ha molteplici ottimi significati. Il primo è che la squadra viola sa vincere anche contro una piccola. Non le riusciva da tempo. In stagione non ha mai vinto contro una delle ultime 3 della classifica, facendo solo 3 pareggi in 4 gare tra Venezia, Empoli e Monza. Non era assolutamente scontato dopo la prestazione assai scialba fornita nel turno precedente col Parma che aveva minato un po’ le certezze e le consapevolezze di una squadra che per qualche minuto se l’è vista brutta, anzi bruttissima, pure col modesto Celje. Il secondo è che la Fiorentina sa vincere anche in trasferta. Anche questo non le riusciva da tempo, almeno in campionato. Negli ultimi tre mesi la squadra viola aveva rimediato solamente 1 punto in 4 trasferte, con l’ultima vittoria esterna in Serie A che risaliva al 26 gennaio, all’Olimpico, contro la Lazio. E non è un qualcosa da sottovalutare, visto che da qui al termine del campionato la Fiorentina giocherà in casa solo con Bologna ed Empoli, mentre giocherà in trasferta con Roma, Venezia e Udinese. Era molto importante, insomma, sfatare anche il tabù dei successi fuori casa. E il terzo è forse quello più importante: la Fiorentina può vincere anche se non gioca Kean. O meglio, se Moise ha un problema, sperando che non gli ricapiti mai più, la formazione di Palladino può anche provare a vincere lo stesso.   Insomma, riassumendo: ‘si può fare!’. Cosa? Ad ognuno la libertà di sognare il traguardo che più reputa raggiungibile. E’ gratis…

Di nuovo una piccola, cercasi progressi

La Fiorentina sarà di scena a Cagliari lunedì

Sarà un caso, forse no. La sensazione è che anche lunedì a Cagliari la Fiorentina sia destinata a fare una partita di quelle in stile Celje, Parma, Monza, Verona...quelle lì. Di fronte difficilmente ci sarà un Cagliari in versione big, che lascia spazi, che fa pressing alto, che imposta dal basso e che fa la partita. Il pallino del gioco, con grande probabilità, sarà lasciato dai sardi alla Fiorentina. Esattamente ciò che la squadra di Raffaele Palladino soffre maggiormente. Il canovaccio tattico sembra già apparecchiato. In più, cosa da non sottovalutare, la squadra viola è reduce dalla fatica europea di giovedì, con qualcuno che rientrerà, su tutti Dodo, ma anche Pablo Marì, Zaniolo e Gosens, che dopo aver fatto qualche minuto col Celje potrebbe tornare anche dal 1’, mentre i sardi tra le mura amiche hanno raccolto quasi tutti i punti fatti sin qui: 19 su 30, per la precisione, quindi il 63%. La Fiorentina, invece, ultimamente va molto peggio in trasferta che in casa, come dimostrano i 19 punti fatti lontano dal Franchi sui 53 che ha in graduatoria, ovvero il 36%. Il tutto su un campo dove tradizionalmente la Fiorentina fa fatica, avendo vinto 7 volte su 42 incontri. Ma al netto di tutto ciò, anche se si fosse giocato a Firenze, la sensazione è che per la Fiorentina affrontare il Cagliari sarebbe stato duro, anzi, durissimo. Quella rossoblu, infatti, è la classica squadra che per tipologia di gioco la formazione di Palladino soffre. Ormai è abbastanza noto. E’ così da inizio stagione, tanto che contro le ultime 3 della classifica di Serie A la Fiorentina non ha ancora ottenuto un successo: 1 pareggio e 1 ko col Monza, 1 pareggio con l’Empoli ed 1 pareggio col Venezia, ovvero 3 punti in 4 incontri. Se si amplia il conto alle ultime 7, il computo è praticamente lo stesso, dovendo aggiungere 2 vittorie col Lecce, ma quella di poche settimane fa sofferta, 2 pareggi col Parma, 1 vittoria sofferta col Cagliari, 1 vittoria e 1 ko col Verona. Riassumendo, contro le ultime 7 della classifica la formazione di Palladino ha ottenuto 17 punti in 11 partite, ovvero 1,5 di media. E con questo ruolino difficilmente si va in Europa. Per fortuna che sono arrivati successi contro le grandi, come mai avvenuto in precedenza. Ma tornando alla premessa, all’orizzonte adesso ci saranno Cagliari ed Empoli per la Fiorentina, due gare da dentro o fuori per la lotta all’Europa via Serie A, accoppiata arrivata dopo il deludente pareggio interno col Parma. Coi ducali la squadra viola non ha praticamente quasi mai tirato in porta. E il fil rouge della sofferenza contro le formazioni modeste, che si chiudono, che lasciano costruire il gioco alla Fiorentina, è stato più o meno lo stesso da inizio anno, nonostante la qualità inserita via via col mercato. Ecco perché, già lunedì, ci si aspetta un passo in avanti incoraggiante da parte dei viola e di Palladino. D’altronde non può essere sempre e solo Kean ad inventarsi i gol e/o De Gea ad evitarli con miracoli.

San David e Moise trascinano la Fiorentina

Per gioco, schemi e idee ripassare più avanti

Dove sarebbe la Fiorentina senza David De Gea e Moise Kean? La domanda, ovviamente, è retorica. Non richiede risposta. Non avrebbe neanche senso farsela, perché la Fiorentina li ha, è stata brava a prenderli in estate, tra l’altro a pochi soldi, ed è giusto che il portiere e il centravanti titolari di una squadra come la Fiorentina trascinino tutti gli altri. Lo hanno sempre fatto Toldo e Batistuta, Frey e Toni, Frey e Gilardino etc etc. Sicuramente in partite contro squadre piene zeppe di campioni o con vari fenomeni, ma col modesto Celje sarebbe lecito attendersi qualcosa di più? Schemi, idee, qualcosa che permetta di fare la voce grossa contro chi è decisamente inferiore? Eppure anche con gli sloveni sono stati sempre e solo loro due a distinguersi in positivo. De Gea, nei 180’, è stato decisivo come sempre, con 2-3 parate prodigiose che hanno tolto le proverbiali castagne dal fuoco. Kean, invece, si è inventato il gol del 2-2 sfruttando al meglio quello che, ormai da inizio stagione, è diventato lo schema prediletto di questa Fiorentina: palla lunga, Kean, gol. Ad oggi, il rendimento stagionale di De Gea e Kean va ben oltre il 7,5 di media. Cosa positiva, sia chiaro, perché come detto la Fiorentina è stata bravissima a prenderli la scorsa estate. Ma…senza di loro, dove sarebbe la squadra di Palladino? E si torna alle premesse. Sperando godano entrambi di straordinaria salute da qui all’ultimo minuto di questa stagione, la mancanza di idee collettive e di gioco contro squadre inferiori (o decisamente inferiori) continua ad essere il problema di questa Fiorentina. Tant’è che, paradossalmente, fa meno paura sfidare Betis ed eventualmente Chelsea che Cagliari ed Empoli. Ormai è questa la pelle e l’identità della Fiorentina di Palladino. E va bene così, in fondo la squadra viola è ancora in lotta per l’Europa via Serie A ed in semifinale di Conference League. Anche se ha sofferto le pene dell’inferno col Puskas Akademy, col Celje ed ha perso con Monza e Verona. Nulla di nuovo. E chissà dove sarebbe la Fiorentina senza David De Gea e Moise Kean. Ma De Gea e Kean ci sono, quindi…

Occasione persa (sì, che ne dicano Citterio e Pradè)

La Fiorentina non va oltre il pari col Parma

Lo 0-0 rimediato dalla Fiorentina col Parma cos’altro potrebbe essere se non un’occasione persa? In casa, dopo aver fatto 7 punti tra Juventus, Atalanta e Milan, in una giornata in cui vincere avrebbe permesso ai viola di recuperare 3 punti al Bologna, 2 a Lazio e Roma, di non perderne dalla Juventus e dal Milan, contro una squadra che nel 2025 ha vinto una partita, che…che… Si potrebbe continuare a lungo nell’elencare le difficoltà del Parma (decisamente più solida dietro con Chivu rispetto a Pecchia), mentre quelle della Fiorentina sono sempre le stesse. Di nuovo, al cospetto di una medio-piccola, la squadra di Palladino è andata in crisi profonda. Non che avesse brillato per idee e trame di gioco a Celje, ma se in quel caso poteva esserci l’alibi delle tante alternative mandate in campo, col Parma c’erano tutti i big sul terreno di gioco. La Fiorentina esce dalla gara coi ducali perdendo altri punti sui rossoneri di Conceicao, resta ottava e vede il quarto posto allontanarsi a 6 lunghezze, l’Europa League ancora lì a 3 punti, a meno che non si incastrino risultati avversi dalla vincitrice della Coppa Italia che manderebbe la sesta in Conference. Ma al netto di tutto ciò, quella col Parma è un’occasione persa non soltanto per l’aspetto numerico, statistico e di classifica, ma anche perché la Fiorentina era chiamata a dimostrare di poter fare la voce grossa non solo contro le big, ma anche contro squadre che si chiudono. Le cosiddette piccole, come Celje, Cagliari ed Empoli, prossimi 3 avversari dei viola, filotto di sfide che stabiliranno il destino a cui questa Fiorentina andrà incontro. E se il buongiorno si vede dal mattino, su questo aspetto ancora non ci siamo. Che ne dicano Citterio (vice di Palladino), il ds viola Pradé e chi che sia. Pareggiare in casa col Parma, tra l’altro così, è un’occasione persa. Sì.

Più di qualcuno rimandato. Ancora, e ancora

La Fiorentina vince, ma più di qualcuno non convince

Da Moreno a Folorunsho, dalla fatica di Adli passando per i pochi lampi di Beltran e Zaniolo. Sono ben più di uno i calciatori schierati in Slovenia da Raffaele Palladino che continuano a non brillare. Sarebbe riduttivo chiamarle seconde linee, ma le risposte individuali arrivate dal match col Celje non lasciano troppo di che ben sperare. Chiariamoci subito, vanno fatte diverse premesse. In primis: nessun dramma, la Fiorentina ha vinto, ha ulteriormente messo in discesa l’accesso alle semifinali di Conference League e potrà contare sul fattore campo al ritorno per chiudere la pratica Celje; molti dei sopracitati sono stati schierati fuori ruolo, con tanti alibi a loro parziale discolpa; c’è chi rientrava dal 1’ dopo mesi di inattività. Detto tutto ciò, Moreno ha fatto un’altra partitaccia. Non può fare il vice Dodo in questo sistema di gioco, da esterno a tutta fascia. Idem dicasi per Folorunsho, dall’altra parte o a destra dove è stato schierato a inizio secondo tempo. Il difensore argentino continua a non convincere, con occasioni sprecate una dopo l’altra. Anche l’ex Napoli, per quanto abbia messo lo zampino sul gol dello 0-1, ha fatto una fatica enorme nel trovare la giusta intesa con Ranieri a inizio gara, con Matko spesso lasciato troppo libero e tutti i pericoli per la porta di De Gea arrivati proprio da lì. Poi c’è Zaniolo. Ok, non è il suo ruolo il centravanti. Ma anche in Slovenia si è visto solo per una porzione di secondo tempo. Il resto del match è stato il solito Zaniolo, con annesso un fallo inutile che gli costa la squalifica al ritorno. Per quanto riguarda Adli ci sono altri discorsi da fare. Il francese non giocava dal 1’ dalla sfida con la Lazio di 3 mesi fa. Ci stava che il suo reinserimento potesse avere delle controindicazioni. Di certo non è Fagioli, almeno dal punto di vista della condizione e della brillantezza. Ma l’ex Milan, val bene ricordarlo, è anche stato uno dei trascinatori della Fiorentina di Palladino nel periodo delle 8 vittorie di fila. Si tratta solamente di aspettare che ritorni in condizione. Beltran, invece, ha confermato le difficoltà di incidere in fase offensiva, come aveva fatto anche a San Siro e sostanzialmente quasi sempre da quando è arrivato a Firenze. Non c’è paragone con Kean per fare (eventualmente) in centravanti, ma neanche con Gudmundsson che, magari garantisce molta meno dedizione in fase difensiva, ma quando ha la palla tra i piedi in zone pericolose o la mette dentro o fa, comunque, la differenza. Non ha certamente brillato nemmeno Comuzzo, ma anche nel suo caso pesa il ruolo di guida del reparto a tre, cosa che non ha nelle corde, così come il fatto che tutta la linea difensiva sia stata rivoluzionata a Celje. Se, invece, entra con Pablo Marì al fianco e deve fare il marcatore, come accaduto nelle ultime sfide di Serie A, ha sempre fatto ottime cose. Insomma, non è tutto rose e fiori ciò che la Fiorentina si porta dietro da Celje. Ma tant’è. Ora altre prove del nove, come i punti che si spera possano arrivare tra Parma, Cagliari ed Empoli, con vista sulla semifinale contro il Betis.

Altro (piccolo) passo. Altre 4 gare da dentro o fuori

Per la Fiorentina continua il periodo di gare da vincere

Non c’è stato di che entusiasmarsi, ma per adesso può andare bene così. La Fiorentina batte il Celje in trasferta, si avvia ad affrontare il Parma domenica per proseguire poi ancora con gli sloveni in casa nel match di ritorno di Conference, il Cagliari fuori e poi con l’Empoli al Franchi in campionato. Quattro gare in cui si attendono risposte dai viola, ma soprattutto punti e vittorie. In ballo c’è il destino per la formazione di Palladino, non certo brillante nel match coi modesti avversari di ieri e col solito dubbio legato al perché questa Fiorentina faccia così tanta fatica contro squadre piccole mentre riesca ad essere esaltante e dominante contro squadre di livello. Basti pensare che, al netto del turnover fatto a Celje, la Fiorentina ha subito più tiri ieri che con Atalanta e Juventus messe assieme. Poco male, se non fosse che i prossimi 4 impegni saranno ancora con formazioni di basso livello, già da domenica. Di fronte ci sono tutte formazioni che daranno la vita per trovare punti salvezza, così come farà il Celje, tecnicamente modestissimo ma con la fame di chi cerca l’impresa della storia. Fin qui, come detto, va bene così. Ma alcune risposte che qualche giocatore ha dato ieri non sono state granché incoraggianti, da Moreno alle difficoltà di Adli, Folorunsho, Zaniolo, Beltran e altri. Di loro, però, c’è bisogno, per forza, magari non di tutti assieme, ma…Insomma, giudizio rinviato. In Slovenia contava vincere, come domenica e in generale nelle prossime 4 partite. Altrimenti ogni discorso su ambizione, obiettivi e quant’altro potrebbe svanire in un grosso nulla di fatto.

Occhio alla figuraccia. Vietato sottovalutare (troppo) il Celje

Nessun avversario in Europa va preso troppo sotto gamba

“Celje chi?”. Qui ridiamo e scherziamo, ma occhio a sottovalutare troppo gli sloveni. Non sarebbe la prima volta che la Fiorentina nel suo percorso in Conference League arriva in qualche posto sperduto e si ritrova a dover fare molta più fatica del previsto. E’ accaduto a Nicosia, pochi mesi fa, quando la squadra di Palladino perse coi ciprioti dell’Apoel facendo una figuraccia. Apoel che, tra l’altro, ha incrociato anche lo stesso Celje nello spareggio post fase a gironi, con gli sloveni che hanno pareggiato 2-2 in casa e vinto a Cipro 0-2. Ecco, così, giusto per ricordare che poi, si fa presto a sottovalutare, ma…Non che sia stata proprio una passeggiata di salute per la squadra di Palladino in Portogallo, col Guimaraes, nell’ultima giornata della fase a gironi, quando arrivò il pareggio in extremis dopo una partita sofferta, anzi soffertissima, coi portoghesi che ebbero più di un’occasione per fare altri gol. E come dimenticare la gara col Puskas tra agosto e settembre, quando la squadra gigliata fece 3-3 in casa e pareggiò anche là, riuscendo a passare solamente ai rigori con una caterva di occasioni da gol sprecate da una formazione che, dati alla mano, vale 1 milione di euro in più della rosa del Celje. Ecco, così, giusto per ricordare che poi, si fa presto a sottovalutare, ma… In realtà è successo pure al Franchi, con lo stesso Puskas, ma anche coi gallesi del TNS, quando la Fiorentina dovette ricorrere ai titolarissimi per riuscire ad avere la meglio di una formazione semiprofessionistica, che il Celje ha battuto 3-2 nel girone, sempre giusto per dare dei riferimenti. E a proposito di ciò, il Celje ha perso 3-1 a Guimaraes, 2-1 col Betis e 2-0 col Pafos, eliminando il Lugano ai rigori, sempre per dare dei riferimenti. Ecco, ma tornando alle figuracce inattese, non va dimenticato il pareggio interno con l’RFS Riga, il ko 3-0 col Basaksehir, il tonfo in Grecia col Panathinaikos ed altre fatiche di un triennio di Conference League che nel precedente biennio ha visto la Fiorentina arrivare sempre in fondo, ma vedendo vincere gli altri, anche di molto inferiori, come l’Olympiakos. Ma in questo caso, meglio dimenticare. O meglio, cose di cui trarne lezione. Sarà il Celje, come lo stesso si diceva di Puskas Akademy, TNS, Apoel e altre squadrette. Ma se non le si affrontano nel modo giusto…il rischio è dietro l’angolo.

Cinque gare ‘facili’, ma è ora che viene il difficile

Tre sfide di campionato e due di coppa sulla carta agevoli

Dopo i 7 punti ottenuti tra Juventus, Atalanta e Milan, quest’ultima sfidata in trasferta, non si può certo essere scontenti del recente rendimento della Fiorentina. Tanto che, essere usciti da San Siro con un punto, ha lasciato quasi l’amaro in bocca. Molti ci avrebbero messo la firma prima del trittico sopracitato, a cui va aggiunto anche il successo interno col Panathinaikos che ha permesso alla squadra di Palladino di tenere vivo anche il percorso di Conference League per raggiungere un posto nella prossima Europa. Dopo aver affrontato tre scontri diretti, adesso arriva il ‘calendario facile’. All’orizzonte per i viola  ci sono infatti gli sloveni del Celje, giovedì in trasferta, poi Parma in casa, Celje in casa, Cagliari fuori, Empoli in casa. Ed è qui che, paradossalmente, arriverà il difficile. Tante volte nel recente passato, infatti, dopo risultati straordinari contro le grandi e/o momenti di forma eccellenti, la Fiorentina è incappata in ko tremendamente inattesi. C’è chi ancora si ricorda i tonfi con Verona, Cagliari e Pescara negli anni di Montella, mentre con Italiano è successo più di una volta. A maggior ragione quest’anno, per come è stata tutta la stagione dei viola di Palladino, c’è da aver più paura di affrontare un Parma che un Milan, un Monza più che la Juventus, un Empoli più che un’Atalanta, un’Udinese piuttosto che la Lazio o l’Inter. Ecco, dunque, che adesso che sembra arrivare il facile, per questa Fiorentina arriverà il difficile. Già da giovedì, in Slovenia. Poi ci sarà da affrontare tre squadre che in campionato sono alla ricerca di punti salvezza, che adesso scarseggiano essendo quasi a fine stagione, con nel mezzo il ritorno contro una formazione praticamente sconosciuta, contro cui la Fiorentina ha tutto da perdere. Quindi sì, arriva il calendario facile, con la consapevolezza che per i sogni di gloria non si può sbagliare. I segnali di ripresa ci sono stati, notevoli, così come si è visto qualcosa di molto incoraggiante su gioco, idee e identità. Ora la riprova dei fatti. Si spera, positivi.

Un turno di scontri diretti, serve l'X2 a San Siro

La Fiorentina sfida il Milan in turno pieno di sfide da 1 X 2

Questo weekend di campionato che è iniziato ieri, sta proseguendo oggi e terminerà lunedì è il classico turno di Serie A dove regna l’ 1 X 2 in schedina.  Un turno in cui si può decidere tutto, molto o niente. Può succedere qualunque cosa, con la Fiorentina che ha il proprio destino nelle mani a San Siro, dove sfiderà il Milan, ma con anche tanti possibili scenari che potrebbero aprirsi, sbloccarsi o chiudersi nel caso in cui… Va da sé che la cosa migliore sia uscire da Milano con tre punti. A quel punto adios ai sogni di rimonta dei rossoneri, già oggi a meno 4 e a quel punto a meno 7 con lo scontro diretto a favore della Fiorentina. Poi, per le stesse posizioni di classifica, si affronteranno Atalanta-Lazio, Roma-Juventus e lunedì Bologna-Napoli. Tra le opzioni dell’ 1 X 2, lo scenario migliore sarebbe vincere col Milan e che tutte le altre pareggiassero (purtroppo non possono perdere tutte). In questo scenario idilliaco la Fiorentina rosicchierebbe 2 punti a tutte le sue concorrenti davanti, col quarto posto che sarebbe distante solo 4 punti. Per chi mira alla Champions, potrebbe andare bene anche il segno 2 al Dall’Ara, con altri due segni X a Bergamo e Roma, con a quel punto tre punti recuperati al Bologna, 2 ad Atalanta, Lazio, Roma e Juve. E via discorrendo. Come detto, tutto può succedere in questo turno. Paradossalmente, anche pareggiando a San Siro stasera, con tutti pareggi negli altri tre scontri diretti resterebbe tutto inalterato, con all’orizzonte per la Fiorentina Parma, Cagliari ed Empoli. Prima del fischio d’inizio nessuno firmerebbe per un pareggio, anche se…Va da sé (bis) che la Fiorentina debba assolutamente evitare di perdere oggi. In caso di sconfitta, infatti, potrebbero anche finire quasi definitivamente i sogni di gloria di chi tifa viola, sia perché il Milan si porterebbe a meno 1 dalla Fiorentina, restando dunque ancora vivo, ma anche perché con alcuni risultati sfavorevoli potrebbero scappar via quelli che sono quarti. Facendo un esempio, in caso di ko col Milan, se vincesse il Bologna il quarto posto andrebbe a 8 punti di distanza. Se non vincesse il Bologna ma vincesse la Juve il quarto posto si allontanerebbe lo stesso. Se invece vincessero anche soltanto Lazio e Roma si allontanerebbe anche un posto in Europa League. Insomma, guai a perdere stasera. In caso di successo la Fiorentina arriverebbe al trittico di partite ‘facili’ (sulla carta, che sono anche quelle in cui paradossalmente la squadra di Palladino ha fatto più fatica) lanciatissima, reduce da tre vittorie di fila con Atalanta, Juve e Milan. Come detto, tuttavia, anche in caso di pareggio potrebbe comunque crearsi una situazione di classifica positiva per i viola, migliore di quella con cui questo weekend è iniziato. Oppure no. Ecco, come detto, il classico weekend da 1 X 2, praticamente ovunque. Sperando che a San Siro esca almeno il segno X 2.

Big con le big. Ora il Milan, poi le piccole

Per la Fiorentina continua la rincorsa all’Europa

Se la Fiorentina avesse giocato solamente contro le prime della classe sarebbe seconda in classifica. La media punti parla chiaro. Se quella assoluta, coi 51 punti fatti in 30 partite, è di 1,70 punti a partita, quella contro le prime 9 squadre della Serie A è di 1,69. Il che vuol dire che, contro le ultime 11 squadre di Serie A la Fiorentina ha di poco fatto meglio. D’altronde, con le ultime 3 della classifica che sono Monza, Venezia ed Empoli, in 4 partite giocate in stagione sono arrivati 3 pareggi ed 1 ko. Ed ecco che il discorso numerico e statistico torna perfettamente. Ma questo è già chiaro: “Obiettivi? Migliorare soprattutto quanto fatto fin qui contro le medio-piccole”, cit. Palladino la scorsa settimana. A parole, sì, ma anche nei fatti. Perché è abbastanza evidente che la Fiorentina di Palladino abbia cambiato un po’ faccia. Si vedono trame di gioco differenti dal palla a lunga a Kean, che ogni tanto viene usato come strategia eh, sia chiaro, ma alternato al palleggio via Fagioli o via Gudmundsson. Trame che potrebbero tornare molto utili dopo il Milan, quando la Fiorentina se la dovrà vedere con Parma, Cagliari ed Empoli. Tre sfide contro cui all’andata arrivarono 1 vittoria e 2 pareggi, ovvero una media di 1,67 punti, inferiore a quella con le prime nove della classifica. Ecco, tornando a questo aspetto, con la vittoria arrivata domenica al Franchi contro l’Atalanta la squadra di Palladino ha messo a referto un’altra ‘V’ in uno scontro diretto giocato in casa. Solo contro il Napoli la Fiorentina non ha fatto punti al Franchi, laddove invece ha steso Roma (5-1), Lazio (2-1), Milan (2-1), Inter (3-0), Juventus (3-0) e Atalanta (1-0). All’appello manca solamente un’altra delle prime 9 della classifica che devono ancora giocare a Firenze, ovvero il Bologna di Vincenzo Italiano, sfida che potrebbe essere uno scontro direttissimo alla penultima giornata. Nel computo della classifica tra le prime 9 di Serie A, completano il conto anche la vittoria con la Lazio all’Olimpico e il pari ottenuto a Torino con la Juve. Ko, invece, con Bologna, Inter, Napoli e Atalanta. E sabato ci sarà un altro incrocio che potrebbe migliorare ancora la classifica dei viola, sia quella di Serie A che quella degli scontri diretti, visto che ci sarà la partita tra Milan e Fiorentina. Altra gara in cui serve mantenere il trend di risultati contro le big che ha avuto la formazione di Palladino quest’anno. Fare prestazioni come quelle fornite nelle ultime due sfide con Juve e Atalanta potrebbe aiutare la causa viola.

Gli altri volti della risalita (e del lavoro di Palladino)

Da Marì a Mandragora e Pongracic, tutti quelli che ora sì, che prima no

Mea Culpa? Sì, ci sta, ‘quando ce vo ce vo’. Mentre brillano le stelle di Moise Kean, De Gea, Gudmundsson, Fagioli, Dodo, Gosens e altri più o meno attesi protagonisti di una Fiorentina che è tornata ad alimentare sogni di gloria, ci sono anche tutti quelli che via via stanno convincendo sempre più. Tanti singoli che dopo settimane, mesi o addirittura anni un po’ così, non proprio brillanti (diciamo così), adesso stanno meritando applausi. Basti pensare a Rolando Mandragora. Qualche gol ogni tanto lo aveva fatto anche in passato, ma alternandolo a prestazioni spesso incolore, tanto da essere spesso definito dai più ‘trasparente’. Negli ultimi mesi, invece, Mandragora è sempre più protagonista. Gol, assist, giocate, pressing, falli presi e dinamismo. Una rinascita vera e propria per lui che, per quanto abbia trovato molto spazio sin da inizio stagione, ha visto la concorrenza aumentare progressivamente e costantemente in mezzo al campo, da Adli, Cataldi e Bove prima a Fagioli, Folorunsho e Ndour poi. Ma, poco male. A suon di prestazioni Mandragora è passato stabilmente da alternativa, magari per le gare di coppa, a titolare inamovibile. Poi c’è Pablo Marì, arrivato un po’ in sordina ma che, da quando è stato schierato titolare nel 3-5-2 con l’ex Monza a guidare la difesa, ha ridato solidità ad una retroguardia come quella viola che aveva un po’ perso efficacia. I dubbi erano diversi al suo arrivo, tanto che appariva quasi inspiegabile il suo innesto con contemporanea cessione di Valentini, appena arrivato. E invece, ‘mea culpa’, Pablo Marì si sta confermando acquisto azzeccatissimo, con buona pace di Comuzzo che da essere stato uomo mercato a gennaio, da due mesi è ormai un panchinaro fisso. D’altronde il reparto, adesso, funziona alla grande, come testimoniano i quasi 0 rischi patiti con Atalanta e Juventus negli ultimi 180’. Col 3-5-2, con Pablo Marì a guidare la difesa, è tornato ad ottimi livelli Ranieri ma anche Marin Pongracic. Un altro che, dopo aver fatto un inizio di stagione orribile tra errori, espulsioni, infortuni e mesi di panchine, adesso è un altro titolare fisso. Con merito, sia chiaro. Perché il croato non sta sbagliando nulla in fase di copertura, dimostrando che coi meccanismi e coi compagni di reparto giusti sa districarsi bene anche in una difesa a tre (d’altronde, a inizio stagione, nel terzetto difensivo c’erano Quarta e Biraghi) riscoprendosi anche abile costruttore di gioco. Tutti giocatori che ora sì, che prima no. E che stanno brillando sempre più.

Singoli, collettivo e manico. Fiorentina da Champions

La svolta dal ritorno al 3-5-2. Ora la Viola vola

Riavvolgendo il nastro, la chiave della svolta sta nel cambio modulo. Anche se Palladino ha provato a sviare il discorso, non volendosi prendere tutti i meriti e volendoli condividere con giocatori e società, è ormai evidente come dalla virata verso il 3-5-2 la Fiorentina sia cambiata radicalmente. E per Palladino, trattasi della terza ‘strambata’, come quando ad inizio stagione passò dal 3-4-2-1 al 4-2-3-1, approdando adesso al vestito tattico che meglio sembra adattarsi a questa Fiorentina. Quando le cose non vanno, d’altronde, c’è chi ‘muore’ continuando su una strada che non sta dando risultati e chi è bravo a trovare la via del cambiamento. In positivo, ovviamente. E sarà un caso ma oggi come negli altri momenti in cui Palladino ha stravolto le cose la Fiorentina ha improvvisamente ripreso a marciare. Dal cambio modulo dell’intervallo con la Lazio arrivarono 9 vittorie e 1 pareggio in 10 partite di campionato, tra cui le 8 di fila che hanno portato in alto la squadra viola. Adesso siamo a 3 nelle ultime 4 di Serie A, più 1 su 2 in Conference. E il bello è che, gara dopo gara, la Fiorentina sembra crescere ancora, e ancora, e ancora. La prima col nuovo modulo, infatti, fu col Lecce, poi c’è stato il Panathinaikos in Grecia, il Napoli, quindi Panathinaikos in casa, Juventus e Atalanta. Contro quest’ultime due De Gea non ha dovuto neppure sporcarsi i guanti. La difesa a tre funziona da manuale, o quasi. Anche dinanzi alla ‘corrazzata’ di Gasperini, che aveva numeri da sballo per punti e gol fatti in trasferta sino a ieri, il reparto guidato da Pablo Marì non ha sbagliato niente. Adesso, guarda caso con l’arrivo dell’ex Monza, anche Pongracic sta facendo prestazioni ottime. La mediana a tre adesso gira a meraviglia, col rientro di Cataldi, un Fagioli che da quando ha ingranato sta mettendo a referto partitoni in serie, oltre ad un Mandragora che si è improvvisamente acceso. E ora anche lui è quasi un intoccabile. Da ricordare che in panchina ci sono a disposizione anche Adli, Folorunsho, Ndour e Richardson. Con il passaggio al centrocampo a tre Palladino ha svoltato. In quella zona del campo la Fiorentina aveva patito le pene dell’inferno, per settimane e mesi, per l’appunto quando i risultati hanno iniziato a scarseggiare. Risultati, punti ed anche prestazioni. Adesso è tutt’altra Fiorentina. Davanti, ovviamente, sta facendo la differenza un Kean monumentale, spaziale, fenomenale, fantasmagorico e chi più ne ha più ne metta. Ma anche il graduale rientro di Gudmundsson sta dando una mano alla causa di Palladino, a sua volta bravo nel dare più libertà all’islandese che sta facendo buone cose. Palladino ha svoltato anche grazie ai nuovi compiti dati ai due esterni di centrocampo, Dodo e Gosens su tutti hanno fatto tre/quattro gare di altissimo livello ultimamente. Chi più chi meno lo aveva fatto anche in precedenza, ma nella ripartenza hanno dato quantità e qualità come pochi altri esterni sanno fare in Serie A. Nel dubbio, adesso che le cose stanno funzionando, anche l’assenza del tedesco contro l’Atalanta non ha provocato stravolgimenti o danni. Anche Parisi, infatti, si è disimpegnato in maniera molto positiva. Segnale evidente che la via è quella giusta, anzi, giustissima. All’orizzonte c’è un altro scontro diretto, a San Siro, col Milan. Dopo aver steso tutte le prime della classe in casa, tranne che il Napoli (unica delle prime 9 di Serie A ad aver portato via punti dal Franchi), la Fiorentina dovrà continuare il suo recente trend anche in trasferta, dove in stagione ha fatto 1 punto con la Juve e 3 con la Lazio, cadendo con Inter, Bologna,  Napoli e Atalanta. Poi ci sarà il trittico Parma, Cagliari, Empoli. E l’altra svolta sarà da fare lì, in quelle sfide contro le ultime della classifica contro cui la Fiorentina ha buttato via una valanga di punti che, tra qualche settimana, si spera non siano un grosso rimpianto.

‘Fiorentina ora sì, oh!’

La squadra di Palladino vola

Ora sì. La Fiorentina è ripartita. E lo ha fatto alla grande. Dopo le prime incoraggianti risposte con Panathinaikos al Franchi e Juventus, il tris è stato servito alla grande, anzi alla grandissima, anche con l’Atalanta. Un’altra classica prestazione da Fiorentina di Palladino, che contro le grandi continua a fare la voce grossa, anzi grossissima. Al Franchi non si passa, non ce n’è per nessuno. Solo  il Napoli delle prime nove della classifica è riuscito a portar via punti. Poi sono cadute Lazio, Milan, Roma, Juventus, Inter e ieri pure l’Atalanta. Tra l’altro, anche coi bergamaschi, con pieno merito, così com’era accaduto quasi sempre, eccezion fatta per un po’ di circostanze fortunose con la Lazio e col Milan. Ma senza aver rubato nulla, sia chiaro. Ancora una volta, come sta piacevolmente spesso capitando di recente, De Gea non si è neppure sporcato i guantoni. E dire che di fronte c’era la macchina da guerra del Gasp, che in trasferta aveva numeri da record tra vittorie, punti e gol fatti. Ma al Franchi l’Atalanta non ha fatto sostanzialmente nulla. I meriti sono da individuare nella retroguardia di Palladino che, dalla virata al 3-5-2 in poi, è tornata un muro. Poi Fagioli che gira in mediana e un Kean che così in forma non lo è stato mai in carriera. Neppure al Psg. Oggi dare palla a lui vuol dire dover prendere la rincorsa per andare ad abbracciarlo dopo che il pallone è finito in rete. Oppure fargli un applauso per aver difeso un pallone come in pochi altri sanno fare, magari facendo un bel sorriso quando fa quella flexata, mostrando i muscoli, che verrebbe da dirgli ‘ancora! Fallo ancora!’. Pongracic, rispetto ad inizio stagione quando, a tre, sembrava il peggior Tomovic, adesso in confronto sembra Baresi. Ranieri, errore sotto porta a parte, è costantemente tra i migliori in campo. Anche in una giornata in cui manca Gosens, la sua assenza non pesa più di tanto. Gud non fa chissà cosa, ma almeno c’è. E poi tutti fanno la guerra, contro ogni avversario, su ogni pallone. E la Fiorentina torna a volare. Non troppo, se si guarda la classifica. Ma col Milan all’orizzonte e con un tris di gare sulla carta non impossibili come Parma, Cagliari ed Empoli, c’è di che ben sperare. Se la Fiorentina è questa. Senza dimenticare la Conference League. E non stiamo facendo i classici voli pindarici, ma è quello che questa squadra sta mettendo in mostra dal giovedì del Panathinaikos in poi. Ora sì, ovvia.

Allievo vs Maestro. Gasp avanti 4-0 su Palladino

Il tecnico viola cerca la prima gioia contro Gasperini

“Per me Gasperini è un maestro, mi ha fatto vedere il calcio in maniera diversa. Da lui mi ispiro tanto ma rimane comunque unico, è impossibile fare copia e incolla in un altro contesto” cit. Quella di domani al Franchi è la classica sfida tra Allievo e Maestro, Palladino da una parte e Gasperini dall’altra. Il tecnico viola non è il primo, forse neppure l’ultimo tra i giovani allenatori che si sono ispirati al bergamasco. Un tipo poco simpatico, spesso sopra le righe, irrispettoso, arrogante, anche un po’ str…, ma tremendamente bravo. Col Genoa sfiorò la Champions che perse proprio in favore della Fiorentina di Prandelli per gli scontri diretti, poi è riuscito a scrivere una pagina di sport clamorosa a Bergamo, portando una provinciale a diventare una big, non per un anno o due, ma da quasi 10 anni. La vittoria dell’Europa League dello scorso anno è stato l’apice, a meno che non riesca a vincere lo Scudetto in questo finale di stagione. Difficile, ma non impossibile. Allievo e maestro, dicevamo. Gasp arriva alla sfida del Franchi di domani contro Palladino con un ruolino di marcia non esaltante negli ultimi tempi, ma con un tris di trasferte da 0-4 alla Juve, 0-5 all’Empoli e 0-5 al Verona. In trasferta la Dea vola, mentre Palladino potrà sfruttare il fattore Franchi. In questa stagione a Firenze sono già cadute Inter, Juventus, Milan, Roma e Lazio. Da qui alla fine mancano solamente l’Atalanta e il Bologna. Palladino ci prova, ci proverà, deve provarci. Contro il suo maestro, tra l’altro, il bilancio è pessimo. Quella di domani sarà la quinta volta da allenatore contro l’Atalanta per il tecnico della Fiorentina Raffaele Palladino. Fin qui, ha perso in questa stagione, all’andata 3-2, così come aveva sempre perso alla guida del Monza. L’anno scorso finì 1-2 in casa e 3-0 a Bergamo per l’Atalanta, e nell’ultima giornata del 2022-23 fu 5-2 per l’Atalanta. Il tecnico della Fiorentina, dunque, va ancora a caccia del primo risultato utile in carriera coi nerazzurri e contro Gasperini. Fin qui, insomma, tanto da recriminare. Nella sfida d’andata Palladino assaporò il gusto della prima vittoria, per prenderne poi 2 in 5’ nel finale di primo tempo e rischiare di prenderne molti altri nella ripresa. Gasp che, col predecessore di Palladino, ha spesso preso scoppole. Italiano vinse 2-3 nella gara del recupero post Atene, vinse in Coppa Italia all’andata 1-0 salvo poi perdere 4-1 al ritorno, vinse 3-2 in campionato un anno fa a Firenze, vinse 1-0 nel 21/22 e 1-2 a Bergamo, così come nel primo anno vinse Italiano al Gewiss 2-3, eliminando i nerazzurri dalla Coppa Italia. Sarà un caso? Forse sì. Ma Italiano contro Gasperini a Firenze ha un ruolino di 6 vittorie, 1 pareggio e 2 ko in 9 incroci. Una bestia nera vera e propria per il bergamasco. Non si può dire lo stesso, fin qui, per Palladino. Domani un nuovo capitolo, col tecnico viola che cerca ancora il primo sorriso. Pieno, ma anche parziale. Interrompere il tabù Gasp, magari anche con un pareggino, potrebbe essere un buon punto di partenza.

Dov’eravamo rimasti?

Parte il tour de force finale della Fiorentina

Sarà perché è arrivata la Primavera o perché sta tornando l’allergia, combo che si sa, concilia con il sonno e genera un po’ di intontimento; sarà perché c’è stata di mezzo la Nazionale, o meglio ancora perché c’è stato un sabato in cui si sono visti giocare assieme Batistuta, Pepito Rossi, Mario Gomez, Toldo, Borja Valero, Pizarro e tutti coloro che hanno partecipato alla gara del Franchi in onore dell’ex numero 49 viola; sarà perché Moise Kean ha fatto una partita da urlo in Germania, con annessi rumors sempre più forti sul suo futuro e sulla clausola, per cui non ci siamo annoiati granché. Sarà…ma, precisamente, dov’eravamo rimasti? Ah sì, giusto. Al 3-0 con la Juventus. Basta chiudere gli occhi per un istante che la memoria ci riporta a quella esaltante serata del Franchi che ha rilanciato appieno le ambizioni di una Fiorentina che poteva addirittura già abbandonare ogni aspirazione di classifica a metà marzo. Così come avvenuto 72 ore prima, in Conference League, quando il 3-1 rifilato al Panathinaikos ha riacceso la luce della speranza e della fiducia, oltre a spalancare le porte verso almeno la semifinale, poi chissà. Ecco, sì, giusto. Non solo risultati, ma anche tantissime buone indicazioni, generali, collettive e dei singoli. Con la difesa a tre e l’impiego di Pablo Marì la retroguardia viola ha ritrovato grande solidità. Anche Pongracic è tornato a buoni livelli da quando Palladino ha virato verso il 3-5-2, forse perché con l’ex Monza a guidare la difesa i meccanismi funzionano, a differenza di inizio stagione. Gosens e Dodo volano con questo modulo. Il tedesco soprattutto, tra gol, assist e salvataggi miracolosi sulla linea. A tutta fascia l’ex Atalanta è tornato incisivo e decisivo. Con questo assetto Gudmundsson ha maggiore libertà di muoversi dove più gli pare in attacco. L’islandese è tornato, segna, gioca e può fare la differenza in questo finale di stagione per la Fiorentina. Kean è sempre lo stesso, che la Fiorentina giochi a tre, quattro, cinque. Fagioli si è preso il centrocampo. Con Cataldi e Mandragora sono stati assoluti protagonisti delle ultime due vittorie dei viola. Giusto, Mandragora, un altro che in 72 ore ha messo dentro due reti e si è ripreso la titolarità del centrocampo viola. Intanto Adli e Folorunsho sono tornati a disposizione, ma possono tranquillamente attendere il loro momento. Fin qui il dove eravamo rimasti, adesso il dove andremo. Domenica alle 15, al Franchi, l’Atalanta del Gasp, una delle tre squadre che in classifica sono nelle prime 9 con cui la Fiorentina non ha ancora fatto almeno un punto, l’altra è il Bologna, mentre col Napoli non ci sarà un’altra occasione. Nerazzurri crollati ultimamente in casa, ma macchina da guerra in trasferta, con un 0-4 alla Juve e due 0-5 a Empoli ed Hellas nelle ultime tre trasferte. Dopo l’Atalanta ci sarà il Milan fuori, quindi il tris di gare in cui devono arrivare 9 punti, per forza, con Parma, Cagliari ed Empoli. Ovviamente resta il doppio confronto col Celje per andare avanti in Europa. Che non si sa mai. Insomma, si riparte. Pronti? Non c’è tempo da perdere. Almeno questo weekend si sposteranno le lancette in avanti, per cui mancherà un’ora in meno al ritorno in campo della Fiorentina. Da domenica alle 15 non ci sarà più di che annoiarsi. Sperando di poter vivere un finale di stagione positivo, esaltante, storico, piuttosto che deludente e pieno di rimpianti.

La quiete prima della tempesta

Per la Fiorentina è alle porte il tour de force decisivo

Ancora qualche ora e inizierà ufficialmente il countdown verso il rush finale di questa stagione per la Fiorentina. Un conto alla rovescia che potrebbe mandare in Paradiso o all’Inferno la truppa di Palladino, chiamata almeno a centrare un posto nella prossima Europa. Il meglio deve ancora venire, ha detto lo stesso tecnico viola. Non vi è dubbio su questo. E potrebbe essere bello, bellissimo, addirittura trionfale, oppure un nulla di fatto, addirittura un flop. Dalle prossime 9 partite di Serie A e dal percorso che la Fiorentina riuscirà a fare in Conference League dipende sostanzialmente tutto. Che questa rosa sia forte, molto forte, la più forte dell’era Commisso, lo ha testimoniato il 3-0 rifilato alla Juve, arrivato dopo un altrettanto esaltante 3-0 all’Inter, dopo aver battuto Roma, Milan e Lazio. Praticamente tutte le big, almeno in casa. E domenica arriverà l’Atalanta, unica delle primissime della classe assieme al Napoli e al Bologna (con cui la Fiorentina giocherà il ritorno alla penultima giornata) contro cui la squadra di Palladino non ha fatto almeno un punto. Coi bergamaschi e a seguire contro il Milan la Fiorentina non può far altro che dare risposte. Altre. La parola d’ordine è e deve essere continuità. La classifica è ancora corta. La vittoria con la Juve ha ridato entusiasmo e fiducia, un bis dopo quella col Panathinaikos che ha certificato che la Fiorentina è ancora viva. Il rischio che la stagione fosse già finita a marzo c’era. Così non è stato. Colpo di reni o scintilla vera per un finale esaltante? Già domenica le prime risposte. Certo, di fronte ci sarà l’Atalanta, non proprio l’avversario più facile da battere, soprattutto quando la truppa del Gasp gioca in trasferta. Nelle ultime 4 uscite esterne i bergamaschi hanno fatto 0-4 alla Juve, 0-5 al Verona e all’Empoli. Insomma, non male. Poi sarà la volta del Milan, del Parma, del Cagliari, dell’Empoli, della Roma, del Venezia, del Bologna e dell’Udinese. Nel mezzo le gare col Celje e poi…si vedrà. Probabilmente il Betis e il Chelsea in finale di Conference. La tempesta, appunto. Adesso la calma, prima di scatenare l’inferno, sperando di volare in Paradiso.

Con un Kean così…

Altra super serata per l’attaccante della Fiorentina

Un gol più bello dell’altro, anche in Nazionale. Moise Kean è sempre più bomber, mai come quest’anno. E sono 23 centri in 40 partite tra Fiorentina e Italia, da agosto fino a marzo, con quella speranza che il bello possa (o debba) ancora venire, come detto da Palladino. Quella che in estate poteva essere (legittimamente) vista come una scommessa, tra l’altro onerosa visti i 13 milioni di euro tirati fuori più altri 5 di eventuali bonus per prenderlo dalla Juventus, si sta trasformando sempre più in una scelta clamorosamente azzeccata da parte della società viola. Un colpo alla Kvaratskhelia, alla Mertens, alla…quelli, insomma, che presi a cifre ragionevoli nel giro di pochi mesi si moltiplicano di valore economico e garantiscono un rendimento tecnico ‘da wao’. In quei giorni, Daniele Pradé sbandierò pubblicamente la volontà di acquistare un centravanti di sicuro rendimento, uno di quelli da doppia cifra, uno che avrebbe dovuto cancellare i tanti (troppi) errori sui numeri nove compiuti dalla dirigenza gigliata nel corso degli ultimi anni. La lista è lunga, meglio dimenticare. La Fiorentina aveva già preso Kean, ma in città erano in molti a chiedersi se non dovesse arrivarne un altro di attaccante, uno ‘vero’, visto che l’ex Juventus arrivava da una stagione da 0 reti. C’erano in ballo i vari Dallinga, Lucca, Sorloth, Retegui...Ma per la squadra mercato della Fiorentina non ci sono mai stati dubbi: era e sarebbe stato Moise Kean il centravanti titolare della Fiorentina. E mai come in questa occasione si può, anzi si deve, dire ‘chapeau’. Intanto Kean si è preso la Fiorentina a suon di gol. Si è riconquistato la maglia della Nazionale dove ha fatto gol e prestazioni, diventandone il numero 9, con Retegui che nelle gerarchie non è più così davanti al centravanti viola. Domenica, tra l’altro, chissà che il nerazzurro non riesca a rientrare, coi due che saranno faccia a faccia, l’uno contro l’altro. Mai così prolifico Kean, dicevamo, con  un gol ogni 135’ in maglia viola, 1 ogni 103’ in Nazionale. Quando ha giocato al Psg fece 17 reti in poco meno di 2400’, con 1 gol ogni 141’. Alla Juve nel 2022/23 segnava con una media di 1 gol ogni 170’, nel 2018/19 fece meglio con 1 gol ogni 97’, ma trovando solamente 7 reti in 17 presenze. All’Hellas fece 4 reti in 19 presenze alla prima stagione in A etc etc. Si perché, numeri a parte, quello che oggi sta facendo vedere Moise Kean pare qualcosa di mai visto prima. Tanto che più di qualcuno sta iniziando a monitorare la situazione. La clausola che pareva folle fino a mesi fa sta diventando ormai sempre più una cifra quasi ridicola rispetto al rendimento che Kean sta mettendo in mostra. 52 milioni di euro, in pratica, la metà di quanto è stato pagato a suo tempo Lukaku dall’Inter, meno della metà con cui il Bayern ha preso Harry Kane e di quanto la Juve ha pagato Vlahovic o il Napoli Osimhen. Insomma, meglio non pensarci. La speranza è che il meglio debba ancora venire. Che Kean continui a segnare a raffica, magari portando alla Fiorentina quella benedetta/maledetta Conference League, o l’ingresso in una coppa un po’ più accattivante e remunerativa rispetto a quella da cui, ad oggi, la squadra di Palladino non avrebbe neppure accesso per la prossima stagione se non vincesse la Conference. E comunque, brava Fiorentina, bravo Kean. Avanti così.

Fiorentina made in Italy. Ieri, oggi e domani

La Fiorentina punta sugli italiani

Appena arrivato a Firenze Rocco Commisso lo disse e ribadì più volte: “Ero qui nel 2006…”, celebrando la vittoria dell’Italia ai Mondiali. Non aveva ancora ben chiaro il rapporto tra una parte di tifosi viola e la Nazionale (quelli per cui lo Scudetto del 1982, la FIGC, Matarrese, Baggio, Avellino, Moggi, il fallimento, Calciopoli etc etc), ma questa è una vecchia storia. Commisso non ha mai nascosto di sognare una Fiorentina che diventasse un serbatoio per la Nazionale. Anche attraverso la realizzazione del Viola Park, con forte lavoro nella direzione della valorizzazione dei giovani del territorio e dell’italianità. In principio c’erano i vari Biraghi, Bonaventura, Castrovilli e Chiesa. Mattoncino dopo mattoncino il percorso è continuato, fino ad oggi, quando ad indossare la maglia numero 9 della Nazionale è proprio il centravanti della Fiorentina: Moise Kean, qualcosa che non accadeva dai tempi di Alberto Gilardino e Luca Toni, ultimi bomber viola-azzurri. Il centravanti della Fiorentina e dell’Italia è in buona compagnia. Sì perché, per quanto non stia ancora trovando spazio, tra i viola-azzurri c’è pure Pietro Comuzzo. Uno, giusto per intendersi, che ha saltato lo step dell’Under 21 approdando direttamente in Nazionale maggiore e che, salvo cessioni in estate (rumors stanno già ritornando a circolare, come a gennaio), sarà uno dei difensori della Fiorentina e dell’Italia del domani. Come Kean sarà, appunto, assieme a Retegui il nove dell’Italia e della Fiorentina (sempre che quella clausola…). A questa girata sono solamente loro a difendere i colori dell’Italia di Spalletti, ma rispetto allo ieri, l’oggi profuma molto anche di domani. Assieme a loro, infatti, potrebbero trovare nuove maglie azzurre in diversi che oggi indossano quelle viola. Su tutti c’è, ovviamente, Fagioli, che già Spalletti si era portato agli ultimi Europei nonostante fosse appena rientrato dalla lunga squalifica. In seconda fila ecco Folorunsho, altro che ha fatto parte della spedizione azzurra agli Europei, che potrebbe presto ritornarci. Sempre che, il primo ma anche il secondo, vengano riscattati dalla Fiorentina a fine stagione, s’intende. In tutto ciò c’è chi è stato il leader delle Under, ovvero Luca Ranieri, che magari chissà…così come quel Sottil che per anni è stato un titolarissimo dell’Under 21, che se dovesse definitivamente esplodere chissà…sempre che, a fine stagione torni qua, dal Milan, cosa non del tutto scontata. E da molti neppure sperata. Chi un posto nell’Italia del domani sembra averlo senza ancora aver fatto granché in prima squadra è anche Tommaso Martinelli. Il giovane portiere azzurro, ovviamente, dovrà prima prendersi la ribalta con la maglia della Fiorentina, prima o poi…Chissà che non rientri nel giro degli azzurri anche Rolando Mandragora, che dopo mesi e anni è tornato a fare prestazioni e gol. Non va dimenticato che anche lui, a suo tempo, è stato per anni il capitano dell’Italia Under 21, salvo poi perdersi per strada. Peccato per Bove, ma come per altri chissà. Ovviamente, nel caso del centrocampista, le motivazioni sono di ben altro tipo. Poi c’è quello Zaniolo che fino ad un paio d’anni fa era considerato un titolare dell’Italia, ma che infortunio dopo infortunio, flop qua e flop là, rischia di non essere nemmeno tra i protagonisti della Fiorentina, con un prossimo ritorno in Turchia che sembra più vicino che lontano. Chi si è perso nell’ultimo anno è Michael Kayode. Un protagonista dell’ultimo Mondiale Under 20, della scorsa prima parte di Serie A, che poi si è involuto in maniera inaspettata fino a terminare in Premier, al Brentford, dove non gioca mai. Spalletti lo seguiva, chissà che non torni a Firenze in estate e che sbocci, ritornando in orbita Nazionale. Nell’Under 21 gioca quasi sempre titolare Cher Ndour, anche ieri contro l’Olanda. Un altro il cui futuro potrebbe essere  viola-azzurro. Altri futuribili viola e azzurri sono Bianco e Amatucci, che a fine anno faranno ritorno a Firenze, mentre Colpani, che tra gli obiettivi aveva quello di consacrarsi dopo l’annata a Monza, probabilmente ha perso il treno, sia viola che azzurro. Chi ci spera è anche Fabiano Parisi, altro che non ha confermato le aspettative, ma mai dire mai. In rosa, oltre a quelli sopracitati, ci sono anche i vari Terracciano, Cataldi più una valanga di giovani che si stanno mettendo in luce in B: su tutti Fortini e Favasuli, oltre a Caprini già nel giro della prima squadra e adesso in Under 20. Insomma, c’è tanto viola-azzurro, oggi e domani.

Kean-Italia; tra apprensione e motivazione

Il bomber viola guiderà l’Italia di Spalletti

 Allo stadio Giuseppe Meazza di San Siro è ormai tutto pronto per Italia-Germania. Dal 1’ tocca a Moise Kean guidare l’attacco della Nazionale, con la maglia numero nove sulle spalle, non viola ma azzurra. Ok, dettaglio non da poco, soprattutto per chi come tanti che hanno la Fiorentina nel cuore mantengono da anni un rapporto conflittuale (diciamo così) con la Nazionale, in un mix di apprensione e motivazione. Va da sé che tutti coloro che tengono alle sorti della squadra viola siano lì col fiato sospeso, fin dal primo momento in cui il bomber della Fiorentina è approdato a Coverciano, poi alla Pinetina, quindi stasera a San Siro e poi, probabilmente, pure domenica in Germania, tutti a sperare che al centravanti gigliato nessuno dei tedeschi o dei compagni azzurri in allenamento tiri una botta, una pedata, una pallonata. Se possibile neppure un raffreddore. Per tutti coloro che…’magari prendesse un raffreddore così torna subito a Firenze e torna carico per Fiorentina-Atalanta’; oppure quelli del ‘speriamo prenda un giallo stasera, visto che è diffidato e non gioca domenica’…sì, ok, però…Non va dimenticato l’aspetto motivazionale, a maggior ragione nel caso di Kean. Stiamo parlando di un ragazzo di 25 anni che è passato dall’essere considerato un predestinato all’etichetta di incompiuto, che è rinato a Firenze, che ha ritrovato la Nazionale a cui tiene, che stasera giocherà titolare contro la Germania (ok, è un quarto di finale di Nations League, ma è sempre un’Italia-Germania), che assieme a Retegui è uno dei due centravanti principali dell’Italia e che, soprattutto, in ottica Mondiali del 2026, ha tutto per mantenere questo status, aspetto che potrebbe anche giocare in favore della Fiorentina stessa. Sì perché prima o poi qualcuno busserà alla porta di Kean. Non importerebbe, tra l’altro, neppure passare da quella della Fiorentina, vista la clausola da 52 milioni che l’attaccante ha voluto inserire nel suo contratto quando ha detto sì alla società viola. Una cifra che un club di Premier potrebbe spendere ad occhi chiusi. In caso di ok da parte del giocatore, a quel punto la Fiorentina non potrebbe far nulla se non prendere atto della cosa e cercare un altro centravanti. Ecco perché, il fatto che Kean faccia bene anche con l’Italia, potrebbe essere un motivo ulteriore per la Fiorentina per convincere il proprio numero 20 a restare qui, a rinunciare ad eventuali mega offerte dall’Inghilterra perché qui sì, altrove non è detto, avrebbe continuità, una piazza che lo ama e una Fiorentina che gioca per lui. Cosa che lo ha fatto rinascere, che in ottica Mondiale 2026, non sarebbe così scontato da abbandonare. ‘Sai ciò che lasci, non sai ciò che trovi’, recita un detto, che spiega bene il senso del discorso. Certo, molto potrebbe influire il piazzamento finale della Fiorentina, cioè l’eventuale qualificazione all’Europa dell’anno prossimo oppure no. Ma anche fino ad un certo punto. Quindi, ecco: turarsi il naso se venisse abbracciato da qualche ‘gobbo’, se non starà a riposarsi come altri suoi compagni viola, e un po’ di apprensione sperando vada tutto bene. Ma anche che faccia bene, trovando ulteriore carica e motivazioni per dare tutto anche con la Fiorentina.

(Rin)corsa all’Europa. Tutto è ancora possibile

La Fiorentina spera di agganciare un posto europeo

La speranza è sempre l’ultima a morire. Ma, poi, c’è da fare i conti con quello che è realmente raggiungibile e cosa no. Per la Fiorentina, dopo il 3-0 rifilato alla Juventus, si è riaccesa la possibilità di acciuffare un treno per l’Europa che, tra risultati, prestazioni e sensazioni si era allontanato. Sì perché, oltre ai punti che non arrivavano, per lunghi tratti si è vista una Fiorentina che non dava mai l’impressione di aver meritato di più. Anzi. Dopo il tris rifilato ai bianconeri, arrivato dopo quello al Panathinaikos, il peggio può dirsi superato. La classifica non è certamente idilliaca, ad oggi, ma la speranza si è unita ad un po’ di fiducia in più. A questa sosta, la graduatoria della Serie A dice che dalla quarta alla nona posizione ci sono 6 punti di distacco: Bologna 4° con 53 punti, Juventus 5° con 52 punti, Lazio 6° con 51, Roma 7° con 49, Fiorentina 8° con 48, Milan 9° con 47. Nel prossimo turno i viola se la vedranno con l’Atalanta. I bergamaschi hanno ormai detto addio al sogno Scudetto, stentando soprattutto in casa. In trasferta, invece, i nerazzurri vengono da 4 vittorie di fila, di cui le ultime tre 0-4 con la Juve, 0-5 ad Empoli e 0-5 a Verona. Insomma, non staranno benissimo, ma neanche poi così male.  Poi ci sarà il Milan, in trasferta, coi rossoneri reduci da due vittorie di fila ma a dir poco sofferte con Lecce e Como. Avversario temibile, sì, sulla carta, ma che sta tutt’altro che bene. Quindi il classico calendario ‘facile’, con Parma, Cagliari ed Empoli per i viola. Tris con cui la Fiorentina, questa Fiorentina che ha dilapidato un sacco di punti nel 2025 trovandosi da scappare a rincorrere, non può far altro che filotto. A seguire Roma, Venezia, Bologna e Udinese. Un calendario non proprio impossibile, se la Fiorentina è quella vista con la Juve o nel filotto delle 8 vittorie di fila. Proibitivo, invece, se fosse quella che ha perso con Monza e Verona. Guardando alle concorrenti, il Bologna di Italiano, quarto, a +5 sui viola, avrà Venezia fuori, Napoli in casa, Atalanta fuori, Inter in casa, Udinese fuori, Juventus in casa, Milan e Fiorentina in trasferta e Genoa in casa. Calendario, dunque, dall’alto coefficiente di difficoltà per i rossoblu. La Juve, che se fosse quella di Firenze potrebbe perdere con tutti, sfiderà Genoa in casa, Roma fuori, Lecce in casa, Parma fuori, Monza in casa, Bologna e Lazio fuori, Udinese in casa e Venezia in trasferta. La Lazio giocherà col Torino in casa, Atalanta fuori, derby con la Roma, Genoa fuori, Parma in casa, Empoli fuori, Juve in casa, Inter fuori e Lecce in casa. La Roma, avanti di 1 punto rispetto ai viola, sfiderà Lecce fuori, Juve in casa, derby con la Lazio, Verona in casa, Inter fuori, Fiorentina all’Olimpico, Atalanta fuori, Milan in casa e Torino fuori. Il Milan, che è dietro di 1 punto, se la dovrà vedere col Napoli fuori, Fiorentina in casa, Udinese fuori, Atalanta in casa, Venezia e Genoa fuori , Bologna in casa, Roma fuori e Monza in casa. Da chi vincerà la Coppa Italia dipenderà anche quello che assegneranno i posti in classifica. Oltre a cosa farà la Lazio in Europa League, ovviamente. Insomma, tutto è ancora possibile. La rincorsa della Fiorentina si spera sia già iniziata. Senza dimenticare la via di fuga chiamata Conference League, che sarebbe un gran bel fuggire.

Nessuno vuole essere Robin (cit.), o forse sì

Gosens tuttofare. Gol, assist, salvataggi e km

“Ti sei accorta anche tu, che in questo mondo di eroi nessuno vuole essere Robin?” Così cantava Cesare Cremonini.  Da queste parti, invece, in molti vorrebbero esserlo. Riferimento a quel Robin Gosens che macina chilometri su e giù sulla fascia sinistra con la maglia della Fiorentina. Lui, che è arrivato a Firenze a 30 anni dopo una carriera in cui ha vinto 3 coppe con l’Inter, con cui ha pure giocato una finale di Champions League, che è stato il miglior difensore nei top 5 campionati europei per gol (9) ed assist (8) nel 2020, arrivando ad 11 gol l’anno successivo diventando un pilastro di quell’Atalanta che sfiorò l’impresa in Champions arrivando ai quarti, che col sacrificio e col sudore si è conquistato una maglia in Nazionale a 26 anni, che dopo un grave infortunio non si è scoraggiato, ripartendo poi dall’Union Berlino e via discorrendo, proprio lui, Robin, che secondo molti era un giocatore ormai finito e (forse?) già sazio, ogni volta che indossa la maglia della Fiorentina fa luccicare gli occhi. E quando apre bocca, pure. Mai banale nei concetti. D’altronde, nonostante sia un calciatore (preconcetto e stereotipo? Forse), una laurea in psicologia non viene regalata. E a fine carriera, come da lui stesso più volte detto, sarà proprio quello il suo lavoro: la testa, magari dei calciatori o sportivi stessi. Fin qui la biografia. Poi c’è l’oggi. Che poi, sarà un caso, forse no, che sia un leader di questo gruppo lo si vede in campo, quando incita tutti i compagni, sia dopo una giocata positiva che dopo un errore. Sempre facendo su e giù. Finché ne ha. Leader morale, emotivo e tecnico. Un esempio. Bhe, certo, pure Biraghi faceva su e giù sulla stessa corsia, ma qui siamo su un altro livello. Le cartoline del match di giovedi col Panathinaikos se l'è prese tutte Kean. Tra gol, tizio dei greci scaraventato in aria in stile wrestling, flexata ad ostentare che sul duello fisico con lui non si scherza e non si passa, gol, esultanza e ciao ciao ad un altro tizio dei greci. Ma quei due salvataggi di Gosens? Semplicemente determinanti. Il tutto dopo aver fatto due assist all'andata, dopo aver messo dentro il gol dell'unica vittoria dei viola in Serie A nelle ultime 5 giornate, col Lecce, come da trazione, dopo aver fatto su e giù. Dopo aver fatto gol all'esordio con la Fiorentina, appena arrivato, subito titolare e subito decisivo. 4 reti e 7 assist il suo bottino sin qui, mica male. E domani arriva la Juve. Sicuramente Gosens, che adesso va per i 31, non avrà il pieno nel serbatoio. Ma, in questo mondo di eroi, in cui tutto vogliono essere Kean, c'è anche chi vorrebbe essere Robin. Gosens, s'intende.

Aggrappati a Gud

Sperando che l’islandese si sia sbloccato

Tutto ebbe inizio in un turbolento intervallo di Fiorentina-Lazio. Viola in balia degli avversari, come sempre accaduto da inizio stagione fino a quel minuto 45. Entra Gudmundsson, pochi minuti, si prende il rigore, lo segna e pareggia. Poi allo scadere va dal dischetto di nuovo, tiro e gol del 2-1. Da lì in poi la squadra di Palladino non ha più perso per 10 domeniche, mettendo in fila 8 vittorie consecutive che, col senno di poi, per fortuna sono arrivate, altrimenti chissà dove sarebbe oggi in classifica. Gudmundsson ebbe il tempo di buttarla dentro col Milan, per poi rifermarsi dopo pochi minuti a Lecce. Poco male. Al Via Del Mare entrò Beltran e la Fiorentina continuava a volare. Fino al ko di Bove, da lì in avanti tutto è diventato più difficile del previsto, mentre Gudmundsson...bho. qualche minuto ogni tanto, tra l'altro con gol, ma un rientro che non si è mai concretizzato a pieno. Anche perché, ogni volta che l'islandese rientrava non è che brillasse particolarmente. Come in Fiorentina-Como, quando dopo pochi minuti, quasi come in una barzelletta, di quelle che non fanno ridere per niente, fu costretto ad uscire di nuovo. Da lì, altro mini calvario, con rientro col Lecce. E anche lì, pochi minuti nel finale ma due errori sotto porta clamorosi. E vabbè. Il tutto mentre la Fiorentina non vedeva la luce in fondo al tunnel, tra tonfi, partite orrende, con ingressi dell’islandese che, per quei tratti di gara in cui giocava, non toccava palla, come in Grecia, ad esempio. Poi, si spera, la svolta. Gudmundsson, che dal nulla scaraventa un destro che si infila alle spalle di Meret, e da lì, come detto, la possibile più classica delle sliding doors. Sì, perché già tra due giorni la Fiorentina dovrà superare un ostacolo divenuto il vero spartiacque di questa stagione, contro il Panathinaikos, gara da dentro o fuori, non solo per la Conference League, ma anche per il proseguo di un’annata che da magnifica rischia di divenire orribile, sì in caso di eliminazione agli ottavi per mano dei modesti greci, ma anche perché da quel tunnel in cui si è infilata la truppa di Palladino non si intravede via d’uscita. E all’orizzonte, oltre al Pana, ci sono Juventus, Atalanta e Milan. E quel ‘sento troppe critiche, troppo pessimismo. In fondo siamo sesti’, che Palladino proferì in conferenza stampa giusto 15 giorni fa, rischia di diventare il proverbiale canto del cigno. Anche perché, già oggi, la Fiorentina è ottava in classifica e col Milan a -1. Ok, ma per questi aspetti ci sarà tempo. Ora tocca a Gudmundsson. Ok, toccherebbe anche a Palladino riuscire a mettere in condizione il giocatore forse più talentuoso di questa rosa di esprimersi, l’altro è Fagioli, definito ‘campione’ dal tecnico viola ma fin qui, non si capisce neanche bene perché, utilizzato col contagocce (ma anche questa è un’altra storia). Insomma, Gud, dicevamo, che almeno con Kean, litigi sui rigori a parte, ha dimostrato di sapersi trovare. Non ci sembrano schemi, nel senso di qualcosa di provato, ma più qualcosa di legato alle qualità individuali. E ora, caro Gud, è il tuo momento. Dimostra qualcosa, fai qualcosa, sentiti libero, come al Genoa, di fare un pò quello che ti pare, senza troppi tatticismi. Tanto, non ce ne voglia Palladino, per quelli meglio lasciar perdere.

Non resta altro che sperare. Per idee e gioco ripassare più avanti

La Fiorentina perde anche a Napoli. E giovedì arriva il Pana

Altro giro, altro ko per la Fiorentina. Ci può stare di perdere col Napoli? Sì. A Napoli? Certo che sì. Contro questo Napoli? Per carità. Il problema è tutto quello che si è visto prima della sconfitta del Maradona, che anche lì si è ri-confermato. Poco gioco, poche idee, poche soluzioni e tanta speranza che De Gea parasse tutto, che Kean facesse qualcosa da solo, che Gud tirasse fuori dal cilindro il coniglio (come poi accaduto). Progressi? No. Continuano ad esserci soliti problemi e solite difficoltà. Quelle che si riproporranno anche giovedì, poi ancora contro la Juventus domenica, contro l’Atalanta nella giornata successiva, contro la Roma quella ancora dopo etc etc. Probabilmente, insomma, da qui a fine stagione. Al netto dei risultati che arriveranno. In fondo anche col Lecce la Fiorentina ha sofferto le pene dell’inferno, ma ha vinto. Chi ha detto che per qualche congiunzione astrale ciò non possa accadere anche giovedì, domenica, ancora e ancora? Il calcio non sempre premia i più forti, i migliori, i più ingegnosi e i più meritevoli. A volte vincono anche quelli che vanno in campo sperando che un compagno faccia la magia, che gli altri prendano pali e traverse, che il proprio portiere pari l’impossibile etc etc. Che poi è ciò che sembra fare negli ultimi 3-4 mesi la Fiorentina. Quella delle otto vittorie di fila, che non  illuminava ma almeno stava chiusa bene, ripartiva benissimo, subiva pochissimo e alla prima palla gol segnava, ormai non esiste più. C’è poco da fare. Amen. La speranza è che la buona sorte, per una volta, stia dalla parte di chi ha il viola nel cuore. Se poi, in futuro, si volesse provare a metterci qualcosa di proprio piuttosto che sperare e basta…male non sarebbe.

Niente paura, con le big la Fiorentina va

Sperando che i viola si ritrovino

Nessuna paura, la Fiorentina affronta una delle prime in classifica. E fin qui è proprio nei big match che la formazione di Palladino ha dato il meglio di se stessa. Al contrario, invece, c’è più da aver paura di quei Verona, Lecce, Genoa, Monza…squadre che si chiudono, che ripartono e contro cui i viola hanno sprecato una valanga di punti. Di fronte, domani, ci sarà il Napoli. No problem, o almeno speriamo. Guardando i dati degli scontri diretti tra le prime nove della Serie A, infatti, la Fiorentina è la seconda per media-punti. Il dato che riguarda l’andamento fin qui in Serie A è di 1,6 punti a partita (lo stesso dell’Atalanta) che è inferiore soltanto a quello del Napoli, in testa per appena uno 0,1 di differenza (la cifra che riguarda gli azzurri è infatti 1,7 punti di media a gara). Tutte le altre big del campionato (dai campioni in carica dell’Inter passando per la Juventus fino alle due romane, al Bologna e al Milan) si trovano alle spalle dei viola, che nel loro percorso stagionale con le altre «otto sorelle» hanno fin qui totalizzato un bilancio di cinque vittorie, un pari e quattro ko (nello specifico, sedici punti in dieci gare). Non sarà un caso, forse, se l’ultima bella prestazione che si ricordi di queste ultime settimane sia proprio quella del recupero del Franchi contro l’Inter, un 3-0 fatto di difesa organizzata, con pochissimi pericoli, contropiedi ragionati, veloci e ben finalizzati. Poi c’era stato l’ottimo primo tempo con la Lazio, a cui fece seguito una ripresa sofferta, sì, ma neanche poi troppo, al netto del gol e del palo colpito all’ultimo minuto dai laziali. Nel girone d’andata arrivò il successo con Milan, Lazio (anche al ritorno), Roma e Inter a Firenze, il pari con la Juve, i ko con Atalanta, Bologna, Inter a San Siro e Napoli. Perciò, anche un po’ per volersi attaccare a qualcosa che ci ri-dia un po’ di speranza e fiducia dopo quello che si è visto in settimana in Grecia e prima col Lecce, c’è da augurarsi che la Fiorentina si ritrovi proprio in una gara come quella del Maradona che, sulla carta, ha tutti i crismi della ‘mission impossible’, come sembravano tanti altri big match che, però, la squadra di Palladino era riuscita a far propri.

64 giorni dopo. Loro ancora lì, la Fiorentina no

Rispetto alla gara d’andata col Napoli i viola sono crollati

Sono passati solamente 64 giorni dalla sfida d’andata col Napoli, eppure per chi tifa Fiorentina sembra una vita fa. Era quella l’ultima partita del girone d’andata, la prima del 2025, con la formazione di Palladino che era reduce dal pari in extremis allo Stadium con la Juve che aveva segnato una piccola ripresa dopo il doppio tonfo con Bologna e Udinese, dopo un allenamento a porte aperte al Viola Park con entusiasmo e sogni di gloria, con la classifica che vedeva i viola al quinto posto a meno 3 dal quarto e con una sfida da recuperare. Da quella sera in poi, il tracollo, tra il ko col Monza (coi brianzoli che poi hanno preso goleade un po’ da tutti), il pari col Toro e qualche vittoria soffertissima tra Lazio, Genoa e l’ultimo acuto che si possa definire tale, con l’Inter, nel recupero del Franchi, la classica rondine che non fa Primavera. E 64 giorni dopo, la graduatoria vede la Fiorentina a rincorrere chi allora era dietro come Juve e Bologna, a doversi guardare le spalle dalla Roma che ormai è lì, e pure dal Milan, che sta facendo una delle annate più disastrose degli ultimi anni. Il tutto, tra l’altro, meritandoselo. Perché è proprio questo che spaventa di più chi ha la Fiorentina nel cuore: questa squadra ha enormi problemi, che giochi contro chi è la peggior difesa del campionato come il Verona o il peggior attacco come il Lecce, ed anche col Panathinaikos, formazione modesta contro cui giovedì molti, ad un certo punto della partita, hanno sperato soltanto che finisse in fretta perché tutto si era messo male, anzi malissimo. 64 giorni dopo, dicevamo. Loro sono ancora lì, per quanto abbiano fatto solo 16 punti in 10 gare, mentre i viola sono tornati laggiù, vicini alla zona Europa, sì, ma col rischio di finirne fuori visto il prossimo poker di sfide che attende la Fiorentina con Napoli, Juventus, Atalanta e Milan, oltre al rischio di dover battere il Panathinaikos di due gol di scarto giovedì al Franchi e sperare. Lontani i tempi in cui la Fiorentina guardava davanti e al prossimo incontro con chi che fosse con quel mood del ‘sotto a chi tocca’, dopo aver steso Milan, Roma e altre nel filotto delle 8 vittorie consecutive che avevano illuso che questa potesse essere l’annata della svolta. Un’era fa, appunto. Ora c’è solo la speranza che Palladino trovi, come detto da lui stesso, la chiave per raddrizzare un trend che nelle ultime settimane si sta facendo davvero preoccupante. Già da domani, a Napoli, 64 giorni dopo.

Tre mesi di fatica alle spalle, altri tre all’orizzonte

Poche idee e gioco, tanta sofferenza. Ma non è una novità

Da dicembre ad oggi, la Fiorentina di Palladino continua a fare una fatica enorme contro tutti. Che di fronte ci sia il peggior attacco o la peggior difesa della Serie A, come rispettivamente erano Lecce e Verona, squadre derelitte e allo sbando come il Monza, un modesto Panathinaikos o chicchessia, al netto di chi c’è e chi non c’è in campo, in panchina o in infermeria, il trend delle gare dei viola è più o meno sempre lo stesso. Può cambiare il risultato, chi si macchia di errori più o meno determinanti e chi toglie le proverbiali castagne dal fuoco, ma problemi e difficoltà sono sempre gli stessi. E le soluzioni? Non si intravedono, almeno fino ad ora. La sensazione è che possa andare avanti così fino al termine di questa stagione, salvo improvvise strambate, come quella che avvenne all’intervallo di Fiorentina-Lazio quando Palladino stravolse tutto riuscendo a trovare la quadra dopo una serie di partite che somigliano maledettamente a quelle che si stanno ripetendo negli ultimi tre mesi. Certo ‘San’ De Gea o ‘San’ Kean potrebbero tornare a fare miracoli, Gudmundsson potrebbe ingranare e la Fiorentina ripartirebbe. Perché la storia del calcio insegna che è quasi impossibile riuscire a dare un'identità di gioco e idee ad una squadra dall'oggi al domani, a maggior ragione a stagione in corso, tra l’altro nel momento cruciale con impegni decisivi uno dietro l’altro. Perciò la Fiorentina dei prossimi mesi sarà più o meno la stessa di questi ultimi. Ma la Dea Eupalla non è prevedibile. Da un giorno all'altro può mollarti, come nel caso di Guardiola, dare una mano a chi ha meno idee, dogmi e teoria, ma bada più alla pratica. Di storie ce ne sono infinite, come quando il Chelsea vinse quella Champions con Di Matteo a suon di catenacci o quando Mourinho vinse il triplete con Eto’o terzino. Perciò, ribaltare il Panathinaikos e fare 12 punti nei prossimi 4 big match con Napoli, Juventus, Atalanta e Milan sarà difficile, certo, ma non impossibile. Come niente lo è, perfino vincere un Gran Premio di Formula 1 con una utilitaria perché tutti gli altri escono di pista o rompono. Forse sarebbe un po’ ingeneroso dipingere la Fiorentina attuale così, perché in fondo la rosa a disposizione di Palladino sembra avere dei valori importanti. Ma poi, le idee in campo sono quelle che sono, la squadra fatica a giocare più di qualche minuto per tempo, non riesce a gestire ed ha una tremenda paura di sbagliare, tanto che se fa un gol, anche contro un Torino in dieci o in casa col Lecce, si mette tutta dietro, e con tutta intendiamo proprio tutta, e spera. E a volte va bene. Ma quanto può durare? In teoria anche per sempre. Ma anche no. All’orizzonte, dunque, si prospettano altri 3 mesi di sofferenza per questa Fiorentina e per chi la tifa, che non vuol dire priva di soddisfazioni. In fondo la Dea Eupalla non sempre aiuta i più meritevoli o gli audaci.

Nella tana del Pana. Solo 3 ko interni per i greci

Solo Ajax, Chelsea e Asteras hanno vinto in casa del Panathinaikos

Riparte dalla Grecia e da Atene l’avventura europea della Fiorentina, proprio là, dove svanirono al fotofinish i sogni di gloria del popolo viola pochi mesi fa contro l’Olympiakos. Stavolta per i viola ci sarà l’ostacolo Panathinaikos da superare, con un cammino europeo ancora molto lungo ma che, in caso di superamento del crash test coi verdi greci, sarebbe tutt’altro che impossibile. La strada verso la Polonia, sede della finale di questa edizione di Conference, vedrebbe infatti la vincente di Celje-Lugano, continuando poi con una tra Jagiellonia o Cercle Brugge o Betis o Vitoria Guimaraes in semifinale, sperando che dall’altra parte del tabellone qualcuno elimini lo spauracchio Chelsea. Ma per questo ci sarà tempo. Meglio pensare all’oggi, e al Pana stesso. Sono poche le squadre che in questa stagione sono riuscite a fare risultato sul campo della squadra del Pireo dove la Fiorentina di Raffaele Palladino giocherà giovedì l’andata degli ottavi. Tra le mura amiche il Pana ha disputato in stagione 13 gare di campionato, 2 della Coppa di Grecia, 2 dei preliminari di Europa League, 1 dei playoff di Conference League, 3 del girone di Conference League e 1 degli spareggi di Conference League. Per quanto riguarda le formazioni elleniche, in campionato ha fatto bottino pieno sul campo del Pana solo l’Asteras Tripoli, alla prima giornata, con poi 9 vittorie e 3 pareggi rimediati nelle successive 12 partite, di cui 6 vittorie consecutive nelle ultime 6 giornate. Nella coppa nazionale il Panathinaikos ha vinto con l’Atromitos e pareggiato con l’Olympiakos. In totale, dunque, su 15 gare giocate in casa tra campionato e coppa ha messo a referto 10 vittorie, 4 pareggi e 1 solo ko. E se il livello degli avversari ellenici potrebbe non apparire come irreprensibile, tra cui gli stessi biancorossi dell’Olympiakos, anche in Europa il Panathinaikos non ha concesso granché tra le mura amiche. A partire dai preliminari di Europa League caddero i bulgari del Botev, mentre ci vinse l’Ajax, gara che poi venne risolta ai rigori nel match di ritorno in Olanda con conseguente eliminazione dall’Europa League e conseguente retrocessione in Conference. Nel preliminare fecero fuori il Lens perdendo in Francia 1-0, ma vincendo in casa 2-0 e arrivando alla fase a gironi dove ha steso l’HJK Helsinki 1-0 e la Dinamo Minsk 4-0, cadendo sonoramente col Chelsea 1-4. Nello spareggio, dopo il ko 2-1 col Vikingur Reykyavik all’andata, hanno ribaltato il tutto in casa, giustappunto, vincendo 2-0 in casa. In totale, dunque, su 7 gare europee giocate in casa, il Panathinaikos ha messo a referto 5 vittorie e 2 ko (con Chelsea e Ajax). Si annuncia tutt’altro che una passeggiata di salute per la Fiorentina di Palladino, dunque, almeno la gara d’andata, là, in una bolgia, dove il Pana proverà ad indirizzare il proprio cammino verso i quarti e dove i viola dovranno provare ad evitarlo, magari utilizzando le proprie armi migliori: difesa e contropiede.

Dov’eravamo rimasti?

Riparte la Conference per la Fiorentina

Rispetto a quel pareggio in extremis arrivato in Portogallo, con conseguente accesso da terza del girone agli ottavi, la Fiorentina ha visto ridursi in maniera importante le proprie ambizioni di classifica. Era il 19 dicembre quando Mandragora acciuffò l’1-1 col Guimaraes, pochi giorni dopo il tonfo arrivato al Dall’Ara col Bologna che mise fine alla striscia delle 8 vittorie di fila in Serie A, e già in quella partita portoghese si iniziarono ad intravedere i primi campanelli d’allarme a cui hanno poi fatto seguito i 14 punti ottenuti dalla squadra di Palladino nelle successive 12 sfide, recupero con l’Inter compreso. Prima del match col Guimaraes la Fiorentina aveva 31 punti in graduatoria, era quarta a 4 punti dal Napoli e a 6 dalla capolista Atalanta, con una partita in meno. Giovedì per i viola tornerà la Conference League, 77 giorni dopo quella partita  in Portogallo, con una classifica di Serie A che vede i viola essere scivolati al settimo posto, con la quarta posizione adesso distante 7 punti, con dietro Roma e Milan a rispettivamente 2 e 4 punti di distacco (che prima del Guimaraes erano rispettivamente a 15 e 8 punti di distacco). In pratica, all’ultima partita giocata in Europa la Fiorentina si presentava con concrete speranze di arrivare in Champions. A quella col Panathinaikos, invece, ci arriva con il concreto rischio di restare addirittura fuori dalle prossime competizioni Uefa. Ironia della sorte, tutt’altro che divertente, c’è da aggiungere a tutto ciò che la Fiorentina ritrova Atene, proprio lì dove svanirono, per l’ennesima volta, i sogni di gloria di un popolo intero, in una Finale che è rimasta indigesta a molti, ancor più di quella col West Ham. La via per la Polonia, dove si giocherà il prossimo ultimo atto della Conference League, ripassa dal luogo dove tutto finì pochi mesi fa. Altra ironia della sorte, proprio contro gli avversari storici dell’Olympiakos, i verdi del Pana, che hanno sofferto un po’ come i tifosi della Fiorentina nel vedere i nemici di sempre essere il primo ed unico club a vincere un titolo europeo. Per il Panathinakos è stato uno smacco, una tragedia sportiva, come lo è stato per la Fiorentina. La rivincita ce l’avrà una soltanto. E rispetto a quando si disputò l’ultima partita di questa Conference League, quando in tanti pensavano che potesse essere l’anno buono per tornare in Champions League, o per andare almeno in Europa League, la Fiorentina rischia di avere nella stessa Conference una delle uniche vie per provare ad andare nuovamente in Europa. Resterebbe comunque lo spauracchio Chelsea. Se, però, ripensiamo alla fatica che ha dovuto fare questa Fiorentina nel battere il Lecce, che negli ultimi 75 giorni ha perso col Monza, col Verona e altre formazioni che sarebbero inferiori di gran lunga alla terza/quarta squadra del Chelsea, bhè…l’ottimismo non è propriamente dei più alti. Ma mai dire mai.

La Fiorentina arriva alla gara decisiva con il Lecce tra infortuni e dubbi

A centrocampo ancora dubbi su Adli e Folorunsho. Perché Fagioli non fa il play?

La Fiorentina si appresta ad affrontare una partita cruciale contro il Lecce, con una pressione enorme sulle spalle. Le ultime sconfitte hanno fatto vacillare la squadra e sollevato dubbi sul tecnico Palladino. La partita di domani sera è fondamentale per ritrovare la fiducia e la serenità perdute. Il popolo viola, nonostante la contestazione di Verona, sarà al fianco della squadra, consapevole che la partita vale quasi una stagione.La situazione non è semplice per Palladino, che deve fare i conti con numerosi infortuni. Moise Kean è out per la partita contro il Lecce, mentre la presenza di Folorunsho è incerta. L'assenza di Folorunsho è un duro colpo per il centrocampo viola, la cui struttura ne risente. Anche Gudmundsson e Colpani sono indisponibili per un periodo più lungo.Anche Adli, ex Milan, è assente da diverse partite, lasciando un vuoto importante nel centrocampo viola. Le sue geometrie e la sua vena realizzativa lo avevano reso un uomo chiave per Palladino. Il suo ritorno è imminente, ma la Fiorentina sta procedendo con cautela per evitare ricadute al suo infortunio alla caviglia. Fagioli potrebbe sostituirlo, ma Palladino continua a non schierarlo titolare o a assegnargli posizioni non consuete in campo. 

Dal Lecce al Lecce, dal volo al rischio sprofondo

Per la Fiorentina è obbligatorio vincere venerdì

Com’è lontana Lecce…non tanto in chilometri, quanto nel tempo. Era il 20 ottobre, 129 giorni fa, che potrebbero sembrare pochi, ma che per la Fiorentina sono moltissimi. Un’era, praticamente. Contro il Lecce, all’andata, la squadra di Palladino stava iniziando a mettere le ali. Al Via Del Mare i viola continuarono il primo filotto utile stagionale, venendo dalla vittoria con la Lazio, dal pari ad Empoli e soprattutto dalla vittoria col Milan. Pochi giorni prima fece 4 gol al San Gallo in Conference League, in Salento ne fece 6, pochi giorni dopo ne rifilò 5 alla Roma e iniziò a scalare la classifica a suon di risultati. Coi giallorossi allora allenati da Gotti, arrivò la seconda delle 8 vittorie di fila in A che hanno portato Palladino, la Fiorentina e la piazza viola a sognare in grande. In quella gara del Via del Mare si sbloccò anche Andrea Colpani, per quelli che sono stati fin qui gli unici suoi acuti stagionali, con doppietta e assist. Certo, si fece male Gudmundsson, dopo pochi minuti, ma sul momento la cosa non destò troppe preoccupazioni. D’altronde, in quel momento lì, funzionava tutto. Al posto dell’islandese, infatti, entrò Beltran, fece un partitone, segnò e trovò una discreta continuità nelle sfide successive facendo passare Gudmundsson come un assente qualunque. Quella Fiorentina volava, come Dodo, che faceva chilometri su e giù per il campo andando a cento all’ora, prendendosi una punizione su un taglio in velocità che costò il rosso a Gallo e vide Cataldi metterla dentro su punizione. L’ex Lazio fece addirittura doppietta, mentre Adli, alternava momenti di assenza dal gioco a palloni illuminanti, come quello che mise giustappunto per Dodo, con anche Fabiano Parisi che subentrò e la mise dentro, a proposito del ‘funzionava tutto’ di cui sopra. Et voilà. 129 giorni più tardi sembra di parlare di preistoria, con un’involuzione che sembra non conoscere fine. L’ultima versione della Fiorentina non è solamente crollata nei punti, con una media che è passata da oltre 2 a meno di 1 a partita prima e dopo la sfida col Bologna della giornata numero 16, cioè dal turno in cui la squadra viola ha iniziato ad arrancare, ma in tenuta fisica, fase difensiva, fase offensiva, idee e gioco. In tutto, insomma. Quel Palladino che prima del tonfo del Dall’Ara era visto dai più come l’uomo della svolta, oggi è visto da quasi tutti come il problema di questa involuzione. Nel mezzo, tra l’altro, la dirigenza ha fatto di tutto e di più per accontentarlo, epurando coloro che potevano creare problemi al gruppo, tra cui capitano, vice capitano e senatori vari, sostituendoli con uomini e giocatori voluti dal tecnico, ultimo su tutti Pablo Marì. A gennaio Palladino voleva centrocampisti per infoltire la mediana e non voleva più esterni offensivi per cambiare modulo e idea di gioco, ma nonostante la società lo abbia assecondato inserendo qualità (Fagioli, Zaniolo) e quantità (Folorunsho), cedendo esterni di ruolo (Sottil, Ikoné – non che qualcuno li rimpianga eh), Palladino continua a giocare con esterni che non fanno quello di ruolo. Il gioco? Non ne parliamo. Lo schema resta il solito, palla per la punta e speriamo accada qualcosa. Se poi quella punta non c’è, addio. Ok le prestazioni esaltanti e i tanti punti fatti contro le grandi, ma la Fiorentina è stata capace di perdere con Verona e Monza, coi brianzoli che hanno fatto 4 punti sui 14 totali ottenuti coi viola. Contro le squadre che si chiudono Palladino non è mai riuscito a dare ai suoi un’idea di gioco. E adesso arriva il Lecce, venerdì, 131 giorni dopo quella gara al Via Del Mare che sembra davvero di anni fa per come questa Fiorentina si è involuta. Ora c’è da rialzarsi e ripartire. Il rischio di precipitare ancora, con poi Napoli, Juventus, Atalanta e Milan e il doppio incrocio in Conference coi greci del Panathinaikos all’orizzonte, c’è. Qualcosa che fino a qualche settimana fa pareva impossibile. Com’è lontana Lecce…preistoria, appunto. Con un futuro che richiede un’immediata sterzata per non passare dalle proverbiali stelle alle altrettanto proverbiali stalle.

Di nuovo bivio al Bentegodi

La Fiorentina deve reagire

In situazioni molto differenti, questo va detto, ma quella di Verona al Bentegodi è stata spesso un crocevia che ha segnato le stagioni della Fiorentina. L’ultima volta fu con Vincenzo Italiano nel febbraio 2023, quando la squadra viola arrivò al Bentegodi con una classifica che si stava facendo assai deficitaria, un successo che mancava da più un mese e mezzo, riuscì ad allontanare gli spettri di una zona retrocessione che rischiava di avvicinarsi pericolosamente. Da lì in poi Italiano riuscì a rimettere in piedi la stagione, arrivando in due finali e risalendo fino all’ottavo posto, che volle dire qualificazione alla Conference League per via della squalifica della Juve. Anche con Iachini, nell’aprile del 2021, a Verona arrivò una vittoria chiave per la lotta salvezza, sofferta, la prima per Beppe dal suo ritorno a Firenze, che valse il +8 sul Cagliari terzultimo. Senza scomodare mostri sacri del passato, quella col Verona fu l’ultima vittoria in Serie A della AC Fiorentina, con Morfeo e Adriano, prima della retrocessione e del fallimento. Anche al Franchi ci sono stati incroci col Verona che sono stati a loro modo dei bivi per le stagioni della Fiorentina. Il ko per 1-4 che rimediò la squadra di Pioli con doppietta di un giovanissimo Kean la ricordano ancora in molti. Fin qui la storia. Poi c’è l’oggi. Anche quella di domenica è un crocevia chiave per la stagione della Fiorentina. Almeno stavolta non c’è in palio la salvezza, ma se la squadra di Palladino non riuscisse a vincere coi gialloblu di Zanetti, se dovesse confermare la prestazione orribile vista col Como domenica scorsa, allora sì che ci sarebbe da preoccuparsi. Non tanto per tracolli pericolosi, quanto perché vorrebbe dire che questa Fiorentina non sta guarendo, con conseguente corsa all’Europa, League o a quel punto anche (ancora) Conference che si metterebbe decisamente più in salita. Non tanto per il gap, quanto per il trend che la truppa gigliata sta avendo. Nelle ultime 10 gare, infatti, solo 4 squadre hanno fatto meno punti della Fiorentina. In caso di passo falso anche a Verona sarebbero 11 le partite in cui la squadra di Palladino sta raccogliendo poco. E, tra l’altro, meritando quanto sta raccogliendo. Per questo a Verona conta solo vincere. E’ fondamentale. Un bivio. Da non sbagliare per nessun motivo.

Disastro italiane. La Champions si allontana per la Fiorentina

E i viola devono ritrovare se stessi

‘Non c’è più niente da fare, è stato bello sognare’. Con le eliminazioni dai playoff di Milan, Atalanta e Juventus il quinto posto Champions diventa ormai una chimera per la Serie A. Quello che è accaduto l’anno scorso, insomma, difficilmente si ripeterà anche quest’anno visto che il gap con la Spagna si è allungato ancora grazie al Real Madrid. L’Inghilterra guida, nonostante l’eliminazione del City, ma l’Italia arretra. Oggi tocca alla Roma, in Europa League. Nel caso in cui dovessero uscire anche i giallorossi resterebbero in Europa solamente Inter in Champions, Lazio in Europa League e Fiorentina in Conference League. E se dalle parti di Firenze non si registrano suicidi di massa per le eliminazioni di Gasperini, Vlahovic e Gonzalez o per i rossoneri, come ancor prima per l’uscita del Bologna, va anche ricordato come questo disastro delle italiane in Europa porterà la Champions League ad allontanarsi ulteriormente per la Fiorentina di Raffaele Palladino. Il quinto posto, infatti, difficilmente darà l’accesso alla prossima Europa che conta, quella che porta ad incassare una valanga di quattrini anche solo per parteciparvi, molti di più rispetto a quelli che potrebbe incassare la Fiorentina vincendo la Conference, quella che permette davvero di poter fare un salto di qualità. Il Bologna, ad esempio, pur avendo fatto solamente 6 punti ha incassato 37 milioni di euro. Quasi gli stessi che la Fiorentina ha incassato giocando due edizioni complete di Conference League e perdendo in Finale, ovviamente giocando 32 partite rispetto alle almeno 8 di chi fa la Champions. E qui, spazio al dibattito tra gli ottimisti e i pessimisti. Per i primi, e questo è un dato di fatto, la classifica dice che quarta e quinta hanno gli stessi punti, 4 in più dei viola, quindi non un gap incolmabile. Tra l’altro, quarta e quinta sono Lazio e Juventus, con la prima contro cui la Fiorentina ha lo scontro diretto a favore e la seconda con cui ancora c’è da giocare il ritorno dopo il 2-2 dello Stadium. I pessimisti, invece, diranno che Milan e Bologna sono ormai arrivate, a -1 dalla squadra di Palladino ed entrambe con una gara in meno, da recuperare tra loro. E se gli ultrapessimisti diranno: e a -5 c’è la Roma. Gli ottimisti, inoltre, potrebbero dire che le eliminazioni delle squadre a strisce dalla Champions di questa settimana potrebbe portare delle grosse ripercussioni sul loro cammino. I pessimisti, invece, diranno che le stesse squadre eliminate, potendosi concentrare da adesso in poi solo sul campionato o sulla Coppa Italia, saranno più toste da tener dietro. Insomma, punti di vista. E in tutto questo c’è un altro problema, forse ancor più grosso: la Fiorentina è quella vista col Como o quella che ha steso 3-0 l’Inter? La sensazione è questa squadra stia vivendo un momento difficile. Non solo per i risultati, sicuramente non eccellenti se paragonati al filotto di 8 vittorie consecutive di qualche mese fa, ma anche per la difficoltà di uscire dallo schema ‘palla a Kean e speriamo accada qualcosa’. Tanto che proprio coi comaschi, nel giorno in cui Kean non c’era, la Fiorentina è stata inerme dinanzi al Como facendo qualcosa solo nei primi 5’ di partita. Per quanto già andare in Europa League possa essere visto come un upgrade per la Fiorentina, impantanata nella melma della Conference League da ormai tre anni, non vanno dimenticati fatti e parole. Alla prima voce c’è la classifica di oggi, che vede ancora i viola in scia del quarto posto, ci sono i tanti risultati importanti contro le grandi ottenuti da Palladino in questa stagione e quel filotto di 8 vittorie di fila di qualche mese fa. Alla seconda voce ci sono le dichiarazioni di Palladino e Dodo, col primo che disse di avere come obiettivo ‘nel girone di ritorno fare meglio del girone d’andata’, mentre il secondo parlò apertamente di obiettivo Champions League. Le ultime prestazioni della Fiorentina, tuttavia, hanno detto che quel traguardo si sta facendo sempre più difficile. E in tutto ciò il Ranking non sta dando una mano. Anzi. Come detto resta l’Inter in Champions. Serviranno punti su punti per competere con la Spagna che ha in corsa Atletico e Barcellona, oltre al Real. In Europa League Lazio e Athletic Bilbao sono già agli ottavi. La Roma cercherà di strappare il pass contro il Porto, ma c’è anche la Real Sociedad che nell’andata ha vinto in Danimarca contro il Midtjylland. E poi la Conference: Fiorentina qualificata, oggi dovrebbe essere raggiunta dal Betis. E attenzione a Germania e Portogallo, ancora lontane per carità. Ma se dovesse continuare così il trend c’è il serio rischio che in un paio di stagioni passino avanti pure loro. Come accadde negli anni in cui la Fiorentina con Montella arrivò tre volte quarta quando in Champions andavano solamente in tre. E tornando alla premessa, non ci vogliamo neanche pensare: se la Fiorentina dovesse arrivare quinta, nell’anno in cui in Champions ne vanno solamente quattro…sarebbe un’altra e ulteriore beffa.

Spauracchio Ikoné

Il francese alla prima da ex

Diciamocelo chiaramente, c’è chi spera che domani Jorko Ikoné non giochi e chi mente. Cioè, ma vi immaginate? L’esterno, approdato al Como dopo tre anni di poco e niente, che in estate venne fischiato e invitato dai tifosi stessi della Fiorentina a fare le valigie, andarsene, che è rimasto qua ancora metà stagione, compicciando poco e nulla, se non in qualche partita di Conference contro avversari di basso livello che torna al Franchi, da ex, e la butta dentro? No vabbè. C’è anche chi spera che giochi, invece, proprio perché tanto…’è Ikoné, ma figuriamoci se fa qualcosa’. Bah, punti di vista e caratteri. C’è chi tende a prefigurare sempre gli esiti peggiori di una qualunque situazione, chi il contrario. Nel dubbio, ormai ci siamo, Ikoné dovrebbe partire dalla panchina domani al Franchi, ma se entrasse pronti a fare tutti i riti scaramantici del caso per evitare la beffa. Nel dubbio, almeno Belotti al Como non c’è più, per quanto ci sia Cutrone, altro da cui prendere gol non sarebbe proprio il massimo visto il poco apporto alla causa viola che dette Patrick nel suo periodo a Firenze. A proposito di legge dell’ex, un’altra beffa ancor più clamorosa di quella di Ikoné sarebbe riuscire a prendere gol da Nicolas Valentini domenica prossima, quando la Fiorentina affronterà il Verona al Bentegodi. L’argentino, infatti, nemmeno ha giocato in maglia viola, venendo ceduto ai gialloblu di Zanetti senza neanche avere il tempo di vedere il Ponte Vecchio. Vabè, questo sarebbe oggettivamente troppo. Ma occhio, perché un weekend in cui Biraghi entra a 10’ dalla fine, fa un autogol goffo allo scadere, regala il successo al suo ex allenatore Vincenzo Italiano, a quel Bologna in cui doveva approdare a gennaio…ecco, ci siamo capiti, tutto può succedere. Almeno all’andata contro la Juventus la Fiorentina riuscì ad evitare il gol dell’ex da Vlahovic e Nico Gonzalez, tra l’altro esultando allo scadere con quel gol di Ricky Sottil che regalò il pari ai viola. Ecco, quel Sottil, che tra qualche settimana vestirà la maglia rossonera in Milan-Fiorentina, forse, perché fin qui il campo lo sta vedendo poco e nulla. Come detto, dopo quella con lo spauracchio Ikoné di domani col Como, la Fiorentina se la dovrà vedere con Verona e Lecce. Poi ci saranno Napoli, Juventus, Atalanta e appunto il Milan.  Tutti avversari contro cui la legge dell’ex varrà da una parte e dall’altra, tra Zaniolo contro Gasp, Fagioli e Kean contro la Juve, Adli contro il Milan etc etc. E poi…dulcis in fundo, ci sarà la sfida col Bologna di Italiano, con nel frattempo l’incrocio con Kouame in Fiorentina-Empoli che saprebbe di beffa come, appunto, quella di Ikoné domani. Meglio toccare il toccabile. Se poi, arrivassero tutte vittorie nonostante tutti gol dell’ex, bhe…Andrebbe bene lo stesso.

Voglia di Fagioli

Possibile esordio dal 1’ contro il Como

C’è voglia di vedere all’opera Nicolò Fagioli. Inutile far finta di nulla. Se una certa curiosità c’era già prima del suo ingresso a gara in corso lunedì a San Siro, è bastato vedergli giocare 3-4 palloni contro l’Inter per intravedere una discreta qualità. Quel lancio in verticale per Kean su cui l’attaccante viola non è arrivato per un soffio ha fatto brillare gli occhi di molti (palla col contagiri quasi perfetto, in profondità, facendo fuori tutta la difesa nerazzurra), anche perché fatto con una naturalezza che tradotto vuol dire qualità. Domenica contro il Como Fagioli si candida con forza ad una maglia da titolare. In primis perché il suo alter ego nel centrocampo della Fiorentina Adli non è ancora del tutto recuperato dal problema alla caviglia che lo ha costretto a saltare la sfida di San Siro, ma anche perché gli altri hanno tutti caratteristiche differenti rispetto all’ex Juve, Cataldi su tutti. Se Ndour è ancora tutto da scoprire, che Richardson e Mandragora partano dietro come qualità rispetto a Fagioli sembra abbastanza evidente. Poi c’è Folorunsho, che Palladino sta utilizzando in altre zone di campo. Ecco che il tandem Cataldi-Fagioli intriga. Eccome! Potrebbe essere questa la coppia di centrocampisti da mettere in campo domenica col Como. Difficile credere che Palladino rinunci a Folorunsho come esterno, anche perché Zaniolo dovrebbe giocare davanti al posto di Kean (out per squalifica). Quindi Dodo torna dietro a destra, togliendo a Fagioli un competitor per la mediana come l’ex Napoli. Curioso come Palladino lo abbia inizialmente schierato come trequartista a San Siro, più libero di muoversi tra le linee piuttosto che agire da play basso. Da capire, inoltre, come il tecnico viola deciderà di utilizzarlo con la rosa al completo. Che Fagioli abbia doti, qualità, visione di gioco e tecnica è sembrato lampante. Ma lo era stato anche per Pirlo (che lo fece esordire in Serie A a 20 anni), per Pecchia (che lo volle con forza alla Cremonese in B), per Allegri che lo lanciò stabilmente in prima squadra a 21 anni, per Mancini (che lo convocò in Nazionale) e per Spalletti (che lo ha portato all’Europeo nonostante avesse saltato oltre metà stagione per le note vicende personali). Thiago Motta non lo ha molto considerato alla Juventus, cose che capitano a quelle latitudini (ogni riferimento a Kean non è casuale). E ora c’è voglia di vederlo giocare. Magari già dal 1’, domenica, col Como.

Se e ma…Scelte, atteggiamento e Var

Poteva andare tutto in maniera molto differente

La Fiorentina esce con 0 punti da San Siro. Se nel gioco, nelle occasioni e nell’atteggiamento l’Inter non ha rubato niente, essendo stata la squadra di Inzaghi decisamente più pericolosa di quella di Palladino, per quanto riguarda il risultato finale la si può pensare come si vuole, ma il gol dell’1-0 dell’Inter è inaccettabile in tempi di Var e tecnologia. Lo avrebbero fatto comunque? Bho, non c’è la riprova. Sicuramente aveva creato molti più presupposti per sbloccare la gara, con una rovesciata di Barella, una parata di De Gea, un palo e una traversa. Ma…non sarebbe stata la prima volta che una squadra rimanesse a bocca asciutta dopo aver sbagliato occasioni su occasioni. E in fin dei conti, è la storia del calcio a raccontarlo. Come si possa andare avanti con un protocollo Var del genere è inspiegabile. In termini di regolamento, come noto, se l’arbitro e il guardalinee non hanno visto che quel pallone era uscito (di mezzo metro almeno), il Var non può cambiare l’esito dell’azione successiva. In soldoni, se il pallone recuperato da Bastoni fosse finito sulla testa di Pongracic e quindi dentro, allora il Var lo avrebbe potuto annullare. Così, invece, no. Paradossale che sia accaduto proprio a vantaggio dell’Inter, o forse no. Tra l’altro al termine di un weekend in cui Gatti ha giocato con le mani in area restando impunito, e Tomori è stato espulso per un doppio giallo su cui il Var non poteva intervenire nonostante l’attaccante dell’Empoli fosse partito in evidente fuorigioco, non ravvisato da arbitro e guardalinee. Bho, se, ma…Che sia venuto il giorno di cambiare questo ‘stupido’ protocollo? O vogliamo continuare così? Tralasciando tutto ciò, che però sarebbe intellettualmente disonesto perché con quel gol l’Inter ha sbloccato la partita, resta l’amaro in bocca per come la Fiorentina ha deciso di affrontare la squadra di Inzaghi. Non solo per le scelte di Palladino, con lo stesso undici di giovedì scorso eccezion fatta per Moreno al posto di Comuzzo, ma anche perché con l’ingresso dei nuovi acquisti di gennaio si è vista tutt’altra Fiorentina. Si poteva, forse, farli prima quei cambi, magari all’intervallo? In fondo, per quanto il punteggio con cui era iniziata la ripresa dicesse 1-1, l’inerzia della gara si era più o meno vista: Inter dominante, Fiorentina chiusa dietro a riccio, ma con tanta fatica nel ripartire. E così è stato anche l’inizio della ripresa, identico, fin quando coi cambi la Fiorentina ha preso coraggio. Se e ma, col senno del poi…Etc etc. Ormai è andata così, poco male.

Cooperativa del gol e piazzati, la Fiorentina ci (ri)prova

Di nuovo l’Inter sul cammino dei viola di Palladino

Neanche il tempo di archiviare l’impresa di giovedì che per la Fiorentina è nuovamente tempo di affrontare l’Inter. Al netto del 3-0 rifilato dai viola ai nerazzurri al Franchi, quella di San Siro di lunedì sarà tutt’altra storia. Difficile immaginarsi la squadra di Inzaghi che stecca due volte di fila in Serie A. Quest’anno, ad esempio, solo 1 volta i nerazzurri hanno mancato l’appuntamento con la vittoria in campionato per due gare di fila, a inizio stagione, pareggiando col Monza e perdendo il derby. Se si estende il computo alla gestione Inzaghi, l’anno scorso è accaduto solo nelle ultime due giornate, a Scudetto già vinto, con due pareggi. Due anni fa steccò due volte di fila tra 7° e 8° giornata quando perse con Udinese e Roma, mentre non vinse addirittura per 5 gare consecutive tra la 26° e la 30°. Nel primo anno di Inzaghi successe tra 8° e 9° e tra 24° e 27° giornata e tra 29° e 30°. In pratica, nel suo cammino alla guida dei nerazzurri giunto al quarto anno, Inzaghi ha mancato l’appuntamento col successo in Serie A per almeno due partite di fila solamente 7 volte. Due negli ultimi due anni. Ma com’era inatteso il 3-0 di giovedì…hai visto mai? Nel frattempo, con il gol messo a segno da Ranieri all’Inter giovedì sera, il conto dei calciatori della Fiorentina che hanno messo a referto almeno una rete in questa Serie A è salito a 13. Stando al solo campionato, infatti, a segno sono andati 15 volte Kean,  4 Beltran e Gudmundsson, 3 Adli e Cataldi, 2 Colpani e Gosens, 1 Ranieri, Sottil, Quarta, Bove, Parisi e Biraghi. Considerando anche la Conference League il numero sale ancora con le segnature di Ikoné, Kouame, Richardson e Mandragora, portando il totale dei calciatori andati a segno almeno una volta in stagione a 17. In pratica, quelli che ancora sono al palo sono solamente Comuzzo, Dodo, Moreno e Pongracic, oltre ai portieri ovviamente. Dei nuovi solo Folorunsho ha messo a referto i primi minuti, poi sarà la volta di Zaniolo, Fagioli, Ndour  e Pablo Marì provare a trovare il primo gol in viola. Magari già a San Siro. Dove potrebbero risultare molto utili i calci da fermo, arma preziosa per la Fiorentina di Palladino che con l’Inter, come già accaduto col Genoa, ha sbloccato la partita segnando da calcio piazzato. Coi rossoblu, su punizione, fu Mandragora per Kean. Con l’Inter da corner, Mandragora per Ranieri. In totale sono 9 i gol segnati dalla Fiorentina in questa Serie A su sviluppi di piazzati, 9 su 40 totali. Meglio hanno fatto solo Venezia e Inter, a 10. Dopo quella di giovedì c’è voglia di fare l’impresa. Anzi, di rifarla. E per quanto si è visto al Franchi non è così impossibile.

Palladino l’ammazza grandi

Una viola esaltante vola sempre più

La Fiorentina stende l’Inter e continua a vivere una stagione da sogno. Anzi, anche l’Inter, come già aveva fatto con Milan, Lazio (due volte) e Roma al Franchi, confermandosi sempre più ‘ammazza grandi’. Terzo successo di fila per la truppa di Raffaele Palladino, impreziosito dall’emergenza con cui è scesa in campo contro la corrazzata nerazzurra, fino a ieri imbattuta in trasferta in Serie A e con numeri da record, potendo contare su 14 giocatori alla vigilia, divenuti poi 13 col forfait last minute di Gudmundsson. Non proprio uno qualunque. Tutti dietro, compatti, uniti e solidi, pronti a ripartire per far male con un Kean che sta macinando record su record. 15 gol in poco più di metà campionato per il centravanti gigliato, una facilità nel buttarla dentro impressionante, da unire ad un gran lavoro di sacrificio per la squadra nel reggere palloni con un fisico che fa invidia. E l’Inter? Quasi ridicolizzata. Tanto possesso per i nerazzurri, ma sterile dinanzi al muro viola. Anche quando la squadra di Inzaghi ha messo nella propria area di rigore quella di Palladino non è quasi mai riuscita ad impensierire De Gea. Piano coi voli pindarici. Non va dimenticato quanto la Fiorentina aveva sofferto nei precedenti 180’ con Genoa e Lazio. A San Siro lunedì sarà un’altra storia. Paradossalmente lo sarà più per Palladino che per Inzaghi, visto che il tecnico viola ritroverà Folorunsho, Fagioli, Ndour, Pablo Marì e Zaniolo, oltre alla speranza di recuperare Adli e Gudmundsson.  Quasi metà squadra. E con tanta fiducia in più arrivata dall’impresa fatta ieri. Palladino e la Fiorentina sono sempre più un’ammazza grandi. Con la legittima convinzione di essere divenuta essa stessa una grande. Lo dice la classifica, straordinaria dopo 23 turni.

Davide contro Golia

Fiorentina con gli uomini contati contro l’Inter

Non che altri anni e con tutti gli effettivi a disposizione si annunciasse come una passeggiata di salute, ma quella di stasera contro l’Inter per la Fiorentina ha tutti i crismi di Davide che affronta il gigante Golia. Non solo per valori sulla carta, ma anche perché la formazione nerazzurra ha nel mirino il primo posto della Serie A. Meglio non pensare ai numeri della Serie A, dove l’Inter è imbattuta nelle gare esterne, segnato 56 reti meglio di tutti gli altri e subite solo 19, con 7 trasferte su 11 chiuse senza concedere gol agli avversari e segnandone 30 in 11 gare. Così, per dare un riferimento, la Fiorentina ne ha fatte 37 nel doppio di gare. Oltre a tutto ciò, c’è l’emergenza del caso a complicare le cose. Niente da fare neppure per Adli, alle prese con una botta alla caviglia, oltre ai nuovi innesti  non arruolabili per il regolamento, con 75’ da giocare in apnea sperando di fare l’impresa. Basti pensare alle panchine che Palladino da una parte e Inzaghi dall’altra avranno a disposizione. Al netto delle scelte iniziali, nella ripresa Inzaghi potrà guardarsi indietro verso la panchina, pensarci, scegliere e pescare tra Acerbi se giocasse De Vrij dal 1’, o viceversa, Pavard e Darmian come braccetti difensivi, Di Marco se giocasse dal 1’ Carlos Augusto, Frattesi, Arnautovic e Taremi. Tra l’altro, riprese in cui ultimamente la Fiorentina ha sofferto le pene dell’inferno con tutti, anche con Genoa, Toro, Udinese, Cagliari, Lazio, Bologna. Tutti insomma. L’autonomia fisica della squadra di Raffaele Palladino è sembrata esaurirsi in largo anticipo, con annesso ‘braccino’ nel difendere i vantaggi abbassandosi e mettendo dentro difensori su difensori. Stasera Palladino si girerà verso la panchina e troverà Terracciano, Martinelli, Moreno, uno tra Cataldi o Richardson a seconda di chi giocherà dal 1’, Parisi, Colpani e sostanzialmente basta. Certo, tanti giovani, come Harder, Caprini e via discorrendo. Servirà un’impresa alla squadra viola. In attesa di poter schierare già da lunedì i vari Folorunsho, Ndour, Fagioli, Zaniolo, forse Pablo Marì e Adli.

E adesso con chi ce la prenderemo?

I bersagli della critica tutti altrove

‘E ora che si fa?’ – ‘Lo sci d’acqua’ cit. Amici miei e l’ironia fiorentina, imparagonabile e irraggiungibile. Ora che la Fiorentina ha mandato altrove i più bersagliati dalla critica, che si fa? Con chi ce la prenderemo?   In pochi giorni la dirigenza viola ha preso, impacchettato e spedito altrove i vari Biraghi, Ikoné, Kouame e Sottil, tutti assieme, tutti coloro con cui era ormai diventata usanza prendersela per un tifoso medio della Fiorentina.   E non fate i puristi, ‘chi è senza peccato scagli la prima pietra’ cit. Vi sarà capitato almeno una volta di dire (o almeno pensare) ‘Biraghi, ma che fai?’, o un ‘Ikonè sveglia’, o ancora un ‘Kouame ma come stoppi la palla?’ e/o un ‘Sottil, ma va a …’. Se non lo avete mai fatto perché non si critica qualcuno che indossa la maglia viola, chapeau. Ma sappiatelo, siete una mosca bianca.   In estate erano già stati mandati altrove i vari Nzola, Amrabat e tanti altri con cui chi più, chi meno, ogni tanto veniva da prendersela. E adesso, dicevamo? Ora che non gioca più neppure Terracciano…Per fortuna che è rimasto Colpani, tra i più deludenti di questo inizio di stagione e nell’ultima sua apparizione al Franchi subissato di fischi. Non perché qualcuno ce l’abbia con lui, che in fondo sembra davvero il prototipo del bravo ragazzo, ma perché tecnicamente ci si aspetterebbe molto di più da un calciatore che l’anno scorso col Monza segnava, scartava e faceva assist. Peccato, però, che per lui lo spazio vada ulteriormente riducendosi con l’arrivo di Zaniolo e una probabile virata verso il 4-3-2-1.   Un altro da cui ci si aspettava, aspetta e aspetterebbe di più è Amir Richardson. Dai ragazzone, ok che sei mingherlino, ma fai qualcosa diamine! Non per caso sono arrivati Fagioli e Ndour in mediana. Mi sa mi sa che per Richardson lo spazio vada ulteriormente a ridursi. Dietro che vuoi dire a Gosens? O a Dodo? Figuriamoci a De Gea, Kean, Folorunsho. Qualcosa si potrebbe dire ad Adli che, tuttavia, quando gira è un talento come pochi, mentre Ranieri potrà fare qualche errore ogni tanto, ma sta comunque facendo una signora stagione. Beltran è uno di quelli che in campo ci mette sempre l’anima, Cataldi idem, se c’è e sta bene, Mandragora…è Mandragora, non un fenomeno ma un altro a cui si può dir poco. Certo, Gudmundsson, si svegliasse pure lui. La speranza è che il gol segnato al Genoa possa avergli dato la scossa. Pongracic è un altro che sembra in ripresa dopo mesi da ‘chi l’ha visto’. Insomma con chi deve brontolare il tifoso viola? Con Commisso e Pradé? Bhe, adesso, dopo questo mercato di gennaio, sarebbe un po’  gratuito. Ah giusto, c’è Palladino. In effetti tutto si può dire tranne che questa Fiorentina stia esprimendo un bel calcio. Ma è lassù, quindi…i risultati parlano per lui. Ah, già, c’è sempre Italiano. Male male…Eh sennò, che si fa? Ormai prendersela con la tramvia, con la politica, con le buche, per le multe è un po’ inflazionato. Con qualcuno dovremo pur brontolare no? Non saremmo fiorentini sennò.

Solo 7 ‘superstiti’. Rosa viola rivoluzionata in due mercati

Della vecchia guardia sono rimasti in pochissimi

Comuzzo, Dodo, Ranieri, Mandragora (ma solo se ce ne fosse bisogno) e Beltran. Stop. Della vecchia guardia, considerando i titolabili della Fiorentina, sono rimasti solamente loro. La lista dei superstiti si allunga, di poco, con quelli che sono rimasti ma che, ad oggi, sono delle semplici alternative come Parisi e Terracciano. Con l’uscita di Quarta, Ikoné, Sottil, Kouame, Biraghi, Christensen e Kayode, la rivoluzione iniziata la scorsa estate è stata quasi del tutto completata dalla Fiorentina. Nella sessione di luglio-agosto erano andati via Castrovilli, Arthur, Maxime Lopez, Belotti, Faraoni, Bonaventura, Nzola, Milenkovic, Amrabat, Barak, Bianco e Amatucci in prestito, Duncan, Nico Gonzalez, Brekalo, Sabiri e Infantino. Una rosa intera, praticamente. L’epurazione della vecchia guardia non ha fatto granché rumore. Gli ex capitani Biraghi a Quarta, d’altronde, non è che siano stati ceduti da un giorno all’altro, come Ikoné e Kouame, diventati via via sempre più alternative per Palladino. L’uscita di Sottil, invece, ha un po’ spiazzato, ma tant’è. Se le uscite non hanno provocato grandi malumori lo si deve in primis alla non partenza di Comuzzo, ma anche allo spessore dei calciatori arrivati in entrata. Pablo Marì ha delle ottime referenze, Fagioli andrà rimesso in moto dopo gli ultimi mesi difficili, Ndour vuol dire futuro, Folorunsho ha subito avuto un ottimo impatto, Zaniolo divide, sì, ma al tempo stesso intriga. Non va dimenticato, inoltre, lo spessore delle squadre di provenienza. Partendo dall’estate, De Gea, svincolato ma con anni passati allo United, Adli dal Milan, Bove dalla Roma, Cataldi dalla Lazio, Kean dalla Juventus, Gosens, più calciatori che venivano da un’annata super come Gudmundsson, Pongracic e Colpani, o comunque importante come Richardson. A gennaio sono arrivati Zaniolo dall’Atalanta via Galatasaray, Fagioli dalla Juve, Folorunsho dal Napoli, Ndour dal Besiktas via Psg, più Valentini dal Boca che andrà a giocare a Verona e lo stesso Marì, un fedelissimo di Palladino. Insomma, una rivoluzione quasi totale. Fin qui i risultati hanno detto che il restyling della Fiorentina ha funzionato. Gli innesti di gennaio potrebbero ulteriormente far avanzare le ‘ambizioni’ di questa squadra.

Rivoluzione in mezzo. Con Fagioli mediana tutta nuova

Dei vecchi resta solamente Mandragora

Con l’arrivo di Nicolò Fagioli, la Fiorentina completa la rivoluzione in mezzo al campo. Della vecchia guardia non è rimasto praticamente nessuno se non Mandragora. Già in estate erano stati mandati altrove Amrabat, Duncan (a parametro), Bonaventura (a parametro), Arthur (non riscattato), Infantino e Barak (in prestito) e Castrovilli (a parametro), oltre ai giovani Amatucci e Bianco andati a Salernitana e Monza in prestito. Con l’innesto dell’ex Juve, arrivato assieme a Cher Ndour e dopo che era già stato preso Folorunsho, il centrocampo viola sarà adesso composto da tutti giocatori nuovi rispetto all’anno scorso. Per caratteristiche, sulla carta, è difficile assemblarli. Adli/Fagioli/Richardson hanno più o meno le stesse caratteristiche, Cataldi/Mandragora anche, così come Folorunsho/Ndour. Se l’ex Napoli può fare praticamente tutto, mezz’ala, esterno di centrocampo o offensivo e trequartista, Ndour è un giovane che garantisce prospettiva, mentre Mandragora è l’usato sicuro. Adesso sono 7 i calciatori in mediana a disposizione di Palladino, da far ruotare per 2-3 maglie a seconda degli avversari e del modulo. Le partenze di Ikoné, Sottil e Kouame col contestuale arrivo di Zaniolo fanno pensare che la Fiorentina cambierà anche assetto tattico, rinunciando agli esterni offensivi ma andando ad accentrare il fulcro dell’attacco. Di fatto, per quanto Zaniolo possa fare tutti i ruoli davanti, Gudmundsson, Beltran, Colpani e Zaniolo stesso sarebbero più sottopunte che ali. E da qui l’idea di infoltire il centrocampo con un uomo in più lì, e un esterno offensivo in meno. Quindi, tradotto, 4-3-2-1. All’occorrenza, ovviamente, la Fiorentina potrà tornare al 4-2-3-1 adattando uno dei quattro sopracitati o confermando Folorunsho esterno. Il percorso di crescita di Fagioli, come noto, si è un po’ interrotto per la vicenda gioco d’azzardo, che si è messo alle spalle perdendo il ritmo partita, restando poi fuori alla Juventus , ma godendo della stima di uno come Spalletti che se l’era portato comunque agli ultimi Europei, lui come Folorunsho. Le doti e le qualità c’erano e per forza di cose ci sono, resta solo da ritrovare continuità. Sette per due maglie, forse tre, anche se Richardson è rimasto solo perché nessuno lo ha preso a titolo definitivo. Altrimenti, l’ex Reims, sarebbe potuto già partire. Come a dire, se non ci fossero emergenze da bollino rosso, Richardson parte in fondo nelle gerarchie. Ndour ha giocato pochissimo quest’anno, è un giovane, deve essere rimesso in condizione e ritrovare ritmo partita, Mandragora rappresenta l’usato sicuro, mentre Adli, Cataldi e Folorunsho partono una spanna sopra tutti gli altri. Con Fagioli, pronto ad inserirsi in questo ultimo terzetto. A patto che, l’ex Lazio riesca a superare i problemi fisici che lo hanno costretto a saltare praticamente metà stagione, e che Adli aumenti un po’ la tenuta fisica, visto che l’ex Milan è sembrato spesso finire le batterie con largo anticipo rispetto agli altri. Dalle poche risorse all’abbondanza.  Insomma, si cambia. La mediana, ma forse anche la filosofia. Più o meno. Ora, come sempre, la parola passerà al campo.

Viola Made in Italy: Folorunsho, Zaniolo e Ndour

La Fiorentina parla sempre più italiano

A parte Pablo Marì, comunque arrivato dal mercato italiano e in Italia dal 2022, la Fiorentina prosegue il suo calciomercato in entrata andando a puntare su giocatori italiani. Il primo è stato Folorunsho, arrivato a Firenze dal Napoli, nato a Roma nel 1998, a cui farà seguito l’arrivo di Cher Ndour e Nicolò Zaniolo, rispettivamente nati a Brescia nel 2004 e a Massa nel 1999. Attenzione, poi, a Nicolò Fagioli, anche lui italiano, nato a Piacenza nel 2001, il cui nome resta in orbita viola nel caso in cui dovesse partire Richardson. Una Fiorentina, dunque, sempre più made in Italy quella che sta nascendo. Non per caso o per necessità, ma più per volontà. Il patron viola Rocco Commisso non ha mai fatto mistero di tenerci particolarmente ad avere una squadra con più calciatori italiani possibili, magari facendo da serbatoio per la Nazionale. Lui, che partendo dall’Italia si è fatto da solo in Usa, che da ragazzino guardava le partite della Serie A, ammirava i giocatori italiani e tifava la Nazionale, come quando era a Firenze proprio nel 2006 quando l’Italia vinse il Mondiale in Germania (anche per quello prese Gattuso come allenatore). In tal senso ha trovato una spalla, o meglio un braccio, in Daniele Pradé, da sempre dirigente più avvezzo al mercato interno piuttosto che estero. La scorsa estate erano arrivati Cataldi, Bove, Kean e Colpani. Fino a pochi giorni fa, la coppia di difensori centrali della Fiorentina era composta da Pietro Comuzzo e Luca Ranieri, mentre Cataldi e Bove erano degli intoccabili, prima di dover fare i conti con piccoli ma continui problemi fisici il primo e con uno ma grande il secondo. Anche grazie alla rinascita in maglia viola Kean è tornato ad essere il centravanti della Nazionale assieme a Retegui, mentre fino a pochi mesi fa avevano un ruolo chiave nello spogliatoio viola i vari Biraghi, Terracciano, fino all’anno scorso Bonaventura. La storia di Kayode, invece, meriterebbe un capitolo a parte, ma anche il terzino fino a pochi mesi fa era un violazzurro. Vanno aggiunto alla lista Parisi, Sottil, Mandragora e Martinelli. Adesso anche Folorunsho, coi prossimi che saranno Zaniolo e Ndour. Occhio a Fagioli e…chissà, magari qualche mister X, anzi signor X (in tema di made in Italy).

Dal Toro al gol con la Lazio: Adli da record

Domenica non ci sarà, ma il bilancio gol/assist è ottimo

Con il gol che ha sbloccato la sfida di domenica contro la Lazio, il centrocampista della Fiorentina Yacine Adli ha ritrovato la via della rete che gli mancava dal 24 novembre scorso, a Como. Segnatura, tra l’altro, molto simile a quello siglato coi biancocelesti. Dopo il periodo difficile a livello individuale vissuto nel filotto horror collettivo dei viola di Palladino, conclusosi proprio a Roma, domenica sera Adli ha mandato segnali di ripresa. Lui, autore dello 0-1, Beltran, autore dello 0-2, ma anche i vari Dodo e Gosens, autori dei due assist con cui la Fiorentina ha espugnato l’Olimpico. Con quello segnato alla Lazio Adli è salito a quota 4 reti in stagione, già di per sé un piccolo record visto che nella sua giovane carriera il classe 2000 non era mai arrivato a raggiungere questo bottino. Al massimo era arrivato a 3 con Bordeaux, PSG B e Milan. Facendo il conto degli assist, l’ex rossonero è già arrivato a 4. In numeri, vuol dire che tra reti e suggerimenti Adli è stato decisivo in 8 reti totali della Fiorentina. Per fare dei raffronti con chi di mestiere fa altro rispetto al regista, Colpani è fermo ai 2 gol e 1 assisti di Lecce, Sottil è a 5 reti e 3 assist, Kouame a 1 gol e 6 assist, mentre Beltran è a 4 gol e 6 assist. Altro che passaggio da qui a lì, insomma. Il record di assist in una singola stagione è ancora lontano per Adli. Nel 2021/22 col Bordeaux, infatti, arrivò addirittura a quota 8. Praticamente in linea con quanto fatto sin qui in metà stagione, con una Fiorentina che deve ancora giocare quasi metà campionato e ha dinanzi a sé tutta la fase ad eliminazione diretta della Conference. Insomma, Adli va a caccia di record personali di reti e assist, non domenica col Genoa visto che sarà squalificato, ma già da quella successiva contro l’Inter.

Under pressure

Non è una gara decisiva, ma…

Palladino predica calma. La Fiorentina si prepara alla sfida di domani sera all’Olimpico, contro la Lazio in zona Champions e in testa al girone unico di Europa League, con l’obiettivo di liberare la mente dai pensieri negativi, ripartire e mettersi alle spalle questo trend che da un mese e mezzo vede la squadra viola in costante calo, per non dire crollo. Palladino predica calma, “non ci deve essere l’ossessione della vittoria”, ok. “Ci vuole equilibrio”, ok. Lo stesso concetto il mister gigliato lo esprimeva anche quando tutto andava bene, forse pure troppo, tra miracoli di De Gea, gol al primo tiro di Kean, risultati utili messi in serie e un filotto di 8 vittorie consecutive che avevano spedito in paradiso la Fiorentina. Da cosa sia dipeso questo momento difficile che sta vivendo la squadra viola resta un mistero. E sembra più difficile del previsto riuscire a trovare una o più soluzioni. Può bastare mettere un centrocampista in più? Un esterno in meno? Far giocare Folorunsho come Bove? Trovare un nuovo ruolo a Gudmundsson? Difficile da dire. Probabilmente no. La paura e la difficoltà di uscire dal momento complicato sembra essere il problema più grosso per questa Fiorentina. L’ossessione del dover trovare la vittoria sembra essere arrivata quando, dinanzi ad una classifica bellissima costruita a suon di risultati, la formazione di Palladino è passata dal ‘diamo il massimo e vediamo quello che viene’ al ‘dobbiamo dare il massimo per vincere e restare in alto’. Sembra una banalità, ma a livello mentale è un qualcosa di difficilissimo. E che evidentemente questa Fiorentina ha sofferto. Ora serve ritrovarsi. Ci vuole una scintilla, un click. All’Olimpico, domani, serve ripartire.

Reagire, per l’oggi e per il domani

La Fiorentina si appresta a sfidare la Lazio

Più che mai ostico l’Olimpico sponda Lazio per la Fiorentina. Negli ultimi anni, l’unico acuto che si ricorda in casa dei biancocelesti è quel 2-4 dell’ultima giornata di Serie A del 2016, sfida praticamente inutile che sancì la fine del primo anno di Paulo Sousa, quello del gennaio di Benalouane per intendersi, che poi vide il ritorno di Corvino al posto di Pradè e tutto quanto ne conseguì. Ecco, la Lazio, un po’ come la Roma, forse ancor più dell’Atalanta è uno di quei target che la Fiorentina dovrebbe provare ad aggredire. Una realtà quella laziale che per storia, tradizione, bacino d’utenza, potenzialità delle proprietà etc etc, dovrebbe stare dietro nelle gerarchie alla Fiorentina, cosa che negli ultimi anni, invece, non è successa. Ok gli exploit di Cragnotti, ma da quando è arrivato Lotito alla guida dei biancocelesti, dopo un iniziale periodo in cui la società di Della Valle stava stabilmente davanti, il quadro si è poi invertito, ricambiando con Montella, ricambiando ancora dall’arrivo di Commisso fino ad oggi. In molti si ricorderanno quel ‘vi meritereste Lotito’, formuletta che anni fa veniva utilizzata per criticare coloro che criticavano i Della Valle. Peccato che, comunque, la Lazio abbia vinto qualcosa con Lotito, nello specifico tre Coppe Italia e tre Supercoppe italiane, mentre da queste parti il conto sia fermo alla Coppa Italia del 2001. Certo, con le due finali di Conference e quelle di Coppa Italia con Montella e Italiano potevano riscrivere la storia. Senza voler riaprire tasti dolenti e ferite varie, resta un dato: anche quest’anno, ad oggi, la Lazio sembra poter stare davanti alla Fiorentina. O meglio, sembra oggi, perché fino ad un paio di mesi fa la squadra di Palladino pareva aver imboccato la strada giusta, quella del sorpasso. Non tanto in classifica, quanto in termini di ambizioni e obiettivi. Peccato che nelle ultime sei gare la squadra viola si sia persa, mentre Baroni e la sua Lazio sono riusciti a ripartire dopo lo 0-6 interno patito dall’Inter e il ko nel derby. Qui, invece, c’è come la sensazione che la Fiorentina sia entrata in un tunnel da cui stia risultando particolarmente complicato riuscire ad uscirne. Per questo quella di domenica potrebbe un po’ la partita della possibile svolta per la squadra di Palladino, un po’ come accadde all’andata. Loro stanno meglio, sì, fisicamente e mentalmente, come all’andata. Ma nel filotto delle otto vittorie di fila che ha messo a referto la Fiorentina, la truppa viola ha dimostrato di avere doti, qualità, unione d’intenti, compattezza e valori tecnici importanti, che nell’ultimo periodo sembrano essersi smarriti. Oggi la Lazio di Lotito ha rimesso la freccia, ritornando a lottare con forza per un posto in Champions, oltre all’ottimo percorso in Europa League che sta facendo la truppa di Baroni, mentre la Fiorentina rischia di sprofondare nuovamente verso la lotta per un posto che possa permettere di entrare almeno in Conference League. Cioè…la mediocrità. Qualunque siano le cause di questa involuzione che ha colpito la squadra di Palladino c’è da trovare in fretta il modo di uscirne. Già da domani. Quanto di buono fatto fin qui, infatti, permette alla Fiorentina di avere la possibilità di provare a rimettere la freccia. In caso, tra le più aggredibili in chiave classifica ci sarebbe proprio la Lazio. Ecco perché sarebbe fondamentale riuscire a vincere domani all’Olimpico, dove non succede da troppo tempo e dove è successo poche volte, solo 14 su 75 incontri in Serie A.

Dalla Lazio alla Lazio: ri-cercasi svolta

La Fiorentina si deve ritrovare

Così come nel match del Franchi dello scorso 22 settembre, la squadra di Raffaele Palladino è alla ricerca di se stessa. Quella vista nelle ultime sei partite, in cui sono arrivati solamente 2 punti, sembra aver perso identità, organizzazione tattica, idee e risultati. Nell'intervallo coi laziali, dopo un primo tempo orribile, con tante occasioni ospiti e una Fiorentina che non riusciva a fare niente, il tecnico viola cambiò tutto: abbandonò la difesa a tre, tolse i 'senatori' Biraghi e Quarta, all'epoca capitano e vice, passò a quattro dietro, mise Bove esterno a sinistra e da lì mise in serie una raffica di risultati utili di fila da 9 vittorie e 1 pareggio in 10 partite. La svolta, appunto, fino al recente tracollo. Domenica all’Olimpico, come detto, la squadra viola dovrà ritrovare in primis se stessa. La difesa da muro invalicabile è diventata banda del buco, con più reti subite nelle ultime 6 gare che in tutte le 14 precedenti. L’attacco, da intendersi non solamente in Kean che è l’unico che sta mantenendo i suoi ritmi, sta segnando la metà rispetto a prima. La mediana è in enorme affanno. Molti singoli si sono persi e dai sogni di gloria di una piazza che stava riassaporando dimensioni che negli ultimi anni erano state lontanissime si è tornati a vedere tutto nero. O comunque grigio. Ri-cercasi svolta, dunque, ancora contro la Lazio. Chissà che coi biancocelesti, come all’andata, Palladino non ritrovi il bandolo di una matassa che si è fatta quanto mai intricata. Come? Tocca a lui. La squadra non sembra averne a livello fisico e mentale. Si percepisce paura da parte dei calciatori e poca unità di intenti all’interno dello spogliatoio stesso. Anche le parole di Pradè, Gosens e Ranieri sembrano confermarlo. Il mercato? Ovvio che potrebbe dare una mano. Sicuramente in una mediana rimasta con poca quantità e qualità dopo il forfait di Bove, i problemi di Cataldi e il difficile inserimento di Richardson. Così come sulle corsie offensive o sulla trequarti dove né Colpani, né Sottil, né Beltran, né Gudmundsson né nessun altro sta facendo qualcosa di utile. Ma difficilmente uno/due pedine potrebbero stravolgere la situazione. Il nodo sembra più stare nella testa. E su questo aspetto solo Palladino può cambiare le cose.

Nei secondi tempi la Fiorentina non c’è più

Dal Bologna in poi i viola sono spesso scomparsi nei secondi tempi

Se dividessimo la stagione della Fiorentina tra prima e dopo il Bologna, gara che si è giocata il 15 dicembre scorso, quindi non ere geologiche fa, sembrerebbe di avere a che fare con due squadre totalmente differenti. Molti numeri parlano da soli. Non solo perché dal match del Dall’Ara in poi la truppa di Palladino ha rimediato solamente 2 punti in 6 partite, quindi con una media di 0.33 punti a partita, mentre prima ne aveva fatti 31 in 14, quindi per una media di 2.2 a partita; il muro che Palladino aveva eretto per la sua fase difensiva è crollato, visti gli 11 gol incassati in 6 partite a fronte dei 10 che aveva subito nelle precedenti 14, passando da 0.7 gol incassati a 1.83 gol di media a partita, non tenendo mai la porta inviolata; l’attacco, invece, ha messo dentro 5 reti nelle ultime 6 gare, contro i 28 delle precedenti 14, dimezzando il proprio potenziale sotto porta. Oltre a tutto ciò ci sono le sensazioni da unire ai numeri. La Fiorentina non riesce a fare 90 minuti ad alti livelli, come pochi riescono a fare. Il problema è che progressivamente la squadra viola è riuscita a stare in partita per sempre meno minuti. A Bologna fece un bel primo tempo, sfiorando diverse volte il gol e non concedendo nulla, prendendo poi il gol del ko nella ripresa. Con Udinese e Torino, dopo una buona prima parte di gara, i viola sono scomparsi nella ripresa. Col Napoli e col Monza l’autonomia era stata ancora meno. Quella con la Juve fa un po’ storia a sé. I numeri, tuttavia, dicono che nelle ultime 6 partite la Fiorentina ha incassato nei secondi tempi 1 gol dal Bologna, 2 dall’Udinese, 2 dal Napoli, 1 dal Monza, 1 dal Torino e 1 dalla Juventus. In tutto, dunque, nelle ultime sei riprese sono stati 8 i gol subiti dalla truppa gigliata. Nelle precedenti 14 partite, invece, erano stati solamente…1, quello di Pulisic, ininfluente, in Fiorentina-Milan.  Nessuna squadra dei ‘big 5’ d’Europa era riuscita a fare meglio dei viola nella fase difensiva considerando solo i secondi tempi, riuscendo a stare senza gol al passivo negli ultimi 15’ di partita  a lungo, fino all’ultimo periodo. L’ultima Fiorentina, invece, nei secondi tempi non c’è quasi mai stata in campo, riuscendo a dare la sensazione di poter addirittura perdere, in casa, in superiorità numerica, con un derelitto Torino che ha fatto più dei viola per provare a vincerla una volta arrivato l’1-1 di Gineitis. Ecco, è questo ciò che spaventa di più. Il trend è da invertire prima che sia troppo tardi. Altrimenti anche chi è dietro arriverà, come ha già fatto il Bologna, come sta facendo la Roma e pure il Milan. C’è da ripartire, subito, e possibilmente stando in partita un po’ più di qualche minuto come avvenuto nelle ultime 6.

75 (e 40) giorni dopo…

Fiorentina in cerca di se stessa

Era il 3 novembre quando la Fiorentina andava a vincere in quasi scioltezza a Torino coi granata. Lo fece a suo modo, sbloccando la gara praticamente alla prima occasione, con Moise Kean su lancio da dietro, concedendo praticamente nulla se non un’occasione agli avversari, amministrando e…volando. 75 giorni più tardi quella Fiorentina sembra non esistere più. Da squadra cinica ed ermetica sembra essere diventata sterile e fragile, fa fatica a riprendersi e a mantenere i ritmi, fisicamente e mentalmente. 75 giorni fa quella Fiorentina mise a referto la quinta di fila in Serie A, con l’ennesimo clean sheet, con il più classico del ‘1 tiro e 1 gol’. E via, altri 3 punti, 4 trasferta consecutiva senza subire gol, terza vittoria esterna consecutiva e sogni di gloria. Oggi la realtà è opposta. Non soltanto perché è stato racimolato solamente un punto nelle ultime 5 partite, ma anche perché la Fiorentina ha meritato di fare solamente quel punto. Dei momenti in cui le cose girano male ci sono sempre stati e sempre ci saranno nel corso delle stagioni, ma la sensazione che dà questa squadra è che si sia di fronte ad un vero e proprio tracollo verticale. E soprattutto senza apparente via d’uscita. La Fiorentina prende gol con grande facilità, segna molto più a fatica, sta in partita per meno di un tempo e può perdere da tutti. E questo è accaduto dall’intervallo col Bologna in avanti. Costantemente, una volta dopo l’altra. 75 giorni dopo quello che era stato il manifesto di cosa era diventata la Fiorentina, cioè quella che come fanno le big vanno, segnano alla prima occasione, non concedono, compatte, unite e continue, la missione di Palladino è fin troppo evidente: raddrizzare la barra, correggere la rotta e rimettere la Fiorentina in careggiata. Domenica al Franchi arriverà un Torino che è messo molto peggio dei viola, ma che Vanoli sta provando a tenere a galla tra pareggini e punticini qua e là. Ma l’Udinese che arrivò al Franchi veniva da 1 vittoria nelle precedenti 7 gare giocate, mentre il Monza non vinceva da 11 partite. Al netto di chi sia l’avversario di turno, insomma, serve che si ritrovi in primis la Fiorentina. 40 giorni dopo l’ultimo sorriso, quello col Cagliari. Sarebbe anche l’ora.

Bastoni e carote; botte e risposte

L’analisi del momento della Fiorentina

Far finta che lunedì sera non sia successo nulla sarebbe intellettualmente disonesto. Il botta e risposta andato in scena nel dopogara di Monza tra Daniele Pradé e Raffaele Palladino evidenzia che non ci sia tutta questa armonia all’interno dello spogliatoio viola. Se e quanto il confronto di ieri al Viola Park e la settimana di lavoro che porterà alla gara di domenica possano permettere alla Fiorentina di tornare a fare quello che faceva due mesi fa si capirà proprio nella gara col Torino. Nessuno, ovviamente, pretende che la Fiorentina torni a vincerle tutte come era riuscita a fare nel periodo delle 8 vittorie di fila che avevano portato la truppa di Palladino a lottare per Champions League e primato in classifica, ma prestazioni come quella col Monza non sono ammissibili. Ci può stare una serata storta, perdere col Napoli o col Bologna, ma non che il trend intravisto dal dopo infortunio di Bove continui in questo modo preoccupante. La Fiorentina non sembra più in grado di poter battere nessuno, non regge neanche un tempo come tenuta, commette errori marchiani, non riesce a sostenere il centrocampo a due e…in sostanza, sembra quella che rischiò di uscire dalla Conference League contro degli illustri sconosciuti ungheresi. Se qualcuno fosse andato sulla Luna all’indomani del match col Puskas e fosse tornato lunedì pomeriggio, forse noterebbe qualche differenza appena…peccato (o meglio per fortuna) che nel mezzo c’era stata un’evoluzione marchiana della Fiorentina capace di divenire solida, equilibrata, concentrata e cinica. E continua. Certo, pensare che la Fiorentina potesse vincerle tutte, sempre, e lottare per il primato della classifica, era cosa transitoria, ma lo sprofondo in cui si è infilata questa squadra deve essere a tutti i costi buttato alle spalle. Dicevamo botte e risposta. In tal senso il dg Ferrari è stato chiaro nel sottolineare l’unità di intenti che si respira al Viola Park, la voglia di andare avanti assieme a Palladino e la fiducia che la società ha in un tecnico che è apparso un po’ in difficoltà nelle ultime gare. Anche più di un po’, a dire il vero. Ora servirà un altro tipo di risposta, quella del campo. Palladino sin qui si è spesso comportato da ‘padre’ o ‘fratello maggiore’ coi suoi ragazzi. Dalle coccole pubbliche anche per chi non sta rendendo (Colpani, ad esempio) alla difesa di chi non ha mai reso (Ikoné, ad esempio), fino alla rigenerazione di giocatori come Sottil, Dodo e soprattutto Kean (non c’è dubbio che nell’avvio super di Moise ci sia molto del lavoro psicologico di Palladino) per arrivare alla settimana di ferie durante la pausa per le Nazionali che il tecnico concesse ai suoi nel periodo in cui volavano. Poi ci sono dei casi particolari, dall’epurazione degli ex capitani Biraghi e Quarta, fino ai misteri Gudmundsson e Pongracic. L’islandese non sta rendendo, il croato neppure sta giocando. Ecco, in questo momento, come detto da Pradé, ci vuole il bastone. Se fin qui Palladino ha spesso usato la carota coi suoi, ora serve strigliare il gruppo. C’è bisogno di ritrovarsi. Subito. Già da domenica.

Ritrovare: muro dietro, gol davanti e tre punti

La Fiorentina sfida il Monza con l’obiettivo chiaro

‘Tre sono le cose che devo ricordarmi di fare’, cantava Malika Ayane. Un po’ come quello che deve fare oggi a Monza la Fiorentina di Raffaele Palladino: ritrovare solidità difensiva, la facilità nel buttarla dentro e (o con la prima, o con la seconda oppure con tutte e due) ricominciare a mettere tre punti alla propria classifica. Alla base del pensiero di Palladino, fin dal primo giorno c’era stato l’input di alzare un muro davanti a De Gea, sfruttando anche lo stesso portiere spagnolo, con la convinzione che per vincere serve intanto non prenderle. Il punto debole della Fiorentina precedente, d’altronde, era proprio quello, subire troppi gol. E se la primissima parte di stagione era stata un flop alla voce gol subiti, con 2 reti incassate da Parma, Monza, 3 dal Puskas, 3 dall’Atalanta etc etc, dal cambio modulo la Fiorentina aveva svoltato. Sia nei risultati, ma anche nel mantenere la propria porta inviolata. Quindi, riassumendo, col passaggio alla difesa a quattro quella viola era diventata una delle migliori della Serie A con 10 reti al passivo nelle prime 14 giornate, quindi recuperando ampiamente le reti prese fino all’intervallo con la Lazio. Poi il disastroso ultimo periodo con 8 gol al passivo nelle ultime quattro giornate: uno contro il Bologna, due a testa con Udinese e Juventus, tre contro il Napoli. Il tutto da intendersi come difficoltà di reparto, di fase e di singoli. Le ultime prestazioni di Comuzzo, Ranieri e gli errori di Moreno, Dodo e altri, non per caso, hanno caratterizzato gli ultimi incontri della Fiorentina. E il crescendo della fragilità difensiva ha portato in dote alla formazione gigliata appena un punto in quattro giornate.  Anche perché, ai tanti gol subiti dietro non è corrisposto un grande aumento di reti davanti. Anzi, 0 gol all’attivo col Napoli, col Bologna, 2 con la Juve e 1 con l’Udinese. E insomma, se Kean ha fatto il suo mettendola dentro 2 volte, quasi 3 se col Napoli non ci fosse stato quel tocco di mano, l’altro a trovare il gol è stato Sottil a Torino. Poi…il vuoto cosmico. Gudmundsson non pervenuto, Beltran quasi mai pericoloso se non con quello sciagurato errore col Napoli da due passi, Ikoné (vaia vaia, cit), Colpani (vaia vaia ri-cit.), Kouame (vaia vaia ri-ri-cit.). Poi c’è il tema filosofie, per venire al punto numero tre delle cose da fare. Che il tuo pensiero tecnico/tattico per raggiungere la vittoria farlo segnando un gol più dell’avversario o prendendone uno meno dell’avversario (su questo si basa il dibattito tra i famosi giochisti/risultatisti), l’altra cosa che la Fiorentina deve ritrovare sono i tre punti. La classifica che era bellissima, adesso è ancora bella…bellina, ecco. Vincere, facendone uno più degli altri (come fatto con la Roma, col Lecce), o badando a prenderne uno meno degli altri (come fatto a Como, col Torino, col Genoa, col Milan o col Cagliari) poco importa. Almeno stasera, a Monza, contro chi non fa un punto da ere geologiche, che in casa ne ha perse 5 di fila, che in casa non ha mai vinto in stagione e che…ok, basta così.

Albert, Colpani e il momento di iniziare ad incidere

Da diversi acquisti si attende il salto di qualità

Se la Fiorentina è lassù in classifica, più o meno dov’era un anno fa, con vista sulla zona Champions League, molto lo deve al mercato fatto dalla dirigenza in estate. Si potrà obiettare qualcosa sulla tempistica, con qualche acquisto che poteva/doveva essere fatto un po’ prima, aspetto su cui anche lo stesso Pradè, in un certo senso, fece mea culpa, ma sulla qualità immessa in questa rosa c’è poco da dire. Tanto che, degli undici che aveva a disposizione Italiano un anno fa, in questa stagione ce ne sono un paio al massimo della vecchia guardia che trovano spazio tra i titolari, ovvero Dodo, Ranieri e…praticamente basta. Comuzzo, infatti, essendo un giovane, è un caso a parte. Quello di oggi non può essere lo stesso giocatore di dodici mesi fa. A completare l’undici tipo di Palladino ci sono sempre stati i nuovi, ovvero De Gea in porta, Gosens a sinistra, Adli, Cataldi e Bove in mediana, Kean davanti, Colpani e Gudmundsson a supporto. Al massimo Beltran, comunque nei piani l’alternativa all’islandese, nelle ultime settimane, cioè dopo il problema di Bove, per forza di cose Sottil. Stop. Gli altri hanno giocato solamente in Conference, mentre altri ancora sono in uscita, ex capitani compresi (Biraghi e Quarta). Tornando agli innesti, se quasi tutto quello che ha luccicato fin qui è stato oro, qualcosa non si è ancora capito cosa sia. Da Colpani a Gudmundsson, passando per Pongracic, la Fiorentina per loro ha già speso 16 milioni per il croato, 4 di prestito oneroso più 12 circa di diritto di riscatto che può diventare obbligo al 60% di presenze per l’ex Monza, e 8 milioni di euro con un obbligo di riscatto a determinate condizioni fissato a 17 milioni di euro più 3,5 milioni di eventuali bonus, che in caso può diventare diritto di riscatto, per l’islandese. Ora, fermi tutti, che Gudmundsson sia forte lo si è intravisto, ma l’ultima versione di Albert, cioè quella dal post infortunio, ha destato più di qualche perplessità. La gara con la Juve ne è stato l’emblema del momento difficile, con lunghe fasi di gara senza strusciare il pallone. Colpani mah, Pongracic bho. Il calciatore proveniente dai brianzoli continua ad essere coccolato da Palladino, ma il suo rendimento è stato sin qui decisamente inferiore alle attese. Unica giornata da ricordare quella di Lecce, con doppietta e assist. Poi tanto lavoro di sacrificio, in copertura, per concedere a Dodo la possibilità di involarsi sulla destra, ma non ci siamo granché. Pongracic, invece, non gioca mai. Forse dopo il Napoli potrebbe ritrovare un po’ di minutaggio. Ma la stagione del croato sta assumendo sempre più i toni del più classico dei flop. Ora, se l’assenza di Pongracic non ha pesato, anzi, visto l’ottimo rendimento tenuto per un girone dalla coppia Comuzzo-Ranieri, col prossimo arrivo di Pablo Marì e quello già portato a termine di Valentini, lo scadente rendimento di Colpani e il momento difficile di Gudmundsson un po’ stanno iniziando a pesare. Anche per un discorso di equilibri, viste le difficoltà evidenziate dalla Fiorentina nell’andare avanti col centrocampo a due pur di tenere in campo l’ex Monza. E menomale che Beltran qualcosa ha fatto, soprattutto quando Albert è stato ai box. Ma ora, da tutti e tre, ma soprattutto da due di questi, è arrivato il momento di iniziare ad incidere. La Fiorentina è in zona Champions, vuole lottare per quel traguardo, e per farlo ha bisogno anche di loro, oltre che dei miracoli di De Gea e dei gol di Kean.

Il tabù e il salto di qualità. Loro sì, qui ancora no

La Fiorentina riceve il Napoli per invertire il trend

Ci sono stati anni, anzi decenni, in cui la Fiorentina era un’eccellenza del calcio italiano e il Napoli una delle tante. D’altronde, il club viola è stato il primo a disputare tutte le finali delle competizioni europee. A fine anni 60 i campani avevano vinto una Coppa Italia, mentre la Fiorentina aveva già conquistato 2 Scudetti, 1 Coppa delle Coppe e 3 Coppe Italia. Poi arrivò Maradona. La storia del Napoli cambiò, nelle gerarchie del calcio italiano raggiunse la Fiorentina, per ricambiare ancora negli anni 90. Con l’inizio del nuovo secolo entrambe sono fallite, hanno fatto percorsi di risalita simili fino a quando De Laurentiis ha iniziato a vincere, mentre Della Valle si iniziò a rompere le scatole (per varie vicissitudini, tra cui Calciopoli), fino a quando non ha passato la mano a Commisso. Fin qui la storia, che si intreccia col presente. Se si guarda allo storico dei precedenti, infatti, si fa fatica a ricordare una vittoria al Franchi della Fiorentina contro il Napoli. L’ultima fu quella del 3-0 di Simeone, quando Sarri perse lo Scudetto. Nelle ultime 10 sfide tra viola e campani a Firenze, dove per decenni il Napoli usciva con le ossa rotte, quello del 2018 è l’unico successo, con 5 pareggi e 4 successi azzurri. Nel nuovo secolo, in 19 incontri tra Fiorentina e Napoli giocati a Firenze, la formazione viola ne ha vinti 4. Certo, di gioie ne sono arrivate diverse in Campania, tra cui il 2-5 di Coppa Italia, l’1-3 dell’anno scorso e il 2-3 di Cabral, ma…il tema è un altro. C’è poco da fare, il Napoli ha fatto il salto di qualità, la Fiorentina ancora no. Sta provando a farlo, quest’anno. Ma la formazione di ADL arriva a Firenze da capolista e seria candidata allo Scudetto, mentre la truppa di Palladino prova a consolidare le sue ambizioni da Champions League. Per quanto non stia particolarmente simpatico ai tifosi del Napoli, con De Laurentiis gli azzurri hanno vinto 1 Scudetto, 3 Coppe Italia, 1 Supercoppa Italiana, facendo per anni sempre la Champions League, che sappiamo bene nel calcio di oggi quanto sposti in termini di fatturati. Sabato a Firenze, insomma, la Fiorentina proverà a riscrivere un nuovo capitolo di una rivalità anche gerarchica col Napoli. Magari non per l’immediato. Difficile immaginarsi la squadra campana che arrivi dietro in classifica quest’anno, come accadde l’anno scorso, ma la speranza è che questo 2025 possa essere un punto di svolta per la società di Commisso. Iniziare infrangendo il tabù delle gare interne contro il Napoli potrebbe essere un buon punto di partenza, anche se quello d’arrivo per fare quella svolta è chiaro: entrare nel circolo della Champions League. Ovviamente, poi, restandoci. Ma per quello ci sarà tempo.

Viola ancora imbattuti al Franchi

Solo Gasp fin qui ha fatto meglio per media punti interna

Sono solo statistiche, ma fin qui la Fiorentina con Raffaele Palladino in panchina non ha ancora mai perso una sfida tra le mura amiche. Sia in Serie A che in Conference League, nessuno è riuscito a passare al Franchi. L’unico che ci è riuscito è l’Empoli, in Coppa Italia, ma ai calci di rigore. Anche quello, dunque, ai fini statistici sarebbe da considerare un segno X. Lunedì la Fiorentina tornerà a giocare nel proprio stadio, in Serie A, dove dopo la gara contro l’Udinese tornerà a giocare a inizio 2025, col Napoli e dove dovrà recuperare la partita interrotta al 17’ contro l’Inter per il malore occorso e Edoardo Bove. Se in Conference League sono state battute sin qui Puskas Academy 3-2, TNS 2-0, Pafos 3-2 e Lask 7-0, in Serie A hanno portato via punti dal Franchi Monza e Venezia, gare finite rispettivamente 2-2 e 0-0, mentre sono cadute Lazio 2-1, Roma 5-1, Milan 2-1, Verona 3-1 e Cagliari 1-0. Tra le squadre che hanno mantenuto fin qui la propria imbattibilità interna, oltre alla Fiorentina ci sono solamente Bologna e Juventus. La Lazio ha perso 1 volta in casa, come Inter, Milan e Atalanta, mentre il Napoli già 2. Se si considera la media punti, invece, i 17 punti ottenuti in 7 gare interne portano la Fiorentina al secondo posto di questa speciale graduatoria. Meglio ha fatto solo l’Atalanta, con 18 in 7 gare. Le stesse Bologna e Juventus, imbattute in casa come i viola, hanno messo a referto rispettivamente 13 punti in 7 sfide casalinghe e 15 in 9, avendo dunque una media inferiore a quella della Fiorentina. Come detto sono solo statistiche, per aggiunta pure parziali. Il calendario, essendo a sua volta parziale, potrebbe aver influito. Ma al netto di tutto ciò, la Fiorentina si sta confermando tra le formazioni più forti e cannibali nelle gare casalinghe. L’anno scorso chiuse con 35 punti in 19 gare interne, quello prima con 33 e quello prima ancora con 41 punti (dietro solo all’Inter). Se la Fiorentina di Palladino riuscisse a mantenere il trend che ha avuto sin qui nelle partite casalinghe chiuderebbe con 46 punti in casa. Giusto per dare dei riferimenti, Prandelli chiuse con 49, 47, 47 e 40 nei quattro anni in cui la Fiorentina lottò per la Champions, mentre Montella a 43, 31 e 33. Sousa a 38 entrambe le stagioni. Come detto, trattasi di statistiche, anzi di proiezioni, avendo la Fiorentina giocato solamente 7 gare interne di campionato rispetto alle 19 in programma. Dopo l’Udinese al Franchi ci sarà il Napoli, mentre nei prossimi mesi ci saranno il recupero contro l’Inter, la Juventus, il Bologna e l’Atalanta per quanto riguarda le squadre di alta classifica. Insomma, nonostante ruspe, gru e un terzo dello stadio inagibile, il Franchi si sta confermando fortino per la Fiorentina. Lunedì contro i bianconeri friulani dovrà essere altrettanto. 

Le vie per la Finale: Pireo o Islanda, Bosnia o Lubiana

Le avversarie sulla strada della Fiorentina in Conference

Divisi a metà tra la voglia di affrontare finalmente avversari di rilievo (sì, ok, ma non il Chelsea) e di incrociare quello più debole possibile per concentrarsi sul campionato, la Fiorentina ha conosciuto oggi dall’urna di Nyon quelle che potrebbero essere le avversarie degli ottavi di finale di Conference League. Le gare di playoff che riguardano il lato di tabellone dei viola sono Vikingur Reykjavik contro Panathinaikos Atene e Borac Banja Luka contro Olimpia Lubiana. Islanda o Grecia, Bosnia o Slovenia, dunque, per la truppa gigliata, con lo spauracchio Chelsea che sarà incrociabile solamente in semifinale. E se già di per sé questa è una buona notizia, occhio a pensare che con almeno tre su quattro delle papabili avversarie dei viola si tratterà di una pura formalità. Lo ha insegnato la doppia precedente esperienza in Conference alla Fiorentina di Italiano, lo sta confermando questa con Palladino. Se le partite non si affrontano con l’atteggiamento giusto, che tu stia giocando contro ciprioti, portoghesi, gallesi o chi che siano, tra l’altro nessuna delle primissime forze di quei paesi, tutto può diventare maledettamente difficile. Lo si è visto pure col Guimaraes, dove per riuscire a fare un pareggio c’è voluta una fatica estrema, con un punteggio che poteva tranquillamente premiare il Vitoria. E dunque, come detto, Panathinaikos o Vikingur, oppure Borac Banja Luka o Olimpia Lubiana. Fin troppo banale dire che i greci siano l’avversario più forte sulla carta. Quest’anno navigano al quarto posto in campionato, dietro a Olympiakos, Aek e Paok, ma hanno chiuso solamente al 13° posto il girone europeo. La punta di diamante dei verdi del Pireo è l’attaccante Ioannidis, Tete preso dal Galatasaray, c’è la vecchia conoscenza del calcio italiano Djuricic, l’ex obiettivo viola Ounahi, che aveva incantato al mondiale col Marocco, e pure Dragowski. Insomma, una rosa di ottimo valore, stimata dal portale transfermarkt in 102 milioni di euro. Per dare dei riferimenti, la rosa viola ne vale 279. L’aspetto ambientale, come noto, potrebbe dare fastidio. Andare a giocare in Grecia non è cosa da sottovalutare. Poi ci si addentra nel mondo sconosciuto del Vikingur. L’intera rosa degli islandesi vale 4 milioni. Sostanzialmente, bho. Più o meno dicasi lo stesso anche per i bosniaci del Borac, alla prima partecipazione in una competizione Uefa. Come valore della rosa siamo sui 9,5 milioni complessivi, simile a quello della Puskas Academy. L’Olimpia Lubiana di milioni ne vale circa 12, ma comunque poca roba. Chi sarà sulla strada dei viola tra queste lo scopriremo a febbraio, quando si terranno i playoff, con la Fiorentina spettatrice interessata. La strada per la Polonia, dove si disputerà la finale, è ancora lunga.

10 motivi per cui serve vincere

La Fiorentina deve battere il Vitoria

In linea di massima, se si indossa la maglia della Fiorentina si dovrebbe sempre scendere in campo per almeno provare a vincere. Che si tratti di una gara che non conta granché o di una Finale cambia poco. Oggi contro il Vitoria Guimaraes non sarà come giovedì scorso contro il Lask Linz. Difficilmente sarà una passeggiata di salute per la truppa viola, ma la posta in palio c’è, eccome. I dieci motivi per cui oggi la Fiorentina deve vincere. NUMERO UNO, PER EVITARE IL PLAYOFF. Come noto, la nuova formula della Conference League garantisce il pass per gli ottavi alle prime otto classificate del maxi girone. In teoria la Fiorentina non ha ancora questa certezza. Col pareggio, per quanto dovrebbero vincere tutte le inseguitrici, la squadra di Palladino potrebbe anche ritrovarsi oltre l’ottavo posto, trovandosi a quel punto costretta a dover sostenere il playoff di febbraio. Gara, quella, che andrebbe in scena sul doppio confronto. Meglio evitare, soprattutto in una stagione in cui la truppa gigliata sta lottando per zone altissime di classifica. NUMERO DUE, PER EVITARE IL CHELSEA FINO IN FONDO. Vincere col Guimaraes, a meno che il Legia non vinca di goleada col Djurgarden, permetterebbe alla Fiorentina di chiudere al secondo posto in classifica. Questo vorrebbe dire evitare il Chelsea fino alla finale. Gli inglesi sono la squadra più forte della Conference League. Potrebbero tranquillamente dire la propria anche in Champions League. Meglio evitare. NUMERO TRE, PER RIPARTIRE DOPO IL KO DI BOLOGNA. Il tonfo di Bologna ha lasciato qualche scoria, soprattutto perché arrivato contro Italiano. C’è da ripartire. E da farlo subito. Lunedì ci sarà l’Udinese, poi la Juve e il Napoli. Serve ritrovare consapevolezza e buttarsi la sconfitta del Dall’Ara alle spalle. NUMERO QUATTRO, PER PALLADINO. Sono stati giorni complicati per il tecnico viola, colpito dalla scomparsa della madre. La notizia, tra l’altro, è arrivata nei momenti in cui Palladino e la squadra erano in ritiro a Bologna. Tutto il gruppo è rimasto colpito dal dolore del proprio allenatore, con cui c’è un rapporto speciale. Vincere per lui, per fargli passare una serata tranquilla e ridargli il sorriso è una motivazione in più. NUMERO CINQUE, PER IL RANKING. L’Italia potrebbe mandare in Champions cinque squadre via Serie A anche quest’anno. La lotta per il secondo posto del Ranking è col Portogallo. Anche per questo, oggi, battere i portoghesi del Guimaraes, potrebbe contare di più, visto e considerato che quest’anno in lotta per arrivare in Champions c’è anche la stessa Fiorentina. NUMERO SEI, PER I SOLDI. Ogni singola vittoria porta un incasso di 400mila euro. In caso di vittoria oggi, con dunque approdo agli ottavi, arriverebbero 800mila euro più altri 400mila euro in quanto tra le prime otto classificate del girone. Chiudendo seconda in classifica, inoltre, entrerebbero nelle casse viola altri 980mila euro di premi Uefa (35 quote da 28mila euro). Non saranno i milioni della Champions, ma insomma, sono sempre soldi. NUMERO SETTE, PER CAPIRE CHI E COME. Vincere in Portogallo potrebbe essere la conseguenza di una buona prestazione. Palladino e la Fiorentina devono ancora trovare la quadra per poter sopperire all’assenza di Bove. Beltran lì non ha granché convinto. In attesa del mercato invernale, insomma, sarebbe importante capire chi e come possa giocare in quella casella del campo. NUMERO OTTO, PER RITROVARSI. Dovrebbe toccare ancora a Kean scendere in campo dal 1’. Moise è rimasto senza gol col Bologna, col Lask e col Cagliari. L’attaccante viola ha voglia di ritrovare la via della rete e di tornare ad esultare. Sarà importante per Terracciano, reduce dalla serata non esaltante contro l’Empoli in Coppa Italia e da quella disastrosa col Pafos. Occasione di ritrovarsi anche per Quarta, così come per aumentare la propria condizione per Gudmundsson. C’è poi chi come Ikoné insegue il primato della classifica marcatori di Conference League, che dista un solo gol. Che giochi il francese o Colpani, entrambi sono chiamati a ritrovarsi, o almeno a dare segnali. Incidere a livello personale, insomma, per vincere collettivamente. NUMERO NOVE, PER METTERSI IN MOSTRA. Ci sono poi i vari Parisi, Mandragora, Richardson, Kouame ed altri che oggi dovranno sfruttare l’occasione con una grande prestazione. L’obiettivo è mettersi in mostra, magari anche per provare ad invertire gerarchie che sembrano già scritte. NUMERO DIECI, PERCHE’ SONO BIANCONERI. Non sarà un ambiente semplice quello che attende la Fiorentina. A Guimaraes saranno 30mila i tifosi di casa a spingere i portoghesi verso quello che sarebbe un traguardo storico per il Vitoria, mai arrivato ai quarti di una competizione Uefa. Sono bianconeri, come i prossimi due avversari della Fiorentina: Udinese, ma soprattutto Juventus. Vincere oggi potrebbe far crescere mentalmente la squadra viola, magari provando a prendere l’abitudine nello sconfiggere squadre a strisce bianche e nere.   Insomma, di motivi per vincere oggi a Guimaraes ce ne sono, eccome!

‘Rome wasn’t built in a day’

La Fiorentina deve ripartire

Per costruire Roma non bastò un giorno. Per trasformare una Fiorentina da settimo/ottavo posto in una squadra da Champions si potrebbe tranquillamente dire lo stesso. La ‘dimensione’ della squadra viola è stata quella nell’ultimo triennio, settima/ottava forza della Serie A, con annesse due finali di Conference League e una di Coppa Italia, anche se tutte perse. Una legge non scritta del calcio, che non vuol dire verità assoluta, racconta che di norma è più ‘facile’, o almeno più immediato, riuscire a fare il salto dai bassifondi alle zone a ridosso dell’Europa piuttosto che quello da dove ha navigato la truppa viola negli ultimi tre anni a quello della Champions. Le romane, ad esempio, da anni sono lì, come la stessa Fiorentina, ma per fare quel salto può servire tempo. Certo con Prandelli e Corvino bastò un anno, così come col primo Montella (quando in Champions ne andavano solo 3). Ma, di norma, il percorso richiede tempo. Il ko rimediato dalla Fiorentina a Bologna non deve indurre al pessimismo. Ci sta di perdere coi rossoblu, ci stava soprattutto dopo aver messo in fila 8 vittorie consecutive, cosa che non capitava da 60 anni (giusto per sottolineare quanto di straordinario era stato fatto prima del passo falso del Dall’Ara). Prima o poi doveva accadere. Peccato sia successo contro Italiano, ma chi se ne importa. Il vero nodo, semmai, sta nel prendere coscienza di alcuni limiti che questa rosa ha. La filastrocca che Palladino aveva forgiato dal secondo tempo con la Lazio (De Gea, Dodo, Comuzzo , Ranieri, Gosens, Adli, Cataldi, Bove, Gudmundsson, Colpani, Kean) ha bisogno di alternative che non facciano rimpiangere i titolarissimi. Se Beltran aveva risposto presente prima del match di Bologna, così come Sottil, altri continuano a faticare. Colpani, su tutti. Nel momento in cui Palladino ha dovuto/voluto interrompere l’alternanza totale tra Serie A e coppe, schierando con l’Empoli e col Lask tanti elementi che solitamente erano stati preservati per il campionato, il conto è subito arrivato. Poco male. Come detto non sarà certo la sconfitta di Bologna a far ridimensionare i sogni di gloria di una piazza che è tornata a respirare aria di altissima classifica come non accadeva da anni. Piuttosto, già da giovedì col Guimaraes e lunedì prossimo con l’Udinese, sarà fondamentale ripartire. Non solo nei risultati, ma anche in termini di ‘stato di salute’. La Fiorentina vista nelle gare con Empoli in Coppa Italia, Cagliari e Bologna, infatti, non è stata certamente la stessa di quella che si era vista fino al malore di Bove (il 7-0 al Linz lascia il tempo che trova). Già quella del primo tempo del Dall’Ara era stata comunque incoraggiante, con almeno 2-3 buone occasioni da gol e un rigore che sembrava netto, a differenza di un secondo tempo in cui in campo si è visto molto più Bologna che Fiorentina. Lo ripetiamo, ci stava. Ma… Se Roma non è stata costruita in un giorno, se si vuole provare a far sì che questa stagione prosegua in quelle zone di classifica senza trascurare troppo la Conference League, servirà che dal mercato di gennaio arrivi qualche pezzo buono, o comunque qualcuno che quando i big non sono al top possa dare un contributo decisamente migliore di quello dei vari Quarta, Kouame, Ikoné, Mandragora, Kayode etc etc.  O che questi si diano una mossa, sempre che ce l’abbiano nelle corde.

La sindrome del ‘che ha fatto Italiano?’

La Fiorentina sfida il suo passato

Una nuova strana malattia si sta diffondendo per le strade di Firenze. Colpisce per lo più chi ha il sangue viola, senza distinzione di sesso, età e/o patologie pregresse. La chiamano sindrome del ‘che ha fatto Italiano?’. Il picco è previsto per domani, 15 dicembre 2024, quando sul calendario è segnato con un circoletto rosso l’appuntamento del derby dell’Appennino, Bologna-Fiorentina. O meglio, la sfida contro Italiano. Che la Fiorentina vinca, di goleada o di corto muso, in Serie A o in Europa, non importa. Conta soprattutto cosa abbia fatto l’ex allenatore viola, che qualcuno si è affrettato a definire ‘Perdenzio’. Sì perché, d’altronde, le tre finali che ha disputato con la Fiorentina le ha perse tutte e tre. E le finali non si giocano, si vincono. Certo, però, arrivarci, intanto, non capita tutti i giorni se sei la Fiorentina. Ma questo è un dettaglio. Ed ecco che la ‘Biraghite’, altra sindrome che imperversava nelle vie di Campo di Marte nei giorni scorsi, è stata soppiantata rapidamente dall’esigenza, domani, di andare al Dall’Ara e godere, non tanto nel vincere ancora, nel celebrare Palladino, nell’ammirare la classifica etc etc, quanto nel poter ridere in faccia a Vincenzo Italiano. Si perché, poi, un settimo e due ottavi posti, che volevi festeggiare? Siamo la Fiorentina! E poi quella difesa alta…gol tutti identici, presi in contropiede. Tutto lecito, per carità. Altri potrebbero obiettare che a disposizione Italiano avesse avuto Cabral, Jovic, Nzola, Duncan (alternativa al Venezia), Barak e Brekalo (questi ultimi due hanno segnato nel weekend al Kasimpasa, addirittura, in Turchia, contro il glorioso Eyupspor che è quarto in classifica), Bonaventura (adesso finito in Arabia), Arthur (mai sceso in campo in questa stagione), Maxime Lopez (finito in Serie B francese), Belotti (panchinato da Cutrone al Como), Kouame, Ikoné, Terracciano, Biraghi, Parisi, Quarta (tutte riserve nella Fiorentina attuale) etc etc, ma non riuscirete a fargli cambiare idea. Anche quando la Fiorentina ha piegato il Cagliari, entrando nella storia coi suoi 8 successi di fila in Serie A, teneva banco il come avesse fatto Italiano a prendere quel gol con la Juventus al 92’ in contropiede. Qualcuno, sotto sotto, ha pure esultato al gol dei bianconeri, così, per poter dire: ‘ahahha, anche oggi, Perdenzio…’. Non riuscirete a fargli cambiare idea. Per chi la pensa così è sempre stato solo e soltanto colpa di Italiano, che è stato un limite piuttosto che una risorsa. Ok, pensiero lecito, vabbè. Ma pensare alla Fiorentina? A Palladino? A come stia volando la squadra viola? Niente. La speranza è che domani vada tutto come deve andare e che nel frattempo si trovi un vaccino per debellare questa strana malattia. Altrimenti, il rischio che la sindrome dilaghi c’è. Soprattutto dopo che Biraghi sarà andato altrove, cose non collegate, ovvio, ma tant’è. Se questa Fiorentina, con Palladino, dovesse continuare come sta facendo ormai da 8 gare di fila in Serie A, dovesse trovarsi a fine maggio ancora dov’è adesso, magari riuscendo a fare come nel 1956 o nel 1969, o almeno ad entrare in Champions League tornando a sentire una musichetta che a Firenze non si sente dal 9 marzo 2009, magari arrivando anche in Polonia, in finale di Conference…anche in quei giorni sentir dire ‘si, ma che ha fatto Italiano?’, anche no.

Palladino fa cose, tipo record su record

Il tecnico viola non ne sbaglia una

In pochi giorni Raffaele Palladino si è tolto lo sfizio di riscrivere la storia della Fiorentina. Non una volta, ma due. Prima ha battuto il Cagliari in Serie A, ottenendo l’ottava vittoria di fila ed eguagliando la striscia di successi consecutivi in campionato del club viola che resisteva dal 1959-60, poi ha messo a referto un 7-0 in una competizione europea che mai si era registrato in precedenza nella storia della Fiorentina mettendo in discesa il cammino in Conference. Palladino fa cose, non solo in termini di risultati, ma anche su dettagli che spesso fanno la differenza. La fase difensiva è ormai da mesi diventata un muro, nessuno ha incassato meno reti dei viola in Serie A; davanti le cose funzionano, a volte meglio altre un po’ peggio, ma funzionano. E poi ci sono i singoli: Palladino è riuscito anche a rigenerare giocatori che sembravano ormai aver fatto il loro tempo a Firenze. Ikoné, che aveva iniziato il prestagione tra i fischi dei tifosi al Viola Park perché non voleva andarsene, adesso è tornato utile, tanto da inseguire il primato della classifica cannonieri della Conference League; Sottil, la cui esplosione era attesa da anni, sembra aver ingranato; Parisi sta dando qualche segnale di miglioramento, oltre a tutti coloro che stanno facendo una stagione da 7-7.5-8 in pagella. Il tutto dopo aver iniziato con un’idea, averla messa da parte e trovato la quadra. Facendo scelte forti, tra l’altro, come aver messo ai margini il capitano Cristiano Biraghi, il vice capitano Martinez Quarta e l’ex portiere titolare Pietro Terracciano. I risultati parlano per lui. Piaccia o meno ad alcuni giocatori (Biraghi su tutti), tant’è. Il tutto, bis, dovendo fare a meno quasi sempre di Pongracic, difensore che doveva fare il titolare visto quanto è stato pagato, Gudmundsson, sceso in campo per una manciata di minuti in confronto a quelli giocati dalla Fiorentina, con un Colpani che ancora non ha ingranato. Insomma, Palladino fa cose, sbagliandone pochissime, quasi nessuna. L’unico scivolone recente è quello con l’Empoli in Coppa Italia, che però ha mille attenuanti del caso, che ahinoi sappiamo bene. E la Fiorentina vola, ancora e ancora.

Quelli che ‘l’occasione’. Per qualcuno la prima, per altri forse l’ultima

Fiorentina in campo contro il Lask Linz

Altro giro, altra corsa. Per la Fiorentina è nuovamente tempo di Conference League. Stavolta di fronte ci sarà il Lask Linz, squadra che vale su per giù il Pafos e il San Gallo, che quest’anno vive un periodo tutt’altro che glorioso e che, nel maxi girone europeo, è in fondo al gruppo con 2 soli punti (rimediati con Djurgarden e Cercle Brugge, oltre ai ko con Borac Banja Luka e O. Lubljana). Potrebbe nuovamente essere la Fiorentina B a scendere in campo contro gli austriaci. Non piacerà a Palladino questo appellativo, ma se in Serie A giocano sempre gli stessi e in Conference sempre gli altri, è ormai fattuale che qualcuno sia considerato più ‘forte’ di altri. Se tra i pali, come detto da Palladino stesso dopo il ko con l’Empoli, sarà la prima occasione per Tommaso Martinelli, per qualcun altro sarà l’ennesima chance per rispondere presente, o almeno per dimostrare di non essere da ‘Fiorentina B’. Forse non l’ultima, ma poco ci manca. A sinistra, ad esempio, rispetto a questo Gosens tutti partirebbero come alternative. Forse non Theo Hernandez o Di Marco, ma sicuramente Parisi e Biraghi. Per il campano e l’ormai ex capitano, con gennaio alle porte, c’è sia da dimostrare a Palladino che ad eventuali acquirenti. Fin qui, Biraghi ha spesso steccato, Parisi ancor di più. Almeno l’ex Empoli, però, ha dalla sua l’età, 2000 vs 1992. Magari deve solo ritrovarsi, mentre Biraghi pare ormai in fase calante e destinato a proseguire su quel trend. Poi ci sono i vari Kayode, Martinez Quarta e Moreno, col primo che rispetto all’anno scorso non sembra neppure lo stesso, il secondo che da centrale o da centrocampista continua a fare partitacce e il terzo che sin qui si è visto poco e nulla. E quando si è visto non ha propriamente esaltato. Il tutto senza dimenticare Marin Pongracic, che prima o poi dovrà pur dimostrare qualcosa. Sempre, ovviamente, che sia in grado di scendere in campo piuttosto che dover stare in infermeria. A gennaio arriverà Valentini, perciò dietro ci sarà sovrabbondanza di difensori centrali. Qualcuno uscirà, e queste ultime occasioni saranno da cogliere al balzo per chi gioca dietro in questa Fiorentina. Avanzando di qualche metro ci sono Richardson e Mandragora. Due casi diversi, ovviamente, visto che il marocchino è arrivato da pochi mesi mentre chi sia Rolly è ormai noto. Ma se Cataldi e Adli sono sempre più intoccabili, con Bove costretto ai box, servono risposte da entrambi anche in vista di gennaio. Un conto, infatti, è sapere che Richardson possa essere un titolabile, un conto è se possa essere solo un’alternativa. Avanzando ancora, se Beltran ha cambiato passo nelle ultime settimane sfruttando al meglio l’assenza di Gudmundsson, Sottil ha evidenziato progressi, mentre Ikoné e Colpani continuano a deludere. Che il francese fosse questo, al netto delle coccole di Palladino, era più o meno noto. Semmai, da Colpani era lecito attendersi molto di più. Di tempo ne avrà ancora, ma anche per l’ex Monza è arrivato il momento di iniziare ad incidere. Gudmundsson è un caso a parte. Fin qui è stato più fuori che dentro per problemi fisici, ma che abbia colpi e numeri lo si è visto già dai pochi palloni che ha toccato nelle poche partite giocate. Poi c’è Kouame, il cui impegno è sempre da rimarcare e apprezzare, ma…si torna lì. Per lui potrebbe esserci un’altra chance di dimostrare di essere da Fiorentina, anche se B. Insomma, quelli che l’occasione…appunto. Per qualcuno la prima, per altri forse l’ultima.

Rialzarsi e tornare a sorridere

La Fiorentina riceve il Cagliari

La Fiorentina di Raffaele Palladino si appresta a tornare in campo dopo l’eliminazione dalla Coppa Italia di mercoledì. Al Franchi arriva il Cagliari di Davide Nicola, con l’obiettivo che è fin troppo scontato e superfluo anche solo da pensare: buttarsi alle spalle quanto successo con l’Empoli e soprattutto quanto accaduto domenica scorsa. Poco male se il cammino in Coppa Italia si è già fermato. Non considerare il contesto in cui la Fiorentina era scesa in campo contro gli azzurri di D’Aversa sarebbe intellettualmente disonesto. C’era più di qualcuno che non ha dormito, chi anziché lavorare sul campo ha fatto avanti e indietro tra il Viola Park e Careggi, chi ha avuto più di un sussulto nel tornare sul manto erboso dove pochi giorni prima si era sfiorata la tragedia. Tutta la Fiorentina ha preparato in maniera anomala la partita di Coppa. Quindi, come detto, poco male... Resta la Conference League, ma soprattutto l’inseguimento di un posto Champions via Serie A che riparte già da domenica. L’obiettivo primario della Fiorentina, in questo momento, non può essere che quello di restare in scia delle primissime posizioni della classifica. Dopo la grande paura c’è una gran voglia di riscossa in casa Fiorentina. E non solo nei calciatori, ma in tutto l’ambiente. C’è bisogno di tornare a sorridere, esultare e sognare, almeno per qualche ora. C’è, insomma, l’estrema necessità di rialzarsi, e di ricominciare.

Il momento della sveglia

Da Colpani ci si attende di più

Per Andrea Colpani è arrivato il momento di iniziare a fare qualcosa, dopo, s’intende, la doppietta di Lecce. Di gare memorabili con la maglia della Fiorentina se ne ricordano pochissime. Forse, giustappunto, solo quella del Via Del Mare. E non solo per la doppietta, bella, tra l’altro, nella sestina rifilata ai salentini, ma anche per presenza in campo, giocate, qualcosa, appunto. Negli occhi resta qualche difficoltà iniziale, con un paio di buone occasioni qua e là ad esempio a Parma, una crescita a livello fisico, ma anche un certo filo di delusione rispetto a quelle che erano le premesse con cui ‘El Flaco’ era arrivato in estate. Nel periodo in cui la Fiorentina ha scalato la classifica della Serie A, coinciso col cambio modulo nell’intervallo con la Lazio e dall’impiego costante di alcuni titolarissimi (De Gea, Dodo, Comuzzo, Ranieri, Gosens, Adli, Cataldi, Bove, Beltran al posto di Gud e Kean davanti oltre all’ex Monza), Colpani è stato l’unico a restare costantemente sotto la sufficienza. Tanto che, qualcuno, qualche volta, dinanzi al grigiore delle sue prestazioni, ha addirittura pure pensato che, forse forse, Ikoné sarebbe potuto essere più incisivo. Il fedelissimo di Palladino, però, ha mantenuto praticamente sempre il suo grado di titolare. In Serie A è stato impiegato sempre dal 1’, così come era accaduto anche mercoledì con l’Empoli in Coppa Italia quando Palladino, a differenza delle partite non di Serie A, ha messo in campo l’undici quasi tipo (solo Terracciano tra i pali e Quarta a centrocampo erano i protagonisti della ‘Fiorentina B’) e probabilmente sarà così anche domani contro il Cagliari.  Facendo finta che non sia successo quello che è successo domenica scorsa, pensando che Bove sia ai box per una pedata (diciamo così), l’assenza dell’ex Roma e il contestuale rientro dell’islandese Gudmundsson impongono al tecnico gigliato di fare delle valutazioni. Tante le ipotesi al vaglio, da quella più scontata con Sottil a sinistra, Beltran/Gudmundsson e Colpani a destra a supporto di Kean, a quella più rivoluzionaria con Gud-Beltran a supporto di Kean in un 4-3-2-1, oppure con Gud a supporto di Kean e Kouame in un 4-3-1-2 etc etc. Di varianti ce ne sono tantissime, toccherà a Palladino trovare quella giusta. Nel frattempo, già contro i sardi di Davide Nicola si dovrebbe rivedere il classico assetto con Sottil da una parte e Colpani dall’altra, assieme a Beltran dietro a Kean. A gara in corso si rivedrà Gudmundsson, con Ikoné che ha mostrato qualche segnale di miglioramento qua e là, soprattutto in Conference League, che insidia il posto dell’ex brianzolo. Per Colpani, fermo alla doppietta di Lecce e soprattutto ancora sotto la complessiva sufficienza e ampiamente al di sotto delle aspettative, è arrivato il momento di iniziare ad incidere. Di più e meglio. E non solo perché è stato pagato 4 milioni di prestito oneroso più 12 di riscatto, ma anche perché tra gli obiettivi c’era quello di superare quella soglia di 8 gol, da unire a 4 assist, messi a referto l’anno scorso. Come si dice in questi casi, il momento di cambiare marcia è arrivato.

The show must go on. Ma che fatica

La Fiorentina affronta l’Empoli

“The show must go on” cantavano i Queen. Ma che fatica. La Fiorentina si appresta a tornare in campo stasera in Coppa Italia, con l’esigenza di dimenticarsi dello spavento vissuto domenica, del fatto che Edoardo Bove sia ancora in ospedale e provando a trovare energie nervose che vadano a sopperire quelle fisiche che il mondo viola ha lasciato nel percorso Stadio Franchi-Careggi prima e Viola Park-Careggi poi. Lo show non si può fermare. Volendo la Fiorentina avrebbe anche potuto prendersi qualche giorno in più chiedendo di rimandare la gara con l’Empoli, ma su invito dello stesso Bove la truppa gigliata non lo ha fatto. E allora oggi sarà giornata di partita per i viola. Tra l’altro non proprio una partita qualunque, ma una gara secca, in cui o la Fiorentina vince o esce dalla Coppa Italia. E tra l’altro (bis) non contro un avversario qualunque, ma contro un Empoli che da anni vive gli incroci contro la Fiorentina come una gara della vita. Tra l’altro (tris), in caso di approdo ai quarti ci sarebbe la possibilità di incrociare la Juventus. Insomma, sfida non certo banale. E quindi lo show riparte. Col pensiero a quanto accaduto e con la speranza che tutto si evolva per il meglio. Sia a livello di salute che per il ritorno alla professione di un ragazzo di 22 anni che dal nulla, durante una partita di calcio, si è accasciato a terra facendo ripiombare tutto il popolo viola nel baratro di un incubo già vissuto, purtroppo, con esiti ben più drammatici. Sarà faticoso dimenticarsi di tutto, anche solo per qualche ora (a seconda della sensibilità che ognuno ha). Sia per chi oggi indosserà la maglia della Fiorentina che per chi la sosterrà. E non è retorica. Ma è realtà. Anche per questo potremmo stare minuti e ore a ricordare gli ultimi incroci con l’Empoli, le ultime sfide di Coppa Italia, i ballottaggi di una formazione che oggi sarà tutta da inventarsi per Palladino. Lo facciamo, lo stiamo facendo, ma comunque in tono minore. La speranza è quella che tutto vada per il meglio e che per un paio d’ore si possa provare a dimenticarsi di cosa sia la carenza di potassio, di terapie intensive e delle sirene di ambulanza che risuonano in sottofondo nei collegamenti con gli inviati da Careggi. Insomma, lo show riparte, perché forse è giusto così. Ma che fatica.

Con l’Inter per sognare. Per Rocco conta di più

Per i viola si avvicina lo scontro al vertice

In principio fu Mr. Lee, poi gli Agnelli e quindi Zhang. “Dov’è finito Zhang?”, disse Commisso a settembre, quando mise sotto pubblica accusa la situazione debitoria del club nerazzurro, nel frattempo passato a Oaktree con Marotta nominato presidente. “Non invidio i club che hanno vinto in questi anni: lo hanno fatto grazie a situazioni debitorie assurde che hanno portato i club quasi alla bancarotta e poi nelle mani di Fondi per la mancata restituzione da parte delle proprietà dei prestiti ricevuti. E io mi chiedo ancora se chi ha vinto in certi anni poteva essere iscritto al campionato”. Marotta rispose piccato: “L’Inter ha sempre rispettato le regole e continua a farlo”. Quella dei debiti fu solamente l’ultima delle stoccate del patron della Fiorentina alla società interista. In precedenza, infatti, c’erano state le situazioni poco chiare delle plusvalenze, per cui venne punita solo la Juventus, dell’indice di liquidità e del fair play finanziario. Poi quello che accadde al termine del famoso Fiorentina-Inter 3-4. ‘Finale di partita molto agitato, pare, al Franchi, anche quando l’arbitro Valeri ha mandato definitivamente negli spogliatoi le squadre. Secondo quanto riportato da alcuni dirigenti dell’Inter, il presidente della Fiorentina Rocco Commisso si sarebbe scagliato contro la porta degli spogliatoi, dove ci sarebbe stato anche un alterco tra i presenti. Situazione smentita categoricamente dalla Fiorentina, interpellata sull’accaduto, con la società viola che ha sottolineato che non è assolutamente avvenuto niente di quanto era circolato in precedenza e non c’è stato nessun intervento da parte del presidente Rocco Commisso o altro dirigente’ (ndr ANSA). Insomma, tutt’altro che rose e fiori. La partita di domenica per il patron viola conterà di più. Non solo perché l’Inter è esattamente ciò di più lontano di quello che per Commisso dovrebbe essere un club di calcio (cioè una società che ha una proprietà nota, chiara, magari facente capo ad una persona che si sa chi è e cosa fa, piuttosto che un fondo d’investimento che rileva un club passato negli anni nelle mani di Suning, con l’intermezzo di Thohir tra prestiti, debiti e quant’altro), che spende in base ai ricavi e ai debiti che ha piuttosto che fare sempre il passo più lungo della gamba (anche quest’anno i nerazzurri hanno il monte ingaggi più alto della Serie A, triplo rispetto a quello dei viola) e che rispetta le regole finanziarie che vincolano altri club (come ormai noto, la Fiorentina ha la proprietà ricca sfondata ma per le regole del fair play finanziario non può investire più di un tot perché ha ricavi limitati, per cui le regole sono regole), ma anche perché battere l’Inter vorrebbe dire restare lassù e magari iniziare a pensare che questo sia davvero l’anno buono. Vogliamo scientemente ignorare il fatto che ad arbitrare la sfida ci sia Doveri con Mazzoleni al Var. Meglio non pensarci, almeno prima. Poi si vedrà, in caso, se qualcosa sarà andato storto (non sarebbe la prima volta). Arriva l’Inter, signori. In palio c’è il pass verso il Paradiso. Al Franchi la Fiorentina non riesce a battere l’Inter dal 2017, coi nerazzurri che nelle ultime 9 partite giocate coi viola a Firenze hanno messo a referto 5 vittorie (di cui una ai supplementari in Coppa Italia) e 4 pareggi. Un’astinenza lunghissima, insomma, dovuta anche alle enormi differenze di rose con cui Inter e Fiorentina iniziavano le rispettive stagioni, oltre che ai diversi obiettivi. Ma, guardando la classifica di questa Serie A, la squadra di Palladino può arrivare al match coi nerazzurri sapendo di non avere nulla da perdere, così come di poter far male a chiunque (come testimoniano le 7 vittorie consecutive in Serie A e il fatto che siano già cadute Milan, Roma e Lazio al Franchi). Se domenica la Fiorentina dovesse battere anche l’Inter…allora sarebbe ulteriormente legittimo pensare di poter ambire a qualcosa di inimmaginabile. In caso di successo, infatti, la formazione viola metterebbe a referto la vittoria consecutiva numero 8 in Serie A, cosa che è accaduta solamente una volta nella propria storia, con a seguire il match interno col Cagliari che potrebbe far aumentare ulteriormente la striscia. Non solo: sarebbe la quarta big sconfitta su cinque affrontate e segnerebbe un punto di svolta. Vorrebbe dire che: ‘la Fiorentina è ufficialmente in lotta per il terzo Scudetto’, cit.

Tabù Inter. Al Franchi niente vittorie dal 2017

Fiorentina a caccia dell'impresa

Dopo aver steso Roma, Lazio e Milan, la Fiorentina di Raffaele Palladino si appresta a ricevere l’Inter, quinta ‘big’ (oltre all’Atalanta, già affrontata con vittoria dei nerazzurri per 3-2) in calendario a cui faranno seguito la Juventus a fine dicembre e il Napoli a inizio gennaio. Quello del Franchi è un vero e proprio scontro diretto per la zona Champions, in teoria anche per il primo posto della Serie A, col Napoli che dista un solo punto per viola e nerazzurri. Al Franchi la Fiorentina non riesce a battere l’Inter dal 2017, coi nerazzurri che nelle ultime 9 partite giocate coi viola a Firenze hanno messo a referto 5 vittorie (di cui una ai supplementari in Coppa Italia) e 4 pareggi. Un’astinenza lunghissima, insomma, dovuta anche alle enormi differenze di rose con cui Inter e Fiorentina iniziavano le rispettive stagioni, oltre che ai diversi obiettivi. Ma, guardando la classifica di questa Serie A, la squadra di Palladino può arrivare al match coi nerazzurri sapendo di non avere nulla da perdere, così come di poter far male a chiunque (come testimoniano le 7 vittorie consecutive in Serie A e il fatto che siano già cadute Milan, Roma e Lazio al Franchi). Se domenica la Fiorentina dovesse battere anche l’Inter…allora sarebbe ulteriormente legittimo pensare di poter ambire a qualcosa di inimmaginabile. In caso di successo, infatti, la formazione viola metterebbe a referto la vittoria consecutiva numero 8 in Serie A, cosa che è accaduta solamente una volta nella propria storia, con a seguire il match interno col Cagliari che potrebbe far aumentare ulteriormente la striscia. Non solo: sarebbe la quarta big sconfitta su cinque affrontate. Guardando i dati l’Inter è la squadra più forte di questo campionato. E’ quella che spende di più, con oltre 140 milioni di monte ingaggi contro i 60 della Fiorentina. L’Inter in trasferta ha rimediato sin qui 4 vittorie e 2 pareggi in 6 gare, unica squadra assieme alla Juve ancora imbattuta fuori casa, con 15 gol fatti e 5 subiti. I nerazzurri in trasferta sono reduci dallo 0-5 inflitto all’Hellas, con 4 vittorie di fila lontano da San Siro. La viola in casa da 4 successi di fila.L’Inter ha messo a segno sin qui 31 gol, 2° dato del campionato, segnando in 13 partite su 13. La Fiorentina ne ha siglati 27, 4° dato, segnando in 11 partite su 13. L’Inter ha messo a referto fin qui 15.6 tiri di media a partita, 1° dato del campionato, la Fiorentina 13.7 8° dato. L’Inter ha una capacità realizzativa del 15%, la stessa della Fiorentina. 5 le reti segnate dall’Inter di testa, miglior dato della Serie A, 1 dalla Fiorentina. A segno per l’Inter sono andati fin qui 9 volte Thuram e 5 volte Lautaro, con 13 giocatori andati in rete almeno una volta, nessuno ha fatto meglio in A. Per i viola hanno segnato 9 gol Kean, 3 Gudmundsson, 2 Beltran, Adli, Cataldi, Colpani e Gosens, 1 Quarta, Bove, Parisi e Biraghi, con dunque 11 marcatori diversi. 14 i gol subiti dall’Inter, 5° difesa del campionato, con 6 gare su 13 chiuse senza gol al passivo, 3 volte in trasferta. Per la Fiorentina sono arrivati 10 gol al passivo, 3° difesa del torneo, con la porta gigliata rimasta inviolata in 6 partite su 13, ma con 11 tiri di media concessi agli avversari, 7 ne hanno concessi di meno. Fin qui tabù, numeri e dati. Poi ci sarà il campo a dirne di più.

Il bello di esser brutti

La Fiorentina vince senza esaltare. E arriva l’Inter

“Chi vuole divertirsi vada al circo”, diceva Max Allegri a chi gli contestava che la sua Juventus vincesse giocando male (aspetto che finché vinceva stava in piedi, quando poi ha smesso di vincere un po’ meno, ma tant’è). La Fiorentina di Raffaele Palladino ha ottenuto un altro successo non esaltando, forse neppure convincendo più di tanto, ma chi se ne importa. Col Pafos contavano i tre punti, come a Como, col Genoa, col Torino, col Verona e praticamente sempre. Obiettivo centrato, dunque, con un’altra vittoria che va a rimettere in piedi anche la situazione del girone di Conference League, in attesa dell’Inter. Ultimamente la Fiorentina non ha granché divertito, ma ha sempre vinto (tranne che a Nicosia). Quasi sempre di corto muso, badando al sodo, portando via da campi come quello di Como, Marassi e Torino il massimo col minimo sforzo. Anche grazie al cinismo del suo attacco e al muro della propria difesa, da intendere come tutti i difensori più De Gea. ‘Il bello di esser brutti’ è proprio questo. Perché quando la Fiorentina è andata a Lecce e ne ha fatti 6 o ne ha dati 5 alla Roma, ha dimostrato di saper vincere giocando alla grande e divertendo. Cosa che, a dir la verità, spesso era accaduta anche ad altre fiorentine del passato, con una differenza: quando c’era da vincere gare sporche, lì spesso mancava. Quest’anno, invece, vincere gare sporche è divenuta quasi una specialità della casa. Ed è così che i viola hanno steso Lazio, Milan e tante altre, riuscendo a portare a casa il bottino pieno anche quando non si metteva tutto in discesa (come con Lecce e Roma).Ecco, domenica arriva l’Inter al Franchi, in quello che a tutti gli effetti è definibile uno scontro diretto vista la situazione della classifica, coi viola e i nerazzurri a pari punti a meno 1 dal Napoli capolista. Scontro diretto per obiettivi inimmaginabili qualche settimana fa. Sarà una domenica da sogno. Chi tifa viola sta sognando. Non c’è nessuna voglia di svegliarsi. Ed è anche questo il bello di esser brutti, perché in pochi riescono a vincere essendo belli. Può capitare nella singola partita o per un periodo. Ma coloro che vincono i campionati o arrivano in zone altissime di classifica lo fanno alternando gare bellissime e giocate bene a tante altre un po’ meno belle, ma in cui arrivano comunque punti pesanti. E questo è il caso di questa Fiorentina. Sperando che i sogni di gloria proseguano ancora a lungo.

Dr. Jorko e Mr. Ikoné. In A sprecone, bomber in Europa

Oggi altra chance per il francese della Fiorentina

Chissà come si è alzato oggi Ikoné? La domanda è ormai divenuta un classico quando nell’undici di partenza, o a gara in corso, tocca a Jorko. Un tipico ‘strano caso del Dottor Jorko e Mr. Ikoné’, col francese che quando è in giornata può fare cose straordinarie, quando non lo è può fare ciofeche su ciofeche.Che non fosse un bomber di razza lo si era intuito sin dalle prime apparizioni in maglia viola. Lo dicevano anche i numeri a dire il vero, con le sue 213 presenze in Francia per sole 23 reti. In maglia viola è arrivato a 15 gol in 125 partite, confermando la scarsa vena realizzativa, passata da 1 gol ogni 9,2 presenze prima di arrivare alla Fiorentina a 1 gol ogni 8,3. Non proprio un killer sotto porta, insomma. Se si ripensa alle ultime uscite di Ikoné si ha immediatamente la fotografia di quello che è il francese. Dopo aver messo dentro 3 reti in Conference League, 2 al San Gallo e 1 all’APOEL, arriva la sfida di Como. Entra,  fa tutto bene nel saltare l’uomo, si porta la palla sul destro ma spara in curva. Poi riparte in contropiede, arriva a tu per tu con Audero, con Kean solo in mezzo all’area, poteva scegliere tra svariate opzioni tra cui saltare il portiere, servire il compagno e/o provare a calciare alzando il pallone per superare Audero. Ma alla fine calcia addosso al portiere. A volte aveva fatto pure peggio, come a Monza, quando scartò anche Di Gregorio ma poi, anziché metter dentro a porta vuota, traccheggiò per portarsela sul sinistro anziché appoggiare in porta di destro, con tiro respinto dal difensore dei brianzoli rientrato sulla linea. Poi, però, con l’Inter (prossima avversaria dei viola), vertice dell’aria, a destra, sinistro a giro ed eurogol al sette opposto. Senza dimenticare i ‘golassi’ al Cukaricki, al Napoli ed altri messi a segno di quei 15 sopra citati.Ecco, appunto, Dottor Jorko e Mr. Ikoné. Oggi per il francese dovrebbe esserci un’altra chance di partire dal 1’ contro i ciprioti del Pafos. Tra l’altro, in una competizione com’è la Conference League in cui svetta nei piani alti della classifica cannonieri. Se Ikoné dovesse trovare il gol anche oggi, infatti, potrebbe agguantare chi comanda la classifica marcatori della Conference, guidata da Pululu del Jagiellonia, Joao Felix e Nkunku del Chelsea a quota 4 reti. Poi arriva Jorko a 3 reti.Ecco, facciamo spoiler. Ore 20 circa, esce la formazione ufficiale della Fiorentina, gioca Jorko e la domanda viene da sé: “Chissà come si è alzato oggi Ikoné?”. Molto dipenderà proprio da questo.

Non svegliateci

La Fiorentina vola, domenica c’è l’Inter

L’incredibile filotto continua. La Fiorentina vince anche col Como, mette a referto il settimo successo consecutivo e resta in scia del Napoli capolista. Un sogno, da cui nessuno vuole svegliarsi. Domenica arriva l’Inter a Firenze in quella che è a tutti gli effetti una sfida da ‘Scudetto’. Toccate pure quello che volete. 13 giornate saranno anche poche per capire dove potrà arrivare questa Fiorentina, ma le premesse per sognare sembrano esserci tutte. D’altronde De Gea continua a fare miracoli, Kean a buttarla dentro al primo tiro, mentre quasi tutti gli altri continuano a fare prestazioni eccellenti con estrema naturalezza. Bove, ad esempio, nella giornata in cui non è apparso al meglio dal punto di vista tecnico, ci ha messo tutto quello aveva recuperando palloni qua e là; Adli ha sparato in porta un missile che ha sbloccato la partita e ha dato un cioccolatino a Sottil sul gol dello 0-2; lo stesso Sottil è entrato e ha fatto assist;  Comuzzo e Ranieri non stanno sbagliando nulla; Dodo vola, e anche se fa un errore come a Como la Fiorentina non lo paga; Colpani non sta incantando, ma se non incide davanti lo si ritrova spesso a recuperare palloni dietro; Beltran idem, con tanto di giocata sul gol di Adli etc etc. E poi c’è Gudmundsson. Già’, Albert, pronto a rientrare. E non è uno qualunque, ma il più pagato dell’estate e il giocatore (tecnicamente) forse più forte di questa rosa. Ecco perché è giusto sognare. Un sogno da cui nessuno si vuole svegliare. Dopo il Pafos giovedì (gara da vincere ma…risparmiando ogni goccia di sudore dei big in vista di domenica) arriverà l’Inter. In caso di altro successo…ognuno continui a suo piacimento.  

Como-Fiorentina, sfida tra i due Paperoni della A

I fratelli Hartono vs Commisso

52 miliardi di dollari per i fratelli Hartono, 8 per Rocco Commisso. Quella tra Como e Fiorentina sarà la sfida non solo tra i comaschi e i viola, non solo tra Cesc Fabregas e Raffaele Palladino, ma anche tra le due proprietà più ricche della Serie A. E per ricche intendiamo proprio ricche, che in confronto ‘una poltrona per due’, classico film di Natale, spostati proprio. Così per fare degli esempi, se volessero i fratelli Hartono potrebbero comprare 6,5 volte il patrimonio di Rocco Commisso. Qualcosa di incalcolabile e inimmaginabile per noi comuni mortali, ma che rende l’idea di quanto la proprietà del Como sia ricca, un patrimonio che Forbes ha stimato (ad agosto 2024) tra il 72° e il 76° posto nella speciale classifica degli uomini più ricchi al mondo. Gli Hartono vivono a Kudus in Indonesia, sono nati nel 1939 (Michael) e nel 1941 (Robert), e controllano un vero impero. Il loro papà acquistò un’ azienda di sigarette che negli anni '60 cambiò il proprio destino quando entrambi presero le redini. Sigarette Kretek, sigarette ai chiodi di garofano. Il loro patrimonio è diviso in modo quasi equo, hanno investito tanto e bene tra partecipazioni in banche indonesiane, centri commerciali oltre allo sport. La storia di Commisso, invece, è quella del classico self-made man, emigrato da bambino negli Usa, partito da zero e con le sue idee diventato chi è oggi. Di fronte, insomma, ci saranno i due ‘Paperoni’ della Serie A. E se siete già lì a fantasticare sul ‘cosa farei se avessi 50 mila, 50 milioni, 50 miliardi’…o in preda al mal di testa per capire quanti diamine siano quei quattrini, vi basti pensare che, se volessero, gli Hartono potrebbero comprare 10,5 volte tutta la Serie A, che viene stimata in un valore di 4,95 miliardi, Commisso quasi 2 volte. Vabè, soldi a parte, quella tra Como e Fiorentina è però anche la sfida delle ambizioni e degli investimenti mirati. Gli Hartono hanno investito, e tanto, soprattutto per la scalata alla massima serie. Basti pensare che a gennaio scorso, in B, tirarono fuori 5 milioni di euro per prendere Strefezza, cifra con cui molti club cadetti spendono per farci tutta la stagione. Quest’anno si sono presentati ai nastri di partenza della Serie A con un monte ingaggi lordo di 36 milioni, più del Bologna che fa la Champions, più di altre 10 società, il doppio del Lecce. Certo, Varane, uno degli innesti più noti dell’estate, si è rotto ancor prima di iniziare, finendo la sua esperienza che gli avrebbe portato 3 milioni di euro netti di ingaggio. Sergi Roberto ne prende 2 netti, Belotti 1,5, come Mazzitelli. Se il monte ingaggi lordo dei viola si aggira sui 61 milioni, fin qui la Fiorentina ha messo a referto dati tutti oltre il doppio dei comaschi. La classifica dice Fiorentina 25 e Como 10, i gol fatti dicono 25 Fiorentina e 13 Como, i gol subiti 10 Fiorentina e 23 Como. Domenica al Sinigaglia la squadra di Palladino cerca altri tre punti che la porterebbero al settimo successo consecutivo in Serie A. Nelle ultime 6 giornate, dunque, i viola hanno fatto 6 vittorie, il Como 0, per un parziale di 18 punti a 2. Vabè, abbiamo capito. Il gap tecnico è notevole, nonostante gli Hartono abbiano tanti di quei miliardi di dollari da non sapere come fare a spenderli. Il pronostico dice Fiorentina. E in caso di vittoria si aprirebbe una settimana non certo banale per i viola, con in programma il big match contro l’Inter.

Nessun limite né obiettivi. Solo orizzonti

Riparte il cammino della Fiorentina

Uno dei mantra di Vincenzo Italiano recitava ‘nessun limite, solo orizzonti’. Uno di quelli che ha contraddistinto l’estate della Fiorentina è stato ‘abbiamo forte ambizione’, anche quando le cose non sembravano andare nel modo migliore. Adesso che la squadra di Raffaele Palladino vola, tanto da essere diventata una seria candidata almeno alla zona Champions, il ritornello che risuona da tutte le interviste rilasciate dai protagonisti gigliati è quello di ‘non porsi limiti, neppure obiettivi’. Il senso è chiaro: fare il massimo, poi si vedrà. Gli orizzonti potrebbero essere speciali per questa Fiorentina. Entrare nell’Europa che conta potrebbe modificare introiti e status di un club che ha dimostrato sin qui di avere tutto per poter stare lassù. Momenti difficili ce ne saranno, per forza. Li hanno tutti, anche le corrazzate. Ma da qui a fine anno la Fiorentina disputerà 10 gare tra Serie A, Conference League e Coppa Italia. In un mese e poco più sapremo se questa squadra fin qui è andata oltre, in caso anche quanto lo ha fatto, oppure se l’orizzonte che attende i viola potrà portare con sé ambizioni, sogni e gioie. Si riparte da Como. I numeri parlano tutti in favore della Fiorentina. I viola sono reduci da 3 successi di fila in trasferta, fuori casa non incassano gol da quattro partite. Nelle ultime 6 giornate la squadra di Palladino ha messo in fila solo vittorie, ha il terzo miglior attacco della Serie A e la terza miglior difesa. Il Como ha la seconda peggior difesa, ha una capacità realizzativa del 7% contro il 14% della Fiorentina, che tradotto vuol dire spreca un sacco e pecca di cinismo. In casa i lariani sono reduci da un 1-5 con la Lazio, hanno subito 2 gol da Bologna e Verona e più in generale non hanno ancora chiuso una partita di questa Serie A con la propria porta inviolata. Insomma, sulla carta il segno 2 è quasi obbligatorio. Alla Fiorentina il compito di trasformarlo in pratica.

Quelli del dopo sosta

La Fiorentina riparte, qualcuno deve accelerare

T’immagini quello che potrebbe fare la Fiorentina con anche Gudmundsson e Pongracic? La domanda corre e ricorre nei pensieri di chi tifa viola e si sofferma a vedere la classifica con cui è iniziata questa sosta. In fondo, l’islandese e il croato sono stati tra i calciatori più pagati del calciomercato estivo fatto da Daniele Pradè, ma tra infortuni e problemi vari hanno visto il campo pochissimo.Gudmundsson per 234’ totali, con 3 gol all’attivo e tutti decisivi, Pongracic per 235’, con prestazioni tutte al limite dell’orribile tra cui l’espulsione rimediata a Parma. Ma quella era un’altra Fiorentina, mentre questa ha iniziato a diventare ciò che è oggi proprio grazie all’ingresso di Gudmundsson, all’intervallo di Fiorentina-Lazio, con un nuovo modulo e una sfilza di vittorie di fila che è arrivata a 6 considerando solo la Serie A, e comunque 7 nelle ultime 8 giornate. Il nuovo modulo, in teoria, potrebbe favorire proprio il rientro di Pongracic, che intanto si è rivisto, almeno in panchina, sia con la Fiorentina che con la Croazia e che, assieme all’islandese, sarà uno di ‘quelli del dopo sosta’.Di partite ce ne saranno una dietro l’altra fino a Natale, con 9 impegni ufficiali tra Serie A, Conference League e Coppa Italia prima di chiudere il 2024 affrontando anche la Juventus ed aprendo il nuovo anno giocando contro il Napoli il 4 gennaio. Riassumendo: 10 partite da qui al 31/12, quindi nei prossimi 42 giorni, 11 arrivando al 4/01, quindi nei prossimi 46 giorni. Spazio non ne mancherà. O meglio non ne mancherebbe. Se per Gudmundsson una soluzione si trova, che sia panchinare Beltran (cosa che comunque, visto il rendimento dell’argentino nelle ultime gare, già non sarebbe scontato), spostare Bove in mezzo e defilare a sinistra Albert o sperimentare altre varianti tattiche, per Pongracic il compito sarà più arduo. Dietro Comuzzo e Ranieri sono stati forti e continui, alzando un muro davanti a De Gea che ha contribuito assieme allo spagnolo a trasformare la difesa della Fiorentina da banda del buco com’era apparsa nelle prime partite della stagione a bunker nelle ultime. Il tutto dovendo già condividere il ruolo d’alternativa con Quarta e sapendo già che a gennaio arriverà Valentini. Insomma, pochissimi margini di errore.Tra ‘quelli del dopo sosta’ ci sono anche il rientrante Danilo Cataldi, uno degli intoccabili di Palladino che dovrebbe rientrare a disposizione dopo l’infortunio, ma anche chi non ha avuto particolari problemi fisici nelle ultime settimane, ma che dopo la sosta dovrà provare ad incidere di più, ovvero Colpani. Fin qui l’ex Monza ha avuto un paio di alti e diversi bassi. Sicuramente è cresciuto dal punto di vista fisico, ma adesso è chiamato a dare maggior qualità alle sue gare.Va da sé che in ‘quelli del dopo sosta’ ci siano i soliti noti, da Biraghi a Parisi passando per Kayode, Moreno, Ikoné, Mandragora, Kouame e tutti gli altri che fin qui hanno fatto chi malino, chi molto male, chi malissimo, chi qualcosa e chi nulla di che, ma almeno c’è stato. Poi ci sarebbe la speranza/necessità che Adli riesca a ritrovare brillantezza e continuità, che Bove ritorni al meglio dopo aver fatto un inizio di stagione da urlo, ma con la lingua di fuori, al pari di Gosens e altri come Dodo che hanno fatto benissimo ma che non si sono riposati quasi mai (chiamata col Brasile inclusa). Per Sottil ci sarà da confermare i buoni segnali intravisti nelle ultime gare, come per Beltran. Oltre all’augurio unanime di tutti: che Kean e De Gea continuino così (e il grosso sarebbe già quasi fatto).Tra una quarantina di giorni ne sapremo di più.

Il gennaio che verrà…

Commisso e gli investimenti nel mercato invernale

“Se l’operazione è buona, sono pronto a intervenire. Se dobbiamo fare uno sforzo lo faremo. Ma andiamo avanti un giorno alla volta. Siamo lì e vogliamo rimanerci e vorrei regalare a Firenze qualcosa che si ricorderanno per sempre”. Così ha detto Rocco Commisso poche ore fa a La Nazione a domanda sul mercato invernale. Parole importanti da parte del patron viola, attese e nel merito logiche. La Fiorentina è seconda in classifica, vola, con diverse pedine come Gudmundsson e Pongracic ancora tutte da scoprire che legittimano i sogni di gloria. In città c’è un entusiasmo dilagante che non si respirava da tempo, ed è giusto non spegnerlo. Poi, però, come da proverbio: ‘tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare’. Se la Fiorentina dovesse proseguire più o meno su questo trend fino all’apertura del calciomercato invernale, la formazione di Palladino potrebbe arrivare al 4 gennaio (data in cui sfiderà il Napoli) coi gradi di candidata allo Scudetto. E a quel punto… A quel punto il calciomercato invernale potrebbe essere il classico spartiacque che, ahinoi, spesso e volentieri ha spento i sogni di gloria di chi tifa Fiorentina. Molti ricordano ancora quel ritornello del ‘non ci faremo trovare impreparati’ di dellavalliana memoria, tra Mammana, Benalouane e un tracollo quasi inevitabile che fu più o meno lo stesso di quando arrivò Ficini con Cecchi Gori. L’anno scorso, invece, il compianto Joe Barone parlò di ‘frigo pieno’, tanto che arrivarono Belotti e Faraoni, e anche lì il tracollo fu inevitabile. Ecco, non vorremmo spegnerlo noi quell’entusiasmo di cui parlavamo in precedenza, anche perché le parole di Commisso lasciano intendere che la società sarebbe, in caso, pronta ad intervenire per alimentarlo. Cosa serve? Toccando ferro, ovvero augurando a Moise Kean e De Gea di continuare così, le priorità sono abbastanza note: un vice Kean, ovvero un calciatore che sia un centravanti, forte fisicamente, magari con esperienza e che abbia ben chiaro il compito da svolgere, ovvero giocare ogni tanto, un esterno offensivo che possa rappresentare un passo in avanti rispetto a Ikoné (e anche a Sottil) e un centrocampista visto che lì la Fiorentina è corta. Il resto potrebbe dipendere da eventuali uscite, tipo Biraghi, Parisi ed eventualmente un difensore centrale visto che arriverà anche Valentini. Il tutto, come noto, sapendo che gennaio non è mai un mercato semplice. Nel frattempo, però, parola al campo. 10 gare separano la Fiorentina dal 2 gennaio, 11 dal 4, con nel mezzo le sfide di Coppa Italia con l’Empoli e le tre gare che mancano a completare il girone di Conference League, oltre a vari scontri diretti in Serie A come con Inter, Bologna, Juventus e il Napoli. Quando inizierà il 2025 si vedrà dove sarà la Fiorentina. Sperando che sia dov’è adesso, ovviamente.

Tira più un discorso su Biraghi che un carro di buoi

Il contratto del capitano è in scadenza

Tira più un discorso su Biraghi che un carro di buoi. Potremmo riassumere così, rivisitando un proverbio popolare che in epoca di politacally correct è meglio non approfondire, ma nel senso della metafora ci siamo capiti. Neppure in una sosta in cui la Fiorentina è ad un punto dalla vetta della classifica, con alle porte una ripresa che vedrà la squadra di Palladino dover scendere in campo 9 volte fino a Natale, 10 fino al termine del 2024, c’è modo di evitare di parlare di CB3. “Bastava togliere Biraghi…” diranno quelli che non lo sopporta(va)no, “ma perché dovete avercela con Biraghi?” diranno quelli che non sopportano quelli che non lo sopportano, e la discussione è presto fatta. Basta guardare i social o ascoltare i messaggi che arrivano nei dopo partita per notare come il tema sia sempre caldo. D’altronde Gosens va come un treno, è di un’altra categoria c’è poco da fare. Da quando Biraghi è stato relegato ad alternativa del tedesco, inoltre, la Fiorentina viaggia a ritmi da Scudetto (è un dato di fatto), mentre quando gioca Biraghi la Fiorentina torna a faticare (altro dato di fatto, tipo in Conference). Mettici poi che gennaio si avvicina, che il suo procuratore ha già fatto intendere che le cose non stanno funzionando, né per lui né per Parisi, per cui a gennaio si vedrà il da farsi, ma ecco che spunta un’offerta di rinnovo da parte della dirigenza viola per cui il dibattito si è riacceso immediatamente. Poco da fare, non se ne uscirà forse mai da questa diatriba. Intanto, in attesa di ulteriori novità, la scadenza di contratto di Biraghi resta fissata a giugno 2025. Per cui, salvo ufficialità di rinnovo, il tema continuerà ad essere sollevato da coloro che dicono “bastava togliere Biraghi…” e quelli che risponderanno “ma perché dovete avercela con Biraghi?” etc etc. Tira più di un carro di buoi, c’è poco da fare.

La quiete prima della tempesta

Raffica di gare per la Fiorentina all’orizzonte

Tra una gara delle Nazionali e l’altra, sperando che tutti i calciatori della Fiorentina tornino a casa salvi, ma soprattutto sani, visto che col ko di Richardson col suo Marocco avremmo già dato, il conto alla rovescia verso la ripartenza delle ostilità continua. E sarà un gran bel ripartire. Non solo Serie A e Conference attendono la formazione di Raffaele Palladino, ma anche il debutto in Coppa Italia col derby con l’Empoli e tre gare di Conference League, un poker di sfide che sanciranno se, come e quanti saranno gli impegni stagionali della Fiorentina oltre al campionato. Da qui a Natale saranno ben 9 le sfide in programma, 11 se si estende il computo alla partita col Napoli in calendario il 4 gennaio 2025. La ripartenza delle sfide ufficiali sarà a Como domenica 24, tra 8 giorni, e da lì non ci sarà più tempo per riposarsi. Già quattro giorni dopo la sfida coi comaschi, infatti, ci sarà il match interno di Conference League col Paphos, altra squadra cipriota che sarà l’occasione per riscattare il ko rimediato a Nicosia e rimettere in ordine la situazione del girone europeo. Quindi la sfida Scudetto, in teoria, con l’Inter al Franchi. Poi ancora in casa l’Empoli in Coppa Italia il 4 dicembre, e sempre al Franchi il Cagliari in Serie A e quindi gli austriaci del Lask Linz, sempre a Firenze il 12 dicembre per quella che sarà la quinta partita interna consecutiva. E visto come sta marciando la formazione di Raffaele Palladino tra le mura amiche…sarebbe un fattore da sfruttare. Sicuramente in Europa, dove l’obiettivo è fin troppo scontato: fare sei punti contro due avversari non certo irresistibili e andare poi a Guimaraes a gestire. In campionato, invece, l’obiettivo è il solito di sempre: fare il massimo e continuare ad alimentare una classifica che è bella, anzi bellissima, anzi splendida, anzi incredibile etc etc. Quella in Portogallo chiuderà la fase a gironi di Conference League, ed è in calendario il 19 dicembre prossimo, 4 giorni dopo il match col Bologna di Vincenzo Italiano, il 15 dicembre. A seguire ci saranno l’Udinese in casa il 23 e poi la sfida di Torino con la Juventus del 29, che completerà gli impegni del 2024, col 2025 che si aprirà il 4 gennaio col Napoli. Come detto 9 gare da qui a Natale, 11 fino alla sfida con gli azzurri di Antonio Conte. Chissà che quella del 4 gennaio coi partenopei non possa essere anche allora quello che sarebbe oggi, cioè una sfida per il primo posto della classifica. In tal senso, al netto di chi fa il pompiere e chi l’incendiario, val bene ricordare che fin qui non si è ancora visto Gudmundsson, in campo per meno di 250’ con comunque 3 gol già all’attivo (tutti decisivi), rientrerà Pongracic e si spera che Kean possa godere di buona salute. Lui, De Gea, Bove, Adli (magari superando gli acciacchi che ha avuto sin qui), Cataldi (prossimo al rientro), Gosens, Dodo e tutti gli altri che, chi più chi meno, stanno contribuendo ad alimentare un sogno tipico di quel senso di quiete prima della tempesta. Positiva, si spera.

Gli errori di ieri, da cui imparare per il domani

Si avvicina il mercato invernale, da sfruttare

Signori, si vola. La Fiorentina si gode questa sosta sognando. Cosa? Non si sa, ognuno sogni pure quello che vuole. D’altronde, il primo posto, davanti, dista un punto così come, dietro, è ad un punto il sesto. E nel caso in cui il recupero tra Bologna e Milan non finisse in parità, il settimo sarebbe a quattro. Perciò, come detto, ognuno si senta libero di ambire a ciò che ritiene più realistico. Di sicuro, dal dopo sosta a Natale ne sapremo di più.   CICLO. Non ci si annoierà di certo da qui all’arrivo di Babbo Natale. La Fiorentina ripartirà dalla trasferta col Como il 24, per inaugurare il filotto di partite interne che si aprirà col Paphos in Conference il 28, aspettando l’Inter il 1° dicembre, per poi sfidare ancora in casa l’Empoli in Coppa Italia mercoledì 4 dicembre e il Cagliari ancora al Franchi l’8 dicembre, quindi altra sfida interna con il Lask Linz del 12 dicembre. Quindi altre sfide di Serie A, con Bologna, Udinese e Juventus. Nel mezzo anche il Guimaraes in Conference. Poi sarà 2025, con la Fiorentina che affronterà subito il Napoli, il 4 gennaio. 9 partite fino a Natale, 11 arrivando al Napoli. Ci sarà da trottare, insomma.   PASSATO, PRESENTE E FUTURO. Inutile stare a rivangare il passato ma, semmai, potrebbe essere utile ‘imparare’ quello che esso ha rappresentato. Riferimento immediato al mercato invernale. Da Benalouane con Sousa a Ficini negli anni di Cecchi Gori, fino al mercato di un anno fa, quando la Fiorentina di Italiano era quarta in classifica, con la già allora concreta possibilità che via Serie A andassero in Champions League cinque squadre, ma che l’allora dirigenza non sfruttò. Servivano esterni d’attacco, arrivò un centravanti, uno di quelli che potevano fare qualcosa, ma che difficilmente avrebbero fatto la differenza, come Belotti. Senza dimenticare Faraoni, quando lì c’erano un Kayode rivelazione della Serie A (tutt’altra cosa rispetto a quello di oggi) e il rientrante Dodo. Detto ciò, al netto che altri anni sia andata pure peggio, come quando i viola cedettero Vlahovic alla Juventus non percependo la possibilità di arrivare in Champions, adesso la Fiorentina arriverà a gennaio già sapendo bene cosa serve, o meglio cosa servirebbe. Poi starà alla dirigenza decidere di agire, di non farlo e/o di riuscire a farlo.   RITOCCHI. Serve come il pane un vice-Kean, da intendersi non come un calciatore che faccia quello fa Moise, impossibile, ma qualcuno che abbia le caratteristiche del centravanti, cosa che non hanno né Kouame né Beltran. Dietro la coperta sarà lunga, con l’arrivo di Valentini, mentre qualcuno potrebbe uscire, Biraghi e Parisi su tutti. Servirebbe un centrocampista che faccia rifiatare Adli, Cataldi e Bove, per quanto Richardson e Mandragora siano delle valide alternative. Ikoné e Sottil, in teoria, sarebbero le alternative di Gudmundsson e Colpani, magari su quello si potrebbe lavorare un po’. Soprattutto se la Fiorentina dovesse andare avanti in entrambe le coppe, per non arrivare col fiato corto e la super usura di qualche calciatore che già in questo tour de force ha mostrato segni di stanchezza (Gosens, Adli, Bove su tutti). Non sfruttare la finestra di mercato invernale, sempre che la Fiorentina continui a stare lassù in classifica, sarebbe delittuoso. L’occasione è ghiotta, ghiottissima, quasi unica. Non coglierla, di nuovo, sarebbe un autogol.

E vola vola si sa…sempre più in alto si va

La Fiorentina va ad un’altra sosta volando

La Fiorentina di Raffaele Palladino continua a volare. Se alla scorsa sosta per le Nazionali la squadra viola ci era arrivata battendo il Milan, stavolta ci arriva dopo aver messo a referto 6 vittorie consecutive in Serie A e con una classifica da guardare, riguardare e ammirare. Da qui al 24, quando i viola torneranno in campo contro il Como, la graduatoria non cambierà e sarà lecito se non legittimo sognare quello che più si vuole per chi tifa Fiorentina. Stavolta, rispetto ad un anno fa, ci sono anche ben più concrete speranze che i sogni di gloria non si tramutino in un disastroso cammino a rilento in cui gli altri avanzano e la Fiorentina arretra. Il perché è dato dai fatti: se De Gea e Kean dovessero continuare così, magari con qualche logica pausa, questa Fiorentina può arrivare ovunque. In fondo il calcio è semplice, mettici un portiere che para e un centravanti che segna e il gioco è fatto. O meglio, non del tutto, ma il grosso sì. A tutto ciò andrebbe unita una solida coppia difensiva, un centrocampo che gira e qualcuno che trovi il modo di mettere la punta in condizioni di segnare. E tutto ciò, adesso, c’è. Senza dimenticare che ancora non si è praticamente visto Gudmundsson. Ecco perché le condizioni per sognare in grande ci sono tutte. La Fiorentina segna a raffica, col terzo miglior attacco del campionato e subisce pochissimo, con la terza miglior difesa del torneo. Kean è quasi una sentenza, De Gea è un muro. Uno fa gol, l’altro li evita. E il gioco è quasi fatto, giustappunto. La squadra di Palladino è diventata in grado di vincere contro le piccole, perché no con partite sporche, alternando a gare dominate con goleade, contro piccole ma anche contro le cosiddette grandi.  E vola vola si sa, sempre più in alto si va. Anche se più in alto di così sarebbe Scudetto. Forse un po’ difficile da pensarci, ma in questi 15 giorni di sosta ogni fantasia è lecita. A proposito dei sogni di gloria di cui sopra.

Missione chiara: vincere e risparmiare più big possibili

Per la Fiorentina è serata di Conference

Tra qualche ora sapremo l’undici di partenza con cui la Fiorentina affronterà l’Apoel  Nicosia in Conference League. Ma con grande probabilità, al netto di assenze e forfait, la formazione ufficiale di Palladino sarà piena zeppa di calciatori che fin qui hanno avuto meno spazio. Potrebbero essere al massimo un paio i ‘titolari’ che saranno chiamati a scendere in campo dal 1’ a Cipro, dove per titolari si intende quelli che dall’intervallo con la Lazio in poi hanno messo a referto un filotto di risultati utili da sballo, con 5 vittorie consecutive in Serie A e 7 di fila se si considerano anche le sfide di Conference League. Grazie a questo rendimento, soprattutto in campionato, gli orizzonti sono cambiati per la Fiorentina. Palladino e i protagonisti viola non lo diranno mai, ma la gara di domenica col Verona potrebbe mandare alla sosta la truppa gigliata a ridosso della prima in classifica, visto che nel weekend di Serie A c’è in programma anche lo scontro diretto tra Inter e Napoli. Battendo l’Hellas al Franchi, dunque, in caso di segno X tra nerazzurri e partenopei…Giusto pensarci, magari non troppo, ma un pochino sì. Tornando alla gara di oggi coi ciprioti, val bene sottolineare come tutte le alternative, o comunque chi giocherà dal 1’, debba trasformarla in una serata da non sbagliare. Possibilmente da subito, magari indirizzando il match nella giusta direzione per evitare patemi d’animo e spreco di energie, mentali e fisiche, oltre che di dover ricorrere a qualche ‘big’ per raddrizzarla. Evitare, in pratica, tutto ciò che è accaduto nelle due sfide giocate fin qui nel girone. Sia coi modestissimi gallesi del The New Saints che coi modesti svizzeri del San Gallo, infatti, la Fiorentina è riuscita a vincere giocando soprattutto la ripresa. In Svizzera chiuse addirittura sotto al 45’, trovando poi la goleada nel secondo tempo, mentre col TNS chiuse 0-0 all’intervallo. In entrambi i casi Palladino aveva fatto ampio ricorso al turnover negli undici di partenza, dovendo metter dentro alcuni big nei secondi tempi. Sicuramente oggi non giocheranno Kean e Cataldi rimasti a Firenze, con la speranza che il centravanti torni a guidare l’attacco viola domenica col Verona, ma oltre ad essere una grande occasione per i vari Quarta, Kayode, Moreno, Biraghi, Parisi, Kouame, Sottil, Ikoné, Pongracic e chi per loro, quella con l’Apoel è anche una grande occasione per la Fiorentina tutta. La missione è chiara: vincere a Cipro, sprecare meno energie possibili e arrivare al meglio alla gara col Verona di domenica. In pratica, servirà che tutti coloro che saranno schierati dal 1’ diano qualcosa in più rispetto alle due partite con TNS e San Gallo, dove i ‘big’ sono stati risparmiati solamente in parte, dovendo disputare delle riprese importanti per rimediare a primi tempi scialbi o sciagurati. Cosa, stavolta, da evitare assolutamente.

Alla scoperta dell’Apoel. Sulla carta non c’è partita

La rosa dei viola vale 17 volte quella dei ciprioti

Sulla carta non c’è confronto tra l’Apoel Nicosia e la Fiorentina. Poi, però, c’è il campo, dove spesso la carta non ha cantato.Non serve andare troppo in là nel tempo per averne la riprova. Basta tornare indietro di qualche settimana, dal primo tempo coi gallesi del The New Saints al doppio incrocio con gli ungheresi del Puskas Academy, fino al sofferto primo tempo col San Gallo. E quelli dotati di maggiore memoria sicuramente avranno già pensato alle sfide coi lettoni dell’RFS Riga, al Basaksehir e ad altri avversari che sulla carta parevano essere più che abbordabili, giustappunto, ma che poi hanno dato filo da torcere alla Fiorentina e, qualcuno, anche qualche mazzata. Come a dire, mi raccomando, guai a sottovalutare troppo l’avversario, sia dal punto di vista mentale e psicologico, che attraverso un eccessivo turnover.Certo, a differenza di altre sfide di Conference League, in questo momento la Fiorentina si trova in zone di classifica in Serie A che inducono a sognare. Perciò, a maggior ragione, tenere a riposo più di qualche big a Cipro potrebbe essere un’idea.Cipro, dicevamo, dove in occasione dell’incontro coi viola di giovedì l’Apoel Nicosia festeggerà 98 anni di storia. Lo farà in uno stadio che si prospetta tutto esaurito: il Neo Gsp Stadium, impianto da 22mila spettatori in cui non saranno presenti tifosi viola a causa della squalifica della Uefa, sarà vestito a festa per una gara che per la Fiorentina mette in palio il pass per l’ottavo successo di fila tra campionato e coppe e il primato del girone di Conference. Per loro, però, conterà paradossalmente di più. Perché dopo aver cambiato allenatore, l’Apoel è ad 1 solo punto nella classifica europea, rimediato in due gare contro gli irlandesi dello Shamrock Rovers e in bosniaci del Borac. In campionato, inoltre, sono già esimi, quarti in classifica, a 8 punti dal Pafos capolista, a sua volta tra i prossimi avversari della Fiorentina nel girone di Conference. Quindi, giovedì o mai più, per l’Apoel, che comunque l’anno aveva vinto il campionato cipriota e quest’anno, pronti via, aveva vinto la Supercoppa.  I gialloblù guidati dall’andaluso Manuel Jimenez, potranno contare sul pubblico delle grandi occasioni, ma su una rosa poteva di talento. Tra i pali, ad esempio, ci sarà quel Belec che ha militato per anni nell’Inter, salvo non giocare mai se non tre volte in Coppa Italia. Davanti c’è quel Luís Miguel Afonso Fernandes detto Pizzi, che ha più anni che nomi e cognomi, giunto ormai a 35 primavere, che anni fa segnava a raffica al Benfica. La stella, si fa per dire, è il trequartista tedesco Max Meyer, classe ’95 prelevato in estate dal Lucerna per 1,7 milioni, cifra record per un club cipriota. Per il resto una rosa composta da solo quattro calciatori ciprioti, per un valore complessivo stimato attorno ai 15 milioni. Per dare e avere dei riferimenti, l’Apoel vale in tutto 10 milioni meno del San Gallo e circa 5 in più del Puskas Academy mentre, sempre sulla carta, la Fiorentina ne vale 258 di milioni, quindi 17 volte tanto dei ciprioti.Poi, come detto, la carta in campo non ci va. Fiorentina avvisata, mezza salvata.

Occasione d’oro per i ‘panchinati’. Da sfruttare

Tra assenze e rotazioni giocheranno molte alternative

Vincere a Marassi col Genoa non sarà facile, ma neppure impossibile. Al netto delle assenze, alcune pesanti, la Fiorentina ha il dovere di provare ad allungare il filotto di successi consecutivi, arrivato a tre stando al solo campionato e cinque considerando pure la Conference. Le assenze di Kean e Gudmundsson pesano. Fin qui hanno messo a segno 7 dei 20 gol segnati in Serie A dai viola, con le loro giocate che ne hanno propiziati altrettanti. Verso il forfait anche Comuzzo e Cataldi, due pilastri della Fiorentina di Palladino che il tecnico non ha mai tolto da quando ha trovato la ‘retta via’. Potrebbe riposare anche uno tra Dodo e Gosens, così come non è certo di scendere in campo dal 1’ Colpani. Fin qui chi non c’è e chi potrebbe non esserci. Poi c’è la schiera di calciatori che stasera a Marassi dovranno rispondere presenti, per la classica occasione da non sprecare. Su tutti Christian Kouame, chiamato a prendere il posto di Moise Kean in attacco. Se per caratteristiche non c’è neanche paragone tra l’ivoriano e l’azzurro, la media gol è ancora più impietosa, visto che Kouame ha messo a referto solamente 10 reti da quando veste la maglia viola. Praticamente, tra tre gol, Kean lo avrà già superato in poche settimane. Ikoné è un altro che oggi non può sbagliare. Dopo tanti passaggi a vuoto, infatti, il francese si è ripreso gli applausi per un secondo tempo ottimo in Conference League col San Gallo. Ma una rondine, si sa, non fa primavera. Se dovesse toccare a lui a destra al posto di Colpani, serviranno conferme da parte del francese. Altrimenti sarebbe punto e a capo. Servirà un’altra prestazione importante da parte di Lucas Beltran, reduce da due prove convincenti tra la sfida di Lecce e quella con la Roma. Quarta è un altro elemento su cui sarà puntata la lente d’ingrandimento. Il difensore argentino, infatti, è stato protagonista di un avvio di stagione molto complicato, tanto da perdere il posto in favore del giovane Comuzzo, che in tandem con Ranieri è diventato un titolarissimo per Palladino. L’ex River, panchinato all’intervallo con la Lazio, anche quando è stato messo dentro in coppa ha continuato ad avere difficoltà, anche col San Gallo. Non tanto sotto porta, ma quanto in quello che sarebbe il suo mestiere: difendere. Se, come sembra, dovesse toccare a lui, a Marassi servirà una gran partita dietro. Anche Richardson sarà un osservato speciale del match col Genoa. Da quando Palladino si è affidato in mediana a Cataldi, Adli e Bove, per quanto l’ex Roma agisca più sulla sinistra che in mezzo al campo, la Fiorentina ha svoltato. L’ex Reims, invece, ha fatto intravedere qualcosa, ma ha trovato meno spazio. Oggi, anche per lui potrebbe contare di più. Poi ci sono i vari Biraghi e Kayode, col primo che è finito dietro a Gosens e sente il fiato sul collo di Parisi, mentre il giovane azzurro si è reso protagonista di un avvio di stagione difficile. Al contempo, invece, Dodo sta volando. Chissà che nello stadio in cui si rese autore di una prova stratosferica, all’esordio in Serie A, non possa toccare a Kayode. In caso, sarebbe d’uopo non sprecare la chance. Insomma, un’occasione per molti singoli, ma anche a livello collettivo. Oggi per la Fiorentina conta di più, perché vincere a Marassi col Genoa potrebbe alimentare sogni di gloria per una stagione che si metterebbe davvero bene.

Don’t stop me now

La Fiorentina cerca la quarta (sesta) di fila

Caccia al poker di vittorie di fila in Serie A per la Fiorentina. La squadra di Raffaele Palladino sta volando, a suon di successi, prestazioni e tanti gol. Se col Milan ci aveva messo del suo anche San De Gea, con Lecce, San Gallo e Roma sono arrivati 15 gol all’attivo e, eccezion fatta per il primo tempo in Svizzera, vittorie schiaccianti.Come dice il proverbio ‘non c’è due senza tre’, a cui spesso segue il ‘e il quattro vien da sé’. E’ proprio ciò che va inseguendo a Marassi la Fiorentina, reduce da tre vittorie di fila in campionato, andando a caccia della quarta come era successo solo 1 volta a Italiano nel triennio precedente, tra febbraio e marzo 2023, quando quella Fiorentina ne ottenne cinque di fila. Solo campionato eh, perché se si considerano tutte le competizioni Palladino è già a cinque consecutive, avendo vinto anche coi gallesi del Tns e col San Gallo, per cui in caso di vittoria col Genoa salirebbe a sei di fila.Don’t stop me now, dunque. Anche perché di fronte ci sarà un Genoa che pare essere sull’orlo del baratro, capace di fare un pareggio nelle ultime 5 di campionato in cui ha segnato 3 gol subendone 15, che in tutto ne ha segnati 7, secondo peggior dato del campionato, con la seconda peggior difesa del campionato, con 1 gara su 9 chiusa senza gol al passivo, mai in casa. Ma…attenzione, a Marassi il Genoa ha fermato sul pari la Roma, il Bologna e pure l’Inter. Quindi, occhio a non sottovalutare l’avversario. O meglio, non farlo troppo.La scalata alle zone dov’è adesso la Fiorentina passerà molto anche da queste partite qui. Perché se è vero che Palladino sta ricoprendo i panni dell’ammazzagrandi, con 3 vittorie su 4 scontri diretti con Roma, Milan e Lazio, è anche vero che i piazzamenti importanti in classifica si ottengono soprattutto battendo le squadre di rango inferiore. E non va dimenticato che, per quanto fossero le primissime giornate di campionato, la Fiorentina ha rimediato solo pareggi con Parma, Venezia, Monza e Empoli. Quindi: ok le vittorie inaspettate, ma contro squadre come il Genoa vanno messi a referto tre punti, come fatto a Lecce.Il calendario ne dirà di più anche sulla striscia di record che potrà mettere a referto Palladino. Come detto, in campionato sono tre le vittorie di fila ottenute dai viola, in tutto cinque. All’orizzonte ci sono Genoa e Torino e Apoel Nicosia fuori casa, poi il Verona in casa, la sosta, il Como fuori e il Paphos in casa, quindi arriverà l’Inter. Insomma, non tutto facile, ma neanche tutto impossibile. Soprattutto per come la Fiorentina adesso si sta esprimendo. A maggior ragione…’don’t stop me now’.

Cataldi, Bove, Adli: con loro in mezzo la Fiorentina vola

Da quando Adli, Bove e Cataldi giocano assieme c’è stata la svolta

Bene, bravi, bis! Anzi, tris! La Fiorentina si appresta ad andare a Marassi per affrontare il Genoa di Gilardino in cerca del poker di vittorie consecutive in Serie A, che vorrebbe anche dire sesta di fila considerando anche la Conference League. L’occasione è invitante, non solo per il livello dell’avversario, ma anche perché le vittorie in goleada con Lecce, Roma e anche San Gallo hanno dato risposte e segnali che fanno più che ben sperare. I 15 gol messi a referto dalla squadra di Palladino a fronte dei 3 incassati potrebbero parlare da soli, ma oltre alla prolificità dell’attacco viola ci sono tanti altri indicatori che inducono all’ottimismo. Al netto degli assenti, dietro la squadra viola ha fatto balzi da gigante, la mediana ancor di più. Sarà un caso, forse no. Da quando Palladino ha virato per un centrocampo in cui convivessero Adli, Bove e Cataldi contemporaneamente c’è stata la svolta. Insieme sono stati schierati per la prima volta dal 1’ col Milan, guarda caso, poi a Lecce e con la Roma. Percorso netto, dunque, con Richardson che ogni tanto ha fatto rifiatare uno dei tre, ad esempio a San Gallo, mentre Mandragora è stato ai box per infortunio. Sarà un caso, bis, ma dopo aver trovato la casella perfetta per Bove a sinistra, in questo ruolo un po’ fluido tra l’esterno, il mediano, il tornante (o uomo ovunque), con Adli a costruire assieme a Cataldi e Colpani a destra la Fiorentina ha iniziato a volare. L’ex Roma macina chilometri come un ossesso, ma guai a pensare che sia solo ‘un cane malato’ come lo definì Mourinho. Bove non fa solo quantità, ma ha nei piedi e nella testa anche tanta qualità. E lo si è visto con la Roma, tra rigore procurato e gol di pregevole fattura. Adli continua col suo essere apatico per lunghi tratti di partita, ma quando si accende inventa calcio, come a Lecce, con quel filtrante per Dodo che ha portato al rosso di Gallo che ha ricordato a molti come si giocasse al calcio prima dei tempi di Italiano, cioè in verticale. Fu lui stesso a dirlo in sede di presentazione, dichiarando di non essere interessato ad avere il 100% di accuratezza nei passaggi facendoli solo a pochi metri, in orizzontale. Meglio cercarne di più difficili, ma in verticale, cercando di propiziare azioni pericolose. E lo si è visto. Anzi, lo si vide subito, quando col Monza mise quel pallone dalla bandierina sulla testa di Gosens che volle dire 2-2. Poi c’è Cataldi, altro che ha avuto un impatto super con la Fiorentina. Prestazioni negative o sbagliate non se ne ricordano fin qui da parte dell’ex Lazio, che ci sia stato da costruire o interdire, con anche due reti a Lecce che male non hanno fatto, anzi. Intanto Mandragora è rientrato almeno tra i disponibili avendo giocato ieri con la Primavera. Sarà, ovviamente, da vedere quanto e se ne avrà già per giovedì. E poi c’è la soluzione Quarta, che nel finale di partita con la Roma Palladino ha utilizzato da centrocampista. Poi, come detto, c’è Richardson, apparso ancora un po’ acerbo, ma di cui si intravedono qualità e doti tutte ancora da scoprire. Insomma, la mediana va. Ora sì, guarda caso da quando giocano tutti e tre, quelli che la Roma, la Lazio e il Milan hanno considerato scarti, che la Fiorentina ha preso al volo e che adesso stanno facendo la differenza. Sperando che, già per giovedì, stiano tutti bene, ancora.

E vola vola si sa…sempre più in alto si va

La Fiorentina stende anche la Roma e vola in classifica

‘E vola vola si sa, sempre più in alto si va’…Quella canzone dei Ricchi e Poveri accompagnava spesso gli immediati post gara del Franchi negli anni in cui la Fiorentina volava in alto in classifica. Niente meglio di quel ritornello potrebbe spiegare cosa si respira in questo momento a Firenze. Dopo un inizio difficile in cui non funzionava quasi niente, proprio quando le cose sembravano vicine a precipitare, la Fiorentina si è trasformata. Quell’intervallo con la Lazio potrebbe essere la classica ‘sliding door’ che sconvolge il destino. In questo caso in positivo. Aver steso tre big in quattro incroci, segnato 15 gol nelle ultime tre partite, concesso poco e nulla a tutti, questa Fiorentina inizia davvero a volare. Piedi per terra, sì, sacrosanto. Ma gli indizi che la strada intrapresa dalla truppa viola sia quella giusta iniziano a moltiplicarsi e ripetersi con costanza. Dietro Comuzzo sembra Cannavaro, il tandem con Ranieri funziona a meraviglia, De Gea para anche gli spifferi; davanti Kean si sta confermando straordinario, sia nella difesa del pallone che sotto porta, oltre che nel fare sempre la cosa giusta anche quando si tratta nel mettere in moto i compagni. In una settimana Palladino è riuscito nell’impresa di far risorgere Beltran, Ikoné e Sottil, mentre il Dodo che stiamo vedendo viaggia ad un ritmo straordinario. La mediana ora gira, così come sta diventando prassi il cinismo di questa squadra che la butta dentro con grande facilità. Mancava la continuità, ora c’è anche quella. Insomma, c’è tutto per potersi divertire, ma anche per unire il dilettevole all’utile, ovvero fare risultati. E per quello che si era visto nelle primissime partite…non era certo scontato.  

Voglia di volare. Cercasi quinta di fila

Poker di successi per la Fiorentina. E domenica arriva la Roma

'La vertigine non è paura di cadere, ma voglia di volare', cit. La Fiorentina vista a San Gallo, soprattutto nel primo tempo, non avrà illuminato, ma stic---, come dicono a Roma. Ecco, appunto, perché se domenica contro i giallorossi dovessero arrivare altri tre punti, allora sì che ci sarebbe di che sognare. O almeno ben sperare, se si vuol mantenere cautela e non lasciarsi andare ai proverbiali voli pindarici. In fondo, potrebbe apparire ‘normale’ trovare la Fiorentina a 13 punti in classifica dopo 8 giornate di campionato e in testa al girone di Conference League con 2 vittorie su 2 gare. Palladino, fin qui, non sarà il tecnico che può vantare la miglior media punti della storia viola, ma stic--- (bis). Ogni stagione fa storia a sé, e visto l’andamento a rilento nelle zone che contano della classifica, quella coi giallorossi potrebbe essere un’altra sfida di quelle che valgono doppio. Tipo quella col Milan, per intendersi, mentre con la Lazio ha avuto un valore X, esponenziale, non tanto per la vittoria in sé ma per la svolta che quel secondo tempo ha dato al cammino dei viola. O meglio sembra aver dato, perché adesso viene il bello. Quattro vittorie di fila, per quanto rimediate contro il Milan, sì, ma anche con Tns, San Gallo e Lecce, lasciano di che ben sperare. Segnali di crescita e progressi ce ne sono stati tanti, con qualche lacuna e aspetto da migliorare, ma stic--- (tris). Per come ad un certo punto (neanche troppo lontano indietro nel tempo) si erano messe le cose , trovare la Fiorentina in questo stato fa specie. Va detto. Non c’è niente di male a dire che dopo le prime uscite ci fosse un po’ di preoccupazione. Bastava vedere la fatica che faceva quella squadra nel non subire, nel creare e nel…tutto. Poi, però, la virata. E adesso la strada imboccata sembra essere quella giusta. Se ‘poggio e buca fanno pari’, dunque, possiamo dire che adesso la Fiorentina è tornata in linea con quelle che erano le aspettative, perché il valore dei singoli era apparso subito essere importante, al netto dei problemi fisici con cui qualcuno è arrivato. Mancava l’identità, mancava la squadra, come ammesso dallo stesso Palladino qualche settimana fa. Adesso no, le cose vanno. Non in modo scintillante, perché comunque ci sono diversi aspetti che devono essere migliorati, ma vanno.   E se domenica dovesse arrivare la quinta di fila, allora sì che le vertigini potrebbero farsi sempre più forti.

Non c’è due senza tre. E il quattro vien da sé (?)

Fiorentina a caccia del quarto successo di fila

Dopo aver ingranato, per la Fiorentina è tempo di continuare col ritmo giusto. Col successo di Lecce ottenuto domenica scorsa, la squadra di Raffaele Palladino non solo ha centrato la prima vittoria esterna della stagione, arrivata dopo i pareggi (sofferti) di Parma, (soffertissimi) in Ungheria col Puskas Academy, (scialbo) con l’Empoli e il ko rimediato con l’Atalanta, ma ha anche trovato per la prima volta in stagione tre affermazioni consecutive tra Serie A e Europa. Non c'era riuscito neppure Vincenzo Italiano da inizio del 2024, nonostante fosse arrivato in Finale di Conference, semifinale di Coppa Italia e comunque avendo confermato l'ottavo posto in Serie A. Così, giusto per dare dei riferimenti. Certo, di mezzo, c'è stata la sfida ai 'temibili' gallesi del The New Saints, ma per come si era messa si è avuta l’ennesima riprova che in Europa ogni sfida racchiude mille insidie se non affrontata a dovere. Ecco, appunto, a dovere. E’ quello che la Fiorentina dovrà fare a San Gallo. Gli svizzeri non attraversano certamente il proprio momento di massimo splendore, visto il 6-2 rimediato in Belgio col Cercle Bruges, il sesto posto su dieci squadre occupato in campionato e la sensazione che quest’anno più di qualcosa non abbia funzionato nell’allestimento della rosa, ma giocare a San Gallo non è mai semplice, per nessuno. Certo, i riferimenti sono quelli che sono, perché trattasi comunque del campionato elvetico, ma basta ripensare al doppio confronto col Basilea di due stagioni fa per avvalorare la tesi. Basilea che, tra parentesi, è avanti solo di 2 punti al San Gallo in questo campionato ed ha vinto in casa proprio nel weekend 2-1 con gli avversari della Fiorentina in pieno recupero, che l’anno scorso arrivò a 10 punti dal San Gallo e a +2 sugli stessi due stagioni fa, cioè nel momento in cui mise in seria difficoltà quella Fiorentina. Altre squadre, altri tempi, altri allenatori, altro tutto. Ma se si guarda all’andamento nel campionato svizzero, il San Gallo ha rimediato 10 punti sui 14 totali ottenuti in 10 giornate in casa. Tra le mura amiche ha rimediato 3 vittorie, 1 pareggio e 1 ko, strapazzando la capolista Zurigo 4-1, 4-0 i campioni di Svizzera dello Young Boys, battendo il Grasshoppers 1-0, pareggiando 1-1 col Servette secondo in classifica. Ko, invece, 2-3 col Lucerna terzo in graduatoria. Nello scorso campionato chiusero la stagione (regolare e playoff) con 11 vittorie, 4 pareggi e 4 ko in casa, peggio solo dello Young Boys. Le due annate precedenti, invece, avevano visto il San Gallo perdere 8 volte in tutto tra le mura amiche su 36 incontri di campionato. Tutto questo giusto per ribadire che non sarà affatto una passeggiata di salute per i viola giovedì, come sembrava non doverlo essere col Lecce ma doveva esserlo col The New Saints e col Puskas. Ma…se la Fiorentina scenderà in campo con la testa giusta, la stessa evidenziata nelle ultime due gare con Milan e Lecce, allora sì. Magari non vincerà di nuovo 0-6 come al Via Del Mare, ma insomma, ci siamo capiti. Certo servirà che le ‘alternative’ diano qualcosa in più rispetto a quanto messo in campo in questo avvio di stagione. I vari Quarta, Sottil, Ikoné, Biraghi, Richardson, Beltran , Kayode, Parisi ma anche Kouame saranno chiamati a dare chi segnali, chi risposte. A San Gallo la Fiorentina deve uscire coi tre punti, magari senza troppi patemi e possibilmente senza infortuni, visti i ko a Lecce di Kean (comunque convocato) e soprattutto Gudmundsson. Vincere in Svizzera vorrebbe dire quarta vittoria consecutiva. Come si dice: ‘non c’è due senza tre. E il quattro vien da sé’.

Centrocampo che gira non si cambia (?)

La mediana viola ora funziona

L’artista Yacine Adli, l’uomo d’ordine Danilo Cataldi e il tuttofare Edoardo Bove. Tre giocatori che in mezzo al campo stanno facendo girare la Fiorentina, chi più avanti, chi un po’ più indietro, chi anche un po’ più largo, a sinistra, come l’ex Roma.  La mediana di Palladino adesso sembra funzionare, anche grazie alla versatilità del trittico di centrocampisti che fino a 24 ore dalla chiusura del mercato erano un assolo, perché c’era (da poco) solo Adli, mentre gli altri due prendevano la via dalla Capitale a Firenze. Una delle sfide di Raffaele Palladino è stata quella di farli convivere, senza dover scegliere ogni volta. E dire che in partenza c’è stato quasi sempre Amrabat, assieme a Mandragora, poi la virata. Prima uno dei tre più Mandragora, in tal senso fu Cataldi a giocare subito dal 1’ appena arrivato, col Monza, poi pian piano Bove e Cataldi fino a farli giocare tutti e tre assieme.  Così è stato col Milan prima della sosta, quando sono scesi in campo in contemporanea tutti e tre da titolari, con caratteristiche diverse e soprattutto compiti diversi.  Un ruolo particolare lo sta recitando Bove, un po’ trequartista, un pò mezzala e un po’ in mediana. Una pedina strategica che Palladino non toglie mai. E se all’inizio l’ex Roma veniva schierato più alto, da trequarti, come a Bergamo, pian piano il tecnico viola ne ha trovato la collocazione ideale. Adli, poi, sta agendo un po’ da regista un po’ da incursore, alla Bonaventura, con le prime due reti che hanno sbloccato le gare col Tns in Conference e quella col Milan che parlano da sole sulle qualità dell’ex rossonero.  Cataldi sta facendo da metronomo, con Palladino che gli ha dato le chiavi del centrocampo e lui ha sfruttato al massimo la fiducia, facendo bene anche con il Milan quando ha dato ordine alla manovra. Impossibile ora metterlo da parte. E come detto, tutti e tre assieme, sembrano funzionare davvero. Non ce ne voglia Mandragora, al quale auguriamo un pronto rientro, e neppure Richardson, altro centrocampista che ha lasciato intravedere buone doti e capacità, ma è molto probabile che anche a Lecce Palladino riparta dai suoi tre tenori, anzi tre motori, in mezzo al campo, della sua Fiorentina.  Poi, la prossima estate, sarà tempo di prendere decisioni, a meno che non scattino varie clausole. Tutti e tre, infatti, sono arrivati in prestito, chi con diritto semplice a 4 milioni come Cataldi e a 13 milioni per Adli, chi in prestito con diritto di riscatto fissato a 10.5 milioni che diventa obbligo in caso del 60% delle presenze per Bove.

Highlander Kouame. L’unico dei ‘vecchi’ davanti che gioca

L’unico superstite del vecchio attacco viola che gioca

Dei ‘vecchi’ calciatori offensivi che aveva a disposizione Vincenzo Italiano l’anno scorso, l’unico che sembra ancora poter dire la sua con la maglia della Fiorentina è Christian Kouame. Una sorta di Highlander, visto che i vari Sottil, Ikoné e Beltran continuano a fare panchine e a deludere quando chiamati in causa. Certo, Kouame non sta propriamente brillando, ma come diceva Italiano è quel classico soldatino che si sarebbe portato sempre con sé in guerra. Metafore infelici a parte, visti i tempi che corrono, miglior descrizione per l’ivoriano non potrebbe esserci: dove lo metti sta e qualcosa comunque fa, a differenza degli altri tre. E dire che l’estate con Palladino era iniziata con tutt’altri crismi. Kouame aveva un piede fuori dalla Fiorentina, con offerte da Germania e Spagna molto importanti, su tutte quella del Maiorca. La società viola aveva fatto valere l’opzione di rinnovo che aveva portato il suo ingaggio a 2 milioni netti, un po’ troppo per la qualità messa in campo da Kouame, come forse si è accorto anche lui stesso, tanto che questa è stata la settimana del suo rinnovo con ingaggio più basso e prolungamento della scadenza (e bravo Christian, ce ne fossero come te!). Nel frattempo, invece, pronti via Palladino aveva tessuto le lodi di Ricky Sottil, salvo poi relegarlo sempre più indietro nelle gerarchie, mentre Jorko si è relegato indietro da solo a suon di partitacce, nonostante Pradè avesse detto “Palladino si è innamorato di Ikoné”, frase che poteva apparire un po’ come una ‘supercazzola’ di Amici Miei, ma tant’è. Beltran, invece, è stato utilizzato da Palladino come vice Kean per tutta l’estate, provato lì, poi messo sottopunta, ma niente. L’argentino ‘nun ce la fa’. E poi c’è Kouame, che non sarà un bomber, non sarà un centravanti, non sarà un esterno d’attacco, non sarà un trequartista, non si sa cosa sia, ma che fin qui ha giocato 9 volte su 10 partite, 3 volte dal 1’ e 3 volte subentrando, per 466’ totali. Sottil è a 248’, con 3 gare da titolare, ma tutte in Conference, e tutte partite non proprio esaltanti, al netto del gol segnato al Puskas. In campionato, invece, Sottil non è mai partito dal 1’, con 58’ totali, 25’ nelle ultime 5 partite, con solo panchine con Monza, Lazio e Milan. Jorko di minuti ne ha fatti 285’, ma con oltre 180’ in coppa. Mai titolare in Serie A, meno di mezz’ora giocata in campionato nelle ultime tre. Beltran di minuti ne ha messi a referto 191’, titolare solo in Conference due volte (e tolto per disperazione) e col Monza (tolto per disperazione). Nelle ultime 4 di campionato ha giocato 19’. Come detto, fin qui, il Vikingo è stato una grossa delusione. E poi c’è Kouame, come detto, ridetto e ripetuto. Che non si sa bene cosa faccia, ma qualcosa fa sempre. Ad esempio saltare di testa sui rilanci di De Gea, o correre velocemente quando la Fiorentina riparte in contropiede. E che almeno c’è, dà segnali, fa. Gli altri, anche se ci sono, non si vedono. Anzi, purtroppo sì, ma in negativo. Toccando ferro, la speranza è che Kouame possa trovare tanto spazio ma in Conference o sempre a gara in corso, perché vorrebbe dire che Kean, Gudmundsson e Colpani stanno al top della forma. Ma intanto, soldatino Kouame c’è.

È la scelta definitiva? L’accendiamo?

Le decisioni forti di Palladino

Chi vuol esser Palladino? Per il tecnico della Fiorentina è arrivato il momento di continuare la scalata, sì, come nel gioco di chi vuol essere milionario. Dopo aver battuto Lazio e Milan, quindi due big, ma aver fatto fatica ad Empoli e pure coi gallesi del The New Saints nel mezzo a quelle stesse due vittorie, adesso è arrivato il momento di battere il Lecce, iniziare un tour de force di gare in cui dovrà anche essere bravo a gestire bene forze, energie e qualità sul doppio fronte. Lecce e San Gallo fuori, poi la Roma in casa, quindi tre trasferte di fila tra Genoa, Torino e APOEL Nicosia, prima del Verona al Franchi il 10 novembre. Una vera e propria raffica di sfide in cui, con grande probabilità, si deciderà il destino della Fiorentina. Serve, infatti, continuità a questa squadra. Sia per la classifica, ancora non esaltante ma comunque intrigante, che per il percorso di crescita che è stato contraddistinto fin qui di pochi alti e tanti bassi. Ed ecco che, dopo l’aiuto da casa, cioè gli acquisti fatti dalla dirigenza negli ultimi giorni di mercato, quello del pubblico, con una forte pressione mediatica e dei tifosi che sicuramente non avrà influenzato un allenatore di Serie A come Palladino ma, magari, lo ha indotto a pensarci bene e cambiare modulo, adesso la scalata al milione è pronta a iniziare. Rimane soltanto l’aiuto del cinquanta e cinquanta, che toglie due opzioni sbagliate. E proiettandole sul caso Fiorentina si può ben intuire cosa possa essere, ovvero la scelta degli uomini a cui affidare la propria vittoria. Fin qui, Palladino è partito in un modo, perché quello aveva nelle corde e negli uomini a disposizione, ma lo ha cambiato solo cammin facendo quando ha fatto anche scelte forti. Fuori Biraghi, il capitano, dentro al suo posto Gosens, che magari a quattro potrà risultare un po’ sprecato, ma tant’è. Fuori Quarta dietro, dentro il giovane Comuzzo. A destra fuori Kayode, ma quello perché Dodo in questo momento metterebbe a sedere molti terzini in Serie A, per quanto sia teoricamente un calciatore per cui la società ha rifiutato quasi 20 milioni in estate. Ha anche invertito le gerarchie dei portieri, relegando un titolare inamovibile degli ultimi anni come Terracciano a vice De Gea. Oddio, anche questa scelta, magari non sarà stata così difficile visto il rendimento che sta avendo lo spagnolo. Beltran fuori, dopo essere stato vice Kean o sottopunta in estate e soprattutto pagato quasi 25 milioni, Kouame alternativa, Parisi terza scelta a sinistra, Sottil e Ikoné…bhè, si sono messi fuori da soli. La mano di Palladino nella (parziale) svolta viola è stata evidente. Non solo per il passaggio alla difesa a 4, ma anche per certe ‘scelte forti’. Ma adesso, la fatidica domanda: Raffaele, è la tua risposta definitiva? L’accendiamo? Si va avanti così? Domenica a Lecce le risposte.

Ieri e oggi: Lecce vuol dire bivio

Cercasi conferme al Via del Mare

La gara di Lecce, soprattutto in Salento, è stata spesso un bivio per la Fiorentina.  L’anno scorso, con quei minuti finali senza senso, la tifoseria viola iniziò a manifestare un diffuso malumore per il trend che aveva intrapreso la Fiorentina di Italiano, in picchiata da inizio gennaio e capace di prendere due reti in pochi secondi senza nemmeno rendersene conto. E da lì in avanti, al netto del cammino europeo, la Fiorentina iniziò a dire addio ai sogni di gloria di qualificarsi per la Champions, obiettivo per cui era in lotta fino a pochi giorni prima. E come dimenticare quella in cui Martin Jorgensen la mise dentro mandando in Champions League la squadra di Cesare Prandelli? Tutt’altro obiettivi in palio in un altro Lecce-Fiorentina, quello famoso con Guerini in panchina, in cui la squadra viola si guadagnò con Cerci la salvezza dopo un’annata incredibilmente negativa, così come fu un bivio salvezza la partita del 2020 quando la squadra di Beppe Iachini espugnò il Via Del Mare 1-3 dando un colpo quasi decisivo verso la salvezza in un finale di stagione che poi concluse a metà graduatoria.  Là, dicevamo, ma anche qua. Perché quell’entrata killer di Tachtsidis su Ribery ce la ricordiamo ancora tutti. Quel grave infortunio che rimediò il francese fece della stagione del primo Commisso, che già non era iniziata nel migliore dei modi, un calvario che vide poche partite più tardi l’esonero di Montella, l’arrivo di Iachini e la salvezza sofferta di cui in precedenza.  Fin qui la storia. L’oggi, per fortuna, vede in Lecce-Fiorentina una gara che non dovrebbe rappresentare bivi particolari in termini di traguardi per la squadra di Raffaele Palladino, ma che a suo modo può indirizzare il cammino di una Fiorentina che sta bene, o meglio sembra star bene, e che appunto deve dimostrare di star bene. Insomma, andare a Lecce, fare prestazione e risultato. La continuità, concetto un po’ astratto ma anche molto concreto che si traduce in punti in classifica, sarà fondamentale. In pratica: dal Via Del Mare la squadra di Palladino dovrà venir via con buone indicazioni, dimostrando di essersi buttata alle spalle le difficoltà di gioco, identità e risultati che hanno contraddistinto l’avvio di stagione, ma anche gli intermezzi tra i successi con Lazio e Milan giocati in Conference con il Tns e l’Empoli. E insomma, tradotto: bivio Lecce per la Fiorentina, un po’ meno decisivo di altri, ma comunque rilevante.

Quelli che la sosta: cercasi Pongracic

Il difensore dovrà dare risposte dopo la sosta

Sosta che vai, calciatore che deve ritrovarsi che trovi. Se alla pausa per le Nazionali precedente, a dir la verità, era un po’ tutta la Fiorentina a doversi ritrovare, in questo mini ‘stint’ di partite si sono visti diversi miglioramenti, non totali se si pensa ad alcune prestazioni come Empoli e The New Saints, ma la percezione che la quadra sia stata finalmente trovata dopo la domenica vissuta col Milan c’è. Bene, bravi, bis! Anzi, tris, visto che alla serie di progressi va inserita anche la seconda frazione di gioco con la Lazio e il primo tempo di Bergamo con l’Atalanta. Ma poi…c’è tutta quella serie di calciatori che in questa sosta dovranno rimettersi in moto e tornare a livelli accettabili. Difficile immaginarsi che questa pausa per le Nazionali possa permettere a Ikoné e Sottil di diventare finalmente decisivi, ma mai dire mai. Chi invece in questo lasso di tempo dovrà ritrovarsi è Marin Pongracic. E non solo perché la Fiorentina per lui ha speso 15 milioni di euro, ma anche perché proprio nel momento in cui questa svolta è arrivata, o meglio, sembra essere arrivata perché forse forse ancora è presto per parlare di svolta, ma col passaggio alla difesa a quattro Pongracic dovrebbe tornare a suo agio. E tra l’altro, non sarà scontato, una volta rientrato, restare stabilmente nei due titolari, perché Comuzzo e Ranieri stanno dando ottime risposte. E anche con continuità, più o meno, visto qualche errore qua e là soprattutto del classe 1999. Ma insomma, ora c’è tutto affinché Pongracic rientri e dia il suo contributo. Hai visto mai che, come ha fatto adli col Milan, la legge dell’ex non possa permettere anche alla cabala di dare una mano alla causa.

Cataldi, Bove e Adli: ora sì (che prima no)

Il nuovo trittico in mediana convince

In 72 ore Yacine Adli non solo si è preso lo sfizio di buttarla dentro due volte, tra l’altro sbloccando entrambe le sfide con The New Saints e con il gol dell’ex al Milan, ma ha anche convinto sempre più che adesso, finalmente, la mediana della Fiorentina ha ufficialmente un senso, un bel senso. Adli a costruire, Cataldi al suo fianco e Bove a fare su e giù come un cane, no via malato è brutto, affamato, ecco, già meglio. Assieme a loro dentro anche Richardson, altro elemento che sembra essere dotato di buoni piedi, intelligenza calcistica e che presto potrebbe prendersi i gradi di titolare. A questo pacchetto va aggiunto anche Mandragora, per quanto ai box per infortunio, che non solo è l’unico superstite del vecchio centrocampo, ma è anche l’unico superstite del centrocampo con cui Palladino ha lavorato tutta l’estate e affrontato le primissime sfide stagionali, ovvero con Amrabat e Bianco, entrambi ceduti. Ecco, dunque, che quella col Milan segna la transizione definitiva dal vecchio al nuovo, tra l’altro con ottimi risultati, un bel 4 3 2 1 con tanta qualità in più data da Adli, geometrie da Cataldi e interdizione data da Bove. Ed ecco che i vari Duncan, Castrovilli, Maxime Lopez, Arthur, Barak e Infantino sono già un lontano ricordo, qualcuno più e altri meno piacevoli, mentre qualcuno di questi è già stato rimosso dai cassetti della memoria. E poi c’è Jack Bonaventura, che meriterebbe un capitolo a parte se non fosse che il tema su cui ci stiamo concentrando è legato a presente e futuro piuttosto che al passato. Ed ecco che Adli rispetto ad Arthur, magari avrà meno regia ma ha più gol nei piedi, più verticalità e soprattutto più costanza a livello fisico. Toccate scaramantiche a parte, infatti, Adli non ha mai trovato grande continuità al Milan ma non perché continuamente ai box per infortuni o acciacchi come il brasiliano. Cataldi e Bove, rispetto a tutto il resto del pacchetto mediano sono già sulla carta di un altro livello rispetto ad Alfredino Duncan, a cui vogliamo tutti più o meno bene, ma che non ha piedi e tecnica alla Iniesta. Il Maxime Lopez visto l’anno scorso a Firenze non sembrava già all’epoca quello che si era visto al Sassuolo, per cui anche di lui non se ne sente molto la mancanza, ecco. A Barak ci siamo un po’ tutti affezionati per alcuni gol in Conference, magari allo scadere o ai supplementari come a Basilea, ma dopo l’infortunio che lo costrinse a saltare tutta la scorsa preparazione non si è più avvicinato a buoni livelli, comunque sempre lontanissimi rispetto a quelli di Verona. Poi, come detto, c’è Bonaventura. Che a qualcuno mancherà, ad altri meno ed altri no. Ma comunque la si pensi su Jack, sulle voci di quel gennaio sulla Juve, sull’approdo all’Al Shabab e sui tira e molla per il rinnovo di contratto durato tutto l’anno scorso, sembrava già in fase calante da ormai diversi mesi. Per memo rivedersi i clamorosi gol sbagliati ad Atene in Finale di Conference. Castrovilli era mezzo rotto e ormai fuori dai piani a livello di rapporti col club, perciò è impossibile avere paragoni o fare paralleli. Ma come detto, il tema su cui ci stiamo concentrando è legato a presente e futuro piuttosto che al passato. E la serata col Milan di domenica scorsa potrebbe essere davvero quella della ‘storia’, non (sol)tanto perché De Gea ha parato due rigori o perché la Fiorentina ha battuto i rossoneri ed è risalita in classifica, ma anche perché il trittico di centrocampo Adli, Cataldi e Bove sembra essere un gran bel presente, con un sapore di futuro che si chiama Richardson. Più Mandragora, s’intende. Con buona pace di chi rimpiangeva Torreira, Arthur e chi ha ringraziato Amrabat per aver ‘fatto un favore’ alla Fiorentina scendendo in campo a inizio stagione (e invece sarebbe solamente il suo dovere), forse forse Palladino ha trovato davvero la quadra. Ah, giusto per ricordare un aspetto: Richardson è l’unico di proprietà, costato 10 milioni, gli altri sono in prestito con diritti o obblighi condizionati per rispettivamente 13 milioni Adli, 4 Cataldi e 11,5 Bove. Quindi, ecco, intanto pensiamo all’oggi, poi per il domani si vedrà.

Goleada al Tns e vittoria col Milan. Allora sì…

Cercasi segnali dalla Fiorentina di Palladino

Vincere divertendo coi gallesi del The New Saints giovedì e vincere domenica col Milan, o almeno fare una gran partita coi rossoneri. Non ha alternative la Fiorentina di Raffaele Palladino, reduce da un’altra domenica deludente come quella di Empoli e col sempre più concreto rischio che quanto visto sin qui sia davvero ciò che aspetta i tifosi viola per tutto l’anno. Fiducia, tempo e pazienza, sì, ma fino a quando e quanto? La mediocrità di prestazioni e risultati a cui si è assistito sin qui nelle prime 8 partite ufficiali di gestione Palladino non hanno ancora trovato la parola fine. I tre punti con la Lazio sono rimasti un lampo, a cui ha fatto seguito un altro pomeriggio di niente al Castellani. Si può essere soddisfatti di un pareggio a Empoli? E di non aver concesso granché alla squadra di D’Aversa? Punti di vista. E ok che anche altre ‘big’ stanno faticando, che la classifica è ancora corta e che il mercato ha portato in dote a Palladino i migliori calciatori solo sul finale di sessione estiva, con Gudmundsson che è arrivato infortunato, ma i segnali lanciati da questa squadra a livello di gioco, identità e risultati sono stati a dir poco sconfortanti. E da queste parti la mediocrità si sa, non piace granché.  C’è poi il pensiero societario, con Commisso, Ferrari e Pradè che più volte hanno espresso il concetto per cui questa squadra sia più forte di quella dell’anno scorso. Quindi, ora è arrivato il momento di dimostrarlo. Vincendo in goleada giovedì e riprendendosi un po’ di punti persi qua e là domenica col Milan. O almeno dando l’idea di aver trovato la retta via. Perché si può anche giocare male una partita, o due o tre. Ma la fortuna poi gira. E non ce ne vogliano i diretti interessati ma la Fiorentina sin qui ha raccolto forse anche più di quanto avrebbe meritato a livello di prestazioni. Ed il timore è proprio questo: che il cammino a cui questa squadra sia destinata sia proprio quello.

Riserve extralusso: 60 e più milioni da rivalutare

Beltran, Kayode, Parisi e Richardson. Tanti soldi spesi, pochi minuti giocati

Premessa: lo saprà Palladino cosa fare! Tuttavia, c’è una schiera di calciatori a disposizione della Fiorentina che sin qui non hanno trovato granché spazio e che tra Empoli, TNS in Conference e Milan nei prossimi 8 giorni potrebbero risultare utili alla causa viola. Qualcuno, tra l’altro, è stato anche pagato diversi milioni. Anzi, la particolarità sta anche in questo: chi è già di proprietà della Fiorentina sta trovando poco se non nessuno spazio mentre giocano altri giocatori che sono in prestito. E’ il caso di Lucas Beltran, pagato dalla Fiorentina 12,5 milioni di euro subito più 12,5 di bonus, ma che fin qui non ha trovato né spazio né ruolo. L’argentino preso dal River ha messo a referto 114’ in tre presenze, deludendo praticamente sempre. Richardson, invece, è stato pagato 10 milioni dal Brest, ed è l’unico dei centrocampisti arrivati a Firenze in estate che è stato acquistato subito, cash, mentre gli altri sono tutti stati presi in prestito con diritto (Adli, Cataldi e Bove). Ma dopo aver giocato un paio di partite, anche lui è pressoché sparito. Poi ci sono Kayode e Parisi, col primo che in estate poteva anche partire sponda Premier, con offerte vicine ai 20 milioni rifiutate dalla Fiorentina, mentre l’ex Empoli, pagato un anno fa 10 milioni, l’anno scorso non ha giocato granché perché chiuso da Biraghi, e quando lo ha fatto, a destra  o a sinistra, non ha propriamente rubato l’occhio. E adesso fa il vice di Gosens, e in caso pure di Biraghi se mai il capitano verrà rischierato a sinistra e non centrale. Insomma, 10 milioni che si possono tranquillamente già ad oggi essere definiti buttati (o quasi). Ecco, facendo due rapidi calcoli: 25 Beltran, 10 Richardson, 10 Parisi e circa 20 come valore di Kayode fanno oltre 60 milioni che non stanno giocando praticamente mai. Senza considerare i 15 spesi per Pongracic, che si  spera possa ritrovarsi. Un po’, tuttavia, fa specie pensare che per riscattare tutti i cartellini di chi sta giocando di più ad oggi (Gosens – 7 milioni, Colpani - 12+2 milioni, Gudmundsson - 17 + 3.5 milioni, Adli – 12 milioni, Bove – 10,5 milioni e Cataldi – 4 milioni) la Fiorentina dovrebbe spendere un altro sacco di quattrini (circa 70 milioni), ma poco male: lo saprà Palladino cosa fare! E ci sarà tempo per pensare a ciò. Adesso arriva un terzetto di gare in cui la Fiorentina deve fare punti e prestazioni, vincere e convincere, sicuramente a Empoli e giovedì col Tns in Conference, per poi arrivare alla gara col Milan con qualche consapevolezza in più e la certezza che il peggio sia ormai alle spalle. Per qualcuno di quelli che fin qui non ha trovato spazio, insomma, è il momento di farsi trovare pronto. E se non ora…quando?

Quanto è dura vincere in provincia

Fiorentina a caccia di tre punti con l’Empoli

Fossimo in un quiz, con 10 secondi a disposizione per rispondere, vi chiedessimo: qual è l’ultima vittoria della Fiorentina con l’Empoli? Così, countdown, clessidra in mano, si fa quasi fatica a ricordarsela. Negli ultimi incroci con gli azzurri di Corsi, infatti, spesso e volentieri la Fiorentina non è riuscita a far propria la gara, soprattutto al Castellani dove l’anno scorso arrivò un deludente pareggio per 1-1 dopo una prestazione sonnolente, un gol dal nulla tirato fuori dal cilindro di Beltran, e il solito errore difensivo con, a quel giro, il povero Faraoni che la combinò e da lì in poi non trovò praticamente più spazio. E dal settore ospiti non arrivarono certamente applausi, anzi, furono copiosi fischi e contestazioni per un momento in cui quella Fiorentina pareva andare come i gamberi sempre più all’indietro e più giù. Due anni fa fu un altro pareggio, con una partita orribile, 0-0, nei giorni in cui Italiano cambiava 9-10 giocatori alla volta per affrontare anche la Conference, e al Castellani non successe praticamente nulla. Tre anni fa, invece, vinse l’Empoli, in rimonta, dopo un gol di Vlahovic, con due scoppole in 5’ nel finale che ricordano molto quando accaduto a Bergamo pochi giorni fa. E allora quattro volte fa fu ancora sconfitta per la Fiorentina, segnò Farias, in un finale di campionato che portò la squadra allora di Montella e Della Valle a salvarsi all’ultimo tuffo come tutti ci ricordiamo. Ecco, dunque, che finalmente si arriva al segno 2 in schedina, con la vittoria per 0-4 del 2016, quando segnarono Ilicic e Bernardeschi. Altri tempi.  Ovviamente, almeno a Firenze, qualche volta ultimamente la Fiorentina è riuscita ad averla la meglio sull’Empoli, cosa che, però, non è stata così frequente. L’anno scorso fu ko, clamoroso, con la gara che arrivava dopo il successo pre sosta al Maradona sul Napoli e con l’Empoli ultimo in classifica. E niente, vinsero loro. 1-1 due stagioni fa, quando Cabral la riprese allo scadere e nel post gara si scatenò una importante contestazione alla dirigenza, col famoso screzio tra Joe Barone e un tifoso. La volta prima, invece, fu vittoria 1-0 con spizzata di Gonzalez su una punizione. Ecco, quella è anche l’unica vittoria della Fiorentina negli ultimi 7 incroci. Considerando gli ultimi 10, il bilancio parla di 3 vittorie Fiorentina, 3 pareggi e 4 vittorie Empoli. Ecco, solo per ricordare quanto vincere contro una squadra come l’Empoli che, solitamente prende chili di punti di distacco in classifica, nella gara secca non è che ultimamente sia stato così semplice per la Fiorentina, quantomeno scontato. Soprattutto là, tanto più che adesso gli azzurri volano sulle ali dell’entusiasmo per un avvio di stagione sorprendente, da imbattuti, reduci anche dal passaggio del turno in Coppa Italia col Torino per cui sarà di nuovo derby agli ottavi, e dopo aver fatto 3 punti con la Roma, 1 con la Juve, vinto a Cagliari 0-2, 0-0 col Monza e 1-1 a Bologna. Come a dire, se già a livello di campanile, di precedenti e cabala è spesso stato più duro del previsto per la Fiorentina aver la meglio dell’Empoli, a questo giro si annuncia come ancor più tosto del solito. Ma dalla formazione di Palladino, dopo la vittoria sulla Lazio, sono attesi progressi. Guai a sbagliare di nuovo.

‘Se e ma…’ Empoli, Tns e Milan: cercasi riprove

La Fiorentina di Palladino cerca risposte

Un detto popolare a Firenze dice: “i se e i ma sono il patrimonio dei bischeri”. Ecco, se la sfida con la Lazio fosse terminata al 45’, con quel risultato e per quello che si era visto sin lì sul campo, il clima attorno alla Fiorentina sarebbe stato di tutt’altro tenore rispetto a quello che, invece, ha regalato la Dea Eupalla. Miglior copione non poteva esserci, con l’uomo più atteso (Gudmundsson, ovviamente) che entra nel momento più difficile, fa due reti, ribalta la Lazio e regala ai viola e a Palladino la prima vittoria stagionale. Essendo andata com’è andata, ecco che molte delle dolenti note evidenziate dalla Fiorentina anche domenica sono passate in secondo piano, spazzate via da una ventata d’ottimismo e di speranza che l’aver trovato il primo successo di questo avvio di campionato e di stagione, in quel modo e quando serviva solo quello possa dare il là ad una serie di altri risultati utili che rimetta la Fiorentina in corsa per i traguardi che le spettano, o meglio le spetterebbero. Poi, quali essi siano, si vedrà. Ma già che la Fiorentina non sia entrata in un pericoloso tunnel, che inizi a intravedere un po’ di luce, è qualcosa. E ora sono attese le riprove. Empoli, Tns in Conference e Milan attendono la squadra di Palladino prima di andare ad un'altra sosta. Se si guarda la classifica, i tre punti arrivati con la Lazio sono ossigeno puro, perché molte delle competitors dei viola sono tutte lì. Basti pensare che Atalanta, Roma e Bologna hanno gli stessi punti della Fiorentina, mentre il Milan è davanti di 2 punti come l’Inter e la Lazio è a +1. Ovviamente, essendosi disputate solamente 5 giornate, la classifica è cortissima, con un +2 sulla zona retrocessione e un -2 dal sesto posto. Ma se la Fiorentina non avesse né vinto né pareggiato con la Lazio…ah giusto, ‘se e ma’. Le riprove, dicevamo. Sì perché dai fantasmi che aleggiavano sulla Fiorentina (e anche su Palladino) all’intervallo della gara con la Lazio si è passati ai facili entusiasmi, forse anche troppo facili, che necessiteranno di conferme già dalla partita con l’Empoli di domenica. Gli azzurri di D’Aversa stanno volando, sono imbattuti, hanno eliminato il Torino (che a sua volta è la capolista di Serie A) e come da tradizione, soprattutto quando incontrano la Fiorentina in casa, giocano la partita della vita. Tanto che al Castellani il segno 2 in schedina manca da 4 edizioni del derby, con due vittorie empolesi e 2 pareggi. Conferme che dovranno poi arrivare anche dalle gare con Tns in Conference e Milan. Solo in caso di ulteriori passi in avanti e segnali di crescita potrebbe essere possibile  sperare che davvero la Fiorentina abbia imboccato la strada giusta. ‘Se e ma’, ah giusto. Un altro detto a Firenze recita: “chi visse sperando morì c…ndo”, e ci siamo capiti. Ecco, nelle prossime tre gare la Fiorentina dovrà rendere quelle speranze basate su cose un po’ più concrete e non solo su illusioni che una vittoria, così, come quella di domenica, potrebbero aver dato. Se…ma…

Tempo, alibi e fiducia ma…

Palladino deve iniziare a vincere e far punti

Premesse: nessuno vuole cacciare prematuramente Raffaele Palladino; è giusto dare tempo ad un nuovo allenatore, che ha tanti alibi in questo avvio di stagione (dal mercato tardivo a tante difficoltà dei singoli); ci vuole fiducia nel lavoro; tutti (almeno coloro che hanno a cuore le sorti della Fiorentina) speriamo che con la Lazio domenica arrivino tre punti e risposte incoraggianti sotto l’aspetto del gioco. Poi c’è un ‘ma’ grosso come una casa: e se la Fiorentina dovesse perdere anche con la Lazio (con poi Empoli, Tns in Conference e Milan prima di un’altra sosta)? A poco servirebbe fare il conto di quanti punti servirebbero per…quanti ne farebbe se…etc etc. Quel giochino del tre punti oggi, uno domani, non ha molto senso visto come la Fiorentina ha già toppato le prime tre gare stagionali con Monza, Venezia in casa e Parma fuori dove neanche il più pessimista dei pessimisti si sarebbe potuto immaginare che la squadra di Palladino avrebbe racimolato solamente 3 punti. Come a dire, la Fiorentina è già indietro per com’è partita e deve andare a riprendersi quei punti persi con brianzoli e lagunari al Franchi nelle prossime tre sfide, perché in fondo a Bergamo ci sta di perdere. Quindi, domenica, sotto coi tre punti, di riffa o di raffa. Se questo non dovesse accadere, a quel punto sarebbe da valutare la prestazione, eventuali progressi o regressi e andare poi ad Empoli davvero come un dentro o fuori in attesa del Milan. E aggiungiamo a tutto ciò un altro aspetto: fin qui non solo la Fiorentina ha fatto pochi punti e non ha mai vinto, non solo lo ha fatto sfidando il Puskas Akademy, il Venezia e il Monza in casa, ma non ha neanche giocato se non nel primo tempo a Bergamo. Perché un conto è pareggiare perché prendi pali, traverse, sbagli rigori, domini e non concedi, un altro è non vincere non meritando quasi con nessuno dei modesti avversari  con cui i viola avevano giocato prima di Bergamo. Poi ci sono le statistiche e i precedenti, ricordate Iachini? Il buon Beppe venne esonerato alla settima giornata quando aveva 8 punti in classifica. Proiettandoci ad oggi, Palladino dovrebbe vincere due delle prossime tre gare con Lazio, Empoli e Milan per fare meglio di Iachini, oppure con una vittoria e due pareggi lo eguaglierebbe. E ripetiamo, venne esonerato. Mihajlovic, invece, venne esonerato alla decima giornata quando aveva fatto 12 punti, mentre Montella fu sollevato dall’incarico dopo 17 partite con la Fiorentina che aveva 17 punti. Tornando alle premesse, nessuno vuole cacciare Palladino, ma al tempo stesso non si può pensare che in caso di altri passi falsi con Lazio domenica, Empoli e Milan, senza vittorie, almeno una, la sua panchina possa dirsi così stabile. Vero, i casi sopracitati degli esoneri di Mihajlovic e Iachini arrivarono al secondo anno, cioè dopo che ad entrambi era già stato dato del tempo. Ma nella settimana in cui Daniele De Rossi è stato esonerato a Roma, in un weekend in cui Fonseca rischia già grosso al Milan essendoci il derby, ecco che il discorso del dare tempo potrebbe cadere in un classico ‘ore di riflessioni’. E lo ripetiamo, nessuno se lo augura, ma se la Fiorentina dovesse arrivare al termine della sfida col Milan, cioè alla settima giornata, con 4-5-6-7 punti in classifica e i soliti problemi dietro, di gioco e di identità, sarebbe il caso di guardarsi attorno. Ovviamente, lo ribadiamo, non ce lo auguriamo. Ma insomma, come diceva qualcuno ‘dobbiamo dircelo chiaramente, il rischio c’è’.  

Riecco ‘Castro’…Comunque vada è stato un peccato

Ritorno da ex per Castrovilli domenica

Per Gaetano Castrovilli domenica sarà la prima da ex contro la Fiorentina. L’ultima volta che scese in campo al Franchi era un Fiorentina-Monza qualunque,  coi viola alla ricerca di punti per qualificarsi nuovamente in Europa e Palladino sulla panchina dei brianzoli, proprio lui che adesso siede su quella viola su cui, però, ancora non ha trovato la prima gioia. Era il 13 maggio, pochi giorni dopo sarebbe arrivata anche l’ultima presenza assoluta in maglia viola, il 2 giugno a Bergamo, quando la Fiorentina vinse 3-2 pochi giorni dopo aver perso ad Atene dove Castrovilli non potette scendere in campo in quanto non inserito nella lista Uefa della Fiorentina. Curiosità: anche in questa sua nuova esperienza a Roma, Castro non è stato inserito nella lista europea dai laziali, con dunque tutte le fiches che il pugliese si dovrà giocare su Serie A e Coppa Italia. Altra curiosità, statistica in questo caso: quando Castrovilli è sceso in campo per almeno 1’ nella scorsa Serie A, la Fiorentina ha ottenuto 5 vittorie e 1 ko, a Verona, proprio quando segnò il suo ultimo gol in maglia gigliata, col 17 sulle spalle, perché il 10 gli era stato ‘tolto’ dopo la vicenda legata al rinnovo di contratto. Perché la 10 della Fiorentina non è una maglia qualunque, ha il suo valore simbolico e per quella querelle Castrovilli non venne ritenuto idoneo per indossarla. E infatti venne data a Nico Gonzalez. Poi sappiamo tutti com’è andata. E così per sdrammatizzare, almeno Castrovilli non è andato alla Juventus. Se sul modo con cui verranno accolti tutti quegli ex che hanno scelto Madama, ultimo su tutti l’argentino, non ci sono grandi dubbi, sul come verrà salutato il ritorno di Castrovilli domenica potrebbe esserci di che discutere. Certo la Lazio…non sta proprio granché simpatica al tifoso viola ‘medio’, e considerando il momento che sta vivendo la Fiorentina, che domenica non può far altro che vincere, diciamo che gli onori o gli oneri da riservare a Castrovilli possono tranquillamente finire in ultimo piano tra i pensieri dei supporters gigliati. Anche se, ci perdoneranno coloro che la pensano diversamente, quell’odio e quella cattiveria che circolavano su social e online nei giorni in cui Castrovilli non volle rinnovare il contratto con la Fiorentina ‘anche no!’. Che siate della corrente di pensiero per cui Castrovilli sia stato un ingrato a non voler accettare il rinnovo della Fiorentina che gli offriva un po’ meno di quello che guadagnava allora, per cui la Fiorentina lo ha aspettato mentre era rotto e lui? Oppure che siate della sponda opposta, per cui in fondo in fondo Castrovilli si è rotto tutto, piu’ volte giocando per la Fiorentina, la società poteva offrirgli il rinnovo quando era infortunato non quando era già rientrato, entrambe lecite, per carità, ciò che resta è l’amarezza percome la storia tra quel giovanotto arrivato dal Bari, che nel primo anno di Fiorentina sembrava davvero un calciatore fortissimo che un po' come Antognoni giocava a testa alta, con classe ed eleganza, che con la sorte ha avuto più di qualche screzio, sia finita. E che un giorno di metà settembre qualcuno si sia ritrovato qui a chiedersi: ma domenica, Castrovilli, come sarà accolto dai tifosi viola?

‘I 3 (e più) qui pro quo’ di un avvio in salita

Le contraddizioni in salsa viola d’inizio stagione

E’ passato solamente un mese dalla prima partita stagionale, ma per la Fiorentina quella di domenica con la Lazio ha tutto il sapore di svolta o ufficiale ingresso nel tunnel. Ok il cambio modulo, il cambio tecnico, il dare tempo, l’avere pazienza e gli alibi, ma quanto? Il magro bottino rimediato da Palladino parla di sei gare ufficiali fin qui, con due pareggi e una sofferenza inammissibile contro il Puskas Akademy, quattro gare di campionato con 0 vittorie e 3 punti. Il tutto da unirsi ai 10 gol subiti e ad una fase difensiva che fa acqua da molte, se non tutte, le parti. Ora arrivano Lazio in casa, Empoli fuori, Tns in coppa e Milan, quindi un’altra sosta. Dire che il tecnico della Fiorentina sia già a rischio sarebbe sbagliato e non corrispondente al pensiero societario, ma che da qui alla pausa Palladino si debba dare una mossa è fin troppo evidente. Altrimenti, se alla prossima sosta la Fiorentina fosse ancora nei bassifondi della graduatoria, la stagione potrebbe già essere segnata verso la mediocrità o addirittura sprofondare verso il pericolo. Niente allarmi, attenzione. Ma ora è il tempo di sbrigarsi e accelerare. Intanto, più passano giorni, settimane e partite, più alcune cose continuano a non tornare. E allora, ecco ‘i 3 (e più) qui pro quo’ di questo avvio di stagione in salita. 1-Kayode-Parisi-Beltran.  Come ammesso da Pradè in sala stampa, fosse stato per lui Kayode lo avrebbe pure venduto. Ma a che pro fare quella dichiarazione? Sarà un caso, ma se si guarda i valori di mercato l’esterno classe 2004 è il secondo calciatore più prezioso della rosa della Fiorentina, ma è anche il giocatore che ha giocato di meno fin qui. E malissimo, col Puskas, sbagliando di tutto. Ma non si può certo relegarlo a panchinaro fisso, visto il suo valore economico e le prospettive che ha avendo appena vent’anni. Poi c’è Parisi, con la Fiorentina che ha dapprima provato a prendere Kostic, poi alla fine ha preso Gosens, relegando l’ex Empoli al ruolo di spettatore che già aveva l’anno scorso quando lì ci giocava Biraghi. E menomale che Gosens ha avuto un super impatto, ma quei 10 milioni di euro che la Fiorentina aveva speso per prendere il campano dall’Empoli hanno sempre più il sapore dell’investimento già sbagliato. Sperando che anche la scelta su Kayode non si riveli un altro errore. Stesso discorso vale per Lucas Beltran, che non si sa dove possa giocare in questa Fiorentina. Vice Kean? No. In tandem o a supporto di Kean? No, perché ci sono già Gudmundsson e Colpani. 12,5 milioni più altrettanti di bonus e la stessa sensazione: il rischio è che anche questo investimento sia destinato a rivelarsi un flop. 2-Biraghi centrale e Pongracic. Possibile che Pongracic sia quello visto nelle prime uscite con la Fiorentina? Dalle parole di Pradè in sala stampa è emersa una certa sufficienza nell’acquisto del croato. Ok che sta all’allenatore tirare fuori il meglio dai propri calciatori, ma se Palladino aveva in mente di fare la difesa a tre e Pongracic non ha mai giocato a tre, al pari di tutti gli altri difensori della Fiorentina eccezion fatta per Moreno, che senso ha avuto tirar fuori tutti quei soldi? E ribaltando il concetto, se tutti i difensori hanno sempre giocato in difese a quattro, dopo aver evidenziato tante difficoltà in queste prime sei gare stagionali perché Palladino insiste sulla difesa a tre/cinque e non cambia? E in questo contesto si inserisce il ‘caso’ Biraghi. Quanto ancora si dovrà assistere al suo impiego come terzo di sinistra? E non ce ne voglia il capitano, ma che quello non sia il ruolo a lui più congeniale sembra ormai appurato. E ancora, se la Fiorentina ha investito 15 milioni su Pongracic, perché lasciarlo fuori dopo le prime difficoltà? A quel punto meglio insisterci, piuttosto che ri-schierare Biraghi centrale. 3-Le prime gare stagionali e la preparazione pesante. Sempre rifacendosi alla conferenza stampa del ds viola e alla luce delle difficoltà che sta avendo la Fiorentina, quell’aver sottovalutato le difficoltà delle prime sfide stagionali, playoff di Conference League compreso, risuonano come sempre più ‘gravi’. Che Parma, Monza, Venezia e Puskas potessero essere delle passeggiate di salute è un modo di pensare che può avere il tifoso, non un dirigente scafato che fa quello di mestiere. Aver procrastinato alcuni innesti in un reparto chiave come quello del centrocampo perché convinti di avere già abbastanza risorse per avere la meglio di quegli avversari è un qualcosa di difficilmente comprensibile. E’ stato forse dimenticato che Palladino è alla prima esperienza in una piazza importante e alla prima volta in Europa? Poteva esserci il rischio che pagasse lo scotto del doppio impegno, come fece anche Italiano nel primo anno di Conference, e che una falsa partenza avrebbe potuto complicare il proseguo del cammino. Cosa che poi, puntualmente, sta succedendo (sì, è facile dirlo dopo che è già successo, ma chi fa quello di mestiere dovrebbe essere bravo a calcolare tutto e a prevenire ogni tipo di scenario). In questo senso non va dimenticato che la Fiorentina ha svolto una preparazione pesante. Ma il rischio che tale aspetto potesse costarle l’accesso in Conference, visto che gli ungheresi andavano il doppio dei calciatori viola, qualcuno lo aveva calcolato? Poi ce ne potrebbero essere un’altra infinità di aspetti che poco tornano, o per niente, come il fatto che ancora ci si affidi a Ikoné, che Colpani non riesca ad avere più di un’ora di autonomia e che sia il lontano parente di quello visto a Monza, che dall’insistita costruzione dal basso si sia passati al ‘palla a Kean e speriamo succeda qualcosa’, etc etc etc. Attenzione, non dateci di disfattisti perché ci concentriamo solo sulle cose negative. Di aspetti positivi ce ne sono diversi, tipo Kean, Gosens e…e…bhè, poco altro, almeno fin qui. La speranza è che da domenica la Fiorentina svolti, che Gudmundsson faccia il suo esordio, metta dentro due-tre gol e che finalmente tutto quanto detto in precedenza si dissolva in un brutto ricordo, altrimenti le cose potrebbero iniziare a prendere una piega non buona…diciamo così.

La classifica piange. E menomale c'è Kean

Dove sarebbe la Fiorentina senza Kean e De Gea? Dove sarà in classifica alla prossima sosta

Ancora una volta la Fiorentina ha incassato 3 reti nel primo tempo. Nessuno, sin qui, in Serie A ha fatto peggio della squadra di Palladino. Il tutto aggravato dal fatto di aver disputato una delle più belle prime frazioni di gioco della gestione Palladino, che fino al 40’ vedeva la Fiorentina avanti 1-2 ma poi conclusa con due minuti di follia che hanno compromesso l’andamento del match. E così, in 2’, De Gea ha raccolto due palloni in fondo al sacco. Nella ripresa c’è stata quasi soltanto l’Atalanta in campo, con almeno 3-4 occasioni da gol clamorose. La reazione della Fiorentina all’uno/due subito prima dell’intervallo? Non pervenuta. E adesso, alla quarta giornata, la classifica piange per i viola, ancora a secco di successi e con 3 soli punti in classifica.  A Bergamo si salva solo Kean, in parte anche De Gea. Il primo è centravanti vero, combatte con tutti, tiene palloni facendo sponde, prendendosi falli e la butta pure dentro. Il secondo, per quanto forse potesse fare qualcosa di più sui gol dell’Atalanta, ha tenuto in partita la Fiorentina per tutto il secondo tempo. Le domande sono due: dove sarebbe oggi la Fiorentina senza i 4 gol di Kean? E senza le parate di De Gea sarebbe ancora in Europa? Non ci siamo, insomma. Ok la prima bella frazione di gioco disputata al cospetto di un’Atalanta che, comunque, nel primo tempo non era apparsa così scintillante, ma la ripresa è stata disarmante. Il sistema di gioco non convince, la fase difensiva ancora meno. I subentrati hanno completamente toppato la partita, da Ikoné a Sottil fino all’inserimento di Pongracic a 10’ dalla fine quando la Fiorentina doveva provare ad arrivare al pareggio, piuttosto che risistemarsi dietro. E invece…Ora arriva la Lazio, poi la trasferta di Empoli e quindi il Milan. L’altra domanda sorge spontanea: quanti punti avrà in classifica la Fiorentina alla prossima sosta? Se questo è il trend…

Si riparte. Ancora a tre dietro (e Biraghi centrale?)

Anche contro l’Atalanta dovrebbe giocare Biraghi dietro

Tra poche ore ricomincerà il campionato della Fiorentina e sarà subito crash test per i viola. Di fronte, infatti, ci sarà un’Atalanta che ritroverà il pubblico amico per la prima volta in stagione, in un Gewiss Stadium interamente aperto per la prima volta da quando erano iniziati i lavori di restyling e col bisogno di riprendersi i punti persi nei ko con Torino e Inter. Insomma, sarà una bolgia quella che dovrà fronteggiare la squadra di Palladino. A sua volta, il tecnico viola è chiamato a dare risposte. Non soltanto per i punti rimediati sin qui, pochi, solamente tre, nelle prime tre gare in cui a Fiorentina ha giocato con Parma, Venezia e Monza, ma soprattutto per gioco e identità. Un crash test soprattutto per la fase difensiva che, fin qui, ha fatto acqua (anzi acquissima) contro avversari modesti per non dire ridicoli come il Puskas. Ed è su questo che Palladino ha lavorato per ore ed ore in questa sosta, come detto dallo stesso Robin Gosens l’altro giorno in conferenza stampa. Non dovrebbe cambiare l’assetto difensivo, con tre calciatori davanti a De Gea, magari potrebbe essere infoltito il centrocampo con un giocatore in più. Vedremo…Anche con l’Atalanta, intanto, è nettamente favorito per una maglia dal 1’ Cristiano Biraghi come difensore centrale. E la speranza è che non vada come le ultime volte. Il tutto in attesa che Moreno si ambienti e che a gennaio arrivi Valentini. Oppure, come fatto intendere da Pradè poche ore fa, toccherà a Palladino cambiare modulo. In caso di altra brutta prestazione difensiva a Bergamo…i tempi potrebbero già essere maturi in tal senso.

Dal nulla a troppi. Cinque centrocampisti per due maglie

Ora Palladino ha abbondanza di scelte per la mediana

Finalmente la Fiorentina potrà presentarsi a Bergamo per la sfida contro l’Atalanta con abbondanza di risorse. Al netto di chi è rientrato dalle Nazionali, chi sta meglio e chi sta peggio, per Raffaele Palladino ci sarà ampia scelta in tutti i reparti, anche in mezzo al campo. Dopo aver lavorato tutta l’estate coi soli Mandragora e Bianco, aver quasi supplicato Sofyan Amrabat di rimanere a dare una mano per poter affrontare Parma, Puskas, Venezia e ancora Puskas, in vista della sfida col Gasp Palladino avrà addirittura l’imbarazzo della scelta sul chi schierare dal 1’ in mediana. Forse forse, con questo modulo e con la scelta di affidarsi a due soli centrocampisti, adesso sono pure in troppi visto che all’ultimo tuffo la dirigenza gigliata è andata a prendere Bove, Cataldi, Adli e in precedenza aveva preso anche Richardson. Assieme a loro, dopo aver salutato Amrabat e mandato a giocare Bianco, c’è anche l’unico superstite di un reparto che è stato interamente modificato, ovvero Mandragora. Cinque interpreti teoricamente tutti titolabili, con le loro differenti caratteristiche, ma per due maglie. A meno che Palladino non passi ad un centrocampo a tre cambiando modulo alla sua Fiorentina…chissà. Se la tempistica con cui erano arrivati i nuovi innesti poteva aver influito sulle scelte per la partita col Monza, con in quel caso il tandem Cataldi-Mandragora schierato da Palladino, adesso che i nuovi hanno avuto più giorni per lavorare col loro nuovo tecnico e per inserirsi nella loro nuova squadra, sarà curioso capire come l’ex allenatore del Monza deciderà le gerarchie per la mediana della sua Fiorentina. Il tutto, ovviamente, non dimenticando che di fronte ci sarà una delle squadre più forti della Serie A, che fin qui è partita non benissimo avendo fatto solo 3 punti in 3 gare e che, per la prima volta in stagione, giocherà in casa nel suo nuovo stadio ormai terminato. Come a dire, occhio, perché affrontare l’Atalanta si annuncia come tutt’altro che una passeggiata per una Fiorentina che, a sua volta, è chiamata a dare risposte ed evidenziare progressi dopo le prime 5 partite ufficiali in cui sono arrivati altrettanti pareggi e poco di positivo e/o convincente. Una delle chiavi sarà sicuramente da chi avrà il controllo della mediana, reparto chiave che sin qui nella Fiorentina è stato ingiudicabile per quanto detto sopra. Adesso, però, gli alibi saranno molti di meno, qualcosa di maggiormente indicativo è atteso anche da chi scenderà in campo a Bergamo, ecco, sì ma chi? A Palladino la patata bollente. Nelle scelte, ma soprattutto nel farle giuste.

Ora tocca a Palladino. Tabù prima vittoria e gare post sosta

La Fiorentina cerca il primo successo stagionale

E ora tocca a Palladino. Inutile nascondersi o girarci attorno, per il tecnico della Fiorentina l’asticella si alzerà notevolmente domenica a Bergamo. L’avversario è già di per sé di quelli di livello altissimo, un’Atalanta che a sua volta non è partita benissimo avendo fatto ‘solo’ tre punti nelle prime tre giornate, gli stessi della Fiorentina che, però, ha giocato due volte in casa con Monza e Venezia e una volta fuori, a Parma, mentre la Dea ha vinto a Lecce, perso con l’Inter e col Torino giocando sempre in trasferta. Domenica ci sarà la prima dell’Atalanta nel nuovo stadio, che poi è sempre lo stesso ma coi lavori di restyling sono terminati e dove ci sarà una bolgia. Detto tutto ciò, con l’aggiunta del fatto che la Fiorentina ha messo a referto cinque prestazioni decisamente rivedibili tra Serie A e Conference League e che, adesso, dovrà mostrare progressi e segnali di crescita, quella di domenica sarà una gara che porterà con sé anche le insidie dell’essere la prima partita del post-sosta per le Nazionali. Lo sa bene il suo predecessore sulla panchina viola Vincenzo Italiano, che quasi sempre faceva una fatica immensa nella partita immediatamente successiva alla pausa per le gare internazionali. 5 vittorie, 1 pareggio e 7 sconfitte è il bilancio delle partite post sosta della gestione Italiano. Anche Palladino al Monza, spesso e volentieri ha faticato nella prima post pausa, con un bilancio di 1 vittoria, 3 pareggi e 3 sconfitte in 7 partite. Logico che debbano essere considerati i diversi valori delle rispettive realtà e degli avversari affrontati, ma anche questo potrebbe essere un fattore da non sottovalutare per la gara col Gasp di domenica. Gara, tuttavia, in cui molti degli alibi che Palladino e la Fiorentina avevano avuto nel primo ciclo di gare (mercato aperto, nuovo modulo, nuova filosofia di gioco, preparazione pesante) svaniranno, con la necessità di iniziare a far vedere qualcosa di importante. Già dalla sfida del Gewiss Stadium di domenica si attendono risposte per una Fiorentina che, poi, sarà chiamata ad affrontare Lazio, Empoli, Tns e Milan prima di fermarsi nuovamente per le Nazionali. Mini ciclo in cui Palladino dovrà sfatare il doppio tabù del primo successo da allenatore della Fiorentina e delle gare del dopo sosta del campionato.

Là dove tutto funziona…Sperando che si invertano le gerarchie

Per la Fiorentina torna la sfida col ‘modello’ Atalanta

Fa specie dirlo, forse anche male, ma l’Atalanta è un modello a cui la Fiorentina ha il dovere di ispirarsi. E se fino a qualche mese fa, per quanto fosse comunque una magra consolazione, qualcuno poteva dire ‘eh, ma l’Atalanta cosa ha vinto?’, adesso non regge più neanche quello avendo i nerazzurri vinto l’Europa League.   Non ci sta simpatico Gasperini e neppure il tifo bergamasco, sia chiaro, entrambi troppo spesso oltre le righe in vari incroci con la Fiorentina (dal razzismo territoriale nei confronti di Commisso, Terracciano fino agli ululati verso Dalbert o ai cori ‘zingaro’ rivolti a Vlahovic oltre a svariati episodi antipatici del Gasp),ma quando qualcosa funziona è anche giusto trarne ispirazione. Da anni la Fiorentina ha dimostrato di essere più o meno al livello dell’Atalanta nella gara secca, spesso giocandosela e a volte anche vincendo, tanto che Italiano è stato a lungo la bestia nera di Gasperini. Non è mai stata a livelli siderali dall’Atalanta per spese o per valori, almeno ai nastri di partenza. Tante volte, infatti, è capitato che la Dea partisse con monte ingaggi inferiori a quelli elargiti da Commisso, peccato che i loro acquisti abbiano spesso (se non sempre) funzionato, e le loro cessioni abbiano portato valanghe di milioni reinvestiti per altri calciatori che hanno ri-funzionato e così via. A Firenze, invece, gli 80 milioni incassati per Vlahovic sono stati spesi per i vari Piatek (2 di ingaggio), Cabral (16 per il cartellino, poi rivenduto a 25), Jovic (5 milioni tra ingaggio e prestito), Belotti (2 di ingaggio e prestito), Nzola (14 milioni) e Beltran (25 milioni), fino  a Kean (18 milioni bonus compresi). E menomale che l’ultimo arrivato, almeno sin qui, sta dando la sensazione di poter far fare la differenza in attacco alla Fiorentina. Molti innesti, inoltre, non hanno funzionato, da Ikoné passando per Parisi, Christensen, Mandragora , sperando che anche Pongracic non finisca tra questi. Insomma, loro ne hanno sbagliate poche, se non pochissime, la Fiorentina molte, se non moltissime. Capire il perché ciò sia avvenuto spetterebbe a Commisso, noi al massimo potremmo avere la nostra idea. Il loro fatturato è cresciuto esponenzialmente grazie alle partecipazioni in Europa, non la Conference, ma quelle che portano decine di milioni di euro anche solo dal parteciparvi, mentre la Fiorentina ha incassato circa 40 milioni totali per le due avventure in Conference.  E poi c’è pure lo stadio, che loro hanno fatto e la Fiorentina non riesce a fare. Insomma mentre là funziona tutto, qui funziona qualcosa, ma c’è da migliorare. Sì perché quello che sta facendo da diversi anni l’Atalanta lo ha fatto prima la Fiorentina, mentre questa non riesce proprio a farlo. La speranza è che con l’estate andata or ora in archivio, la Fiorentina possa iniziare un percorso simile a quello dei bergamaschi. Dunque che gli innesti si rivelino essere più funzionali dei ceduti, che Palladino le azzecchi tutte e che la Fiorentina possa alzare al cielo un trofeo, che vorrebbe dire non fare (possibilmente mai più) la Conference League ma intanto l’Europa League, e darebbe il là ad un aumento di ricavi e quindi amplierebbe gli orizzonti ad oggi sempre fermi sul settimo/ottavo posto in Serie A.

Pagherò, ricavi e ambizioni. Come si fa a crescere?

“La Fiorentina è più forte dell’anno scorso” cit. Ora va visto sul campo

Altra intervista, altra corsa. Passano i mesi e gli anni ma la situazione della Fiorentina è più o meno sempre la stessa. Anche nell'ultimo intervento di Rocco Commisso alla Gazzetta, il nodo di come questo club possa fare a crescere resta centrale. Non aumentando i ricavi (che diminuiranno a causa del tema infrastrutture), la Fiorentina sembra destinata a rimanere nel suo ‘orticello’ dove staziona da tre anni, che comunque è il punto più alto della gestione Commisso: settimo/ottavo posto, sperando di vincere o la Coppa Italia o la Conference League. Il leitmotiv del ‘fare meglio dell’anno scorso’ che aveva contraddistinto gli obiettivi delle ultime due annate è stato sostituito dalla parola ‘ambizione’. Che poi, andando su un qualsiasi dizionario, vuol dire più o meno la stessa cosa (desiderio assiduo ed egocentrico di affermarsi e distinguersi - In senso positivo, desiderio legittimo di migliorare la propria posizione o di essere valutato secondo i propri meriti). La sensazione è che anche con la recente campagna acquisti la Fiorentina attenda di capire come e se sarà possibile provare a spiccare il volo, sempre mantenendo fede al tema della sostenibilità. Il saldo tra entrate e uscite è stato più o meno a zero, con una serie di operazioni portate avanti sulla base del prestito con diritto o obbligo di riscatto. Facendo due conti volanti, alla Fiorentina servirebbero 60 milioni di euro tra dodici mesi per riscattare tutti i giocatori che ha preso questa estate (Gosens, Adli, Cataldi, Gudmundsson, Bove e Colpani), tra diritti e obblighi a determinate condizioni. Come a dire: vediamo prima cosa facciamo, poi vedremo. Il problema è anche legato alle tante risorse economiche che nel corso di questi ultimi anni sono state buttate, tra calciatori che non hanno funzionato e altri che hanno fatto disastri. Fin qui nulla di nuovo. Riuscire ad inserirsi tra le solite note e l’Atalanta, dunque, resta la base di partenza anche per questa stagione per la Fiorentina. “La squadra è più forte dell’anno scorso”, ha detto Rocco Commisso. Aspetto che sulla carta può trovarci anche d’accordo, ma che dal dopo sosta la squadra dovrà dimostrare anche sul campo. Palladino in primis, chiamato a raccogliere l’eredità di un Italiano che, con tutti i suoi limiti e difetti, era riuscito da subito a dare un’identità alla sua Fiorentina, mentre l’attuale tecnico viola non è ancora riuscito a dare (come da lui stesso dichiarato). Da domenica, dunque, si attendono riprove, al netto del fatto che di fronte ci saranno Atalanta, Lazio, Empoli, Milan con anche il TNS in Conference League. Potrebbe apparire illogico aspettarsi 5 vittorie, ma sicuramente è auspicabile, se non obbligatorio, pretendere di vedere miglioramenti e progressi. Sperando, poi, che la Fiorentina possa fare quello scalino che in questi anni, tuttavia, non è mai riuscita a fare anche, se non soprattutto, per propri demeriti.

Sulla carta Fiorentina migliore. Ora parola al campo

La rosa sembra più forte. Dal post sosta serve la riprova il campo

Alzi la mano chi pensava che l’Italia avrebbe vinto con la Francia, prima del fischio d’inizio e/o 20 secondi dopo il calcio d’avvio. D’altronde, il bello del calcio è anche questo. La carta e l’esito del campo non sempre vanno di pari passo. Un po’ come voi fantacalcisti, più o meno accaniti che siate, che quando finisce l’asta pregustate già la vittoria esclamando “senti qua che squadrone!”, ma poi... Ecco, sì, sulla carta tutti fortissimi, tutti in testa, poi però c’è sempre il Borghese di turno che può confermare o ribaltare il risultato. Nel calcio quel fattore che può ribaltare il risultato/pronostico si chiama rettangolo verde. Basti pensare all’Inter di Moratti che, negli anni ’90, ogni estate pareva destinata a vincere tutto ma che poi, però, arrivava dopo i fuochi, o alla stessa Fiorentina di dodici mesi fa, quando la coppia Cabral/Jovic veniva sostituita con quella Nzola/Beltran e tutti pensavano/pensavamo che ci potesse essere di che ‘godere’. E invece sappiamo tutti com’è andata. Venendo all’oggi, come se il passato non ci avesse insegnato niente, anche a questo giro facciamo gli stessi pensieri: sulla carta questa Fiorentina... E quindi lo diciamo, sì, la rosa sulla carta sembra più forte. De Gea è cento volte meglio di Christensen, con Terracciano che è rimasto. Gudmundsson più Colpani con Kean sono un tridente migliore di Nico e gli altri che c’erano prima e che ci sono ancora adesso come Sottil, Ikoné, Kouame, Beltran etc. In mezzo al campo Bove, Adli, Cataldi e Richardson non sembrano essere troppo peggiori dell’Arthur a metà servizio avuto l’anno scorso assieme ai vari Duncan, Maxime Lopez, Bonaventura, con quest’ultimo scomparso per metà stagione. A sinistra c’è Gosens che è molto meglio di Parisi/Biraghi, e lo si è visto subito, dietro è cambiato solamente Milenkovic con Pongracic ed è arrivato Moreno. Dodo, inoltre, è al meglio da subito, mentre l’anno scorso saltò metà stagione. Poi però…a vedere le prime cinque gare stagionali, al netto dei mille alibi del caso, il campo ha detto che Pongracic è in grande difficoltà, che la difesa a tre non sta funzionando affatto, che Colpani non è ancora in grado di fare la differenza, che Gudmundsson non si è ancora visto e che la Fiorentina gioca malissimo. Vabé, ci vuole tempo. Ok, giusto, anzi sacrosanto. Ma dopo questa sosta, di cui metà è già filata via, la Fiorentina dovrà dare risposte decisamente differenti rispetto a quanto si è visto sin qui. Molti degli alibi svaniranno, per Palladino e per i calciatori stessi. Ora è il momento di cambiare passo, di mostrare qualcosa. Ok che di fronte ci sarà subito l’Atalanta, poi la Lazio, quindi l’Empoli e il Milan, ma in questo poker di gare la Fiorentina deve riprendersi ciò che ha lasciato con le tre avversarie affrontate in campionato sin qui. E questo deve essere solo l’inizio. Nessuno si aspetta 4 vittorie, ma tutti si attendono progressi e miglioramenti. Perché sulla carta questa Fiorentina sembra davvero migliore di quella dell’anno scorso e sicuramente in grado di fare cose decisamente migliori rispetto a quello che si è visto in queste prime 5 partite dell’anno. E stavolta, tornando al discorso di partenza, l’auspicio è che il Borghese di turno confermi il risultato, cioè che il campo confermi il sulla carta.

Barak, l’eroe di Basilea è ai saluti

Il ceco lascerà la Fiorentina

“Tutti in campo, ha segnato Barak al 129’, la Fiorentina vede Praga!” cit. Uno dei gol che hanno segnato la storia recente della Fiorentina è sicuramente quello di Antonin Barak nel ritorno della semifinale di Conference League contro il Basilea, in Svizzera, ai supplementari, che mandò a Praga la squadra di Vincenzo Italiano. Quel lampo, però, è stato uno degli ultimi momenti in cui il centrocampista ceco ha scaldato i cuori dei tifosi della Fiorentina, in mezzo a mille problemi e difficoltà, tanto dall’essere ormai prossimo all’addio, o arrivederci che sia, a seconda se il club turco dove approderà deciderà di riscattarlo o meno. Era il 18 maggio 2023, da quel giorno Barak ha messo a referto tre reti in Conference League e due in Serie A in due cinquine rifilate a Frosinone e Sassuolo. Ma soprattutto ha evidenziato enormi difficoltà a ritrovare passo, brillantezza e ad incidere. E dire che la Fiorentina lo aveva riscattato addirittura in anticipo rispetto ai tempi previsti, anche per dare un segnale di fiducia al giocatore che stava attraversando un momento difficile dovuto anche ad un serio problema fisico che lo aveva costretto un anno fa a saltare tutta la preparazione. Ma al netto dei ricordi e di un’emozione forte che il ceco ha regalato in quella serata di Basilea, che Barak non fosse più quel calciatore che a Verona nel 2021-22 mise a referto  11 gol e 4 assist lo si era intuito ormai da diverso tempo. Con l’arrivo di Palladino, nonostante l’utilizzo di due trequartisti a supporto della punta, Barak è stato quasi sempre schierato nel pre-stagione da centrocampista nei due, evidenziando di non avere passo e ritmo, né in fase di costruzione né tantomeno in quella di interdizione. Col Venezia venne schierato da Palladino nei due a supporto del centravanti, non toccando palla. E lì è apparso evidente come il suo percorso in maglia viola fosse già agli sgoccioli. Per lui si era parlato più volte di un forte interessamento della Lazio ma anche del Napoli, che però è caduto sempre nel vuoto. C’era l’Anderlecht, ma alla fine andrà in Turchia. Tutto da vedere se tornerà alla base, o meno. Certo è che anche su Barak restano grosse perplessità su come sia stato preso in prestito con obbligo di riscatto a 10 milioni più 2 di bonus, che venne riscattato prima dei tempi a cifre inferiori, ma comunque a quasi 8 milioni solamente nel gennaio 2023, quindi un anno e mezzo fa, e adesso sarà regalato. Bah, che dire, in bocca al lupo Tony. Quella serata e quel gol di Basilea, con quella che a tratti è stata la ‘Zona Barak’ per i gol in extremis tipo quello al Maccabi Haifa o al Frosinone pochi mesi fa, restano, comunque, nei ricordi.

La sosta della sveglia. Per tutti

Fiorentina chiamata ad accelerare post sosta

“Ci vorrà pazienza e un po’ di tempo”, il mantra di Palladino è più o meno lo stesso da quando la sua Fiorentina è scesa in campo per la prima volta nella prima gara ufficiale. Dal match del Tardini ad oggi è cambiato tutto il centrocampo, non si è ancora visto all’opera Gudmundsson, e di alibi ce ne sono stati a migliaia per ‘giustificare’ i 5 pareggi rimediati sin qui. Ma adesso, o meglio dopo la sosta, tutti sono chiamati a invertire la rotta e ad accelerare. Tecnico in primis, visto che spetterà a lui dare identità e gioco alla Fiorentina, ma anche ad alcuni singoli che sin qui hanno fatto chi male e chi malissimo. Per molti, insomma, è la ‘sosta della sveglia’.  BELTRAN. Su tutti c’è sempre lui, Lucas Beltran. Non ce ne voglia il Vikingo, ma da un calciatore che è stato pagato 12,5 milioni più altrettanti (teorici) di bonus, sarebbe lecito attendersi dei progressi. In questo avvio di stagione, invece, quando è stato schierato ha evidenziato i soliti problemi/difetti che aveva fatto vedere l’anno scorso: non regge i contrasti, non può fare la prima punta, potrebbe fare la seconda ma anche su quello deve migliorare. La tecnica ce l’avrebbe anche, ma la si è vista veramente poco nell’arco dei 12 mesi in cui ha vestito la maglia della Fiorentina. Ora...Kean sarà in grado di giocare 60 partite (sempre che la Fiorentina arrivi in fondo a Coppa Italia e Conference anche quest’anno)? E’ dura da immaginarselo, visto che l’ex Juve non ha trovato mai grande continuità. Insomma, (anche) questa deve o meglio dovrebbe essere la sosta della sveglia. RANIERI. Da quel doppio errore tra Bruges e Verona Luca Ranieri non sembra più lo stesso. Dov’è finito quel difensore che fino a quel doppio svarione del maggio scorso aveva fatto una stagione superlativa? L’errore nel finale col Puskas è un monito allarmante. Anche per lui, al netto del discorso tattico e delle difficoltà del passaggio da una difesa a quattro ad una tre, questa deve essere la sosta della sveglia. PONGRACIC. “Non ho mai giocato in una difesa a tre”. Esordì così in sala stampa quando venne presentato da nuovo calciatore della Fiorentina. Ma da allora non ha mai evidenziato progressi, anzi. Disastroso a Parma, con tanto di rosso. Male col Puskas all’andata e al ritorno e in grande difficoltà sempre. Sia in fase difensiva che in quella di costruzione, con tanti palloni sanguinosi regalati agli avversari. Non sarà Milenkovic, ma è pur sempre costato 15 milioni e è reduce da un ottimo campionato giocato a Lecce e da un buon Europeo con la Croazia. Per lui questa deve essere la sosta della sveglia, che Palladino insista sulla difesa a tre o passi a quattro. BIRAGHI. Dalla sua ha l’alibi di non aver mai fatto il difensore centrale, per quanto non è che abbia brillato particolarmente quando (anche l’anno scorso o quello precedente) giocava terzino, soprattutto nella fase difensiva. Il gol segnato a Parma e il rigore decisivo segnato col Puskas in Ungheria non bastano. Se verrà schierato ancora da centrale deve fare enormi progressi nella fase difensiva, e se non ce l’ha nelle corde…si abbia la forza di lasciarlo in panchina e di alternarlo con Gosens e Parisi. KAYODE. Dov’è finito quel giocatore che a Marassi, un anno fa, lasciò tutti a bocca aperta? Male col Puskas, non brillante in generale. Chissà che non sia stata ‘colpa’ della pesante preparazione. E’ questa la speranza, visto che nel nuovo modulo di Palladino avrebbe tutto per esaltarsi ed esaltare con le sue doti e qualità. MANDRAGORA/SOTTIL/IKONE’ Per Sottil e Ikoné non è certo la prima sosta in cui servirebbe una sveglia. ma tant’è. Almeno col Monza il francese è entrato bene, mentre Sottil ha messo dentro il gol col Puskas all’andata e nient’altro di più. Anche Mandragora non ha propriamente brillato. Non per caso sono arrivati dal mercato Richardson, Bove, Cataldi e Adli. Come a dire che, ormai, il tempo della sveglia per lui potrebbe già essere passato. COLPANI. Sarebbe ingeneroso mettere sulla graticola un calciatore che è arrivato da un mese, dopo aver fatto metà preparazione, alla prima esperienza in una piazza importante e soprattutto dopo le prime 5 partite. Ok il ritardo di condizione, il ‘salto di categoria’ del passaggio dal Monza alla Fiorentina, ma dal dopo sosta anche lui dovrà darsi una svegliata. Fin qui del Colpani visto l’anno scorso si è visto poco e niente. Non che molti altri abbiano brillato, tipo Quarta, Comuzzo e tutto il resto, eccezion fatta per De Gea e Terracciano, al netto di qualche sbavatura e Moise Kean. Come detto sarà la sosta della sveglia anche per Raffaele Palladino. Alla ripresa ci saranno subito Atalanta e Lazio, e la speranza è che in campo ci sia anche tutt’altra Fiorentina rispetto a quanto si è visto sin qui.

Adesso la Fiorentina deve svoltare

Menomale che è arrivata la sosta

Menomale che è arrivata la sosta. Per il calcio che stava esprimendo la Fiorentina, le tante difficoltà che ha palesato e dovuto affrontare tra mercato aperto e ritardi vari, la pausa per le Nazionali arriva nel momento ideale per la squadra di Raffaele Palladino. Il primo mini ciclo di gare si è concluso con tanti punti di domanda e pochi in classifica, ma almeno con l’approdo in Conference League (quanto mai faticoso). E menomale che Gosens l’ha messa dentro allo scadere col Monza, altrimenti il clima sarebbe stato ancor po’ più pesante. Poche le cose che hanno funzionato sin qui, su tutte Kean e De Gea. L’attaccante viola si è dimostrato essere centravanti vero, nei movimenti, nel cinismo e nel riuscire a far reparto da solo, ma va servito di più e meglio. I tre gol segnati fin qui sono arrivati per guizzi o giocate individuali. Lo spagnolo, invece, è stato l’eroe di Coppa. E chissà che adesso non sia giunto il momento di invertire le gerarchie, visto il tenore degli avversari pescati in Conference e la necessità di cambiare marcia in Serie A. Moltissime, invece, quelle che non hanno funzionato. A livello collettivo non si può non evidenziare come la difesa a tre non stia dando buoni risultati, anzi. 7 gol presi in 5 gare contro Monza, Venezia, Parma e Puskas Akademy sono troppi, e potevano essere molti di più se De Gea, Terracciano, pali e traverse non avessero salvato la truppa viola. Davanti non si è visto gioco, mentre il centrocampo è stato spesso inesistente. Su questo, ovviamente, ha pesato il ritardo nei movimenti in entrata, ma è altrettanto vero come alla voce ‘identità di squadra’ ci si attendesse molto di più e prima da parte del tecnico. Col Monza si è visto qualche progresso a livello di condizione atletica e tenuta, che teoricamente dovrebbe ulteriormente migliorare nella sosta. Se davvero, come dicono calciatori e Palladino, la preparazione è stata impostata sulla lunga distanza, allora potremmo vederne presto delle belle. Ci sarà da lavorare anche sulla testa: gli approcci alle gare sono stati quasi tutti sbagliati. La Fiorentina è andata sotto di due gol col Monza come aveva fatto col Puskas e quasi col Parma, dove comunque era andata in svantaggio. Alla ripresa ci saranno Atalanta e Lazio in rapida successione. Andare sotto anche contro avversari decisamente più forti degli ungheresi e del Monza potrebbe risultare più difficile da rimontare. Poi ci sono i singoli e le loro posizioni. Biraghi ancora centrale? Gudmundsson dovrebbe tornare disponibile per la ripresa, Colpani dovrà mostrare progressi mentre ci sarà modo per lavorare sulla nuova mediana. Insomma, di alibi ce ne saranno molti meno per la squadra e per il tecnico. Alla ripresa è lecito attendersi molto di più e molto di meglio.

Girone ok: Tns, Lask, St. Gallo, due cipriote e il Guimaraes per i viola

Alla scoperta degli avversari del girone europeo della Fiorentina

‘Passat a nuttat’ ungherese, con la Fiorentina che con una immane fatica si è guadagnata il pass per la fase a gironi della Conference, è tempo di iniziare a pensare a quelli che saranno gli avversari dei viola di Palladino nel mega girone unico. REGOLE. A proposito di questo, passeranno alla fase successiva le prime 8 classificate nel girone unico che andranno direttamente agli ottavi mentre quelle dal 9° al 24° posto andranno ai playoff per promuovere altre 8 squadre; chi si piazza dal 25° posto in poi, invece, viene eliminato. Postilla, nel caso che due o più squadre finiscano a pari punti in classifica, vengono adottati i seguenti criteri in ordine di importanza per stabilire le posizioni finali: Migliore differenza reti; Maggiore numero di reti segnate; Maggiore numero di reti segnate in trasferta etc etc. Quindi le date, con le partite che si giocheranno 3 ottobre, 24 ottobre, 7 novembre, 28 novembre, 12 dicembre e 19 dicembre 2024. Poi, ancora playoff: 13 febbraio 2025 (andata) e 20 febbraio 2025 (ritorno). Ottavi di finale: 6 marzo 2025 (andata) e 13 marzo 2025 (ritorno). Quarti di finale: 10 aprile 2025 (andata) e 17 aprile 2025 (ritorno). Semifinali: 1 maggio 2025 (andata) e 8 maggio 2025 (ritorno). Finale: 28 maggio. AVVERSARI. Quindi la cosa più importante, le avversarie: Lask Linz, San Gallo, Apoel Nicosia, Pafos, The New Saints e Vitoria Guimaraes. Per chi stesse pensando, chi? Ci sta, sicuramente per quanto riguarda il Pafos e il New Saints, rispettivamente squadra cipriota la prima, come l’Apoel e gallese la seconda. Le altre, invece, sono più o meno note, sicuramente il Guimaraes, mentre San Gallo e Linz sono un po’ più di nicchia, diciamo così, ma da qualche anno si sono affacciate anche a livello europeo. TNS. Andando più nello specifico, l’avversario più ‘facile’ è proprio il TNS, la cui pronuncia completa affidiamo all’intelligenza artificiale: The New Saints of Oswestry Town & Llansantffraid Football Club , società gallese che rappresenta le città di  Llansantffraid-ym-Mechain e quella inglese di Oswestry. Per chi volesse approfondire la storia di questo club, basti sapere che militano nel massimo campionato gallese dal 1993, e da allora hanno vinto 16 campionati, gli ultimi tre di fila, vincendo anche 9 coppe del Galles. Insomma, lassù vincono tutto, anche perché mezza rosa è inglese, con allenatore inglese. Non ce ne vogliano eh, ma il loro valore della rosa su Transfermarkt è di 2,84 milioni di euro. Un quinto di quello del Puskas, poco meno di quanto vale Christensen e circa quanto guadagna Kean in un anno. Insomma, qui, visto che si giocherà a Firenze, c’è aria di goleada. DOPPIO CIPRO. Poi c’è il doppio incrocio con le cipriote. L’Apoel ha dalla sua blasone e storia, il Pafos, invece, la recente crescita. Quest’ultima fino al 2012 non esisteva, poi è salita fino alla Serie A cipriota dove negli ultimi tre anni è stata sesta, quarta e quinta, mentre ha vinto la Coppa di Cipro l’anno scorso battendo l’Omonia di Nicosia. L’Apoel, invece, ha vinto lo Scudetto. Valori? L’Apoel vale 15 milioni, il Pafos 21 milioni circa. Insomma, più o meno…Ah, ricordiamo che la Fiorentina di milioni ne vale circa 250 di milioni, giusto per dare dei riferimenti. LE ‘BIG’. Poi arriviamo alle tre squadre più conosciute. Il Lask Linz, ad esempio, è ormai da qualche anno un outsider in Austria, dove ha concluso gli ultimi due campionati al terzo posto e nell’anno della pandemia era in lotta col Salisburgo per lo Scudetto, ma poi venne beccato ad allenarsi nel periodo di restrizioni e venne penalizzato, perdendo il titolo. Qui si trovano dei giocatori già più conosciuti, tipo l’ex Lazio Berisha, non il portiere ma il centrocampista, Jerome Boateng e il croato Ljubicic, punta centrale che vale da solo 8 milioni di euro. Valore totale della rosa, 43 milioni. Quindi il San Gallo, club svizzero tornato protagonista in patria da una decina d’anni, con anche una lotta scudetto persa nel 2019/20 e un valore della rosa di circa 24 milioni di euro. Poi il Guimaraes, quinta/sesta squadra del campionato portoghese, dietro stabilmente alle solite note Benfica, Porto, Sporting e Braga. Valore della rosa circa 43 milioni di euro, con anche una vecchia conoscenza del nostro calcio come l’ex viola Bruno Gaspar. DOVE. Altra postilla, domani si saprà con chi e quando giocherà la Fiorentina che sa già, però, dove sfiderà i propri avversari: in casa affronterà Lask, TNS e Pafos, fuori Apoel, Guimaraes e San Gallo. Insomma, nulla di trascendentale. Gallesi a parte, tutti comunque almeno sulla carta due volte più forti del Puskas Akademia. Così, giusto per ricordare che anche i più infimi avversari d’Europa, in Europa, se non li affronti nel modo giusto rischi che ti facciano la festa. E sempre così, giusto per ricordare, la finale quest’anno si giocherà in Polonia, allo Stadion Wrocław di Breslavia. Hai visto mai?

E' Europa, con tanto ‘fattore C’. E molto da lavorare

Con tanta sofferenza la Fiorentina si qualifica in Conference

La Fiorentina va in Europa, evviva la Fiorentina. Ma che sofferenza. Contro una squadra sconosciuta, da un valore economico 25/30 volte inferiore a quello dei viola, solo un De Gea straordinario e un Kean che ha messo dentro uno dei pochi se non l’unico pallone giocabile hanno evitato la disfatta in Ungheria. E ora sotto col mercato, sperando che Raffaele Palladino riesca ad incidere in maniera importante e positiva su una squadra che in 4 partite giocate fin qui non ha mai meritato di vincere. Anzi, il paradosso sta qui: tra la sfida col Parma, le due col Puskas e quella col Venezia la Fiorentina non ha mai perso ma ottenuto tutti pareggi, riuscendo a strappare con le unghie e coi denti l’accesso alla fase a gironi di Conference League. Quasi sempre il migliore in campo dei viola è stato il portiere, che sia stato Terracciano (a Parma) o De Gea in Ungheria. Gli avversari hanno avuto occasioni su occasioni (tranne il Venezia, che comunque nel secondo tempo ha avuto un paio di chance), mentre la Fiorentina ha creato poco e nulla. Poi c’è il modo di giocare di questa squadra, quasi mai in grado di sviluppare trame offensive, troppo spesso in balia degli avversari di turno e quasi sempre imbarazzante dietro. Il modulo adottato non sembra dare grandi garanzie, soprattutto per come gli interpreti difensivi hanno giocato le prime 4 gare ufficiali. Le scelte di formazione, inoltre, sono state più che discutibili, tra un Ikoné col Puskas e un turnover eccessivo nella sfida del Franchi con gli ungheresi. Ma tant’è. Come detto, La Fiorentina va in Europa, evviva la Fiorentina. Fortuna? Difficile da dire dove sia la linea di confine tra buona sorte, meriti e/o demeriti dell’avversario. Ma una cosa è certa: già in fase di sorteggio Palladino ha potuto sorridere rispetto al suo predecessore, che al playoff pescò Twente e Rapid Vienna, due squadre che con questa Fiorentina avrebbero probabilmente stravinto. Dell’epilogo di queste prime 4 gare ufficiali con Palladino in panchina abbiamo detto, chissà che questa stagione iniziata in maniera così preoccupante per quanto visto sul campo, al netto di mille alibi, non possa confermare quel vecchio pensiero di Napoleone, per cui è meglio avere generali fortunati che generali bravi. E visto come Italiano e la Fiorentina avevano perso sul più bello quel trofeo, al 120’ ad Atene e al 90’ a Praga, un po’ di sano ‘fattore c’ male non farebbe di certo. Anche se…è necessario fare di più e meglio. Per quanto tu possa avere dalla tua la buona sorte, infatti, non si può sperare di andare lontano affidandosi solo a quella, o San Pietro o san De Gea. Con gli innesti delle ultime ore di mercato, il rientro di Gudmundsson, la crescita di condizione di Colpani e una mediana che sarà rifatta con gli innesti delle ultime ore di mercato, il lavoro di Palladino dovrebbe divenire più facile. O almeno questa è la speranza.

Meglio non pensarci…

Fiorentina in campo per accedere all’Europa

In ballo c’è il destino. Fa specie dirlo, visto che sono passate solamente tre gare ufficiali dall’inizio della stagione, ma tornare oggi dall’Ungheria senza una vittoria e dunque senza la qualificazione alla Conference League sarebbe un disastro clamoroso per la Fiorentina. A chi pensa che, forse forse, non sarebbe così tragico perché così si potrebbero concentrare tutte le forze sul solo campionato, val bene ricordare che in mezzo ai tanti punti alti vissuti dalla formazione viola nel biennio precedente ci sono stati anche molti momenti difficili, paradossalmente spazzati via proprio da risultati in Europa che hanno contribuito a ridare certezze e consapevolezze ad una truppa che poi è mancata, ahinoi, solamente nei due atti finali con West Ham e Olympiacos. Poi ci sono una miriade di altri motivi. Basti pensare a quanti calciatori avrebbero difficoltà a trovare minutaggio nel caso in cui la Fiorentina dovesse uscire dalla Conference. Già tra i pali, dove De Gea e Terracciano avrebbero (potenzialmente) un sacco di gare in meno dove potersi alternare, ma anche i vari Parisi e Biraghi, fino alla batteria di difensori centrali che, a quel punto, sarebbero fin troppi (Moreno, Comuzzo, Pongracic, Ranieri, Quarta più Valentini che arriverà a gennaio). Il tutto senza dimenticare quanto le gare europee potrebbero permettere alla Fiorentina di crescere nell’apprendimento dei nuovi meccanismi di gioco, o ancora quanto potrebbero essere utili a chi vive momenti di difficoltà per ritrovare minutaggio e consapevolezze. Poi c’è l’aspetto economico: nel precedente biennio nelle casse viola sono entrati più di 40 milioni dai cammini in Conference League. Non fare la Conference, inoltre, toglierebbe una via d’accesso alla prossima Europa League. Provocherebbe anche un calo nei punti ranking della Fiorentina che andrebbe ad incidere in sede di sorteggi per le future qualificazioni europee, oltre a causare un crollo di punti ranking per l’Italia (che di per sé potrebbe suscitare in molti tifosi viola anche un sonoro ‘chi se ne frega!’, ma va ricordato che è lo stesso motivo per cui l’anno scorso in Champions sono andate cinque formazioni dalla Serie A, obiettivo per cui la Fiorentina aveva il dovere di lottare, soprattutto per dove si trovava al giro di boa). Poi c’è l’aspetto ambientale. Ok l’arrivo di Adli, di Moreno, con altre operazioni che potrebbero andare a compiersi da qui a fine mercato, ma quale potrebbe essere la reazione del Franchi domenica col Monza, in caso di passo falso oggi in Ungheria? Il tutto andrebbe unito alla ‘gioventù’ di Palladino, ancora non ‘abituato’ a gestire situazioni complicate. Insomma, meglio non pensarci neppure. La Fiorentina non può sbagliare. In ballo c’è il destino, non tanto per la singola partita in sé, ma quanto per tutta una serie di situazioni che potrebbero andare ad innescarsi in caso di tonfo col Puskas Akademia.

Bivio da dentro o fuori. Guai a fallire giovedì

La Fiorentina deve assolutamente vincere in Ungheria

Quella che sembrava una formalità rischia di diventare già uno spartiacque decisivo per la stagione della Fiorentina. Altro che passeggiata di salute, eliminare il Puskas Akademia è tutt’altro che scontato. E non soltanto per il 3-3 con cui si è conclusa la sfida d’andata, che unito a come esso era maturato già di per sé potrebbe indurre a non stare affatto tranquilli, ma anche per come la squadra di Palladino ha pareggiato la gara di domenica col Venezia. Di problemi, insomma, ce ne sono. Tanti, forse troppi. E gli auspicati rinforzi che il tecnico si attendeva già da diverse settimane tardano ad arrivare. Arriveranno pure, da Adli ad altri, ma in Ungheria la Fiorentina sarà la stessa che è scesa in campo sin qui. Tre sfide, tra l’altro, tutte giocate con squadre sulla carta di livello inferiore, ma sul campo in nessuna delle tre la Fiorentina ha meritato risultati differenti da quelli ottenuti. PRESSIONE. Il tutto va unito alla pressione che si troverà a ‘dover sopportare’ e battere un tecnico come Palladino, giovane, alla prima esperienza in una piazza importante e che, per la prima volta in carriera, si troverà dinanzi ad un bivio che non ammette errori. Al netto del ritardo sul mercato e di mille alibi che può avere, infatti, non sarebbe granché accettabile uscire dall’Europa contro un avversario che ha un valore della rosa 25 volte inferiore a quello della Fiorentina. O meglio, può anche accadere, d’altronde lo sport è pieno di storie in cui Davide sconfigge Golia. Ma di solito trattasi di eventi straordinari. La cosa inaccettabile, piuttosto, sta nel fatto che un tonfo col Puskas Akademia sarebbe in linea con quanto visto nelle prime tre gare della stagione. E passi la prima, la seconda, la terza…ma poi c’è da evidenziare dei segnali di crescita. Altrimenti il cammino si mette subito in salita. E Firenze si sa, è buona e cara, ma fino ad un certo punto. FUORI DALL’EUROPA. Poi c’è il partito di quelli del “ma sì, dai! Usciamo da questa coppetta, chi se ne frega, almeno pensiamo solo al campionato”. Tesi che altre volte nel precedente biennio è stata a tratti più o meno caldeggiata, soprattutto quando le cose andavano male. Non ci sarebbe niente di più sbagliato. In caso di uscita dall’Europa, infatti, ci sarebbero una serie di situazioni di difficile gestione. Intanto un possibile mancato introito di oltre 20 milioni di euro (soldi che entrerebbero in caso di vittoria del trofeo) più quelli da stadio (anche se ridotti per i lavori al Franchi), e un crollo nel ranking Uefa oltre che la privazione di una via per provare ad andare in Europa League via coppe.  Poi ci sarebbe da gestire un ambiente già in vena di non fare troppi sconti (come testimoniato da cori e fischi col Venezia), così come ci sarebbe da difendere Palladino e squadra. A proposito di squadra, senza Europa sarebbe inutile avere due giocatori per ruolo. Dalla presenza di due portieri titolari come De Gea e Terracciano, più Martinelli che rimarrà a fare il terzo, alla batteria di giocatori offensivi tra cui i vari Beltran, Kean, Gudmundsson, Colpani, Sottil (più Kouame se resta, Barak se resta, mentre Ikoné partirà come Brekalo), fino ai due esterni sinistri Parisi e Biraghi e i due esterni destri Kayode e Dodo. Senza l’Europa, col solo campionato più qualche gara di Coppa Italia da giocare, lo spazio si ridurrebbe in maniera drastica. Insomma, c’è solo una cosa da fare: vincere giovedì ed entrare in Conference. Per battere il Puskas chi c’è ad oggi a disposizione di Palladino dovrebbe bastare. E se non dovesse essere sufficiente, a quel punto ci sarebbe di che pensare.

Ambizione e identità. Fin qui teoria, ma non in pratica

Solo pari col Venezia per la Fiorentina. Serve sùbito una scossa

La Fiorentina esce dal Franchi con un altro deludente pareggio. Dopo l’1-1 col Parma e il 3-3 col Puskas arriva lo 0-0 col Venezia. Poco male, è calcio d’agosto. C’è tempo per recuperare i punti lasciati tra la sfida del Tardini e quella coi lagunari, mentre non c’è tempo per rimediare all’harakiri di giovedì scorso con gli ungheresi. Giovedì, infatti, o la Fiorentina passa il turno accedendo ai gironi di Conference League oppure…meglio non pensarci. Intanto, dopo 270’ di gare ufficiali e un mese e mezzo di lavoro da inizio ritiro, questa Fiorentina non sembra avere ancora niente dell’identità di una squadra di Palladino. O meglio, niente identità di squadra (e basta). Sarà per il mercato ancora aperto, perché la rosa è ancora (ampiamente) da rifinire o per i carichi di lavoro che, a detta di Palladino e dei calciatori, sono stati importanti in ritiro, ma questa Fiorentina ha fornito sin qui tre prestazioni assai deludenti, a sprazzi imbarazzanti come in parte del match col Parma e col Puskas. E se col Venezia era lecito attendersi dei progressi, a parte qualche fiammata di qualche singolo e qualche buona parata di Joronen, anche con la squadra di Di Francesco si è visto poco e nulla. Di alibi, ovviamente, ce ne sono a migliaia, tra cui il fatto che Palladino sia alla prima esperienza in una piazza importante come quella di Firenze e alla prima esperienza che si articola sul triplice impegno, ma in Ungheria giovedì e col Monza domenica non possono arrivare altri passi falsi. Si può anche sbagliare 20 occasioni a partita, prendere pali, traverse e non vincere le partite. Fin qui, invece, si è vista una brutta Fiorentina, che non può certo uscire dal Franchi tra gli applausi e le ovazioni. Oltre ad un’identità che sembra ancora lontanissima dall’essere trovata, c’è quel tormentone legato alla forte ambizione che è destinato a risuonare ancora e ancora. Col Venezia anche il tifo organizzato si è esposto. D’altronde l’ennesima cessione di un big alla Juventus, al netto di come la si pensi su qualità e rendimento di Nico Gonzalez, non poteva passare inosservata. E adesso? Se Palladino e la Fiorentina non possono assolutamente sbagliare le prossime due gare, la squadra mercato viola è chiamata a dare risposte. Coi fatti. Come? Prendendo un difensore forte, un centrocampista forte (in caso due), un vice Kean e un esterno d’attacco/trequartista. Inutile fare nomi. Il tempo delle idee e delle parole è terminato, così come sta per terminare la sessione di calciomercato. E fin qui la forte ambizione non si è vista (sperando che Gudmundsson faccia dimenticare presto Nico, che Colpani trovi un minimo di condizione fisica per diventare presentabile, che Pongracic non faccia disastri come a Parma e col Puskas, che Richardson diventi il nuovo  faro del gioco viola e che De Gea torni quello che era in Premier qualche anno fa). L’occasione per renderla da parole a fatti c’è ancora. Dirigenza che facciamo? Mister che facciamo? Calciatori che facciamo? Già in queste ore sono attese novità, da Adli ad altri nomi, è l’ora di ‘quagliare’.

Indizi, non ancora prove. Ma Parisi può lasciare la Fiorentina

L’esterno non ha convinto Palladino. E se arrivasse Kostic…

"Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova”, diceva Agatha Christie. Facendo un esempio di questa estate di calciomercato, il primo indizio furono le parole di Pradè su Gonzalez (Nico resta al 99%), poi ci fu il pressing su Zaniolo e infine l’arrivo di Colpani. Adesso manca solo che Nico vada alla Juventus e poi tutto sarà andato a dama secondo un copione che appariva abbastanza scritturato. L’altro giallo dell’estate non è ancora del tutto già scritto, ma il copione sembra ben indirizzato. Nell’amichevole con la Primavera che si giocò a inizio ritiro al Viola Park, Raffaele Palladino si mangiò letteralmente Fabiano Parisi. Tra Inghilterra e altre amichevoli, l’ex Empoli ha continuato a fornire prove tutt’altro che esaltanti, con errori di ogni genere. Alla prima gara ufficiale, a Parma, Parisi fuori e Biraghi titolare a tutta fascia. Nel frattempo ecco quelle voci sempre più insistenti su Kostic. Il tutto passando per alcuni rumors provenienti da Napoli su un Parisi offerto ai campani per Folorunsho. Indizi, ancora non prove. Ma…mi sa mi sa che l’esterno arrivato un anno fa dall’Empoli per 10 milioni di euro non abbia intercettato i favori di Palladino. Dopo un anno passato alle spalle di Biraghi, con quel frammento di stagione in cui venne schierato da Italiano a destra, contromano, commettendo svarioni clamorosi e decisivi in varie partite, la sensazione è che Parisi non si sia mai del tutto riuscito a riprendere. Qualche lampo ogni tanto, sì, ma in mezzo a panchine su panchine. E se con l’arrivo di Palladino tutti si attendevano un cambio di gerarchie a sinistra, a maggior ragione col cambio di modulo e la possibilità di avere meno compiti difensivi ma più di spinta, fa specie respirare tutt’altro che certezze sulla sua permanenza in viola. Quello che poteva, anzi doveva essere il suo anno, potrebbe neppure cominciare. La prova col Puskas di giovedì non ha esaltato, per quanto altri colleghi abbiano fatto decisamente peggio, Kayode su tutti. Ora…attenzione, avviso ai naviganti: Kostic non è Roberto Carlos, ma Parisi non pare dare garanzie. Domani arriva il Venezia e poi ci sarà il Puskas in Ungheria. La probabilità di vedere entrambe le volte in campo Biraghi, vista la falsa partenza che ha avuto la Fiorentina tra Parma e il playoff d’andata, è forte. Se poi dovesse davvero arrivare Kostic, a quel punto Parisi potrebbe davvero andare altrove. Da capire, in caso, come e dove, mentre appare evidente che il ragazzo debba ritrovare fiducia e consapevolezze. Quelle che aveva evidenziato ad Empoli, ma che a Firenze non è mai riuscito a dimostrare.

L’estate sta finendo…Fiorentina, caccia alla Conference

Per i viola c’è da battere il Puskas e accedere all’Europa

L’estate sta finendo, piaccia o meno a seconda di quale sia la vostra stagione preferita. Dopo aver passato giorni a dire a chi che fosse che incontravate per strada ‘caldo oggi eh?’, o a postare foto del cruscotto della macchina con quei 6-700 gradi dell’abitacolo, non vi preoccupate, tra poco il trend si invertirà e torneremo un po’ tutti a dire ‘freddo oggi eh?’ e a postare foto del cruscotto con il segno meno davanti ai gradi. Riparte, insomma, il solito tran tran, con la macchina da spostare quando c’è la pulizia delle strade, le code sul raccordo di Firenze Sud, ma soprattutto il consueto alternarsi di partite della Fiorentina.   Dopo il pari di Parma di sabato scorso, giovedì è già tempo di Conference League, con la squadra di Palladino che riparte con l’obiettivo di provare a far meglio di quanto fatto nelle ultime due stagioni. Tradotto: portare a casa quella maledetta coppa che, tra Atene e Praga, ha visto sempre la Fiorentina fare 30, ma mai 31.   Si comincia con il Puskas Academy, modesta formazione ungherese che però, ad oggi, è in testa al campionato con 4 vittorie in altrettante gare, è più avanti a livello di condizione fisica ma…resta pur sempre una squadra che come valore della rosa vale meno di 10 milioni di euro, contro gli oltre 280 della Fiorentina. Per dare dei riferimenti, il Puskas vale meno dell’RFS Riga. Insomma, nulla a che vedere con Twente e neppure Rapid Vienna. Ma…a proposito di RFS Riga, quella gara al Franchi fu solamente pareggiata, come a dire che, anche se hai un valore 28-29 volte superiore all’avversario, poi c’è da dimostrarlo sul campo.   Sarà la prima volta in Europa da allenatore per Raffaele Palladino, probabilmente la prima in maglia viola per altri calciatori della Fiorentina e altrettanto probabilmente l’ultima o forse penultima partita da calciatore gigliato per altri.   Anche in questa estate che sta finendo potrebbe esserci un’altra cessione illustre con percorso Firenze-Torino sponda Juventus. Eh vabbè, ormai non sembra più fare né troppo caldo né troppo freddo. E quindi, suerte, tanto Nico non era mica mai stato decisivo…Nelle finali europee sicuramente. Ma non va dimenticato che se la Fiorentina è arrivata a giocarsi quelle finali molto lo doveva proprio a Gonzalez. Vabé, come detto, ormai sembra essere tutto già apparecchiato. Chissene, perché la Fiorentina ha già Gudmundsson, un tridente con l’islandese, Kean e Colpani che intriga e la speranza che tutto vada come deve andare.   Già giovedì col Puskas, poi domenica col Venezia, giovedì prossimo in Ungheria e col Monza prima della sosta. Nel frattempo si spera che la dirigenza completi una rosa che ha ancora bisogno di innesti, che Kean abbia qualche pallone da calciare in porta, che Beltran esploda, che Sottil si svegli, che Pongracic non sia quello visto a Parma, che Colpani riesca ad entrare presto in condizione, che il tridente offensivo giri come da premesse, che Amrabat faccia la diga piuttosto che il regista o, come spera qualcun altro, che se ne vada altrove, che la difesa della Fiorentina difenda un pochino meglio di quanto visto al Tardini e che Biraghi metta dentro altre punizioni come sabato scorso per non ritrovarsi ogni partita a doverci scannare con la solita diatriba tra Biraghisti e Antibiraghisti che, a dire il vero, è il classico segnale che davvero ‘l’estate sta finendo’.

Rodaggio viola. Ok il punto a Parma, ma ora servono due vittorie

La Fiorentina parte con un pari. Ora due gare da vincere

Quanto ci vorrà per vedere una Fiorentina a pieno regime è ancora presto per dirlo. D’altronde, il neo tecnico viola Raffaele Palladino ha dovuto lavorare tutta l’estate senza centrocampo e con un pacchetto offensivo che sarà formato da un Colpani in evidente ritardo di condizione e da un Gudmundsson che sarà pronto tra 2-3 settimane (cit.). A Parma, intanto, la truppa gigliata è riuscita a portare via un punto che, per come si era messa la gara del Tardini, può essere accolto col sorriso. Ora, però, arriva una coppia di gare che la Fiorentina deve fare proprie, giovedì con il Puscas Academy e domenica col Venezia. Due partite in cui non si può sbagliare. Con gli ungheresi, nella sfida del Franchi, per i viola c’è la possibilità di mettere in discesa l’approdo alla fase a gironi di Conference League, traguardo minimo di questo avvio di stagione. Domenica, sempre in casa, arriverà una squadra che ha già perso la prima sfida di campionato e che, in ottica salvezza, avrà bisogno di rifarsi immediatamente. Il tutto in attesa che i meccanismi difensivi migliorino, che Pongracic si metta alle spalle la giornataccia di Parma, che Parisi dimostri di essere davvero più affidabile di Biraghi, che in mezzo al campo le cose funzioni meglio di come sono andate al Tardini. Giovedì, magari, potrebbe essere l’occasione per vedere Richardson, tra i pali De Gea e davanti anche Beltran, lasciato fuori coi ducali. D’altronde che limiti abbiano i vari Amrabat, Sottil, Kouame ed altri che hanno giocato sabato scorso lo si sapeva già. Ora è il momento di vedere all’opera i nuovi, possibilmente immettendo qualche altra pedina, soprattutto in mezzo al campo ma anche dietro. Davanti, invece, servirà solo attendere che Colpani e Gudmundsson entrino a regime. Lì sì che ci sono delle buone premesse. Come detto, tuttavia, non c’è tempo per esperimenti e/o rodaggio. Giovedì e domenica servono subito due vittorie, per poi andare in Ungheria senza patemi d’animo ed entrare in Europa, chiudendo con il Monza questo primo filotto di gare. Dal dopo sosta sì che ci potrebbe essere di che divertirsi.

Dentro Albert, fuori Nico. I due a confronto

La Fiorentina prende Gudmundsson e cederà Gonzalez

E dunque, per un Gudmundsson che è arrivato, adesso è facile immaginarsi un Nico Gonzalez che se ne andrà. Salvo stravolgimenti, perché così come l’islandese aveva un contratto col Genoa ma ha voluto raggiungere Firenze con forza, lo stesso potrebbe accadere con l’argentino. E potrà piacere o meno, ma questo è il calcio di oggi. Attenzione, se Commisso volesse blindare Nico, trattenerlo qui, dire di no alla Juventus e alla sua offerta (che non è di cash sull’unghia), a noi non dispiacerebbe, sia chiaro. Ma la logica ci suggerisce di pensare che ciò non accadrà, con l’argentino che farà la stessa strada di Vlahovic, Chiesa e Bernardeschi, quella che porta a Torino (poi, che tale scelta si riveli azzeccata o meno è un altro discorso). Nico out, Albert in, dicevamo. Il che sarebbe riduttivo se non si considerasse che a cambiare sarà tutto il pacchetto avanzato della Fiorentina. Ai nastri di partenza di questa nuova stagione, infatti, la truppa offensiva a disposizione di Palladino e teoricamente titolare sarà composta da Colpani, Gudmundsson e Kean. Più Beltran e Sottil e, al netto di chi sarà ceduto, i vari Brekalo, Ikoné, Kouame e pure Barak. Il terzetto titolare intriga (induce a sognare sarebbe troppo, ma sicuramente stuzzica la fantasia). Nel mettere a confronto dati, caratteristiche e statistiche dell’islandese e dell’argentino, quanto detto in precedenza è di fondamentale importanza. Il quadro complessivo dell’attacco viola, infatti, appare sulla carta decisamente più funzionale con l’arrivo di Gudmundsson piuttosto che con la permanenza di Gonzalez, a maggior ragione dopo che era già stato ingaggiato Colpani. Poi, ovviamente un tridente Gudmundsson-Nico-Kean, con Colpani e Beltran pronti a subentrare, sarebbe ancora meglio, ma questo non sembra essere uno scenario perseguibile. Tornando al confronto Nico-Albert, va anche sottolineato un altro aspetto: per quanto sia vero che nelle gare che contavano di più per la Fiorentina, ovvero le due finali di Conference, Gonzalez non sia stato affatto determinante, è anche vero che se la squadra di Italiano è arrivata a giocarsi due finali europee molto lo deve proprio a Gonzalez. Al tempo stesso, Gudmundsson non ha mai giocato delle finali europee fin qui. Uno gioca con l’Argentina che ha appena vinto la Coppa America e Campione del Mondo in carica, l’altro nell’Islanda. Piano, insomma, a definire Nico un pacco e Albert un fenomeno. Venendo ai numeri, l’anno scorso i due hanno messo a referto esattamente lo stesso numero di gol, ovvero 16, e anche lo stesso numero di assist, 5. Ovviamente Gonzalez ha giocato anche le coppe, Albert no. Guardando più a fondo, tuttavia, si scopre come stando solamente ai dati in Serie A l’islandese abbia un rapporto tiri/gol del 22,7%, mentre Nico si sia fermato all’11,4%. Entrambi hanno segnato spesso su rigore: Gudmundsson ne ha trasformati 17 su 20 calciati, Gonzalez 18 su 21. Albert, però, rispetto a Nico ha alternato spesso gol di destro e sinistro rispetto all’argentino, che col destro non ci sale neppure sul tram (ironie a parte, di destro ne ha comunque fatti 2 in Serie A e 5 se si considerano tutte le competizioni). Tuttavia, Gonzalez ha sempre avuto quella spaventosa dote di saltare di testa come pochi riescono a fare. Di testa, infatti, ha messo a referto 8 reti in Serie A sulle 25 totali segnate con la maglia viola (in tutto sono stati 12 su 38 segnati di testa). Albert, invece, non ha mai ancora segnato di testa in Serie A. Sui duelli aerei, Nico ha numeri spaventosi, ma anche Gudmundsson sa difendersi nei contrasti aerei. Poi ci sono tutta un’altra serie di numeri che vanno interpretati, come la capacità di saltare l’uomo rispetto a quante volte uno ci prova: Gudmundsson ha una media del 45% di dribbling riusciti rispetto a quelli tentati, contro quella del 42% dell’argentino. L’età è praticamente la stessa, con Nico che è solo di un anno più giovane di Gudmundsson. Insomma, tirabaralla. Con Gudmundsson e Colpani alle spalle di Kean, c’è di che ben sperare.

Pronti? Via! Le ultime 10 prime gare di Serie A della Fiorentina

Countdown per la prima ufficiale della stagione viola

Pronti? Attenti, via! Ci siamo, è partito il countdown verso la prima sfida ufficiale della stagione per la Fiorentina, attesa sabato al Tardini dalla gara col Parma che sancirà l’inizio della Serie A 2024/2025 della formazione gigliata. Fischio d’inizio alle 18:30, quando tornerete a sentire David Guetta urlare ‘gol gol gol’ (si spera), e soprattutto torneremo a vedere 11 ragazzi con la maglia viola rincorrere un pallone. Di fronte ci sarà una neopromossa, ma guai a pensare che sia tutto in discesa. Basti ripensare alla fatica che fece la squadra di Italiano a gennaio scorso, in Coppa Italia, col Parma che andò avanti 0-2 dominando, coi viola che la riacciuffarono in extremis e andarono a vincerla ai rigori. Ma questo, ormai, è il passato. Guardandoci indietro, anche l’anno scorso la Fiorentina inaugurò la sua nuova stagione contro una neopromossa. Dodici mesi fa fu il Genoa, a Marassi, quando dopo pochi minuti Biraghi la mise dentro di destro, poi andarono a segno Gonzalez, Bonaventura e Mandragora, con la squadra viola che si impose per 1-4, in scioltezza, scoprendo un Kayode stratosferico, ammirando un buon Arthur e pensando che Nzola, forse forse, potesse dire la sua, ma poi quello si rivelò essere solamente il classico sogno di una notte di mezza estate. Anche l’anno precedente, quindi due anni fa, la Fiorentina partì affrontando una neopromossa, in quel caso fu la Cremonese che venne battuta al Franchi 3-2. A segno andarono Bonaventura, Jovic e Mandragora su errore di Radu. Anche in quella circostanza, al netto del successo che arrivò in extremis su papera del portiere grigiorosso, il battesimo del serbo arrivato dal Real Madrid lasciava pensare a sogni di gloria, ma poi anche quello si rivelò essere solamente il classico sogno di una notte di mezza estate. Nella stagione precedente, la prima con Vincenzo Italiano in panchina, fu ko a Roma 3-1 coi giallorossi di Mourinho. A segno andò Milenkovic per i viola. Quella sera arrivarono i complimenti dello Special One, si capì che Dragowski avrebbe fatto da lì a breve una brutta fine, visto che venne espulso dopo pochi minuti, e che con Italiano alla guida dei viola ci sarebbe stato di che divertirsi. Quattro stagioni fa, con invece Beppe Iachini in panchina, arrivò il successo al Franchi contro il Torino per 1-0. Gol vittoria di Castrovilli, uno dei pochi acuti di un inizio di stagione che, al contrario di quanto dicevamo in precedenza, si intuiva già che sarebbe potuta essere tutt’altro che esaltante. Cinque anni fa, invece, c’era Montella sulla panchina dei viola, con l’avventura in campionato di Rocco Commisso che partì in Serie A con un ko 3-4 contro il Napoli. Quella gara la ricordano ancora in molti, tra un tuffo di Mertens in stile Tania Cagnotto, un arbitraggio indegno, un gol di Boateng da fuori area che fu anche l’unico della sua breve avventura a Firenze. Anche quello fu un classico sogno di una notte di mezza estate. Nel periodo di gestione Commisso, dunque, la Fiorentina ha ottenuto 3 vittorie e 2 sconfitte alla prima di Serie A. Sei stagioni fa, con Pioli in panchina, la Fiorentina partì vincendo 6-1 contro il Chievo, per quanto la prima giornata fosse in calendario contro la Sampdoria a Genova (gara rinviata per il crollo del ponte Morandi). L’anno precedente fu ko 3-0 a San Siro contro l’Inter. Nel 2016-17 fu Juventus-Fiorentina alla prima giornata con Sousa in panchina, fu ko 2-1, mentre l’anno prima fu vittoria col Milan 2-0 al Franchi con reti di Marcos Alonso e Ilicic. Nell’ultimo anno di Montella fu ko con la Roma 2-0 alla prima di Serie A. Riassumendo, dunque, nelle ultime dieci prime gare di campionato la Fiorentina ha ottenuto 5 vittorie e 5 ko. Vedremo sabato quale trend si ripeterà, ovviamente sperando sia l’ultimo a confermarsi, cioè con una Fiorentina che inizia il campionato contro una neopromossa con tre punti, come accaduto negli ultimi due anni. Nel dubbio, pronti? Via, si parte!

Ancora tu? Ma non dovevamo vederci più?

Amrabat si candida ad una maglia da titolare a Parma

Alzi la mano chi pensava che sabato a Friburgo Sofyan Amrabat partisse dal 1’. E in caso, se c’è qualcuno che ci credeva, alzi pure l’altra se immaginava di vederlo in campo dal 1’ anche a Parma nella prima uscita ufficiale della stagione (in caso, viste le premesse che c’erano attorno al marocchino, se ci volesse dare pure due numeri al Lotto…). Ironie a parte, ‘Sofy’ (come lo chiamava Italiano e così fa pure Palladino) ha dato sùbito risposte incoraggianti. Sul campo, dove in questo modulo e in questa filosofia di gioco sembra decisamente più a proprio agio, ma anche fuori. Sì, perché dopo aver passato l’estate a postare foto in cui indossava quando la nuova maglia del Manchester United quando i calzoncini dei red devills, era già arduo pensare che sarebbe tornato a Firenze, al Viola Park, ancor più difficile che lo facesse con la testa giusta per fare una buona impressione ad un allenatore nuovo che deve costruire una nuova Fiorentina. Evidentemente Amrabat lo ha fatto, come si evince dal fatto che in Germania sia partito titolare nell’ultima amichevole che precede la prima gara ufficiale della stagione, quindi quella delle ‘prove generali’, e dalle parole di Raffaele Palladino al termine della maratona di Friburgo: “Con Sofy è nato un grande rapporto. Ho conosciuto un grande uomo e mi ha dato disponibilità nonostante le voci di mercato. Perciò l'ho buttato in campo ed ha fatto una buona partita. Vedremo quello che succederà ma io sono contento di averlo e sarei felice di allenarlo tutto l'anno”. Ecco, tutto è ancora in divenire. Chissà cosa accadrà attorno ad Amrabat. Se lui decidesse di accettare la Turchia da dove sono arrivate fin qui le offerte più concrete, o se deciderà di attendere solo lo United, di nuovo, come già accaduto l’anno scorso. E se…a quel punto, partirà o no. Sì perché in tutto ciò la Fiorentina è di nuovo semplice spettatrice. Nel mentre Palladino ci ha parlato provando a convincerlo a restare, che sotto sotto il marocchino e il suo entourage stiano pensando ad altro non è del tutto da escludere. Insomma, ‘gna vedere’ avrebbe detto il buon Mario Ciuffi (e chissà quante frustate gli avrebbe dato Marione ad Amrabat, sia per come a tratti ha giocato che per le bizze fatte quando voleva andare a Barcellona a gennaio 2023 e quando ha voluto a tutti i costi lo United l’estate scorsa). Nel frattempo a Firenze è arrivato Richardson che assieme a Sabiri e Amrabat andrà ad aumentare la truppa di calciatori marocchini. Chissà al gong del calciomercato quanti ne resteranno, se solo uno (ovviamente, in tal caso l’ultimo arrivato a meno che non accada qualcosa di simile all’affaire Sabiri, rivenduto prima ancora di esordire), o se due (in tal senso Amrabat e Richardson) o tutti e tre (impossibile pensare che Sabiri rimanga visto che non è mai neanche stato a contatto col resto del gruppo). Nell’arrivo dell’ormai ex Reims pare ci sia stato proprio lo zampino di Amrabat. E adesso i due si ritroveranno anche sul campo. Per quanti giorni? Difficile da dire. Forse una quindicina, forse tutto l’anno o anche di più. Del doman non v’è certezza. E intanto Amrabat sabato a Parma potrebbe scendere in campo da titolare (sempre che si ricordi di indossare i calzoncini giusti, e non quelli del Man United). Se tutto ciò non è il più tipico dei tipici ‘ancora tu, ma non dovevamo vederci più?’…

Scusi, chi ha fatto palo?

Kean crea ma spreca e centra un altro legno

Chissà se nei bonus individuali previsti dal contratto di Moise Kean non ci sia qualche centomila euro che scatta ad ogni tot pali colpiti. In caso, povere le casse della Fiorentina! Battute a parte, anche col Montpellier l’attaccante viola si è fermato al legno, oltre ad almeno due/tre ottime occasioni respinte dal portiere dei francesi, aumentando il bottino di ‘scusi, chi ha fatto palo?’ di fantozziana memoria. Già nelle tre amichevoli in Inghilterra Kean aveva preso più legni di un castoro che costruisce la sua diga sull’Arno, che fa ridere ma anche riflettere. Ne aveva centrati due col Preston e uno col Bolton in rapida successione, raccogliendo immediatamente l’eredità di quel Josip Brekalo che nei primi 4-5 tiri in gare ufficiali da calciatore viola prese tre pali consecutivi diventando subito Brepalo. E vabbè che è calcio d’estate, che sono amichevoli, con la squadra di Palladino che è comunque tornata al successo dopo i due pareggi e il ko rimediati in Inghilterra, ma che Moise Kean non sia propriamente nel suo periodo più fortunato dal punto di vista realizzativo questo sembra piuttosto evidente. L’anno scorso con la Juventus aveva chiuso il campionato con 0 reti all’attivo, mettendo a referto solamente 16 tiri totali in 19 presenze in Serie A. Non proprio uno score invidiabile, ma quello è il passato. L’oggi di Kean parla di un attaccante che sembra in palla, che fa ottimi movimenti, sponde, ha progressione, attacca la profondità, si fa trovare nel posto giusto al momento giusto, che ha segnato due volte con Reggiana e Hull City, ma che ha anche avuto almeno una decina di occasioni nitide. Insomma, Kean c’è, si vede, lascia sensazioni diametralmente opposte rispetto ai predecessori Nzola e Beltran (che passavano ore di partita senza mai calciare in porta), ma alla voce percentuale realizzativa deve migliorare. D’altronde, ‘come gioca centravanti gioca squadra’, recita una massima calcistica. E da queste parti ne sappiamo qualcosa visto che dal dopo Vlahovic la Fiorentina è ancora alla ricerca di un nove che faccia la differenza. O meglio che faccia il suo, quello che deve fare, cioè gol. Non 25, 30, 40, ma neanche la miseria di reti che hanno messo a referto tutti gli attaccanti che si sono succeduti dopo il serbo. Stando alla sola Serie A, infatti, Nzola l’anno scorso ne fece 3, Belotti 3 in metà stagione, Beltran 6. Prima ancora Piatek ne fece 3 in metà stagione, Cabral ne ha fatti 10 in 42 partite, Jovic 6. Kouame, che spesso ha giocato da nove (quasi per disperazione), ha segnato 6 gol in due campionati. Nelle idee della dirigenza viola quell’uomo è Kean. Sperando che coi pali abbia già dato visto che tra l’altro, l’anno scorso, la Fiorentina sul legno ha sbattuto più di tutti gli altri in Serie A, quasi anche più di tutti in Europa. Quindi, non scherziamo: quest’anno va messa dentro, Kean su tutti.

Colpani alla Fiorentina. Ma…con o al posto di Nico?

Si è sbloccata la trattativa che porta Colpani in viola

Nonostante qualche timida smentita, il telefono dell'amministratore delegato del Monza Adriano Galliani ha suonato a più riprese negli ultimi giorni. Dall'altro capo c’era Daniele Pradè, col ds viola deciso a regalare al nuovo tecnico viola Raffaele Palladino il suo pupillo. Quell'Andrea Colpani che negli ultimi due anni proprio lui ha fatto rendere al meglio con la maglia del Monza, trasformandolo in uno dei talenti più cristallini e interessanti del panorama italiano. E alla fine, l'accordo le due società lo hanno trovato. 4 milioni per il prestito oneroso più 12/13 per il riscatto, questa la cifra, importante, che la Fiorentina avrebbe investito (ancora il condizionale è d'obbligo vista l'attualità della chiusura) per regalarsi il fantasista bresciano. Proprio questo pomeriggio, mentre Palladino e la squadra si trovano nella fresca Preston in Inghilterra, l'agente del giocatore ha fatto visita al Viola Park, dove ha definito i termini dell'accordo con la squadra di mercato della Fiorentina. Ancora poco e poi il passaggio di Colpani sarà ufficiale. Ma chi è Andrea Colpani? Lo chiamano "El Flaco" per quell'andatura elegante nel portare palla che ricorda Javier Pastore. Il classe 99 però dopo un primo anno di ambientamento in Serie A TIM, conclusa comunque con quattro gol importanti, si è letteralmente preso il palcoscenico del calcio italiano con il suo sinistro letale e quella tecnica che piace ai puristi del bel gioco. Del Monza di Raffaele Palladino è stato un punto fermo, anzi è stato la costante di una formazione sembrata spesso mutevole e in grado di studiare nuove strategie per vincere nel calcio moderno. Andrea Colpani può essere il talento del futuro anche per la Nazionale e non è passato inosservato agli occhi del ct Luciano Spalletti, tanto che lo scorso novembre lo ha convocato per le gare di qualificazione all’Europeo contro Macedonia e Ucraina. E poco importa se il Flaco non ha preso parte alla disastrosa spedizione dell'Italia a Euro 2024: qualora dovesse confermarsi in viola, sarà sicuramente parte integrante del nuovo corso della Nazionale azzurra. Nato e cresciuto a Brescia nel mito di Roberto Baggio, anche se nel Monza di Palladino si è imposto sulla trequarti, la crescita di Andrea Colpani è avvenuta da centrocampista centrale. Vista l'ottima tecnica di base e un carattere che gli hanno permesso di imporsi al primo anno in Serie A, Palladino lo ha spostato in avanti di qualche metro a supporto degli attaccanti in maniera tale da sfruttare il sinistro preciso e i tempi di inserimento in area. Il feeling con la porta avversaria non è un caso e lo rendono un giocatore atipico per il nostro calcio anche perché dotato di una fisicità importante con i suoi 184 centimetri di altezza. Classe 1999, ha indossato i primi scarpini con la Sarzenese e gli scout dell'Atalanta - tra i migliori del mondo - non se lo sono lasciati sfuggire portandolo in nerazzurro già all'età di otto anni. Il suo è stato un nome che spesso si è fatto per descrivere la bontà del settore giovanile della Dea che nel nuovo millennio ha prodotto, anche grazie agli insegnamenti di Gian Piero Gasperini in prima squadra, giocatori di alto livello. Colpani però con i nerazzurri non ha mai esordito e la prima stagione da professionista titolare l'ha fatta in prestito, senza mai più far ritorno a Zingonia. Nell'estate del 2019 Colpani è stato ceduto in prestito al Trapani per - come si dice - farsi le ossa. In Sicilia trova lo spazio richiesto inanellando 34 presenze, esordendo l'11 agosto a 20 anni in Coppa Italia. La retrocessione in Serie C del Trapani però resta una ferita. Il ritorno all'Atalanta è stato solo momentaneo. Delle qualità di Andrea Colpani si interessano al Monza in pieno progetto per scalare le gerarchie del calcio italiano dalla Serie C alla Serie A.   Nel 2020/21 Adriano Galliani lo prende in prestito biennale dall'Atalanta puntando sulle qualità del "Flaco" garantendosi l'obbligo di riscatto a determinate condizioni. Nella seconda stagione in Serie B Andrea Colpani è sbocciato realizzando 5 gol in campionato, ma soprattutto mostrando continuità di rendimento e un carattere migliorato in campo. Con la promozione in Serie A del Monza è scattato l'obbligo di riscatto da parte dei brianzoli per 9 milioni di euro e nell'agosto 2022 ha trovato anche il primo gol in Serie A contro l'Udinese il 26 agosto 2022. In totale nella prima stagione nel massimo campionato sono 4 i gol realizzati, mentre ancora il 26 agosto - ma questa volta nel 2023 - Colpani ha realizzato la sua prima doppietta nel massimo campionato. Proprio nella scorsa stagione Raffaele Palladino ha puntato con decisione su di lui e i risultati sono arrivati, visti gli 8 gol e 4 assist messi a referto. Adesso per lui si apre una nuova avventura, fortemente voluta da allenatore, club e giocatore stesso. E in attesa di vederlo in azione con la maglia viola, i tifosi si chiedono se Colpani andrà a formare con Nico Gonzalez un duo altissima caratura a supporto di Kean. O se l'arrivo del Flaco bresciano sia solo il prodromo alla partenza dell'argentino.

Dialoghi (immaginari) di un mercato che attende i centrocampisti

La Fiorentina deve ancora completare la mediana

Volevo prendere Lovric dall’Udinese di Pozzo - E lui? Mi ha chiesto 12 - E te? Ho offerto 6  - E lui? Vuole 12 - E te? Ho richiamato Galliani per Colpani - E lui? Vuole obbligo di riscatto - E te? Ho offerto un diritto di riscatto - E lui? Nulla, vuole l’obbligo E te? … Potremmo andare avanti per ore nell'immaginarci un dialogo tra Daniele Pradé e un interlocutore qualunque che gli chieda: "Direttore, ma chi si compra?". Il problema sorge nel momento in cui quel dialogo da immaginario diventa reale, con la Fiorentina che continua ad avere delle voragini in mediana e diverse caselle della propria rosa ancora da completare nonostante, ormai, manchino 24 giorni alla prima di campionato. Sarebbe ancora più divertente immaginarsi i dialoghi coi vari Sabiri, Amrabat e Nzola, ma difficilmente ne verrebbe fuori qualcosa di filosofico o che arricchirebbe il vostro bagaglio culturale. Meglio tornare alle urgenze, ovvero dei centrocampisti da dare a Palladino. In origine sembrava già tutto apparecchiato per Aster Vranckx. Ma il Wolfsburg voleva 10-12, la Fiorentina offriva 7-8. Intesa a metà strada? No. Poi c'era Thorstvedt, col Sassuolo che voleva 8-9 mentre la Fiorentina offriva 6-7. Intesa a metà strada? No. Quindi si arriva a Lovric, per cui l'Udinese vuole 12 ma la Fiorentina non va oltre i 6-8. Intesa a metà strada? No. E poi ecco Colpani, col Monza che vuole l'obbligo di riscatto e la Fiorentina che risponde diritto di riscatto. E quindi, per adesso: No. Tempi duri, insomma, per i refreshatori seriali del mercato. Ad ogni F5 sui siti specializzati c’è sempre la stessa storia: la Fiorentina va su tizio, ma quel club vuole 10, la Fiorentina offre 5, poi arriva un altro e lo prende. E arrivederci e grazie, come accaduto pochi giorni fa con Zaniolo e con grande probabilità accadrà pure con Brescianini. Certo, se poi Gasperini e l’Atalanta andassero a prendere calciatori trattati da altri club, magari…Nelle trasmissioni radio idem, tutti sintonizzati ad aspettare che arrivi la notizia della fumata bianca, e invece…picche, con briscola a fiori. Il tutto dopo mercati in cui il fil rouge è stato più o meno sempre il medesimo. Dalle offerte di 20 per Gudmundsson quando il Genoa chiedeva 30, passando per i 20 prima e 15 poi offerti al Sassuolo per Berardi, quando Carnevali ne voleva comunque 30. E niente, il prossimo! Morto un Papa, come si dice, se ne fa un altro. Lo disse anche Lollo Venuti nei giorni in cui Torreira non venne riscattato. Col senno del poi…quell’altro Papa ancora non si è fatto, anzi. La Fiorentina non ha più un centrocampista. Ma qualcuno arriverà, sì, dai, per forza. Giusto il tempo di fiondarsi su un altro tizio, offrire un po’ meno di quanto vuole quel club e di vedere un po’ quello che succede. Oggi ci abbiamo provato anche noi: siamo andati a fare la spesa perché il frigo era vuoto, alla cassa ci hanno chiesto 30 euro, ne abbiamo offerti 20, et voilà: pane e salame son rimasti al supermercato. Assieme al cocomero, che tanto fa andare solo al bagno a fare pipì. Il prossimo! Eccolo, Casadei, che il Chelsea ha pagato 15 milioni di euro più 5 di bonus sulla fiducia, a 20 anni, senza aver fatto presenze in Serie A e che ha girato due volte in B inglese. Ovviamente prestito con diritto di riscatto, sperando che non ci sia troppa distanza tra le cifre affinché riparta un’altra tiritera che, poi, termini in un nulla di fatto.

Nzola, un danno da 25 milioni

L’angolano lasciato a casa. Sperando che parta

La Fiorentina è partita per la tournée in Inghilterra lasciando a casa M’Bala Nzola. L’attaccante angolano, di fatto, è un separato in casa da inizio raduno. Palladino non ci ha mai puntato neppure per fare il ‘birillo’ nelle esercitazioni al Viola Park, dove si è sempre allenato non col gruppo. TOP 15 Se si guarda agli acquisti più onerosi della gestione Commisso, fino a pochi giorni fa Nzola rientrava di diritto nella top 10, coi 12,6 milioni di euro che la Fiorentina ha versato nelle casse dello Spezia. Gli innesti di Moise Kean e Pongracic lo hanno fatto slittare fuori dai primi dieci acquisti più costosi della gestione italo-americana, in cui resistono Amrabat, altro che per la Fiorentina è stato più un danno che una risorsa, Duncan, lasciato andar via a parametro zero dopo essere stato pagato 15 milioni e Ikoné, il cui futuro è ancora tutto da scrivere. Ma Nzola, anche con l’arrivo ormai prossimo di Colpani, resterà nella top 15. E soprattutto resterà al Viola Park ad allenarsi da solo, in attesa di sistemazione. VIA, MA DOVE? Facendo un rapido calcolo l’angolano è già costato alla Fiorentina 12,6 milioni di euro per il cartellino e 3 milioni di euro lordi di ingaggio. Se nessuno lo dovesse acquistare o, comunque, lo prendesse in prestito, è probabile che parte dell’oneroso stipendio dell’attaccante rimanga a carico della società viola. Parlando tra noi, chi è il folle che in Serie A spenderebbe 10 milioni di euro per il cartellino di Nzola? Sicuramente nessuna squadra che sta davanti ai viola nelle gerarchie del campionato, forse qualcuno che lotta per la medio/bassa classifica, ma col piffero a titolo definitivo, e col piffero bis corrispondendogli l’ingaggio che percepisce a Firenze. In virtù della scadenza al 2027 prevista dal contratto coi viola, Nzola guadagnerebbe dalla Fiorentina ancora 9 milioni di euro lordi. Insomma, un danno epocale, quantificabile in 25 milioni di euro. L’unica speranza è che qualche club di Bundesliga, bassa Premier, Liga o di secondo livello in Arabia o Qatar lo prenda. Già riprendere qualche milione, o risparmiarne qualcuno dell’ingaggio, sarebbe qualcosa (come accaduto per Kokorin, altro bagno di sangue economico e tecnico). STORIA. La storia di Nzola è nota. Era arrivato a Firenze dopo aver segnato 13 gol con lo Spezia, con Italiano che lo aveva avuto in Liguria nel 2020/21 in cui fece 11 gol e al Trapani. Eppure non ha mai funzionato. A parte quella bella prestazione col Genoa alla prima giornata, già col Rapid Vienna nel playoff di ritorno di Conference League, dunque alla quarta gara stagionale, il Franchi disapprovò la sua prestazione con sonori fischi per alcuni errori sotto porta imbarazzanti. L’unico lampo degno di nota il gol allo scadere al Bruges, dopo settimane in cui era rimasto fuori per scelta tecnica, o motivi personali, o quello che volete. Insomma, un flop totale.   SE VA…Se Nzola dovesse partire, a quel punto la Fiorentina potrebbe andare a prendere un vice Kean. Sempre che non decida di confermare Kouame. Ma molto dipenderà dal se e come partirà l’angolano. Se dovessero entrare dei soldi e in che tempi? E’ un rebus. Anzi, un bagno di sangue. E per chi ha le risorse contate (non in termini di ricchezza della proprietà, ma in termini di fatturati), il danno è enorme. La speranza, ovviamente, è che la Fiorentina venda Nzola a 25 milioni, come ha fatto l’anno scorso rifilando il ‘pacco’ Cabral al Benfica (che adesso non sa come sbolognarlo dopo un anno disastroso) . Ma non sempre ciò accade. Anzi…

Sottil: ora o mai più. E' il momento di svoltare

Il viola è partito col piede giusto. Questo deve essere il suo anno

Quando Riccardo Sottil fece l’esordio in Serie A, Raffaele Palladino dava gli ultimi calci al pallone prima di appendere gli scarpini al chiodo. Era il 2018, giusto per dare dei riferimenti temporali. All’epoca, per molti addetti ai lavori era Sottil quello forte che veniva fuori dal settore giovanile della Fiorentina, non Chiesa. Poi, però, uno è diventato un grande calciatore (al netto di come la si pensi sulla scelta di lasciare Firenze per andare alla Juve), mentre Sottil è rimasto una promessa, che forse esploderà. Forse, chissà. Fin qui, quell’appuntamento non è ancora arrivato. Arriverà? Ci puntò Di Francesco a Cagliari, ha avuto come tecnici Iachini, Montella, Pioli, Italiano e adesso Palladino. Tutti ne hanno sempre parlato bene, qualcuno benissimo, sperando che sbocciasse. Adesso è in arrivo un’altra occasione, probabilmente l’ultima: adesso o mai più. Il gol segnato alla Reggiana in amichevole ricorda molto quelli che aveva siglato a Club Bruges e Sassuolo quando, pochi mesi fa, sembrava aver finalmente trovato la chiave di volta per esplodere definitivamente. Poi altro infortunio, stagione finita anzitempo e appuntamento con la consacrazione ancora rimandato. E’ calcio d’estate, giusto ribadirlo. Ma Sottil, a questo giro, sembra essere partito col piede giusto. E’ il momento di svoltare, lo sa lui e lo sanno tutti. Sono passati ormai due anni da quando Daniele Pradè in conferenza stampa lo incoronò come possibile rivelazione della stagione ma nel frattempo, tra qualche alto, tanti bassi e una moltitudine di problemi fisici quell’esplosione non si è mai verificata. Già in fase di presentazione il neo tecnico viola Raffaele Palladino ne parlò benissimo. E’ stato tra i più in palla nella prima parte di ritiro al Viola Park, fino al gol messo a segno con gli emiliani venerdì sera e conseguenti altri elogi da parte del mister gigliato. "Riccardo è un giocatore forte, col quale ho parlato molto in questi giorni e che bisogna stimolare sempre. Sono sicuro che farà un grande campionato. Lui sa che deve alzare la sua media realizzativa”. Ecco, gli stimoli e la fiducia ci sono, ma va sfruttata. Stavolta, o meglio anche stavolta, Sottil inizierà la stagione nella speranza di tutti che possa essere quella giusta. Ma a questo giro sarà ‘dentro o fuori’. O svolta, oppure…  

“Good luck Nihola”. E ben arrivato a Pongracic

I 7 anni di Milenkovic alla Fiorentina, che sarà sostituito da Pongracic

Per un –ic che se ne va, un altro –ic arriva. La Fiorentina avvicenda il serbo Nikola Milenkovic col croato Marin Pongracic. A livello di età siamo lì, visto che entrambi sono del 1997, per cui la società viola non si ringiovanisce né invecchia. I costi dei cartellini sono praticamente gli stessi, coi soldi che entrano nelle casse viola che saranno girati ‘pari pari’ in quelle dei salentini del Lecce. Cambia, semmai, il costo a bilancio: Milenkovic, infatti, percepiva oltre 3 milioni di euro netti a stagione, mentre Pongracic ne prenderà 2,1 all’anno. Al netto di come la si pensi sulla politica della società viola in termini di attenzione alle spese, del taglio del monte ingaggi e sul valore tecnico di chi è stato ceduto al cospetto di chi è stato acquistato, con l’addio di Milenkovic si chiude una storia sportiva e umana durata sette anni.  264 partite in tutto, inaugurate dall’esordio in Serie A a Cagliari il 22 dicembre 2017, a 20 anni, da titolare, in un successo 0-1 targato Khouma Babacar. Curioso come proprio in Sardegna abbia messo a referto l’ultima presenza in Serie A con la maglia viola, visto che nel recupero di Bergamo contro l’Atalanta di inizio giugno non scese in campo. Tanti i momenti di alti e anche di bassi per Milenkovic, diventato col tempo per tutti Nihola in tipico ‘accento’ fiorentino. Degno di nota quel testa a testa del 2018 con un certo Gonzalo Higuain, quando El Pipita era alla Juventus e il serbo gli si presentò, a 21 anni, a muso duro senza timori reverenziali. Pochi mesi dopo arrivò anche il primo gol in Serie A, in un Fiorentina-Chievo finito 6-1, con una botta pazzesca da fuori. Poi il primo centro di quello che è sempre stato un suo punto di forza, il colpo di testa, contro la Spal in un 3-0 di fine settembre 2018, con anche la soddisfazione di aver siglato un gol alla Juventus a Torino. In quegli anni su lui suonavano sirene importanti, proprio dalla Premier dove sarebbe approdato anni più tardi. Corvino parlò di un’offerta da 40 milioni arrivata a gennaio dal Manchester United, che la Fiorentina rifiutò. Poi ci fu il passo indietro dei Della Valle, ma anche sotto la gestione Commisso, col ritorno di Pradè e Montella in panchina, Milenkovic continuò ad essere un perno della difesa della Fiorentina. A dire il vero, per lui, le richieste non sono mai mancate, Inter su tutti. Tanto che, quando Milenkovic viaggiava sempre più verso la scadenza del contratto, sembrava ormai imminente il suo approdo in nerazzurro. Ma alla fine non se n’è mai fatto di nulla. E proprio in virtù di quel pericoloso avvicinamento alla scadenza e delle tante richieste, la Fiorentina gli rinnovò il contratto fino al 2027 a 3,3 milioni di euro all’anno. Nel 2019/20 diversi anche i gol messi a segno, 5, al Napoli nella prima in A di Commisso a quelli con Udinese, Sassuolo, Roma e Bologna. In quella successiva furono 3, mentre nel primo anno di Vincenzo Italiano ne fece uno, a Roma, alla prima di campionato e due in Coppa Italia, uno al Benevento ma anche al 93’ a Bergamo contro l’Atalanta. Nel 2022/23 andò in rete 3 volte, con Spezia e Samp in campionato e col Sivasspor in Conference League. L’anno scorso, invece, sono stati 0 i gol. Diversi anche i bassi, come quel rosso ingenuo che rimediò in una gara con la Juve per un fallo a centrocampo, o per una reazione su Belotti, ma anche diverse difficoltà nel riuscire ad esprimersi ai suoi livelli nei meccanismi della difesa alta di Vincenzo Italiano. Tante anche le problematiche fisiche con cui ha dovuto convivere nei due anni passati, così come gli ultimi due appuntamenti internazionali giocati con la sua Serbia non sono stati certo da ricordare, tra un Mondiale difficile (con tanto di due reti prese dalla Serbia per suoi errori sulla linea del fuorigioco) e un Europeo incolore. Insomma, le premesse su una sua crescita fino ai livelli da top player che sembravano esserci su di lui quando muoveva i primi passi da difensore della Fiorentina, col senno del poi, non si sono avverate. Milenkovic è rimasto un buon difensore, coi suoi punti di forza e altrettanti di debolezza. Ma con un ingaggio che nel frattempo è rimasto da ‘top’, tanto da indurre la dirigenza a cambiare rotta. Anche storie umane, dicevamo. Si perché Milenkovic, fino a pochi giorni fa era uno dei reduci di quello spogliatoio che dovette superare il lutto della perdita del capitano Davide Astori. L’altro è Cristiano Biraghi, che ha ereditato la fascia che portava Davide, coi gradi di capitano che a tratti ha ricoperto anche lo stesso Nikola. Dramma umano, tra l’altro, rivissuto dal serbo nei giorni della scomparsa di Barone. Di Milenkovic ha sempre colpito il garbo nelle relazioni, per cui si può tranquillamente dire che la Fiorentina ha ceduto un gran bravo ragazzo, attaccato alla maglia viola, a Firenze e alla Fiorentina, che forse come difensore poteva fare qualcosa di più, anche in virtù dei tanti soldi che percepiva di stipendio. Ma insomma, siamo sicuri che in un eventuale futuro incrocio con il Nottingham Forest, per lui non ci saranno fischi ma solo applausi. E dunque: ‘good luck Nihola’, e ovviamente ‘benvenuto Pongracic’.

Dica 33! Tra trentatré giorni la prima ufficiale della Fiorentina

I viola si avvicinano alla prima partita della nuova stagione

Domanda, secca, orsù: “trentatré, cosa vi viene in mente”? Così, su due piedi? Qualcuno di voi lo avrà già pensato:  ‘Trentatré trentini entrarono a Trento tutti e trentatré trotterellando’, facile no? Poi, dirlo rapidamente, è un po’ più difficile, ma con un po’ di esercizio si può fare. Tra l’altro, ma perché erano trentatré? E perché entrarono a Trento trotterellando? Bho! A qualcuno sarà venuto in mente il ’33, gli anni di Cristo’, pensando a qualche zio o nonno che, a Natale, dinanzi alla Tombola (a proposito, ci si gioca ancora?), dava sfoggio del suo conoscere a memoria tutta la Smorfia. A qualcun altro sarà venuto subito in mente il numero che aveva Mario Gomez, ricordandosi di tempi in cui a Firenze ‘erano giorni di grandi sogni, erano vere anche le utopie’. Altri ancora avranno pensato a concetti matematici, terne pitagoriche o cose da cui ci teniamo volutamente alla larga. Non ci faremmo una gran bella figura. E poi, ancora, il ‘dica 33!’.Ecco, nel caso della Fiorentina 33 sono anche i giorni che mancano alla prima uscita ufficiale della stagione, a Parma, prima gara della Serie A 2024/25. Detto tra noi, ad oggi, se fossero 44 o 55, forse forse sarebbe pure meglio. Anche perché, se da una parte c’è da buttarsi alle spalle delusioni e scorie del recente filotto di finali perse, unite ai due ottavi posti in classifica che non hanno certo esaltato, dall’altra c’è un mercato che fin qui non ha eccitato. Diciamocelo chiaramente: la Fiorentina ha preso Kean (evviva Kean), magari prenderà Thorstvedt e forse pure Vranckx, chissà che non stia chiudendo proprio in queste ore, ma se ci fosse l’applausometro difficilmente si registrerebbero picchi altissimi. Fin qui, piuttosto che l’avvicinarsi della prima partita della nuova stagione scalda solo il gran caldo che fa.D’altronde, il proverbiale ed eccitante ‘chi si compra?’ da queste parti è ancora fermo al ‘Pradè è alla finestra’. Anche perché, come spesso accade nel calcio moderno, prima c’è da pensare al ‘chi si vende?’. Ed ecco che i vari Ikoné, Nzola, Sabiri e pure Amrabat sono in vetrina a prezzi di saldo al Viola Park, qualcuno nel retrobottega, altri in giro per il mondo con permessi e vacanze extra, sperando che un cliente passi di là, se ne innamori e porti denari alla Fiorentina. Poi c’è il ‘caso’ Milenkovic, paperone della rosa viola con un ingaggio da nababbo che la dirigenza venderebbe volentieri, sia per abbassare il monte ingaggi che per…abbassare il monte ingaggi, senza dimenticare la necessità di abbassare il monte ingaggi. Ovviamente stiamo facendo ironia, la stessa con cui vogliamo ribadire che alla prima partita ufficiale della stagione mancano 33 giorni. Pochi? Tanti? Decidete voi.Ad oggi, la prospettiva di presentarsi al Tardini sperando che Kean imbrocchi finalmente la stagione giusta, che per Sottil sia l’anno della consacrazione definitiva e che Mandragora disegni calcio in mezzo al campo, scaldano un pizzico poco. Almeno tra qualche giorno, in realtà non meno di una quindicina, torneranno a Firenze anche i due campioni del SudAmerica, Gonzalez e Quarta, mentre per Beltran ci vorrà quasi un altro mese. Praticamente, per la sfida coi ducali di Pecchia e forse anche per l’andata del playoff di Conference League, sono tutti a rischio, tra chi sarà in ritardo di condizione e chi sarà appena rientrato. Ecco perché, forse forse, anziché 33 giorni sarebbe meglio ne mancassero 44 o 55. Ma tant’è. Nel dubbio, se la dirigenza battesse dei colpi…l’attesa potrebbe diventare un po’ meno disillusa.

E se fosse l’estate di Bianco?

Il centrocampista potrebbe scalare le gerarchie viola

Col gol segnato l’altro giorno alla Francia, coi suoi 16 anni e 362 giorni, lo spagnolo Lamine Yamal è diventato il giocatore più giovane di sempre a segnare tra Mondiali ed Europei. Record che, tra l’altro, apparteneva in precedenza ad un certo Pelé. Premessa: se (al netto della bellezza del gol, che già di per sé meriterebbe ore di applausi) la cosa non vi fa emozionare, bhè, probabilmente rientrate nella categoria degli insensibili di cui anni fa parlava Buffon, e se vi guardate bene sotto al mento, quasi certamente vi troverete addosso un bidone dell’immondizia al posto del cuore. La ventata di gioventù portata dal fenomeno spagnolo, con le mille doverose e debite differenze del caso, chissà che non investa anche il calcio italiano, perché no anche la Fiorentina. Attenzione, nonostante il grande caldo di questi giorni non siamo stati (ancora) colpiti da deliri da colpo di calore. Non preoccupatevi: non vogliamo sostenere la tesi che, a guardarlo meglio, in effetti Ikoné ricorda un po’ Yamal; non diremo che Robben ricorda Cerci (cit.); non abbiamo intravisto in Kouame la tecnica dello spagnolo. Ma chissà che questa non possa essere l’estate di Alessandro Bianco. In fondo, il centrocampista cresciuto nel settore giovanile gigliato con cui ha vinto titoli a profusione, in confronto a Yamal è quasi ‘vecchio’, coi suoi 5 anni in più. E diciamocela tutta: Alessandro di nome, Bianco di cognome, che noia! Si fosse chiamato Alexander Biancovich o Alex Van Der Biancon, probabilmente giocherebbe già titolarissimo nella Stella Rossa o nell’Ajax, mentre alle nostre latitudini, a 22 anni, è ancora alla ricerca dell’occasione. Ma…c’è un ma. L’opportunità giusta potrebbe essere ora. Magari non quella da ultimo appello, ma sicuramente la chance da sfruttare. Come in una sorta di ‘Squid game’, infatti, i concorrenti di Bianco sono usciti dal gioco uno dopo l’altro: Arthur non riscattato dalla Juve (‘taac’); Maxime Lopez non riscattato dal Sassuolo (‘taac’); Castrovilli e Bonaventura svincolati (‘taac’); Duncan via a parametro zero (‘taac’); distanza tra Fiorentina e Wolfsburg per Vranckx (‘taac’); forte inserimento dell’Atalanta su Brescianini (‘taac’); Amrabat vuole solo la cessione (‘taac’); solo Mandragora tra gli altri centrocampisti a disposizione (‘taac’). E ok che la Fiorentina ha in pugno Thorstvedt, sempre che non ci piombi sopra in extremis l’Atalanta perché tanto, ormai, gira così, ma il giovane viola pare avere tutte le carte in regola per dire la sua. In fondo l’anno scorso è stato il miglior giocatore della Reggiana in B, ha caratteristiche che a questa Fiorentina mancano, ha già fatto esperienze in prima squadra giocando in Serie A e anche in Conference League, perciò non si capisce perché non possa essere meritevole di provare almeno ad ambire di poter stare stabilmente tra i calciatori che si alterneranno nella mediana viola. Anche perché, se poi devi andare dall’altra parte del mondo a prendere un Infantino qualunque o spendere milioni per chissà chi, forse forse… Attenzione, avviso ai naviganti: chi vi parla non sceglierebbe, ad oggi, Bianco anziché Jorginho, Torreira, Calhanoglu, Kroos, Modric o chi più vi pare e piace. Ma magari, tra i tanti nomi accostati alla Fiorentina, la possibilità che Bianco possa far bene al pari di un Bondo, un Vranckx o un qualsivoglia sconosciuto che, magari, ti costa anche svariati milioni, quella sì. O almeno la speranza c’è. Anche perché, diciamocelo chiaramente: non sembra esserci tutto sto granché nei nomi che vengono accostati alla Fiorentina per la mediana. Magari in queste ore, mentre vi stiamo parlando, Pradè e Goretti stanno lavorando sottotraccia per prendere Barella, Rodri o anche Frattesi, ma questo ci appare un po’ inverosimile. Chissà, insomma, che questa non possa essere l’estate di Bianco. E che poi, alla riprova dei fatti, magari anche dopo qualche partita sottotono e qualche errore che, coi giovani, va messo in conto, non possa diventare il faro del gioco della Fiorentina. Se non ora, quando?

Da Zaniolo a Colpani e (ancora) Berardi. E se Nico partisse?

Voci, rumors e indizi. Gonzalez potrebbe essere ceduto dalla Fiorentina

‘Nico resta al 99%’. Il punto di partenza è questo, ovvero quanto quell’1% possa ampliarsi o meno anche in ottica di eventuali offerte che (e se) arriveranno alla Fiorentina per l’argentino. Con quelle parole il ds viola Daniele Pradè disse tutto e niente, perché in fin dei conti nel calcio di oggi è così. Se arriva l’offerta monstre è quasi impossibile rifiutare, per qualsiasi giocatore. Quelli che hanno detto no, come l’Inter quando rifiutò ogni offerta per Skriniar o il Psg quando ha detto di no per Mbappè, alla fine sono rimasti col classico cerino in mano, perdendo calciatore e soldi, visto che sono andati via a parametro. Tornando a vicende di casa viola e quindi a Nico Gonzalez, voci e rumors su obiettivi di mercato accostati alla Fiorentina hanno fatto il resto.  INDIZI-COINCIDENZE-PROVE. ‘Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova’, diceva Agatha Christie. Nel caso in questione, il primo indizio sono state le parole di Pradè, il secondo l’insistenza con cui la squadra mercato viola ha trattato Nicolò Zaniolo prima, poi i rumors su Colpani che si sono fatti sempre più fitti e ancora le voci rilanciate nelle ultime 24 ore su un nuovo ammiccamento a Berardi, senza dimenticare quel nome sullo sfondo che ogni tanto ritorna, ovvero Gudmundsson. Magari è tutto un caso, ma potrebbe anche non esserlo. PRO E CONTRO. Premessa: ad oggi non risultano offerte di chissà chi per l’esterno argentino, tra l’altro impegnato in Coppa America con l’Argentina dove ha anche buone chances di vincere la competizione. Ma è molto probabile che qualcosa si possa muovere, soprattutto dal mercato inglese dove i quattrini non mancano. A maggior ragione se alzasse al cielo la Copa con l’albiceleste. L’anno scorso, nel dubbio, ha messo dentro 16 reti, perciò chi sia Nico Gonzalez è difficile non saperlo. Pro e contro, dicevamo. Che l’esterno sia uno dei pochi calciatori a disposizione ad oggi di Palladino in grado di poter fare la differenza, su questo non ci sono dubbi. L’altro era Bonaventura, che non è più viola al pari di Arthur, mentre cosa potrà essere Kean sarà tutto da vedere. Al tempo stesso, però, c’è da rifare in toto il centrocampo, per cui Gonzalez sarebbe uno dei pochi da cui poter far cassa per reinvestire in calciatori che facciano non tanto numero, quanto che permettano alla Fiorentina di fare il salto di qualità. Il tutto senza dimenticare la tattica. Palladino nelle prime dichiarazioni ha fatto intendere di prendere in seria considerazione l’idea di un assetto improntato sul 3-4-2-1. E quindi Nico? Magari come trequartista ci può anche stare, sì, ok. Ma c’è un altro problema: per rifare gran parte della rosa o la Fiorentina fa tutte operazioni fantasiose, tipo prestiti con diritto o pagherò, oppure tira fuori milioni e milioni. L’ideale sarebbe far cassa coi vari Ikoné, Nzola e Amrabat. Ma fin qui, a parte l’intenzione dello United di riportare a Manchester il mediano marocchino ma non certo per valanghe di milioni, quel tesoretto utile da poter investire per altri obiettivi non sta arrivando. E quindi…Il quesito torna e ritorna: e se Nico Gonzalez partisse? Intanto rumors e voci continuano a rincorrersi per tanti profili che sembrano così simili per caratteristiche e/o collocazione tattica a Nico Gonzalez. Sarà un caso?

Paradosso Milenkovic: ingaggio alto, rendimento no. E sul mercato…

Il difensore serbo della Fiorentina potrebbe finire sul mercato

C’era una volta un ragazzone serbo che, appena 20enne, prendeva e andava a muso duro con Gonzalo Higuain. Era il 2018, Nikola Milenkovic, per tutti a Firenze ‘Nihola’ (dove l’h diventa c ma è rigorosamente muta, tipo la ‘coca cola con la cannuccia corta’), stupiva per personalità, doti fisiche di marcatore difensivo e, soprattutto, prospettive. Mentre più volte il ds viola Corvino ha svelato di aver rifiutato mega offerte (da oltre 30 milioni, si mormora anche 40, da vari top club tipo lo United, ma non soltanto) per Milenkovic, negli anni la valutazione e il rendimento del difensore viola non hanno mantenuto le premesse. Il suo ingaggio, invece, è schizzato verso l’alto, tanto da essere il calciatore più pagato della rosa ormai dall’estate del 2022 quando il suo accordo col club di Commisso era in scadenza, l’Inter pressava per portarlo in nerazzurro, la Fiorentina non voleva privarsene a parametro zero e allora fu ‘costretta’ a tirare su gli emolumenti del difensore serbo per blindarlo. Il tutto per uno stipendio da oltre 3 milioni netti. Il rendimento sportivo di Milenkovic però, anziché andare a crescere è andato a calare. Con la sua Nazionale ha fatto un Mondiale in Qatar disastroso, mentre in questo Europeo non ha propriamente brillato. In maglia viola ha vissuto due/tre stagioni ben al di sotto della sufficienza. Sarà stato per la linea alta con cui Vincenzo Italiano amava far giocare la difesa della Fiorentina o per vari problemi fisici con cui Milenkovic ha dovuto convivere, fatto sta che il suo stipendio così remunerativo sta portato il club gigliato a fare delle doverose valutazioni. Premessa: un club ambizioso, come si è detto essere la Fiorentina per bocca del ds Pradè pochi giorni fa, non vende i propri migliori giocatori. Al massimo può valutare offerte monstre, a patto di reinvestire quei soldi per migliorarsi. Questa è la base, al netto di quello che riesce a fare l’Atalanta che vende a tantissimo, ricompra a poco e si migliora costantemente. Detto ciò, in un’estate in cui la Fiorentina deve rifare oltre mezza squadra, sacrificare una pedina che porti milioni pesanti può essere una strada. Certo, c’è chi spera di monetizzare dai vari Ikoné, Nzola e Amrabat, ma pensare di lasciar partire Milenkovic per una cifra congrua, in modo tale da alleggerire anche il monte ingaggi, potrebbe essere una ‘buona’ idea. O meglio, un’idea in linea con le logiche del calcio moderno e con le politiche aziendali della Fiorentina di Commisso. Avrebbe sicuramente più senso che cedere Kayode, che potrebbe ancora crescere, mentre Gonzalez è uno dei pochi che nelle corde potrebbe far ‘fare la differenza’. Premessa bis: Milenkovic non è in vendita, ma poco ci manca. Con la difesa a tre da cui ripartirà Palladino potrebbe tornare a suo agio, magari con meno campo da dover coprire alle spalle ma potendo sfruttare le sue doti di marcatore, ma resta quel pesante ingaggio, troppo pesante, quasi fuori parametri per la Fiorentina. Il nodo Milenkovic, dunque, c’è. E andrà sciolto. Intanto occhio a Theate, che dopo il dietrofront con l’Arabia potrebbe tornare di gran moda per la Fiorentina. Ripartire da un poker di centrali composto da Milenkovic, Theate, Ranieri e Quarta sarebbe un bel ricominciare. Sempre che il gigante serbo torni a fare la differenza, in positivo s’intende.

Ritiro al via: Amrabat, toh chi si rivede?! Forse; anzi no

Il marocchino non è tra i convocati. Si spera nei soldi dello United

Ultimo weekend di ferie, poi la stagione della Fiorentina ricomincerà. Raduno previsto per lunedì al Viola Park, coi primi test fisici e le visite mediche, poi si inizierà a fare sul serio. E sarà per il caldo, o perché tutti a pensare a ‘chi si compra?!’, ma da qualche notte dormire a Firenze si è fatto più difficile. I sonni e i sogni dei tifosi viola, infatti, sono in questi giorni costantemente disturbati da un pensiero, ansioso, terrificante, un incubo: ‘ma Sofyan Amrabat va, torna, resta?’. Chi sperava che il centrocampista marocchino varcasse da subito i cancelli del Viola Park, bello carico, determinato e pronto a mettersi a disposizione del neo tecnico Raffaele Palladino, magari con annessa firmetta su un rinnovo per più anni rispetto ai dodici mesi che gli restano di contratto con la Fiorentina, può tranquillamente girarsi dall’altro lato e continuare coi suoi sonni/sogni beati, quelli in cui spesso ci si immagina al fianco di Elisabetta Canalis, su un’isola deserta o coi milioni di euro vinti al Superenalotto. Intanto, con la lista dei convocati diramata oggi dalla Fiorentina, si sono avute le prime risposte: Amrabat non c’è. La società, infatti, gli ha concesso una settimana di vacanze in più avendo giocando con la sua Nazionale. Ma lo scenario sembra chiaro: da qui al 15 luglio Pradè, Goretti e gli altri dirigenti viola si attaccheranno al telefono con l’Inghilterra sperando che lo United tiri fuori un po’ di grana. Quanta? Importa fino ad un certo punto, visto che il suo contratto è in scadenza tra un anno e la volontà di andare via da Firenze è ormai cosa nota. Una cosa è altrettanto chiara: la speranza della Fiorentina è di non restare sotto scacco di Amrabat anche quest’estate. Il centrocampo è da rifare, serve capire quanti soldi ci sono da poter spendere e se il mediano marocchino va, non va, porta denari oppure no. Possibilmente in fretta. In questo momento ancor di più, visto che Palladino lunedì avrà come centrocampisti Mandragora, Amatucci, Bianco e un paio di tifosi a sorteggio. Non proprio il massimo. Insomma, non c’è tempo da perdere, né tanto meno da inseguire un Amrabat che, con grande probabilità, se non passasse allo United da qui a pochi giorni potrebbe assumere i gradi di disertore, perché figurati se Sofy si presenta in ritiro. Di precedenti ce ne sono, anche più illustri e/o piuttosto ‘fantasiosi’. Dai certificati medici di Bernardeschi, povera stella, impossibilitato a raggiungere la squadra poiché afflitto da persistenti problemi intestinali, guarda caso improvvisamente svaniti nel momento in cui la Juventus fece l’offerta da 40 milioni che lo portò a Torino, fino alla querelle Nikola Kalinic, a sua volta disertore tra certificati medici e una presunta rapina in patria e poi, anche lui, finito altrove, al Milan. Almeno Juan Manuel Vargas a Moena si presentò, 7 chili sovrappeso ma si presentò, tra l’altro facendo fallacci un po’ su tutti e venendo rispedito a Firenze dove sotto la ‘guardia’ di Vincenzo Guerini correva ogni giorno ai 40 gradi dei campini. Poi ci fu David Pizarro, al centro di un tira e molla acceso e serrato con la dirigenza viola per cui non si capiva se il Pek c’era o meno, se sarebbe rimasto o meno, se sarebbe partito col resto della squadra per Moena oppure no. Alla fine tutto rientrò, e Pizarro salì sul pullman. Veretout, invece, voleva andare a Roma a tutti i costi, e per tutto il ritiro non fece altro se non cyclette a Moena per farsi mandare via. Ben più celebri erano le ore, anzi i giorni, o meglio le settimane in cui ogni santa estate a Firenze non si sapeva se Batistuta sarebbe tornato o meno. Poi Vittorio Cecchi Gori metteva mano al portafogli, ritocchino dell’ingaggio, ed ecco che l’argentino tornava in tutto il suo splendore. Tornando ad oggi, il riassunto potrebbe semplicemente essere ‘Amrabat, toh chi si rivede?! Forse; anzi no’. Con un titolo: ‘In attesa che Sofy parta’. Perché tanto, quando ‘testa di calciatore è buona solo per portare cappello’, c’è ben poco altro da fare. E visto che Amrabat se la sente così tanto, per cui la Fiorentina è troppo poco per lui, che vada, non c’è alternativa. Il calcio moderno, d’altronde, funziona così.

Calendario Serie A: il vademecum del tifoso viola

Il cammino della Fiorentina nella prossima Serie A

Che siate del partito del ‘tanto si devono affrontare tutte’ o che siate già lì a fare il conto di quanti punti farà la Fiorentina nelle prime tot giornate, col sorteggio del calendario di Serie A inizia ufficialmente la nuova stagione.  Vademecum utile, punto numero uno: vietato dire ‘qui c’è il calendario facile’ perché ha sempre portato male, soprattutto quando la Fiorentina era in zone alte della classifica e aveva dinanzi a sé partite contro le ultime in classifica, puntualmente anziché fare bottino pieno è inciampata rovinosamente. Vi ricordate la partita con l’Empoli l’anno scorso a Firenze? O ancora i punti lasciati a gennaio, quando la squadra di Italiano era quarta in classifica ma fece con Sassuolo, Empoli, Udinese e Lecce la bellezza di 2 punti? Ecco, meglio evitare.  Punto numero due: non è vero che ‘tanto si devono affrontare tutte’. Cioè, lo è, ma solo in parte. Perché trovare nelle ultime partite stagionali squadre che magari sono in lotta per salvarsi, già salve e senza obiettivi o già retrocesse, sposta eccome. Così come può incidere il trovarsi a ridosso di un playoff di coppa, come nel caso della Fiorentina che dovrà giocare lo spareggio per entrare in Conference League, squadroni o squadrette. Punto numero tre: segnarsi sul calendario quando ci sarà la partita con la Juventus, andata e ritorno, può essere buona abitudine. E se, in caso, qualcuno vi dirà che siete provinciali, nel dubbio  può essere utile tenersi pronto un bello e sonante ‘e chi se ne frega?!’. Detto tutto ciò, pronti, via, la gara che inaugurerà la Serie A dei viola sarà al Tardini col Parma. Quindi ci sarà il Venezia e poi il Monza, entrambe al Franchi. Quindi, per chi lo stesse pensando, ‘shhhh! Era il punto numero uno’! I viola, dunque, se la vedranno con due neopromosse. In mezzo alle sfide con ducali e lagunari ci sarà il playoff d’andata di Conference League, mentre quello di ritorno sarà in mezzo alle gare con Venezia e Monza. Se poi, il ritorno europeo, la Fiorentina lo dovesse giocare in casa, questo sarebbe il top non dovendo mai spostarsi neppure per il viaggio in chissà dove. Dopo il Monza, gara tutta speciale per Raffaele Palladino, ci sarà la prima sosta per le Nazionali.  Quindi il lungo sfilatino di partite, con la sfida all’Atalanta di Gasp e Zaniolo già in programma a Bergamo alla quinta giornata, per sfidare poi alla sesta la Lazio, alla settima il derby in trasferta ad Empoli, poi il Milan a Firenze. Quindi altra sosta, per riprendere con Lecce fuori e Roma in casa, mentre nel turno infrasettimanale di fine ottobre ci sarà la trasferta col Genoa, quindi quella col Toro. A novembre la Fiorentina sfiderà anche Verona in casa e Como fuori, magari ritirando fuori quel vecchio striscione ‘voi comaschi, noi con le femmine’, che però oggi avrebbe un vago sapore discriminatorio. A inizio dicembre ci sarà l’Inter a Firenze. Poi il Cagliari fuori ed ecco il Bologna dell’ex Vincenzo Italiano al Dall’Ara. Quindi Udinese in casa e…alla diciottesima Juventus-Fiorentina (-‘aspetta, me lo segno, il 29 dicembre…ah guarda, per capodanno’ – ‘oh provinciale’ – ‘e chi se ne frega!’-; come da punto numero tre di cui sopra). L’ultima d’andata, invece, sarà col Napoli, gara che inaugurerà il 2025 della Fiorentina. Poi si andrà con il calendario asimmetrico, o quello che è. Senza rifare tutto lo sfilatino, segnaliamo la sfida del cuore per Palladino, alla prima di ritorno cioè alla ventesima giornata, a Monza, mentre Fiorentina-Juventus sarà a metà marzo, per la 29° giornata. Il ritorno con l’Empoli, che lo vediate come un derby oppure no, sarà in programma per la 34° giornata a fine aprile, mentre nelle ultime 4 giornate la Fiorentina se la vedrà con Roma fuori, Venezia fuori, Bologna in casa (quindi col ritorno da ex di Italiano) e Udinese fuori.  Pronti? Via. All’inizio delle ostilità mancano da oggi 44 giorni, o 45 se la Fiorentina giocherà di domenica. In bocca al lupo Fiorentina.

Cercasi gigante per l’attacco di Palladino

Da Lucca a Dallinga e Pinamonti, la Fiorentina cerca un nove vecchio stile

Un gigante per Palladino. La missione affidata al ds viola Daniele Pradè per quanto riguarda il numero nove sembra ormai chiara: dare al tecnico della Fiorentina un centravanti di stazza e centimetri. Oltre a Kean, s’intende, con l’ex Juventus che potrebbe anche andare a ricoprire una casella di esterno d’attacco. Il tutto al netto delle mille variabili del caso, tra cui la collocazione tattica di Beltran, la partenza di Nzola, Ikoné, perché no anche Kouame e/o Amrabat. Quest’ultimi non c’entrano niente con la casella di centravanti, ma tra il venderli e non farlo ci corrono diversi milioni da poter o meno investire. Basti pensare che Dallinga, centravanti del Tolosa, costa 25 milioni mentre Lucca ne costa 15, con l’aggiunta che per Kean ne sono già stati spesi 13 + altri 5 eventuali e futuri di bonus. Ma tornando agli aspetti meno economici e più calcistici, il fascino del centravanti classico sembra essere tornato di grande attualità, sia nel calcio in generale che per quanto riguarda la Fiorentina stessa. In teoria anche con Italiano era stato fatto il tentativo di alternare un centravanti fisico e uno più mobile. Se in principio c’era Vlahovic, dopo la sua cessione arrivarono un nove classico come Cabral che si alternava con Piatek,  poi fu la volta di Cabral e Jovic, quindi di Nzola e Beltran, con l’innesto a gennaio anche di Belotti. Nessuno di questi, tuttavia, ha funzionato granché. Adesso, con l’arrivo di Palladino, la caccia al nove di centimetri è ripartita, su input dello stesso neo tecnico della Fiorentina. Come detto, in questo momento le strade che sembrano essere le più sondate dalla dirigenza viola sono due: Thijs Dallinga, alto 1,90 e Lorenzo Lucca, che supera i 2 metri. Poi, ma più defilato, c’è un altro ragazzone che di professione fa il centravanti, Andrea Pinamonti, alto ‘solamente’ 1,85. Certo, tra l’uno, l’altro e l’altro ancora ci possono essere, anzi ci sono, tutte le differenze del caso. Thijs Dallinga, punta olandese del Tolosa, ha feeling con il gol e la scorsa stagione ha realizzato 14 gol in Ligue 1, 4 in Europa League e uno in Coppa di Francia per un totale di 19 reti che si sommano alle 18 dell’anno precedente, sempre in Francia. A frenare sono i 25 milioni chiesti dal club di appartenenza, ma per il resto sarebbe un profilo ideale. Per quanto riguarda Lucca, dopo i gol segnati al Pisa in B e il disastroso capitolo in Olanda all’Ajax, quest’anno a Udine si è ritrovato, anche se molti tifosi viola ricorderanno come in quel match d’andata si sia mangiato un gol praticamente a porta vuota. Per lui 8 gol e 4 assist, non male, quasi il triplo di Nzola, che in questa Serie A si è fermato a 3 miseri gol. A livello di esborso l’Udinese lo valuta 15 e la Fiorentina non vorrebbe andare oltre i 12 milioni. I bonus potrebbero fare la differenza. In terza ruota c’è Pinamonti, altro profilo che piace da tempo a Pradè, ma che negli ultimi giorni è un po’ uscito dai radar, che il Sassuolo valuta tra 15 e 20 milioni. Se pensiamo al futuro, nei casi di Dallinga e Lucca il valore economico potrebbe schizzare verso l’altro, mentre nel caso di Pinamonti questo sarebbe tutto da vedere. La pista Retegui, invece, è ormai naufragata visti i 30 milioni che il Genoa vorrebbe per l’italoargentino. Resta una semi certezza: oltre a Kean, Palladino vuole un gigante per il suo attacco, come aveva fatto a Monza con Djuric, che tutto sommato ha funzionato visto il rendimento dell’ex Hellas, in gol 4 volte in meno di metà stagione, tra cui anche alla Fiorentina, come da tradizione. A Pradè il compito di trovarlo e, soprattutto, prenderlo.

È Kean la grande punta di cui parlava Pradè?

L’attaccante ex Juve arriva alla Fiorentina con non poco scetticismo

Nella storia recente dei numeri nove della Fiorentina c’è un prima e un dopo Vlahovic. Considerando solamente l’era Commisso, con dunque Daniele Pradè come ds, prima (e durante) del serbo le punte che si sono avvicendate alla Fiorentina sono state Kouame, Cutrone, Boateng, Pedro (anche se in prima squadra non si è praticamente mai visto) e Kokorin. Nel dopo Vlahovic, invece, ci sono stati prima Piatek e Cabral, poi Jovic e Cabral, quindi Beltran, Nzola e Belotti. GOL/SOLDI.  Inutile sottolineare come sul centravanti la Fiorentina abbia commesso errori in serie, almeno considerando l’aspetto sportivo/tecnico. Dal punto di vista economico, invece, tutto sommato non sono stati fatti disastri: se la cessione di Vlahovic ha portato in dote 80 milioni (circa), Jovic è stato pagato 2,5 milioni, cioè l’ingaggio, Piatek costò 1 milione di prestito oneroso più altrettanti per l’ingaggio, Kouame venne preso per poco meno di 14 milioni (ma potrebbe essere ceduto per circa 10), Pedro costò 14 ma venne rivenduto a quasi la stessa cifra, Cabral costò 16 milioni ed è stato rivenduto a 25, Kokorin fu pagato 4,5 milioni per un ingaggio netto da 1,7 (spesa da cui non è rientrato nulla), Belotti è costato un paio di milioni tra prestito e ingaggio, Boateng costò un paio di milioni tra ingaggio e cartellino, Cutrone fu un prestito mentre gli investimenti per Nzola e Beltran sono costati 14 e 25 milioni (circa, andrebbero tolti vari bonus). Ora sarà la volta di Moise Kean, che costerà circa 18 milioni di euro tra parte fissa e bonus, più oltre 10 netti di ingaggio per 5 anni. Riassumendo, facendo i ‘conti della serva’ (dovrebbero essere considerati ammortamenti, bonus, risparmi da decreto crescita, plusvalenze, commissioni etc), con la spesa per l’innesto di Kean i soldi incassati per Vlahovic termineranno. Considerando tutte le competizioni, i gol che i vari attaccanti che si sono alternati alla Fiorentina hanno messo a referto sono stati 75 (19 Cabral, 13 Jovic, Kouame 10, Nzola 7, Beltran 10, Belotti 4, Kokorin 0, Pedro 0, Boateng 1, Cutrone 5, Piatek 6). Se si considera solamente le reti segnate in Serie A il conto scende a 44. IL GRANDE ATTACCANTE (?). Come detto, da adesso toccherà a Kean. Il classe 2000 è il grande attaccante di cui parlava Pradé qualche giorno fa? Tutto ruota su questo interrogativo. Al netto dei costi, comunque importanti visto che il suo acquisto costerà quasi come quanto la Fiorentina spese per Gilardino o Simeone e poco più di Nzola, lo score di Kean è tutt'altro che entusiasmante. L'anno scorso, ad esempio, ha chiuso a 0 reti. Ok i problemi fisici e un gioco come quello di Allegri tutt'altro che offensivo, ma 0 sono pur sempre 0. Tutti i discorsi cambierebbero se Kean fosse il 'sostituto' di Nzola o Kouame, cioè o l'ala o la punta più o meno titolare, ma non la certezza a cui affidare la cura al mal di gol dei numeri nove che la Fiorentina ha da anni. Ma la Fiorentina ha in mente di andare a prendere un altro grande attaccante? Come detto il nodo sta tutto qui. Il tempo ne dirà di più. In ogni caso: ‘Kean è della Fiorentina, evviva Kean’, sperando che non sia un altro Nzola, o più in generale un altro nove sbagliato .

Accuse ed affari. Kean quinta operazione Fiorentina-Juve con Commisso

Nemici a parole e negli ideali, ma spesso al tavolo delle trattative

Dal primo giorno in cui Rocco Commisso ha messo piede a Firenze non ha mai lesinato stoccate e stecche alla Juventus. STECCHE. Tra le prime dichiarazioni ci fu il “non è bello per il calcio italiano che in Italia vinca sempre la Juventus”, passando per le accese polemiche di un post Juventus-Fiorentina 3-0 in cui il patron viola si scagliò contro Nedved “il the se lo beva lui”, assieme a “la Juventus non ha bisogno di aiuti per vincere”, oltre a quelle frasi sugli Agnelli riportate dal Financial Times: “Il prezzo delle azioni del club è sceso di circa un terzo nei giorni successivi alla notizia dell’indagine (della Covisoc, ndr). Se gli stessi eventi si fossero verificati in una società quotata negli Stati Uniti, gli azionisti che avevano subìto perdite farebbero causa a quei farabutti”. Il tutto tra “un povero immigrato ha dovuto finanziare gli Agnelli vendendo un giocatore a rate” nei giorni in cui Chiesa passò alla Juventus fino al “meglio che non parlo della Juventus” di un anno fa, quando al patron viola venne chiesto un commento sulle indagini relative all’operato del club juventino e sui debiti accumulati dalla gestione Agnelli, oltre a varie stecche riservate all’operato dei dirigenti bianconeri nell’opera di convincimento su Vlahovic. Se questa è storia, l’altro aspetto dei controversi rapporti tra Commisso e la Juventus si intreccia anche sul mercato. ACCORDI E ‘FAVORI’. Mentre da Firenze a Torino sono passati Chiesa e Vlahovic, il percorso inverso lo hanno fatto di recente Mandragora e Arthur. Il prossimo a farlo sarà Kean. Nel caso delle uscite la Fiorentina ha fatto cassa, e lo ha fatto agevolando le esigenze della Juventus attraverso formule di cessione particolari: Chiesa passò in bianconero con la formula del prestito oneroso biennale (3 milioni il primo anno, 7 il secondo) e riscatto a 40 milioni di euro che sarebbe diventato obbligo al realizzarsi di una delle tre seguenti condizioni nei due anni di permanenza in prestito del giocatore: il piazzamento della Juventus tra le prime 4 in Serie A, il raggiungimento del 60% delle presenze totali (con il giocatore in campo per almeno 30 minuti) oppure il raggiungimento di 10 gol e 10 assist. A queste cifre andavano aggiunti ulteriori 10 milioni di bonus. Vlahovic, invece, è stato ceduto per 70 milioni di euro pagabili in tre esercizi, con 10 milioni di bonus legati al raggiungimento di crescenti obiettivi sportivi. Rolando Mandragora ha fatto il percorso inverso arrivando in viola a titolo definitivo per 8,2 milioni di euro pagabili in tre esercizi, cifra che poteva essere incrementata, nel corso della durata del contratto di prestazione sportiva del calciatore, per un importo non superiore a € 1,0 milioni, al raggiungimento di specifici obiettivi sportivi. Poi è stata la volta di Arthur, preso in prestito ‘a fronte di un corrispettivo di € 2 milioni, oltre a premi fino ad un massimo di € 2 milioni al verificarsi di determinati obiettivi sportivi. Inoltre, l’accordo prevedeva la facoltà da parte della Fiorentina di acquisire a titolo definitivo le prestazioni sportive del calciatore; il corrispettivo pattuito per la cessione definitiva era pari a € 20 milioni, pagabili in tre esercizi’. Nel corso dei mesi, tuttavia, lo stesso agente di Arthur ha più volte fatto intendere che quel diritto di riscatto fosse solamente qualcosa ‘di facciata’. Sarebbe stato difficile, infatti, trovare un accordo tra il calciatore e la Fiorentina per un ingaggio fuori dai parametri viola. Quindi, in sostanza, la Fiorentina ha ‘ridato vita’ ad un calciatore che veniva da due anni senza giocare, pur sapendo che non lo avrebbe mai potuto far divenire un giocatore di sua proprietà. La Juventus, adesso, si ritrova un Arthur che dovrà piazzare altrove, ma che nella prima parte di stagione a Firenze aveva dimostrato di essersi ritrovato. E quindi un nuovo capitolo: Kean. QUINTA. L’operazione che porterà Kean in maglia viola sarà la quinta tra la Fiorentina di Rocco Commisso e la Juventus. La Juve punta a incassare 15-16 milioni; il club di Commisso, dopo la prima offerta da 10, è salito a 12. La distanza verrà colmata o lasciando ai bianconeri una percentuale sulla futura vendita o attraverso dei bonus. Perché a questo giro Kean non è solo un rumor, ma qualcosa di molto di più. Ironia della sorte: gol fatti da Moise Kean l’anno scorso? 0. E non c’è molto da ridere. Che abbia mezzi e potenzialità è fuori discussione. A livello di testa, invece, ha mostrato più di qualche punto debole negli anni. Diciamo così: se Kean è il grande centravanti di cui parlava Pradè qualche settimana fa…qualche dubbio sorge. DALLA JUVE ALLA FIORENTINA. Belli i tempi del ‘la mia proprietà non mi ha autorizzato a fare trattative con la Juventus’, frase di Daniele Pradè di ormai più di 10 anni fa. Erano quelli i giorni in cui da Torino volevano Jovetic, lo tentavano, lo spinsero a fare un’intervista alla Gazzetta in cui diceva che voleva andare altrove. Poi scese in piazza Andrea Della Valle, disse di no, e alla fine lo mandò al City. Ma non alla Juve, neppure in cambio del mitologico ‘mezzo Marrone’. La storia, poi, è cambiata col ritorno di Pantaleo Corvino, che prese Marko Pjaca con quella formula del tutto pro-Juve, prestito oneroso con diritto di riscatto e controriscatto a favore dei bianconeri. Ma poi si è capito perché, vista la gestione del Corvino bis a Firenze. Tornando ancora più indietro, da Torino sono arrivati negli ultimi vent’anni Maresca, Blasi, Amauri, Almiron, Zanetti, Balzaretti, Marchionni, Miccoli e Mutu, in parte anche Chiellini, che in viola arrivò a metà tra Fiorentina e Juventus quando ancora c’erano le compartecipazioni e Caceres, arrivato da svincolato. Qualcuno ha funzionato, altri un po’ meno. Ovviamente non ci siamo dimenticati di chi, invece, ha avuto ben altro impatto sulla piazza viola provenendo da Torino: Torricelli, Di Livio, Claudio Gentile, Buso, Cuccureddu, Massimo Orlando, Luppi e pure Hamrin (via Padova). Senza dimenticare i trascorsi bianconeri di Trapattoni e anche Prandelli, oltre che dello stesso Raffaele Palladino. Ora toccherà a Kean. La speranza è che il buon Moise, per quanto ‘gobbo’ e proveniente da quella Juventus definita più volte dallo stesso Commisso come nemica, rispetto a molti suoi recenti predecessori possa far meglio.

Il fattore ‘C’ di Spalletti, quello ‘non C’ di Italiano e…Palladino?

Inizia l’era di Palladino, sperando sia più fortunata di quella di Italiano

Meglio un allenatore bravo o uno fortunato? Se Napoleone fosse presidente non avrebbe dubbi, opterebbe per il secondo, come faceva coi suoi generali. Ecco, dunque, che dopo aver sofferto le pene dell’inferno e quando ormai sembrava tutto già finito per l’Italia, Luciano Spalletti ha strappato il pass per gli ottavi di un Europeo allo scadere, con un eurogol di Zaccagni post eurogiocata di Calafiori. E non se ne offenda il ct azzurro se diciamo che coi croati ha avuto un gran fattore C. E la mente di chi tifa Fiorentina, al netto che abbia esultato o imprecato ieri al gol dell’azzurro con la Croazia, corre subito a come Vincenzo Italiano spesso e volentieri, proprio allo scadere, abbia invece quasi sempre perso le partite che contavano. Da Bowen col West Ham al El Kaabi con l’Olympiacos passando per i gol dell’Atalanta in Coppa Italia, il finale è sempre stato più o meno lo stesso, con più o meno demeriti dell’ormai ex tecnico della Fiorentina che proprio fortunato non lo si può certo definire. E vabbè, da oggi in poi sarà un problema del Bologna. Nel dubbio, avessimo bisogno di due numeri al lotto potrebbe essere una buona idea evitare i consigli del ct della Croazia, che ha preso due gol al 100’ con Albania e Italia. Lui, proprio fortunato non ci sembra. E poi c’è Palladino. Che rapporto avrà il neo tecnico viola con la buona sorte? Essersi trovato al posto giusto nel momento giusto può essere un indizio. In fondo Palladino allenava la Primavera del Monza e si è trovato subito in Serie A perché Stroppa perdeva sempre, mentre Italiano è dovuto partire dai dilettanti, chissà che non sia un caso o un segnale. E non veniteci a dire che la fortuna o la sfortuna non esistono…Al limite potremmo accettare che il cu_o non sia così determinante, che dietro ci possa essere stata la mano divina o che semplicemente doveva andare in quel modo, a seconda che siate particolarmente credenti o fatalisti. Poi, però, ricordatevi che  centrare quei pochi centimetri di un palo sui 7,32 per 2,44 metri di porta che diventa palo-gol o palo fuori, trovare una deviazione che ti aiuta o una che ti sacrifica, un peso nello scrivere la storia lo hanno. Certo, ripensandoci, quel pallone arrivato a Zaccagni assomigliava tanto a quello che era arrivato a Kouame con l’Olympiacos, ma Zaccagni non è Kouame. E si è visto. Ecco perché, forse forse sì la fortuna e la sfortuna, i meriti e i demeriti, ma in fin dei conti la qualità ha ancora un suo peso specifico. Riassumendo, la speranza è che Raffaele Palladino, oltre che bravo, sia pure fortunato, o almeno un po’ più del suo predecessore, così come che la dirigenza gli metta a disposizione dei calciatori un po’ più di qualità. In fondo è il giusto mix che permette di fare risultati.

E se Kayode…

Tottenham in pressing, tenerlo o cederlo sarebbe un segnale

Probabilmente ci sarà già qualcuno pronto col classico ‘Kayode? Per x milioni ce lo porto io’. D’altronde ormai, nel calcio moderno in cui i bilanci e le plusvalenze eccitano come un gol al novantesimo, è diventata prassi pensarla così. Non per tutti, sia chiaro. Sicuramente questo è il ‘mood’ che caratterizza Rocco Commisso, da sempre attento alla sostenibilità dei conti nonostante abbia un patrimonio enorme, perché Rocco è ricco, sì, ma la Fiorentina no. D’altronde i ricavi del club quelli sono, e senza infrastrutture o la Champions quelli resteranno. Certo, se poi quando sei quarto a inizio gennaio e prendi Faraoni e Belotti, giochi un mese coi soli Ikoné e Brekalo come esterni d’attacco, sarà difficile riuscire ad aumentare le entrate, ma questa è un’altra storia. La filosofia di Commisso, tuttavia, è sempre stata chiara, piaccia o meno. Basta ripensare all’elogio delle vendite di Vlahovic e Chiesa e ai confronti col rendimento di Cabral e Jovic, ma anche questa è un’altra storia. Tornando a Kayode c’è un altro aspetto da tenere in considerazione. Non tanto che il Tottenham potrebbe mettere sul piatto tra i 40 e 50 milioni di euro per un ragazzo che un anno fa nessuno conosceva, che ha fatto una sola stagione tra i professionisti, che in teoria era il ‘vice Dodo’ etc etc, ma quanto che Kayode è il primo prodotto della filosofia dei giovani del Viola Park. La Fiorentina ha sempre detto che l’obiettivo del centro sportivo di Bagno a Ripoli era quello di formarsi in casa dei giovani su cui poter creare un grande futuro. Se il primo che esordisce, fa bene e si afferma venisse venduto alle prime sirene di mercato… Se Kayode partisse sarebbe difficile da spiegare. Non tanto perché in fin dei conti è un terzino, mica un centravanti che ti fa chissà quale differenza, non perché porterebbe una plusvalenza monstre da poter reinvestire sul mercato (per prendere un centravanti che faccia la differenza, visto che tutti gli altri presi dal dopo Vlahovic sono stati dei flop), non perché la sua valutazione potrebbe aumentare ancora e non di poco, non perché col caos del restyling del Franchi ci sarà un calo di entrate (stimabili in pochi milioni di euro, val bene ribadirlo), ma perché potrebbe dare l’idea che l’investimento sul Viola Park non abbia come obiettivo altro se non il formarsi dei giovani da poter vendere, quindi incassare. Cioè, e l’aspetto sportivo? Argomentazione che già ad oggi è abbastanza borderline, ma che potrebbe esplodere in caso di cessione dell’esterno classe 2004. Si mettano l’anima in pace quelli del ‘Kayode? Per x milioni ce lo porto io’. A questo giro la cessione del terzino potrebbe rivelarsi un boomerang. Molto di quanto detto potrebbe cambiare se arrivassero nomi altisonanti coi soldi di Kayode, ma nell’era Commisso quasi mai sono stati ben reinvestiti i soldi entrati da cessioni eccellenti. E anche questa è un’altra storia. Cosa farà, dunque, la Fiorentina? Domanda lecita, ai posteri la classica ardua sentenza.

Jorko che fai? Vai o…vai?

Ikoné tentenna sull’offerta dal Qatar

Che tu faccia il calciatore o il procuratore, il presidente o il direttore sportivo, da un paio d’anni a questa parte sai già che quando suona il cellulare con un numero arabo è meglio rispondere. Per un intermediario potrebbe essere l’occasione della vita con commissioni da sballo, per un calciatore di farsi una discreta pensione, ma anche per i club di poter incassare cifre fuori mercato da reinvestire. Ovviamente ci sono poi tutti quei discorsi legati al ‘Dio denaro’, alle dittature, ai valori etc etc, giusto, per carità, ma questa è un’altra storia. In tutto ciò c’è chi come la Fiorentina è lì che aspetta e chi come Daniele Pradè spera che Jorko Ikoné dica sì al Qatar, all’Al-Duhaill, per liberarsi di un calciatore che ormai si è capito cosa è e cosa può dare, ma che potrebbe portare in dote 15 sonanti milioni di euro che permetterebbero alla società viola di fare plusvalenza e soprattutto di poter avere un po’ di denaro per ricostruire una rosa che ha bisogno di un restyling enorme. E se fin qui quasi tutti i calciatori hanno fatto battaglie, alimentato tensioni e in alcuni casi anche rotto coi propri club per andare in Arabia o Qatar, eccolo lì il bastian contrario, proprio lui, Jorko, che in Qatar o Arabia non vorrebbe andarci perché in attesa di eventuali offerte dal calcio europeo. ‘E ti pareva?’. Fin qui, specifica da fare, Ikoné ha solamente preso tempo. Si ma quanto? Si mormora che Pradè sia in contatto continuo con tutte le compagnie aeree che volano sul Qatar perché non sia mai, se Jorko dovesse dire di sì, che non ci sia posto sull’aereo e poi possa avere il tempo di ripensarci, che nel frattempo, da qualche giorno il povero Ikoné si stia trovando ogni giorno le gomme dell’automobile a terra e che sul suo cellulare continuino a spammare pubblicità ‘Visit Qatar’, maledetti algoritmi! Battute a parte, fin qui…c’è attesa.   All’Al Duhaill, l’ingaggio di Jorko passerebbe da 1,5 a 3 milioni di euro e tra l’altro ritroverebbe Galtier, tecnico che aveva al Lille quando illuminava le serate di Champions League con le sue falcate, libere, spensierate (ci stiamo provando anche noi…). Si perché, se la Fiorentina si è detta ‘fortemente ambiziosa’ , è ai limiti dell’inimmaginabile che possa ripartire con Ikoné. D’altronde, ormai si è capito chi sia e cosa possa dare il francese, così come che Nzola non faccia al caso della Fiorentina. E anche nel caso dell’angolano, se in Qatar o Arabia Saudita avessero bisogno di un goleador implacabile…Qualcosa si era mosso proprio da quel mercato a gennaio scorso, così come su Ikoné è ormai un anno che circolano rumors che lo vorrebbero nel mirino di quello o quell’altro club arabo. Ma fin qui non se n’è mai fatto di nulla. Poi c’è Amrabat, su cui la Fiorentina spera di incassare qualcosa di sostanzioso. Ma anche lì, ‘vattelo a pesca’, visto che il marocchino ha spesso fatto capire di non voler andare in Arabia. Insomma, la Fiorentina è in attesa e spera che arrivino dei ‘sì, andiamo in Arabia’ o ‘sì andiamo in Qatar’. D’altronde, è difficile immaginarsi altri mercati che possano mettere sul piatto 15 milioni per Ikoné, altrettanti o anche poco meno per Nzola e che strapaghino Amrabat ad un anno dalla scadenza del contratto. E ce ne sarebbe un gran bisogno, non tanto per alimentare il virtuosismo dei bilanci o della sostenibilità economica della Fiorentina, ma perché ogni milione per dei calciatori che sono in uscita farebbe comodo, eccome.

Occhi sui retrocessi. Non sempre hanno funzionato (ma neanche mai)

Nel mirino della Fiorentina alcuni calciatori del Sassuolo

Non è la prima volta che la Fiorentina cerca innesti da squadre retrocesse, e non sarà l’ultima. E se in casa Salernitana c’era e c’è ben poco da poter prendere, con l’unica eccezione che poteva essere quel Dia che, guarda caso, la dirigenza viola ha provato più volte a portare a Firenze, idem dicasi per il Frosinone, con quasi tutti i talentini dei ciociari che erano in prestito eccezion fatta per quel Brescianini che, anche qui non a caso, è da diverse settimane accostato proprio alla Fiorentina, in forza al Sassuolo ce ne sarebbe più di uno di calciatori che potrebbero rivelarsi utili, o comunque da Serie A e qualcuno anche da Fiorentina. RETROCESSI. Val bene fare una specifica: se una squadra retrocede, difficilmente in rosa potrà annoverare campioni. Magari qualche buon calciatore sì, però. E’ la storia che lo racconta. Basti pensare a quella Fiorentina che finì in B nel 1993 pur avendo in rosa i vari Effenberg, Batistuta, Baiano e Laudrup, ma anche a quella che in tempi più recenti si è salvata all’ultimo tuffo pur avendo Vlahovic, Ribery, Caceres e altri. E come dimenticare quell’estate in cui dal Villarreal retrocesso arrivarono in maglia viola Gonzalo Rodriguez e Borja Valero, che da lì a brevissimo avrebbero fatto parte di una Fiorentina spettacolare e capace di fare tre quarti posti di fila. Sempre nel Villarreal c’era anche quel Pepito Rossi che, per quanto infortunato, era finito di sotto col sottomarino giallo, come a dire…qualcosa di buono, se si cerca bene, si trova. PRECEDENTI. Senza tornare ad anni in cui chi retrocedeva in B non era per forza di cose costretto a perdere tutti i propri calciatori migliori come accade oggi, visto che la stessa Fiorentina sopracitata si tenne quasi tutti, sempre da squadre finite in cadetteria sono arrivati di recente i vari Sabiri e Maleh a gennaio rispettivamente da una Sampdoria e da un Venezia che avevano già un piede e mezzo in B, così come da un club retrocesso è stato preso la scorsa estate Christensen dall’Hertha e dallo Spezia Nzola. Nel primo anno di Italiano venne preso Nastasic dallo Schalke 04, che era retrocesso in Bundesliga, mentre in precedenza arrivarono a Firenze Ceccherini dal Crotone retrocesso, così come arrivò Terracciano dall’Empoli retrocesso. Dal Pescara venne preso Biraghi nel 2017, dall’Empoli retrocesso Laurini e pure Lo Faso dal Palermo. Sempre dal Palermo, arrivò Josip Ilicic, mentre dall’Aston Villa retrocesso venne preso Carlos Sanchez. Cuadrado, per quanto fosse di proprietà dell’Udinese, arrivò a Firenze dopo essere retrocesso col Lecce, al pari di Tomovic, che era di proprietà del Genoa. Dal Torino che era finito in B arrivò un certo Cesare Natali nel 2009, mentre dal Lecce retrocesso arrivò Castillo. Dal Chievo retrocesso arrivò nel 2007 Semioli, dall’Atalanta Montolivo e Pazzini nel 2005 e dal Treviso Reginaldo nel 2006. Abbastanza evidente, insomma, come qualche calciatore preso da squadre retrocesse abbia funzionato, altri un po’ meno. SASSUOLO. Dicevamo del Sassuolo, classico caso particolare di un club che retrocede pur avendo in rosa dei giocatori di buon livello, magari mal amalgamati, con diverse lacune e tanti infortuni, ma comunque con dei valori. E’ il caso del solito Mimmo Berardi. Difficilmente, tuttavia, Carnevali potrà chiedere 30 milioni per privarsi dell’esterno che da anni è accostato alla Fiorentina. I poco più di 20 offerti a ripetizione dai dirigenti viola non sono mai bastati, neppure i 15 offerti l’ultima volta che Barone bussò alla porta degli emiliani, e stavolta? Fin qui non si registrano tentativi da parte di Daniele Pradé, ma mai dire mai…Coloro che invece sono più fortemente in orbita viola in questa sessione di mercato rispondono ai nomi di Pinamonti, Thorstvedt, Boloca e anche Laurienté. Per quanto il centravanti ex Empoli sia stato anche in passato, proprio prima di approdare in neroverde, un obiettivo sensibile della dirigenza della Fiorentina, le difficoltà per arrivare ai vari Sorloth e Retegui, con Lucca sullo sfondo, potrebbero riportare Pradé a puntare sull’attaccante classe 1999, che magari non scalderà particolarmente la fantasia dei più, anche in relazione alle parole dell’ultima conferenza stampa dello stesso Pradé, ma Pinamonti resta il secondo miglior cannoniere italiano della Serie A che si è appena conclusa con 11 reti, dietro al solo Scamacca. Poi c’è quel Laurienté che già nello scorso gennaio, ma anche la scorsa estate, era finito nei radar viola, oltre a due calciatori che in questo momento hanno diversi estimatori come Thorstvedt, su cui c’è anche l’Atalanta, e Boloca, con l’ambizioso Como che è in pressing da giorni su quest’ultimo. Bajrami è un altro profilo che spesso era stato accostato alla Fiorentina. Anzi, era stato praticamente preso quando era ad Empoli, con Zurkowski che avrebbe fatto il percorso inverso, ma l’operazione saltò perché la Fiorentina voleva un’opzione su Parisi che Corsi non accettò, e l’albanese andò al Sassuolo. E poi c’è l’ipotesi Maxime Lopez, che la Fiorentina non ha riscattato a 9 milioni pochi giorni fa, ma che potrebbe tornare di moda a prezzo di saldo, più avanti. Insomma, qualcosa di buono al Sassuolo c’è. Anche se, a pensarci bene, quando la Fiorentina ha comprato dagli emiliani ha spesso stra-pagato giocatori che poi, in viola, hanno fatto male: Duncan, Lirola, Maxime Lopez, Boateng, Kurtic e Falcinelli. Certo se fosse stato preso Berardi…

Quei pallini che a volte ritornano

Pradè ‘alla finestra’, da Vranckx a Zaniolo

 “Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano”, cantava Antonello Venditti. Difficile sapere se ’Amici mai’ compaia o meno nella playlist di Daniele Pradè, ma quella frase del cantautore romano sicuramente corre e ricorre nelle ‘idee di mercato’ del ds della Fiorentina. PALLINI. Qualcuno li chiama ‘pallini’, un modo elegante per non definirle fissazioni, ovvero tutti quei calciatori che piacciono, vengono seguiti, magari anche trattati ma che sfumano, su cui poi un club ci torna nella sessione di mercato successiva, o in quella successiva ancora (in qualche caso in quella dopo ancora e ancora e ancora). E’ il caso di Aster Vranckx che dodici mesi fa venne seguito, trattato, quasi preso ma poi sfumato, e che arriverà adesso alla Fiorentina. PRECEDENTI. Di situazioni simili ce ne sono state una valanga. Da Lucas Torreira, che Pradè aveva seguito in praticamente tutte le precedenti sessioni di mercato, tra Firenze, Genova sponda Samp dove lo comprò nel 2016, e nuovamente a Firenze, riuscendo a portarlo in viola nel primo anno di Italiano, ma anche Rolando Mandragora, che Pradè aveva già portato all’Udinese nel 2018, e che ha preso alla Fiorentina via Juventus passando per i cavalli di ritorno che il ds gigliato aveva già preso a suo tempo e che ha riportato alla Fiorentina come Borja Valero, Badelj, Nastasic e Rosati. E poi c’è stato il ‘Gallo Belotti’, altro profilo che Pradè aveva messo nel mirino ormai da diversi anni, stando lì ‘alla proverbiale finestra’, fin da quando l’attaccante era in partenza dal Torino, ma che poi è arrivato solamente lo scorso gennaio, in prestito secco, non lasciando granché il segno. SFUMATI. La lista di tutti quelli che nel corso degli anni sono stati accostati, trattati, ma poi sfumati è lunga. Llorente, Ylmaz, Berbatov e come dimenticare Cistana del Brescia, che ogni tanto torna a fare capolino in ottica viola. Per anni c’era stato Mattia Destro, oltre ovviamente ai vari Berardi, Moise Kean, a tratti Insigne, De Paul, Falcone del Lecce, Dia e Zaniolo... Ah, guarda caso, proprio quest’ultimo sta tornando di grande moda e se si guarda verso il Viola Park, eccolo lì, lo si nota chiaramente, c’è Daniele Pradè ‘alla finestra’. OGGI. Poi ci sono tutti quei pallini di oggi, come ad esempio era Roberto Goretti, figura che era già stata cercata prima che in viola approdasse Nicolas Burdisso e che entrerà nei prossimi giorni nell’organigramma gigliato. E poi ci sono tutti quei calciatori che Pradè ha seguito, a volte trattato, altre quasi preso, che poi sono sfumati e che adesso tornano di moda. Detto di Vranckx, la lista si aggiorna coi vari ritorni di fiamma per Giovani Lo Celso, ma anche Fausto Vera, ma anche Retegui, che un anno fa venne sondato ma che poi finì al Genoa, perché la Fiorentina puntò su Beltran, oltre allo stesso Lucca, già da anni nel mirino di Pradè e della Fiorentina. Un po’ lo è stato anche Milik, che però non è mai arrivato, con nuovi vecchi obiettivi che a volte fanno giri immensi, ma poi ritornano, sperando che, a differenza di altri anche sopra citati, possano non ‘floppare’, ma fare la differenza.

Dentro i 18 mercati di Pradè alla Fiorentina

L’estate che verrà non ammette errori

Premessa: sono cambiate le proprietà, gli obiettivi con cui partivano le stagioni e i parametri del calciomercato. Per Daniele Pradè il primo luglio 2024 inizierà la campagna trasferimenti estiva numero dieci (quattro con Della Valle + cinque con Commisso) da quando è direttore sportivo della Fiorentina, che unite alle finestre invernali fanno 18 sessioni totali. Al netto di come la si pensi sul lavoro del dirigente romano, vanno sottolineati alcuni aspetti: nei nove anni con Pradè ds la Fiorentina ha ottenuto 4 qualificazioni in Europa League e 3 in Conference League, per tre quarti posti consecutivi (quando in Champions andavano solamente tre italiane), un quinto, un settimo, due ottavi, un decimo e un tredicesimo posto, disputando 4 finali. Nei suoi anni da direttore sportivo ha spesso dovuto ricostruire, come fece nel 2012, quando prese Montella come allenatore e costruì con Macia una Fiorentina spettacolare, nel 2019 quando si insediò Commisso come proprietario del club e come dovrà fare anche quest’estate. COI DV, 2012-13. Il biglietto da visita di Pradè fu dei migliori. Quell’estate del 2012, col supporto di Macia e con Montella in panchina, allestì una rosa con un’idea quasi visionaria: niente mediani, tutta qualità. Furono ben venti gli acquisti in quella sessione, con Borja Valero e Gonzalo presi dal retrocesso Villarreal, Pizarro, Aquilani, Savic, Cassani, Mati Fernandez, Cuadrado, El Hamadoui, Viviano, Roncaglia, Tomovic e, proprio nelle ultime ore di calciomercato, Luca Toni. Vennero ceduti Nastasic, pagato dal Manchester City 24 milioni più Savic, Gamberini e Behrami venduti al Napoli per quasi 10 milioni (con quei soldi ci prese Gonzalo e Borja), più i vari Cerci e De Silvestri. A gennaio fu invece la volta di Giuseppe Rossi e Vecino, oltre ai vari Sissoko, Compper, Wolski e Larrondo. 2013-14. Nell’estate del 2013 arrivò Mario Gomez dal Bayern Monaco per 15 milioni più bonus. Arrivò Ilicic dal Palermo per meno di 10 milioni, Marcos Alonso, Iakovenko e Ambrosini a zero, Joaquin per 2 milioni e Rebic per circa 6. In uscita, invece, si ricordano le partenze illustri di Jovetic (26 milioni dal City) e Ljajic (11 milioni dalla Roma). Partirono anche Viviano, Cassani, Felipe, Romulo e Toni (dato ormai per finito, ma autore nelle due annate successive di caterve di gol all’Hellas). In inverno, invece, arrivarono Anderson, Diakité, Matri e Rosati. 2014-15. Nell'estate 2014 arrivarono Tatarusanu, Basanta, Badelj, Richards, Marin, Brillante e Kurtic, mentre furono mandati a giocare Roncaglia e Vecino e vennero ceduti Compper e Rebic. A gennaio arrivarono invece Salah nell’ambito della cessione di Cuadrado al Chelsea, Gilardino e Diamanti a zero di rientro dalla Cina e Rosati. 2015-16. L'ultimo calciomercato estivo di Pradè coi Della Valle vide la scelta di Sousa come allenatore, gli arrivi di Suarez, Blaszczykowski, Astori, Kalinic, Sepe e Gilberto e Verdù, mentre partì Savic, oltre alla fine dell’era Aquilani, Pizarro, Vargas, la cessione di Gomez, Joaquin e la telenovela Salah che tornò al Chelsea per andare poi alla Roma. A gennaio arrivò il mercato della discordia: arrivarono Tino Costa, Benalouane, Kone, Tello, Zarate, mentre partì Pepito oltre a Mario Suarez, Gilberto e Rebic. CON COMMISSO. Dopo la parentesi di Pantaleo Corvino in questo curioso continuo avvicendamento tra il salentino e il romano, con Pradé che sostituì Corvino nel 2012, Corvino che ha sostituito Pradé nel 2016 e Pradé che ha sostituito Corvino nel 2019, tra l’altro con frequenti e ricorrenti stoccate che il nuovo ha sempre mandato al vecchio ds, con l'arrivo di Commisso iniziò una nuova era. 2019-20. Il primo innesto fu quello di Terracciano dall’Empoli a pochi spiccioli, mentre vennero riportati a casa dai prestiti Dragowski, Zurkowski e vari altri giovani, con fiducia ad altri giovani come Luca Ranieri. Vennero presi: Terzic, Boateng, Bobby Duncan (il cugino di Gerrard, a proposito, che fine ha fatto?), Pulgar, Ribery, Caceres, Lirola, Pedro, Ghezzal, Dalbert, ceduti Lafont, Biraghi, in prestito all’Inter in cambio di Dalbert, Hugo, Laurini, Norgaard, Schetino, Zekhnini, Baez, Hancko in prestito, Veretout alla Roma e Simeone in prestito, mentre su Muriel la storia è nota. Errore storico attribuire la colpa della mancata permanenza del colombiano a Pradè, così come l’arrivo di Castrovilli. Le cose non funzionarono come ci si aspettava. A gennaio arrivarono anche Cutrone, Igor (prestito con diritto di riscatto a 8), Duncan a 16 milioni, Amrabat (preso per l’estate successiva), Agudelo, Kouame (a 14 milioni), mentre vennero rimandati via Boateng, Pedro, Zurkowski, Dabo, Ranieri, Montiel, Gilberto, Maxi Oliveira e Rasmussen. 2020-21. L’estate 2020 vide arrivare Barreca in prestito, tornare Biraghi, l’acquisto di Quarta dal River, Bonaventura a zero, i ritorni di Borja Valero, Saponara e l’innesto di Callejon al posto di Chiesa, venduto in extremis alla Juve. Simeone venne venduto definitivamente al Cagliari, Sottil ceduto in prestito con diritto ai sardi, Benassi al Verona, Boateng al Monza e altre operazioni minori. A gennaio poi il disastro: venne preso Maleh, Kokorin per 5 milioni e Malcuit in prestito, mentre i vari Lirola, Duncan e Cutrone, che avevano già fallito, rimandati altrove. 2021-22. Nel 2021 la svolta, arriva Italiano a Firenze dopo che era stato scelto Gattuso, torna Nastasic per 3 milioni, arriva in prestito Odriozola assieme a Torreira e Nico Gonzalez per 27 milioni (acquisto più caro della storia della Fiorentina). Torna anche Sottil, dopo che la Fiorentina lo ha controriscattato dal Cagliari. Partono i vari Kouame in prestito, Ribery a scadenza, Borja a scadenza, Pezzella per 3,5 milioni, Hancko per 2,5, Ceccherini per 3 milioni mentre Lirola viene ceduto al Marsiglia per 6,5 milioni. Poi si arriva al gennaio 2022, quando partì Vlahovic per 70 milioni + 10 di bonus e arrivarono Cabral a 15, Ikoné a 15 e Piatek in prestito. 2022-23. La Fiorentina, che nel frattempo ha ritrovato l’Europa, acquista Dodo dall’Ucraina per 18 milioni, cifra record per un terzino, prende Mandragora per circa 10 milioni, Gollini in prestito, Jovic in prestito e Barak in prestito con diritto. Partono Nastasic, Pulgar, Dragowski, Kokorin (in prestito). A gennaio arrivano Sirigu per Gollini che se ne va e Brekalo dal Wolfsburg. 2023-24. Si arriva così all’ultima annata, che ha visto gli arrivi a Firenze la scorsa estate di Mina a zero, Christensen dall’Hertha per circa 5 milioni di euro, Parisi dall’Empoli per circa 10 milioni, Arthur in prestito, Infantino per 2 milioni dall’Argentina, Beltran per 25 milioni tra parte fissa e bonus, Sabiri, che era stato preso a gennaio a 2 milioni, Nzola dallo Spezia a 14 milioni. Ceduti Igor a 20 milioni, Cabral a 25, Terzic, Venuti, Saponara, Sirigu e Kokorin, oltre alla quasi cessione di Castrovilli per 10 milioni al Bournemouth che però saltò a causa delle visite mediche che il pugliese non superò. A gennaio arrivano Belotti e Faraoni in prestito, e così si arriva ai giorni nostri. Va da sé che la rosa di questa Fiorentina debba essere quasi interamente rifondata. Da sottolineare anche come moltissime operazioni di mercato fatte dalla Fiorentina in entrata siano state dei flop, tanto che quasi tutti sono stati o rivenduti o rispediti al mittente. Quest’estate, inoltre, Burdisso sarà sostituito da Goretti, mentre questa sarà la prima estate dell’era Commisso in cui Daniele Pradè lavorerà senza l’affiancamento di Barone (sarà tutto da vedere cosa ciò comporterà). PIU’ 50 MILIONI. Dovessimo fare un saldo acquisti/cessioni dei mercati di Pradè, il conto è presto fatto:  2012/13 entrate 33.4 – uscite 40.7; 2013/14 entrate 41 – uscite 53.3; 2014/15 entrate 38 – uscite 9; 2015/16 entrate 26.85 – uscite 24.4; 2019/20 entrate 15.32 – uscite 56.5; 2020/21 entrate 59.89 – uscite 59.8; 2021/22 entrate 114.1 – uscite 65.05; 2022/23 entrate 50.7 – uscite 36.7; 2023/24 entrate 62.38 – uscite 45.6 (dati transfermarkt.it) per un saldo totale di +50.6 milioni tra calciatori acquistati e ceduti, anche grazie ai 140 milioni incassati dalle partenze di Vlahovic e Chiesa alla Juventus. DA OGGI. I più maliziosi diranno che trattasi del lascito di Corvino, che andrebbero considerati anche i monte ingaggi, gli ammortamenti questo e quell’altro. Ok, tutto più o meno vero. Resta un dato: quest’estate per Pradè conta di più. Non può più sbagliare, non solo il centravanti, ma quasi niente. Intanto arriverà Vranckx, ma tra fine contratti, cessioni e partenze c’è ancora molto, anzi moltissimo, da fare. In bocca al lupo.

Un’altra (forse l’ultima) occasione per Ricky

Per Sottil ultima chance per fare il salto di qualità

Ci sono frasi che sono destinate più o meno ad entrare nella storia. Dall’ ‘I have a dream’ al ‘i soldi non sono un problema’, passando per ‘Toledo? E’ un colpo’ fino a ‘Il dado è tratto’, spaziando nei secoli e in vari contesti storici. Poi c’è il: “Da chi mi aspetto l’esplosione definitiva? Sottil”, frase iconica proferita da Daniele Pradè in un giorno di mezz’estate del 2022. DUE ANNI FA. Da allora sono ormai passati due anni, ma l’esterno classe 1999 è più o meno allo stesso punto. E’ carne o pesce? Bho. Dare una risposta, ancora oggi, è sostanzialmente impossibile. Anche perché, ogni volta che Sottil aveva iniziato ad evidenziare dei segnali di crescita si è dovuto fermare per problematiche varie. Nel primo anno di Italiano partì con qualche difficoltà, poi mise in serie delle buone prestazioni fino a doversi fermare per un infortunio. Nel secondo idem, quando la schiena lo costrinse dapprima a rallentare, poi a fermarsi per finire sotto i ferri causa ernia del disco. Entrambe le volte, al rientro non sembrava più il Sottil che si era iniziato a intravedere prima dello stop. Quest’anno stessa storia: pochi lampi, come il gol al Cukaricki, bellissimo, quello alla Salernitana, spettacolare, con tanto di esultanza polemica, il rigore segnato al Parma, ma poi settimane se non mesi di niente. Fino ad un improvviso momento d’oro, tra gol e doppio assist col Sassuolo, gol simile col Bruges all’andata, prima di rifarsi ancora una volta male, stavolta alla clavicola, dovendo terminare in anticipo la sua stagione. Ancora una volta, come detto, nel momento in cui pareva essere in rampa di lancio, stavolta per la volta buona. Se si guarda al solo triennio di Italiano, Sottil ha saltato 49 partite sulle 162 giocate dai viola, il 30%. Va da sé che ogni rientro post infortunio abbia avuto le conseguenti necessarie partite per poter tornare in condizione. A maggior ragione per il ruolo che ricopre, ovvero l’esterno d’attacco, con quelle caratteristiche di rapidità ed esplosività nel saltare l’uomo e nel trovare il tiro sul secondo palo accentrandosi dalla sinistra che si sono solamente intraviste. DUE ANNI DOPO. Mentre per quanto riguarda Jorko Ikoné e Christian Kouame si è più o meno capito cosa essi siano e cosa possano dare (guarda caso, entrambi sono sul mercato), 730 giorni dopo quelle parole di Pradè, Sottil è ancora un ‘talento’ inespresso. Non del tutto bocciato, semmai costantemente rimandato, anche per cause di forza maggiore. Il dubbio se sia un giocatore forte oppure no, rimane. A maggior ragione adesso che la Fiorentina ha cambiato allenatore, per Sottil potrebbe aprirsi la classica porta dell’ultima occasione. Come intenda far giocare la sua Fiorentina il neo tecnico Raffaele Palladino è ancora tutto da valutare, ma dai primi rumors pare forte l’intenzione da parte del neo tecnico viola di provare ancora a puntare su Sottil. ASPETTA E SPERA. Va da sé che: ‘adesso o mai più’. Sottil non può più sbagliare. Questa sarà l’ultima occasione per provare a fare quell’ultimo step tanto atteso, ma mai del tutto fatto. C’è chi aspetta e spera, o forse non aspetta, o meglio, non ci spera più. Ma hai visto mai…?

“Che giocatore volete? 30 milioni!”

Una soglia che spesso ritorna per la Fiorentina

 “Chi siete? Cosa portate? Un fiorino!” - “Che giocatore volete? 30 milioni!”. Che siate Benigni e Troisi ad una dogana, o la Fiorentina che prova a trattare per un calciatore, la risposta che riceverete sarà più o meno sempre la stessa. Ovviamente, a seconda dell’obiettivo viola di turno. Lo sanno bene i dirigenti della Fiorentina che si sono approcciati al Sassuolo per Berardi, coi neroverdi che ogni volta chiedevano 30, mentre la Fiorentina offriva dapprima un po' meno, poi sempre un po' più di meno, fino ai 15 offerti nel gennaio del 2023, ma tanto Carnevali rispondeva col disco registrato: "Chi siete? Chi volete? 30 milioni!". E infatti non se n'è mai fatto di nulla. Quella cifra lì, evidentemente, deve avere qualcosa che alla Fiorentina resta indigesta. Non tanto perché sono tanti soldi visto che, in fondo in fondo, sarebbero due Ikoné, ma forse perché nessun giocatore trattato dalla Fiorentina è stato ritenuto che valesse 30 milioni. Tra l'altro cifra mai raggiunta dalla Fiorentina per l'acquisto di un calciatore nella sua storia ormai quasi centenaria, con Gonzalez che detiene ancora il record a 27. Avessero chiesto 29, magari...ma quel 30 è stato a lungo un tabù. Oltre alle telenovele legate a Berardi, dove il plurale sta ad indicare quante volte la Fiorentina ci abbia provato senza arrivare mai al lieto fine, più o meno lo stesso accadde anche ai tempi di Rodrigo De Paul. L’argentino dell’Udinese costava, guarda caso, 30 milioni, la Fiorentina era lì lì, vicina, arrivando fino ai 25, ma nulla. Pozzo non fece sconti, De Paul andò all’Atletico, e Pradè ammise che quei denari che la proprietà gli aveva messo a disposizione, alla fine, restarono in cassa. E De Paul, ovviamente, a Firenze non ci è mai arrivato. A gennaio scorso accadde lo stesso con Gudmundsson. La Fiorentina offriva 20, ma il Genoa rispondeva alla solita maniera: “Chi siete? Chi volete? 30 milioni!". E nonostante vari rialzi, nulla da fare. Anche perché a quello che chiedevano i rossoblu la Fiorentina non ci è mai arrivata. Tabù, dicevamo. E oggi sembra esserlo altrettanto. Per Sorloth il Villarreal chiede 30, per un calciatore che ha fatto quest’anno la sua prima vera grande stagione, ma che viaggia verso i 29 anni. E sembra per questo che la Fiorentina pare aver cambiato rotta. Per Retegui il Genoa ha fatto praticamente lo stesso sin qui, con vari approcci tentati dalla dirigenza viola e la solita risposta: “Chi siete? Chi volete? 30 milioni!". Ma Retegui vale 30 milioni? Per la Fiorentina non ne varrebbe più di 20, quindi, anche per l’attaccante del Grifone, la sensazione è che si vada altrove. Almeno nel caso di Pinamonti e Lucca, al momento piani B per la casella di numero nove viola da ‘regalare’ a Palladino, non sembrano esserci tali rischi. Forse… Che costi 10, 20 o 30, anzi 29 perché quel 30 la Fiorentina non sembra proprio digerirlo, l’auspicio è sempre lo stesso, ovvero che non risulti un altro acquisto sbagliato, come purtroppo (troppo) spesso ce ne sono stati negli ultimi anni.

La prima estate tranquilla (forse) di Terracciano

Quest’anno il portiere viola non dovrebbe avere concorrenti

Quando arrivò alla Fiorentina nel gennaio del 2019, Pietro Terracciano non dovette percorrere molta strada. Imboccò la Fi-Pi-Li a Empoli, dove faceva il vice di Provedel, e in una manciata di minuti arrivò a Firenze sapendo che il suo ruolo era piuttosto chiaro: il vice portiere della Fiorentina. Il vecchio numero 12, per intendersi, quello che gioca i primi turni di Coppa Italia, o una volta ogni tanto al bisogno, quello che sa che difficilmente troverà spazio, ma che se lo dovesse trovare non può sbagliare. Farsi trovare pronto, per chi fa il portiere di riserva, è una chiave fondamentale, che non è così scontato come qualcuno potrebbe pensare. Ci si deve allenare sempre al massimo, con testa e determinazione giuste, con un margine d’errore tendente allo zero visto il ruolo che si ricopre. Un conto è fare il giocatore di movimento, che magari può sbagliare quei due/tre palloni per entrare in partita, un conto è fare il portiere, in cui ogni intervento è decisivo. Di strada per arrivare da Empoli a Firenze Terracciano non ne dovette fare molta, mentre ne aveva fatta tantissima per arrivare alla Fiorentina rispetto a dove era partito. Dicevamo 2019, 29 anni, dopo anni di gavetta, tra Nocerina, Milazzo, 2 presenze in A col Catania, tanta B e 8 presenze a Empoli nel massimo campionato. Da quel gennaio 2019 di strada ne ha fatta tantissima, diventando un vero e proprio 'ammazza numeri uno'. Quell’anno era Lafont il titolare, e quando il francese si fece male Terracciano rispose subito presente, con la Lazio, per poi venire confermato nella gara successiva e finendo per essere uno dei primi acquisti della Fiorentina targata Daniele Pradè bis, a due spiccioli, dall’Empoli. Il ruolo era sempre lo stesso: il vice portiere. Il titolare designato quell’anno era Dragowski, in un curioso intreccio che aveva portato sei mesi prima Terracciano in viola e il polacco alla corte di Corsi, con Dragowski che fece benissimo in azzurro tornando coi gradi di numero uno viola. E così fu, ma quando il polacco si fece male tac, ecco Terracciano, l’uomo che risponde presente dopo mesi di panchina. Nel 2020-21 stesso film, Dragowski titolare e Terracciano vice, fino a quando arrivò Italiano a Firenze. Drago out, Pietro in, che nel frattempo iniziava a diventare sempre più San Pietro. Tante le prestazioni decisive di Terracciano, con però quel…‘uhm, bhè, forse servirebbe un portiere più forte per fare un salto di qualità’.  E così, ecco Gollini. Altro duello vinto da Terracciano. Gollini non trova spazio, e quando lo trova fa male, via Gollini arriva Sirigu. Ma il succo non cambia. Sirigu si fa male, Terracciano contribuisce al far arrivare la Fiorentina ottava, in due finali, ma non convince del tutto. Sempre in base a quel…'uhm, bhè, forse servirebbe un portiere più forte per fare un salto di qualità'. E allora arriva Christensen, per oltre 5 milioni di euro. Ma anche qui, altra vittoria per Terracciano, autore senza dubbi della sua miglior stagione a Firenze. Ma adesso, ecco che risuona già quel 'uhm, bhè, forse servirebbe un portiere più forte per fare un salto di qualità'. Anche perché, tra i punti deboli del portiere campano si sa, c’è il gioco coi piedi. E Palladino è proprio quel tipo di allenatore che richiede molta partecipazione ai propri portieri nella fase di impostazione. Quindi chissà…Anche se la strada sembrerebbe più o meno tracciata: Terracciano e Christensen portieri, col primo titolare e il secondo alternativa, Martinelli da mandare a giocare per poi puntare tutto sul giovanissimo portiere viola, tra uno-due anni. A meno che…Ad oggi non ci sono sentori che possa cambiare qualcosa su questo fronte, per una delle estati più tranquille che Terracciano abbia mai vissuto negli ultimi anni, quando ogni santo trimestre giugno/luglio/agosto si trovava costretto a fare ‘f5’ sui siti di calciomercato per sapere con chi si sarebbe dovuto giocare il posto.

Rifondazione viola, avanza il partito del ‘Made in Italy’

La ricostruzione della rosa viola potrebbe parlare italiano

Piaccia o meno, in questo momento storico/politico il ‘Made in Italy’ tira. In diversi settori, visto che c’è proprio così ci ha rinominato un Liceo, e così anche nel calcio. Forse...Perché poi se si va a vedere con la lente d’ingrandimento sono diverse le partite del nostro campionato in cui, dei 22 che scendono in campo dal 1’, si fa fatica a trovare dei calciatori italiani. A volte anche a livello di settori giovanili, come quando il Lecce di Corvino vinse il campionato due anni fa senza avere neppure un giocatore italiano. Lontani, quasi preistorici, i tempi del Piacenza tutto italiano, in un’epoca come quella degli anni ’90 in cui il mondo del calcio iniziò ad abbattere i limiti su stranieri e extracomunitari, con l’arrivo in Serie A di giocatori più o meno improbabili. E così, anche alla Fiorentina si è passati dai vari Passarella, Bertoni, Batistuta ed Edmundo ai Leandro, Tanque Silva e carneadi vari. Ora, senza voler fare sociologia o politica, il fascino di avere una rosa che sia composta da molti calciatori italiani sembra essere tornato in voga anche in riva all’Arno. Attenzione, avviso ai naviganti: tra decreto crescita e tassazione delle operazioni c’è tutto un discorso politico/finanziario da approfondire per capire meglio il perché negli ultimi anni il calcio sia andato sempre più a prendere giocatori dall’estero piuttosto che dal proprio mercato interno. E’ cosa nota, anche grazie alle battaglie di Commisso, che se un giocatore lo acquisti dall’estero e costa uno, lo paghi uno, se lo prendi dall’Italia e costa uno, non si sa perché lo paghi 2. E tutto ciò senza voler riaprire il calderone delle commissioni ai procuratori, degli svincoli e del calcio arabo, che come quello cinese, offre un pacco di quattrini a tutti, finché ci sono e finché gli va, perché poi si fa presto a fare la fine di Zhang e Suning (che non hanno finito i soldi, sia chiaro, ma a cui i regimi hanno imposto la chiusura dei rubinetti). Detto ciò, su cui molto inficiano anche i risultati della Nazionale (solo con le due non qualificazioni di fila al Mondiale dell’Italia, guarda caso, ci si è posti il problema stranieri e italiani), anche la Fiorentina sembra essere intenzionata a guardare sempre più al mercato degli italiani per rifondare la propria rosa. Basta guardare ai nomi che in questi giorni stanno circolando: da Retegui (senza, per carità aprire il dibattito sugli oriundi, naturalizzati, etc etc) a Lucca e Pinamonti, fino ai vari Brescianini, Daniel Maldini, Pobega e Zaniolo. Nelle ultime sessioni di mercato, spesso la Fiorentina ha preferito puntare su giocatori italiani. A gennaio, ad esempio, ha preso Faraoni e Belotti. Biraghi è il capitano, la scorsa estate aveva investito 10 milioni per Parisi, Kayode ha tutto per essere il futuro terzino destra della Nazionale, Castrovilli, a proposito di Europei, è Campione d’Europa. Più in generale è da quando Pradè è tornato nelle scrivanie della Fiorentina che il club viola ha avuto un occhio di riguardo ai calciatori della nostra Serie A, o comunque italiani, dovendo però combattere con tutti i paletti economici di cui dicevamo in precedenza. Nel frattempo la Fiorentina ha vinto sostanzialmente sempre la Coppa Italia Primavera, con tanti giovani che si sono poi affacciati al calcio dei grandi. Luca Ranieri era un pilastro dell’Under 19 e dell’Under 21, così come lo era Sottil. Mandragora è stato capitano di tutte le Nazionali giovanili azzurre, Siriguera campione d’Europa. Non è un caso, sia chiaro. Basti ripensare ai primi giorni in cui Rocco Commisso comprò la Fiorentina, all’orgoglio con cui raccontava di quei giorni vissuti in Italia e a Firenze quando la Nazionale vinse i Mondiali del 2006, del suo legame con gli anni in cui si guardava dagli Stati Uniti le partite della Serie A, di quando il calcio italiano era il più bello al Mondo. Non è stato un caso neppure che in dirigenza ci fosse Antognoni, simbolo internazionale del calcio azzurro, e anche di Firenze e della Fiorentina, così come l’ingaggio di Gennaro Gattuso come allenatore, con quella Copa Mundial che campeggiava sui media ufficiali della Fiorentina con vanto e orgoglio, salvo poi scomparire pochi giorni dopo dall’annuncio per motivi che, ancora oggi, sono secretati. Ma questo è il passato. L’oggi racconta di una Fiorentina che punta ad avere una rosa composta per larga parte proprio dal ‘Made in Italy’. Chissà che il passaggio da Burdisso a Goretti non vada ulteriormente in questa direzione. Anche perché, rispetto a tempi recenti in cui la Fiorentina dava almeno 2-3 giocatori all’Italia, adesso il conto è presto fatto: 0. E questo non è affatto bello, per quanto a molti tifosi viola della Nazionale interessi il giusto, ma questo è un altro discorso. Rumors, voci e trattative varie inducono a pensare che quest’estate ci possa essere una buona parte di innesti basati sul ‘Made in Italy’, sperando che si rivelino scelte azzeccate, ovviamente. Perché poi, stranieri, sudamericani, italiani o marziani che siano, alla fine conta che facciano bene.

The last dance

Ultima da tecnico della Fiorentina per Italiano

Domani alle 20, quando terminerà Atalanta-Fiorentina, saranno passati 1016 giorni da quel Fiorentina-Cosenza in cui Vincenzo Italiano debuttò sulla panchina viola (4-0 ndr). Triennio in cui il tecnico gigliato ha guidato la Fiorentina per 161 volte, domani sarà la 162°, mettendo a referto 78 vittorie, 34 pareggi e 49 sconfitte. Più o meno, perché poi ci sarebbero da considerare quelle gare finite in pareggio ma vinte o perse ai supplementari, tipo, appunto, mercoledì scorso ad Atene. La media punti di Italiano a Firenze, prima dell’inutile partita di Bergamo, è di 1,66 a partita considerando tutte le competizioni, di poco inferiore a quella di Montella che chiuse a 1,80 e vicina a quella di Prandelli che nel suo primo ciclo si fermò con 1,72 di media. Va da sé come debbano essere fatte  le debite differenziazioni del caso, perché un conto è fare tre punti in Champions League, magari vincendo ad Anfield Road, altri è fare gli stessi tre punti ma in Conference League vincendo con l’Rfs Riga, così come andrebbero considerate le diverse rose a disposizione. Un conto è avere davanti Toni, Pepito Rossi o Gilardino, un altro è avere Nzola, Piatek o Cabral, un conto è avere Joaquin, Cuadrado e un altro è avere Brekalo, Ikoné e quelli che ha avuto in questo triennio la Fiorentina. Ma tant’è. Quella di Bergamo sarà l’ultima panchina di Italiano da allenatore viola, ‘the last dance’, con la bacheca della Fiorentina che è rimasta identica a 1016 giorni fa nonostante le 3 finali disputate, di cui due europee di fila, ma perse, oltre ad altre due semifinali di Coppa Italia. L’ultima panchina, per la felicità dei suoi più acerrimi contestatori, quelli per cui Italiano doveva far difendere meglio la sua Fiorentina, che ‘si prende sempre i soliti gol’ per colpa della difesa alta, con l’Atalanta ultimamente in Coppa Italia così come col West Ham un anno fa, o qui e là. Poi, però, ripensandoci, ma come hanno fatto Kouame e Jack a sbagliare quei gol lì ad Atene? Come hanno fatto i viola a fare solo un gol all’andata con l’Atalanta? Come diavolo è possibile? Ecco, sì, ok, in parte tutto vero quello che si è detto su questo triennio di Italiano, ma a onor del vero, se davanti non fossero stati sbagliati tutti i centravanti, se per fare un gol non fossero serviti valanghe di tiri, magari sarebbe stato più semplice e una delle tre finali sarebbe finita in maniera differente. Sarebbe, forse, chissà, il se e il ma d’altronde, è il patrimonio dei bischeri e quindi, tornando alla premessa, quello slogan del difendere bene e attaccare benissimo lo si è visto soprattutto nel primo anno quando, guarda caso, c’era Vlahovic davanti autore di 17 gol in 20 giornate, poi…qualche buona e bella partita, risultati, soprattutto in Europa, ma poi…niente trofei. 1016 giorni dopo siamo giunti all’epilogo, un percorso fatto di momenti difficili, di qualche contestazione ma anche di sostegno e il più volte sentito ‘oh vincenzo portaci la coppa’, che è rimasto uno slogan, perché quelle coppe sono andate sempre altrove. Resta l’esserci arrivato tre volte in finale, vero, ‘se, ma’ e bischeri bis. L’epilogo era ed è inevitabile. Tanto, diciamocelo pure: se Italiano avesse fatto catenaccio sarebbe stato criticato, se avesse fatto giocare la sua Fiorentina tutta all’attacco idem, se avesse fatto l’80% di possesso palla sarebbe stato criticato, se avesse fatto il 20% idem. Quindi, giusto dirsi addio. Peccato che il saluto debba arrivare con l’ennesima delusione. E, attenzione: non trattasi solamente di un elogio per quanto fatto e per una critica di chi lo ha soltanto criticato, ma…che tutto quanto di non positivo è successo alla Fiorentina sia accaduto solo per colpe di Italiano, bè, ci sembra un po’ ingeneroso. The last dance, 1016 giorni dopo. Si volta pagina. Italiano saluta, toccherà al suo successore provare a far meglio, così come alla società permettergli di farlo, cosa che non è del tutto e sempre successa, come nell’ultimo mercato invernale quando la Fiorentina era quarta. 

“Ooh Vincenzo portaci la coppa“

Countdown verso lo zero per la Finale di Conference

Ci siamo! L'attesa sta per terminare. Il countdown per quella che si annuncia come la 'partita dell’anno' per la Fiorentina è ormai prossimo allo zero. Questione di ore, poi sarà tempo di fare sul serio. TROFEO. C'è fame di vittoria in chi tifa viola. Quel doppio appuntamento con la storia sfiorato, ma poi svanito, dodici mesi fa, ha aumentato l'astinenza di una piazza che non alza una coppa dal 2001. Poco importa se quella di Atene sarà l'ultima in maglia viola per quasi una rosa intera, tra chi è in prestito e farà ritorno al club di appartenenza, chi non sarà riscattato e chi si svincolerà a parametro zero. Su tutti, ovviamente, Vincenzo Italiano. Il tecnico viola, nonostante una clausola che potrebbe scattare in caso di vittoria con l'Olympiacos, andrà comunque via. La valigia è già pronta ormai da settimane. L'obiettivo è chiaro: metterci dentro, insieme ai ricordi, la medaglia del vincitore. Più di una volta il popolo viola gli ha cantato "oh Vincenzo portaci la coppa", che fosse quella Nazionale a Roma, quella europea dell'anno scorso o questa. Stavolta sarebbe anche il caso di trasformare quei cori in fatti. Lo vuole Italiano, lo vuole la Fiorentina, lo vuole Firenze. FUTURO. Poi, da giovedì, che sia con una coppa in più in bacheca o meno, sarà la volta del giorno uno del futuro. Un nuovo allenatore, un nuovo direttore tecnico (tutto porta al tandem Palladino –Goretti), tante operazioni da fare in entrata e in uscita e si spera una coppa differente da quella in cui la Fiorentina ha giocato gli ultimi due anni. Chi dice che l'esito della gara di mercoledì non sposterà granché, perché comunque la squadra viola giocherà in ogni caso una coppa europea l'anno prossimo, rischia di sottovalutare la differenza di valori che c’è tra Europa League e Conference League. A maggior ragione per una Fiorentina che ripartirà con tante novità e di conseguenza poca esperienza, tecnico su tutti. Partire, pronti via, in salita è quanto di meno auspicabile potrebbe esserci. Ma intanto c'è da pensare all'oggi, alla Finale di Conference League, sperando che 'Vincenzo porti a Firenze quella agognata coppa'.

Imperfetta ma ancora in Europa, e (si spera) vincente

Fiorentina piena di difetti, ma in Europa e a caccia della Conference

C’è chi sperava che d’incanto la Fiorentina avesse corretto tutti i propri limiti e difetti, a maggior ragione al cospetto di un Cagliari che si è salvato alla penultima giornata, che ha avuto mille problematiche ed evidenziato enormi lacune durante tutta la stagione. Così non è stato e, ormai, non lo sarà. Ad Atene contro l’Olympiacos la squadra di Italiano ci va con quelle che sono le sue caratteristiche, a livello di singoli e collettive, coi suoi pregi e le sue carenze, che in fin dei conti le hanno permesso di raggiungere un’altra qualificazione europea (per quanto ad oggi sempre in Conference League), due finali europee, una di Coppa Italia e un’altra semifinale di Coppa Italia. Certamente servirà una concentrazione ben diversa rispetto a quella vista in Sardegna, soprattutto dietro. Che la fase difensiva di questa squadra abbia dei problemi non è certo una novità, così come che gli avversari della Fiorentina riescano con enorme facilità a far gol, chiunque essi siano, anche quando non creano granché. Al tempo stesso, anche se questo non è il caso della sfida col Cagliari, davanti serve creare sempre un’enorme quantità di opportunità per buttarla dentro. In pratica l’esatto contrario di quanto ha sempre professato Italiano: ‘difendere bene e attaccare benissimo’ era il suo slogan quando arrivò a Firenze. Ma di fatto la sua Fiorentina fa più o meno sempre il contrario. Amen, questa è la Fiorentina che proverà ad alzare al cielo la Conference League mercoledì ad Atene. Ormai non si può pensare che corregga tutti i propri punti deboli in pochi giorni. Congeniti o voluti: Ikoné non è Lookman, Belotti non è Scamacca, Arthur non è Ederson e Beltran non è Koopmeiners. Ma questo si sapeva già prima. Biraghi ha le sue lacune, Milenkovic-Ranieri-Quarta idem. Con l’Olympiacos servirà una partita in cui tutti ci mettano il 1000% di concentrazione, dietro e in mediana, in cui non si regalino praterie in contropiede o imbucate per vie centrali e in cui davanti si sprechi il meno possibile. Tutte cose che, in fin dei conti, non sono nel dna di questa Fiorentina. Ma che, per una sera, contro un avversario come l’Olympiacos che ha come qualità tutte le cose che la Fiorentina maggiormente soffre, dovranno essere tirate fuori. Stavolta, da Atene, c’è da tornare con un trofeo.

Polizza per la prossima Europa

Il Cagliari non regalerà nulla alla Fiorentina

Non è solo una partita di Serie A che, già di per sé, sarebbe da onorare al massimo (sempre, a maggior ragione quando si indossa la maglia della Fiorentina), ma la gara di domani a Cagliari per la squadra viola mette in palio anche il pass per la prossima Europa. O meglio, una sorta di polizza nel caso in cui ad Atene, il 29, dovesse andar male, senza poi essere costretta ad andare a prenderselo a Bergamo il 2 giugno dopo la sfida con l’Olympiacos. Il tutto contro un Cagliari che sta festeggiando da domenica il raggiungimento della salvezza, che nel match di domani non avrà niente da chiedere se non salutare per l’ultima volta Claudio Ranieri, ma proprio in virtù di tutto ciò, in uno stadio che si annuncia quasi esaurito, guai a pensare che i sardi regaleranno qualcosa. La Fiorentina dovrà prendersi quei punti che le servono, sudandoseli, mettendo da parte la partita di Atene ed evitando di cadere nel trappolone della gara ‘facile’. SAMPDORIA. Di precedenti in cui squadre che lottavano per qualcosa hanno perso inaspettatamente contro avversari che non avevano niente da chiedere ce ne sono a bizzeffe nella storia del calcio. Lo sa bene la stessa Fiorentina che, nel primo anno di Italiano, si presentò a Marassi contro una Sampdoria che dai risultati del weekend aveva già conquistato la salvezza matematica mentre i viola cercavano punti per la qualificazione in Europa. E finì con un sanguinoso 4-1 per il Doria, risultato che costrinse la Fiorentina a battere la Juve nell’ultimo turno di Serie A, oltre che a non partecipare all’Europa League. FATAL CAGLIARI. Negli anni si è creato il ‘mito’ della ‘fatal Verona’, col Milan che ci perse due scudetti, c’è stato il più recente 5 maggio dell’Inter. In quei casi, ovviamente, il tutto fece più ‘rumore’ visto che le milanesi persero Scudetti che parevano già vinti, come l’anno scorso accadde al Dortmund che, contro un Mainz già a metà classifica, perse in casa la Bundesliga pareggiando 2-2. La Fiorentina parte per Cagliari sapendo che dovrà evitare che questa trasferta diventi una sorta di ‘fatal Cagliari’, dove già in passato la Fiorentina ci ha perso qualcosa di ben più importante di una qualificazione alla prossima Conference League. Ma almeno in quel caso (riferimento ovviamente al 1982) il Cagliari doveva fare punti salvezza. VISTA ATENE. A parole tutti i protagonisti hanno lasciato intendere che questa consapevolezza ci sia, che prima di pensare ad Atene, all’Olympiacos e a El Kaabi ci sia da andare in Sardegna e tornare a casa col sorriso, con almeno la certezza, comunque vada, di aver portato la Fiorentina nuovamente in Europa. Poi sarà il campo a dirne di più, quando l’arbitro fischierà l’inizio della gara col Cagliari.

Ranieri e Nzola, un treno per Atene passa da Cagliari

Il centrale e la punta ci provano

Al netto di condizioni fisiche e o eventuali acciacchi, per qualcuno da smaltire per altri da buttarsi alle spalle, dovessimo fare oggi, a 8 giorni dal fischio d’inizio della finale di Atene con l’Olympiacos, il probabile undici della Fiorentina, il grosso sarebbe già scritto: Terracciano in porta, Dodo a destra e Biraghi a sinistra, Milenkovic difensore centrale con uno tra Ranieri e Quarta, Arthur o Mandragora a seconda di come starà il brasiliano con Bonaventura, a seconda di come starà Jack, Nico a destra, Kouame a sinistra, Beltran dietro a uno tra Nzola e Belotti. A parte le più o meno lecite preferenze personali, per cui molti vorrebbero sempre Parisi e mai Biraghi, chi tizio e chi sempronio, e di quanta batteria avranno il 29, a livello di gerarchie molto appare già quasi scritto. Gli unici che ballano anche su questo per una maglia dal 1’ ad Atene sono il centravanti e il partner di Milenkovic dietro. Due caselle non certo banali nel giuoco del calcio, visto che uno ha il compito di impedire agli avversari di far male e l’altro di buttarla dentro. RANIERI. Fino alla sfida dell’andata col Bruges, in pochi avrebbero scommesso su un tracollo di Luca Ranieri. Proprio lui, uno di quelli che non avevano quasi mai commesso errori, con prestazioni sempre attente e più che sufficienti, il più affidabile dei tre difensori centrali rispetto a Milenkovic e Quarta. Se l’argentino, con qualche gol pesante, ha spesso messo una toppa a svariati svarioni difensivi, il serbo ha vissuto una stagione sottotono sostanzialmente dall’inizio alla fine. Tanto che, nelle sfide cruciali, spesso sono stati proprio quest’ultimi due a riposare a turno, con Ranieri sempre in campo. Poi l’errore coi belgi, bissato dal pasticcio di Verona in compartecipazione con Christensen in occasione del vantaggio dell’Hellas. E da lì è praticamente scomparso, giocando solo qualche secondo di partita a Bruges al ritorno. E adesso? Potrebbe tornare in campo a Cagliari, giovedì, per provare a rimettere in discussione un tandem di centrali che ad oggi, in vista di Atene, vede favoriti proprio Milenkovic e Quarta. Che, intendiamoci, non hanno fatto partite da dieci, nel frattempo, anzi…Ranieri ci prova, insomma. NZOLA. Nello stesso lasso di tempo è accaduto l’esatto contrario a Nzola. Proprio da quel match col Bruges, quando Belotti si era ri-sbloccato dopo il lungo digiuno segnando nel primo tempo il gol del momentaneo 2-1, l’angolano ha saputo cogliere il momento per tornare almeno un’alternativa da prendere in considerazione. Gol ai belgi allo scadere, rigore procurato decisivo a Bruges, gol col Napoli di destro. Nel mentre, invece, il Gallo ha dovuto fare i conti con una fastidiosa lombalgia che, ad oggi, pone a serio rischio la sua titolarità con l’Olympiacos. A Cagliari Nzola potrebbe avere un’altra chance di aumentare le sue probabilità di partenza dal 1’ ad Atene. E sarebbe un qualcosa di pazzesco pensando a come stavano le cose fino ad un mese fa, quando a Salerno Italiano schierò Barak centravanti pur di far rifiatare Belotti, o Kouame, non convocando neppure Nzola per cinque gare di fila. M’Bala ci prova, insomma. FINALE. Nel mirino c’è un obiettivo, chiaro: andare a prendersi la coppa ad Atene, magari da protagonisti. Il treno per la titolarità del 29 passa anche da Cagliari.

Oltre 20 anni senza un trofeo. Per molti sarebbe la prima volta

Molti calciatori della Fiorentina vanno a caccia del primo titolo

Non è cambiato più di tanto rispetto a dodici mesi fa. Ad Atene come a Praga, infatti, la Fiorentina andrà a caccia di un trofeo che interromperebbe un digiuno che dura ormai dal 2001, 23 anni, periodo più lungo della storia del club viola senza la conquista di un titolo. E poco importa se in palio ci sarà la terza competizione per importanza a livello Uefa, non è certo questo il momento di fare gli schizzinosi. La Fiorentina non vince una competizione europea dal 1975, e quella era Coppa Italo-Inglese, non proprio la Coppa dei Campioni. L’anno scorso arrivarono due ko in due finali, quest’anno di occasioni ce ne sarà una soltanto, ad Atene in Conference League, dopo che tra Supercoppa Italiana in Arabia Saudita e in semifinale con l’Atalanta in Coppa Italia la squadra di Italiano ha mancato il raggiungimento almeno della finale. PRIMO TITULO. All’atto conclusivo di questa edizione della Conference, la Fiorentina ci arriva con una rosa che, così come quella che giocò a Praga con gli hammers, vede nelle proprie fila una schiera di giocatori ancora in cerca del primo trofeo della propria carriera. Su tutti, ovviamente, c’è Vincenzo Italiano. Il tecnico viola disputerà la terza finale da quando è a Firenze, sperando di tornare da Atene con la prima medaglia da vincitore dopo aver raccolto due secondi posti con l’Inter e col West Ham dodici mesi fa. E’ il caso anche del capitano viola Biraghi, che nel 2010 vinse il triplete con l’Inter, da giovanissimo, giocando solamente una manciata di minuti in tutta la stagione. Lo stesso accadde a Rolando Mandragora quando vinse con la Juventus nel 2017. Terracciano e Christensen vanno a caccia della loro prima volta, così come i vari Sottil, Maxime Lopez, Ranieri, Nzola, Faraoni, Duncan e Parisi. Molti di questi, ovviamente, non scenderanno in campo ad Atene, chi a causa di infortuni chi per scelta tecnica. QUASI PRIMO TITULO. Sarebbe una prima volta a livello di club per Castrovilli e Belotti, vincitori dell’Europeo con l’Italia nel 2021, ma mai vincenti a livello di club. Il centrocampista pugliese, tra l’altro, non è in lista Uefa per cui non potrà giocare ad Atene. Barak non vince niente dal 2017, quando vinse lo Scudetto di Repubblica Ceca con lo Slavia Praga, mentre a livello di club è ancora a secco anche Kouame, fresco vincitore della Coppa D’Africa con la Costa D’Avorio. Bonaventura ha vinto in carriera solamente una Supercoppa col Milan nel 2016, mentre Milenkovic è riuscito a vincere Scudetto e Coppa di Serbia nel 2016-17 col Partizan. Nico Gonzalez poteva diventare campione del Mondo con l’Argentina e per quanto abbia vinto una Coppa America con l’albiceleste è ancora a zero titoli coi club. Kayode, essendo al primo anno tra i professionisti, può vantare diversi titoli a livello giovanile, tra cui l’Europeo Under 19 vinto in estate, ma è ancora a zero trofei tra i grandi. PLURIVITTORIOSI. Quarta, invece, può vantare 3 coppe d’Argentina e 1 Supercoppa d’Argentina, 1 Libertadores e una Coppa Sudamericana col River, oltre ad una Coppa America con l’Argentina. Arthur è un altro calciatore che nel suo palmares può vantare diversi trofei: 1 Libertadores col Gremio, 1 Coppa Italia e 1 Supercoppa con la Juventus, 1 Coppa America col Brasile, 1 Liga e 1 Supercoppa di Spagna col Barcellona. Beltran ha vinto 1 Supercoppa d’Argentina e un campionato argentino col River, mentre Ikoné può vantare di avere vinto Scudetto e Coppa di Francia col Lille, oltre a due titoli quando da giovanissimo (giocando solo pochi minuti) col Psg. Dodo ha messo in bacheca 1 Coppa d’Ucraina, 2 scudetti e 1 Supercoppa con lo Shakhtar. CHANCE. L’occasione per vincere è in arrivo, tra meno di dieci giorni, ad Atene. Per molti potrebbe essere la prima volta, per altri l’opportunità di tornare a vincere dopo anni, per qualcuno di farlo da protagonista e per altri da capitano. Al tempo stesso potrebbe essere per più di qualcuno anche l’ultima chance. La sfida con l’Olympiacos, insomma, conta di più, non solo per vendicare quanto accadde col West Ham dodici mesi fa o per onorare al meglio la memoria di Barone, ma anche per salutare Firenze e la piazza viola con un trofeo di cui, da queste parti, c’è una gran fame.

‘You say goodbye, and I say hello’…

Ultima al Franchi per molti viola

 Per molti stasera contro il Napoli sarà la gara dei saluti, per altri anche di addii. Ovviamente sperando di ritrovarsi sempre lì, al Franchi, a notte fonda, quando la Fiorentina tornerà da Atene, ma per questo meglio non mettere le mani avanti. SALUTI. Quella di oggi sarà l’ultima partita interna della stagione della Fiorentina che, dinanzi al suo pubblico, spera di poter staccare il pass per la terza qualificazione europea consecutiva, per quanto nella stessa competizione, ovvero la terza in ordine di importanza a livello Uefa. Il tutto in attesa di poter provare ad entrare nella seconda, ma per quello servirà tornare da Atene con un trofeo. Sarà la serata del saluto di Vincenzo Italiano, clausola di rinnovo automatico in caso di successo con l’Olympiacos permettendo, lui che sotto la Fiesole ha festeggiato, esultato e pure ballato, magari salutando in modo particolare anche chi, dietro la sua panchina, ha avuto spesso di che ridire, ricevendo più o meno accese risposte. Qualcuno gli ha urlato ‘Oh Vincenzo portarci in Europa’ prima, ‘Oh Vincenzo portaci la Coppa’ poi, ma anche ‘fate ridere’. Alti e bassi, fa parte del gioco. Per molti calciatori oggi sarà l’ultima volta al Franchi. Per quanto le vie del mercato siano infinite, infatti, i vari Arthur, Belotti, Maxime Lopez e Faraoni torneranno da dove erano arrivati, così come potrebbe essere l’ultima di Duncan e Kouame, a meno che le parti non trovino un accordo di rinnovo di un contratto che scadrà tra un mese. Poi c’è Bonaventura, altro col contratto in scadenza, mentre in diversi hanno corteggiatori ed estimatori, da Quarta a Milenkovic e Gonzalez passando per Barak. Sarà l’ultima di Castrovilli, in quello stadio in cui si fermò per un malore e in cui si è rotto un ginocchio e tutto ciò che c’era attorno, e chissà che non sia l’ultima anche per Nzola, proprio lui, che fino a qualche giorno fa al Franchi non ci andava neppure, visto che non veniva convocato, ma che poi proprio lì ha trovato con quel guizzo nel recupero di Fiorentina-Bruges il gol che, in fin dei conti, ha permesso alla squadra viola di andare ad Atene. FIESOLE. Anche la Fiesole si riempirà per l’ultima volta. Dall’anno prossimo, sempre che sul fronte restyling del Franchi non accadano cataclismi, dietrofront o cose che se non fossimo in campagna elettorale parrebbero utopie, il cuore caldo del tifo si sposterà dall’altra parte dello stadio, in Ferrovia, coi lavori che interesseranno quella che per generazioni è stata l’anima dell’identità dei tifosi della Fiorentina. In teoria, sempre in teoria, la prossima volta che un tifoso viola rientrerà in Fiesole non avrà più bisogno dell’impermeabile o di preghiere affinché il meteo sia clemente. CARICA. Intanto battere il Napoli e andare in Europa anche l’anno prossimo, poi potrà ufficialmente partire la marcia d’avvicinamento ad Atene, rendendo la partita di Cagliari e il recupero con l’Atalanta (comunque dopo la finale di Conference) sfide ininfluenti. Il Franchi è pronto ai saluti, ma anche a dare la carica. Per oggi e per il 29. Con tanta voglia di ritrovarsi lì, a notte fonda, a sancire la fine di un digiuno che dura da oltre 20 anni.

Ri-invertire il trend, anche in casa

Fiorentina a caccia di un successo col Napoli

Dovessimo fare la ‘top 10’ delle partite più belle del triennio di Italiano a Firenze (sperando che nel novero  possa entrarci quella di Atene del 29 maggio), nelle primissime posizioni dovremmo inserire di diritto almeno tre incroci col Napoli, prossimo avversario dei viola in Serie A venerdì al Franchi. DA URLO. In pochi sono riusciti a fare quello che è riuscito a fare Italiano negli ultimi anni, come battere tre volte l’Atalanta di Gasperini in una stagione come fece tre anni fa, ma anche riuscire a vincere al Maradona tre volte nelle ultime quattro edizioni della sfida col Napoli. All’andata di quest’anno fu 1-3, coi gol di Brekalo, Bonaventura e Gonzalez, l’anno scorso fu ko nel giorno in cui il Napoli festeggiò lo Scudetto, mentre due anni fa arrivarono un successo per 2-5 in Coppa Italia e 1-3 in Serie A, con firme d’autore e gol bellissimi. Dal primo centro in maglia viola di Ikoné alla perla da fuori area di Cabral nella sfida di Serie A, ai gol di Venuti, Vlahovic, Piatek, Maleh e  Biraghi in quella di Coppa Italia. Eppure, nonostante tutto ciò, le gioie che la recente Fiorentina ha rimediato col Napoli sono arrivate tutte in Campania. A Firenze, invece, il ruolino di marcia recente è di tutt’altro spessore.  A FIRENZE. Al Franchi, negli ultimi 10 incroci la Fiorentina ha vinto solamente una volta, nel giorno in cui Simeone stese la squadra di Sarri con una tripletta. Napoli che con quel ko, di fatto, perse i sogni Scudetto. Poi raffica di pareggi, come lo 0-0 dell’anno scorso, il ko 1-2 del primo anno di Italiano quando, così come con l’Inter, la Fiorentina fece un primo tempo spaziale andando avanti con Quarta, ma poi crollò finendo la benzina e venendo rimontata. Ko 0-2 anche l’anno prima, quando in gol andarono Insigne e Venuti con un autogol, in quella sfida che vide Gattuso accapigliarsi con gran parte della panchina della Fiorentina, con l’allenatore del Napoli che poi, da lì a breve, sarebbe stato annunciato come tecnico viola, salvo poi fare dietrofront pochi giorni, anzi ore, più tardi. Ko 3-4 nel primo anno di Commisso, con biglietto di ben arrivato al patron viola da parte della classe arbitrale che si inventò un rigore pazzesco per un contatto inesistente tra Castrovilli e Mertens. 0-0 nel 2018-2019, 3-3 con gol di Zarate bellissimo e pari allo scadere di Gabbiadini l’anno precedente, 1-1 nel 2015-2016, ko 1-2 nel 2013-14. Riassumendo, negli ultimi dieci Fiorentina-Napoli, i viola hanno rimediato 1 successo, 4 pareggi e 5 ko. Un bilancio che cozza con la storia dei due club, visto che nei precedenti 63 incroci giocati in Serie A con la Fiorentina in casa erano arrivati 35 successi viola, 15 pareggi e solo 13 vittorie del Napoli. Il raffronto in percentuale è abbastanza semplice: le vittorie del Napoli sono passate dal 20,6% al 50% negli ultimi dieci incontri.  INVERSIONE. Venerdì la Fiorentina dovrà provare ad invertire il recente trend. Il rendimento del Napoli di quest’anno potrebbe facilitare il compito dei viola, con la gara del Franchi che potrebbe permettere alla formazione di Italiano non solo di riscrivere il recente bilancio dei precedenti, ma anche di staccare il pass per la prossima Europa. In attesa di Atene.

Bene, bravi, bis

Fiorentina in forma, nel momento clou della stagione

La Fiorentina batte il Monza e mette nelle proprie mani l’accesso alla prossima Europa via Serie A, aspettando Atene. Coi tre punti rimediati coi brianzoli di Palladino, le cui quotazioni per diventare il prossimo allenatore della Fiorentina nel post Italiano, la squadra viola diventa artefice del proprio destino per guadagnare un altro pass per un’altra annata in Europa. Venerdì, infatti, col Napoli ci sarà il primo match point per chiudere i discorsi. E non sarà il pass Champions, tipo quello che segnò Osvaldo a Torino o quello di Jorgensen a Lecce, ma tant’è. In fin dei conti, se la Fiorentina è adesso in attesa di giocare la Finale di Conference con l’Olympiacos, lo deve anche al finale di campionato dell’anno scorso in cui riuscì a strappare punti che garantirono il pass per questa edizione di Conference. Non era scontato allora, non è banale adesso. La sfida col Monza ha portato in dote diverse ottime notizie per la Fiorentina. Su tutte, ovviamente, i punti e quanto detto sopra, ma anche il fatto che il gruppo viola abbia tutte le intenzioni di non mollare niente, che a livello mentale sia ‘sul pezzo’. La gara del Franchi, inoltre, ha evidenziato che questa squadra sta godendo di una condizione fisica/atletica molto buona, collettiva e di alcuni singoli. Da Nico ad Arthur, in diversi hanno addirittura mostrato progressi, aspetto chiave in vista della partita di Atene. Per quanto Nzola non abbia brillato, anche col Monza ha dimostrato di non essersi lasciato andare, anzi. Per quanto resti comunque Nzola, con tutti i suoi limiti, nelle due partite col Bruges ha dimostrato che può risultate utile, anzi utilissimo. Col Monza si sono visti diversi tentativi di verticalizzazione, cercando nuove e diverse soluzioni in fase offensiva. Dietro, a parte il gol concesso, la fase difensiva ha mostrato qualche segnale di miglioramento, mentre altri singoli hanno fatto vedere di star bene, come Mandragora e lo stesso Arthur. Altri, invece, stanno recuperando, da Bonaventura a Belotti, con Ikoné che dovrebbe superare a breve il problema accusato nei giorni scorsi. Poter contare su alternative che rispondano presente se chiamati in causa, sta aiutando.  Il tutto con vista Atene, ovviamente. Ma anche con la certezza di avere nelle proprie mani la qualificazione all’Europa per l’anno prossimo, quale ancora non si sa. Per andare in Europa League non dipenderà solo dalla Fiorentina visto che ci sarà di mezzo l’Olympiacos, ma già avere quella possibilità non è poco, e non era scontato.

Quelli che sperano. Alternative, sì, fino ad un certo punto

Per la Fiorentina c’è il Monza. Per molti l’occasione di mettersi in mostra

Qualcuno le chiama alternative. Sì, perché se c’è ‘A’ e sta bene gioca ‘A’, e non ‘B’. A meno che…E’ il caso di questo finale di stagione della Fiorentina, coi viola che si giocheranno la terza finale in due stagioni, ad Atene, con stavolta l’imperativo di tornare a Firenze con un trofeo, ma anche chiamati a giocarsi le ultime quattro partite di Serie A cercando di raccogliere il massimo per raggiungere un posto nella prossima Europa anche via campionato, aspetto fondamentale nel caso in cui dovesse andar male con l’Olympiacos. E se non hai una rosa ai livelli dell’Inter, per cui come scegli scegli cadi in piedi, gestire energie e uomini migliori diventa doppiamente importante. ALTERNATIVE. Ci sono poi tutta una schiera di calciatori che fin qui hanno ricoperto il ruolo di alternative, che però potrebbero risultare molto utili oggi col Monza, venerdì col Napoli, poi col Cagliari e nel recupero con l’Atalanta, ma anche ad Atene. Perché i recenti casi di Sottil e Nzola sono lì a ricordare che l’occasione per riscrivere le gerarchie può passare da un momento all’altro. L’esterno viola, dopo Salerno, ha cambiato marcia mettendo in serie un paio di prestazioni importanti, su tutte quella col Sassuolo, che hanno indotto Italiano a dargli una maglia da titolare col Bruges all’andata, con tanto di rete in apertura di gara. Immaginarsi in quel match così importante e delicato Sottil titolare era quasi utopia fino a qualche giorno prima, ma Sottil è stato bravo a sfruttare le occasioni. C’è poi la storia di Nzola, fuori dai convocati per 5 gare di fila, convocato di nuovo proprio per il match d’andata col Bruges, in cui è entrato e ha deciso la partita con il gol del 3-2, ripetendosi in Belgio prendendosi il rigore della qualificazione. CHI SPERA. Salvo problemi fisici, da scongiurare ed evitare da qui al 29, diversi calciatori sperano di ritagliarsi degli spazi per convincere Italiano a buttarli in campo in Grecia. C’è Kayode, ad esempio, che insidia Dodo, c’è lo stesso Nzola ma anche Duncan. L’angolano ha dimostrato di essere tornato ‘dentro’ la Fiorentina (con la testa giusta), mentre il ghanese cerca il sorpasso su Mandragora a livello di gerarchie. Difficile che possa fare quel sorpasso Parisi su Biraghi, ma ci può provare, nel caso dell’ex Empoli più per il domani che per l’immediato. Poi ci sono i tre difensori centrali: Ranieri, dopo gli svarioni dell’andata e col Verona è stato ri-superato da Quarta, ma la sensazione è che tutti e tre si giocheranno due maglie fino all’ultimo momento. Christensen ha perso il treno, e non ha più convinto da quando è rientrato post infortunio, mentre Lopez non è mai riuscito ad impensierire davvero Arthur, tanto che lì Italiano si è inventato Bonaventura più basso. Poi c’è Barak. Il ceco è stato spesso decisivo nelle gare europee, quasi sempre nei minuti finali. Anche lui proverà a guadagnarsi delle occasioni, come dovrà fare Ikoné. Per il francese poteva essere già quella di oggi una chance fondamentale, ma un problema fisico lo ha costretto al forfait. C’è chi, invece, come Castrovilli giocherà più per se stesso che per altro, visto che il futuro dell’ex dieci viola è già indirizzato verso un addio e che non è in lista Uefa. Ma se dovesse portare punti in questo rush finale…non dispiacerebbe affatto. Questo finale di stagione, insomma, ha ancora molto da dire. A livello collettivo ma anche di singoli.

Le sliding doors, quelle belle

La rinascita di Nzola tiene vivo il sogno della Fiorentina

Dovessimo tornare indietro col pensiero, non di mesi o anni ma basterebbe di una decina di giorni, chi si sarebbe mai immaginato che M'Bala Nzola potesse anche solo contribuire a mandare la Fiorentina in una finale europea? Le chiamano sliding doors, elementi assolutamente imprevedibili che possono cambiare la vita in modo altrettanto imprevedibile. Nel caso dell'angolano, quei minuti finali della sfida del Franchi col Bruges sono quanto di più imprevedibile potesse succedere in quel momento.Proprio lui, dopo mesi di nulla, settimane di assenza anche dai convocati nel momento in cui ci sarebbe stato un gran bisogno, in cui Italiano, ad esempio a Salerno, ha preferito portarsi appresso tre ragazzi della Primavera e far giocare Barak centravanti piuttosto che Nzola. Come a dire, tutti ma tu no. Perché? Motivi personali, informava la Fiorentina, che può voler dire tutto e niente, a maggior ragione se tale situazione si ripete per cinque gare di fila com’è accaduto. Forse poca intensità o testa negli allenamenti? Ci sta, anzi, molto probabile. Poi, però, la porta che scorre, e non contro una squadra già retrocessa o su un 4-0, ma in una semifinale di una coppa europea, nel momento cruciale per la stagione dei viola, allo scadere di una gara in cui si sentivano già le critiche per come in quei 90 minuti col Bruges la Fiorentina era riuscita a buttarsi via regalando il 2-2 in superiorità numerica, in contropiede, tutti in attacco, come troppe volte era già successo, anche giusto pochi giorni prima con l’Atalanta in Coppa Italia. Poi la porta che scorre, il palo e il gol del 3-2. E bravo M'Bala, finalmente, dopo mesi di delusioni. Eccezione? Lampo? Caso? Miracolo? No. Perché meno di una settimana più tardi è successo di nuovo, a Bruges, quando la Fiorentina rischiava la beffa, dopo aver mostrato una superiorità evidente sul campo, preso pali, traverse e sbagliato l’impossibile. Ecco Nzola che entra, si prende il rigore che Beltran trasforma nel gol del passaggio del turno. E non un pass qualunque,  ma quello per la finale. E non una finale qualunque, ma quello di una finale di una coppa europea. Le sliding doors, quelle belle, quelle che decidono e cambiano in positivo lo stato d'animo di un popolo, quello viola, che nel recente passato di situazioni che modificano in meglio il corso degli eventi ne ha visti ben pochi. Basti pensare a quei maledetti crampi di Ranieri al 90’ a Praga, con Igor che entra e si fa 'bucare' da Bowen, dopo un rinvio di Terracciano che poteva essere indirizzato verso qualunque altra zolla del campo, con quel rimpallo…etc etc. Momenti ed avvenimenti che cambiano il destino, che fanno passare in pochi istanti dalle proverbiali stelle alle stalle, che in questo caso, invece, hanno ridato speranza ed alimentato sogni di gloria. E bravo Nzola. L'ultimo capitolo di questa storia è ancora da scrivere.

E ora l’ultimo step. Rompere il lungo digiuno

La Fiorentina sogna di alzare al cielo la Conference

Missione compiuta. La Fiorentina elimina il Bruges, raggiunge la Finale di Conference League per la seconda volta di fila, mantiene vive le speranze di riprendersi quello che lasciò a Praga un anno fa e può ancora provare a scrivere la storia. Manca solo un ultimo step, ad Atene: vincere. Il digiuno di trofei dura da tanto tempo, troppo per un club che nella sua storia non ha mai vissuto astinenze così lunghe. Dopo aver dovuto sopportare la doppia beffa dell’anno scorso, con due finali perse, è arrivato il momento di prendersi la rivincita. Per Firenze, per Barone e per la Fiorentina. Questo spogliatoio ha avuto chiaro l’obiettivo sin da quel fischio finale di Praga di un anno fa. La missione era chiara: riprovarci. Quando il dg viola è venuto a mancare, poi, l’obiettivo è divenuto ‘patto’. E se questo gruppo dovesse tornare da Atene con quella coppa… Il calcio, poi, ci mette del suo raccontando storie che non avvengono in nessun altro ambito sportivo, forse neanche nella vita. Se qualcuno, dieci giorni fa, avesse anche solo pensato che Nzola sarebbe stato decisivo per andare in Finale, due volte, entrando allo scadere all’andata e buttando dentro il gol del 3-2 e al ritorno prendendosi il rigore dell’1-1, sarebbe probabilmente stato messo al rogo come eretico. E invece così è accaduto. Capita anche che Terracciano viva fino al 93’ una delle sue peggiori serate, sbagli di tutto, metta il Bruges in condizione di segnare il gol che stava mandando all’inferno la Fiorentina ma poi, all’ultimo istante, faccia una parata pazzesca che lo trasforma da carnefice in eroe. Che dire, poi, dei legni in serie colpiti anche in Belgio dalla Fiorentina? Traverse, pali…fino all’episodio: un rigore, tutt’altro che una formalità per una squadra che nel 2024 ne ha sbagliati in serie, ma che Beltran, uno dei peggiori in campo fino a quel momento, ha trasformato mandando la Fiorentina ad Atene. E questo è il calcio. Ora l’ultima tappa. C’è tanta voglia di gioire, perché un altro triste epilogo ribalterebbe tutto quanto raccontato in precedenza. E sinceramente non se lo merita la Fiorentina e non se lo merita Firenze.

Vincere la Conference...unica via per crescere

Appuntamento con la storia per la Fiorentina

La Fiorentina si appresta a sfidare nuovamente il Bruges cercando il pass per la finale di Atene. Che ci sia, eventualmente, l'Olympiakos o l'Aston Villa ad occupare l'altro slot di finaliste poco importa. Almeno oggi, ed anche domani. La Fiorentina ci deve provare. Non solo, ci deve riuscire. Andare in finale potrebbe permettere a questo gruppo di calciatori, a questo allenatore e a questa dirigenza di dare un senso ad una stagione che, purtroppo, in campionato pare aver preso l’andazzo verso una lotta per un nuovo accesso alla prossima Conference (traguardo che scalda pochissimo). Per quanto ci siano ancora delle velleità di qualificazione all’Europa League pure via campionato, è inutile far finta che questo gruppo sia a corto di energie, fisiche e mentali. Gli altri, vedi Lazio e Napoli, non stanno meglio, ma non hanno altri impegni se non quelli di campionato. E’ perciò difficile pensare che questa Fiorentina possa fare filotto nelle ultime 4 sfide in calendario con Monza, Napoli, Cagliari e Atalanta. I limiti della Fiorentina si sono visti in maniera lampante a Verona.E allora sì, dev’essere all-in sulla Conference, dimensione in cui questa società naviga (bene) ormai da due anni, ma dalla quale servirebbe progredire viste le energie che porta via. E il modo per farlo è espugnare Bruges, andare ad Atene e tornare a Firenze con quella maledetta coppa. Un epilogo che permetterebbe a questo spogliatoio di consacrarsi alla storia (comunque la si pensi sul valore di questa Conference), di far gioire una piazza che ha fame di vittorie visto che un trofeo manca da oltre 20 anni e di dare delle parvenze di crescita per il futuro.Andare in Europa League farebbe aumentare i ricavi (aspetto caro alla proprietà, come evidenziato anche dall’ultimo intervento di Commisso sul Franchi), ridarebbe alla Fiorentina la sua dimensione e richiederebbe al tempo stesso investimenti più mirati, per non dire onerosi. Fare l’Europa League, infatti, non è come fare la Conference. Basta vedere chi è nelle semifinali (Atalanta e Roma, in lotta per la Champions in A - Leverkusen campione di Germania ) o chi c’era nei quarti (il Liverpool in lotta per la Premier). Potrebbe cambiare molto, se non tutto. Come sarebbe stato negli anni di Montella qualificarsi alla Champions, quando il quarto posto valeva ‘solo’ l’Europa League, per intendersi.  E allora: provaci Fiorentina.

Evitare i soliti errori, andare oltre i soliti limiti

Fiorentina a caccia della Finale di Atene

Passo indietro su molti fronti per la Fiorentina a Verona. Per quanto al Bentegodi Italiano abbia schierato quasi esclusivamente alternative, della trasferta coi gialloblu c’è poco da salvare. Le vie per l’Europa tramite Serie A, adesso, si fanno in salita. Per fortuna che la partita da non perdere è quella di mercoledì. Ma in Belgio servirà tutt’altra Fiorentina. Le uniche indicazioni positive a Verona sono arrivate da Castrovilli che, però, col Bruges, in quella che è ad oggi la partita dell’anno per la Fiorentina, non potrà giocare perché non in lista Uefa. La fase difensiva vista a Verona, così come giovedì scorso, è tornata a preoccupare, sia a livello collettivo che di singoli. Ranieri continua ad evidenziare un inatteso calo di condizione mentale, mentre Milenkovic non sta dando segnali di ripresa. I due portieri che si stanno alternando non danno grandi garanzie, Sottil è out mentre c’è apprensione per le condizioni di Bonaventura. Al netto dei singoli, giovedì dovrà scendere in campo un’altra Fiorentina. Che non regali dietro, possibilmente non in apertura di gara e che faccia più male del solito davanti. Il Bruges visto a Firenze, d’altronde, non ha destato chissà quale impressione. Forte, sì, ma neanche poi più di tanto. Non è l’Atalanta, per intendersi. La vera discriminante, piuttosto, starà in che serata avrà la Fiorentina. I difensori e Terracciano su tutti. Uscire dalla Conference come a Bergamo, cioè con un gol preso alla prima imbucata centrale, restare in inferiorità numerica con un’altra imbucata centrale, prendere il gol dell’eliminazione in contropiede…sarebbe delittuoso. Anche perché, val bene ricordarlo, la Fiorentina va a Bruges con un gol di vantaggio. Atene non è lontana, ma non è ancora stata raggiunta.  

Come in un film, sperando nel lieto fine

Fiorentina a caccia dell’happy ending

Ci deve essere un lieto fine in questa dannata stagione, anzi a questo anno. Qualcuno con la mente è ancora lì, a Praga, a quei secondi finali dal sapore della beffa. Un pugno in faccia di quelli che si possono sentire ancora a distanza di dodici mesi, forte, doloroso, anche perché arrivato pochi giorni dopo un altro schiaffo come quello dell’Olimpico. Già col West Ham qualcuno si aspettava l’happy ending, una sorta di risarcimento per oltre vent’anni di insuccessi, caratterizzati da beffe come il fallimento, la C2, la finale di Coppa Italia col Napoli, furti come quello del Bayern e di Ovrebo, e quell’urlo al gol di Nico con l’Inter di qualche giorno prima che, poi, rimase solamente un’illusione (come se non bastasse, mai). Niente, anche a Praga fu dolore. Appuntamento con ‘una gioia’ rimandato, ancora. Un anno più tardi, con nel mezzo la scomparsa di una figura centrale nella vita dell’attuale Fiorentina come quella di Barone, ci risiamo. Una possibilità di scrivere un capitolo di gioia straordinario è già sfumata col ko con l’Atalanta: eliminare Gasperini, andare a Roma in Finale di Coppa Italia, battere la ‘nemica’ Juventus, veder piangere Vlahovic e Chiesa…Niente, quello, forse, era ‘chiedere troppo’. Il tutto, per infierire, aggravato dal modo con cui la Fiorentina è uscita. Ma vabè. Poco male, Atene non è lontana. Basta eliminare il Bruges. La Fiorentina va avanti con eurogol di Sottil, che nel suo momento migliore poi si fa male, crea, spreca con Nico e regala un rigore ‘a bischero’, ritrova il vantaggio e va in superiorità numerica con un belga che si fa espellere come un ‘pivello’. Ma poi prende un gol ‘a bischero’ con errore del difensore più in forma, Ranieri. Nel frattempo la corrazzata Aston Villa va sotto 0-2 con l’Olympiakos, mentre la Fiorentina spreca. ‘Rieccoci’, qualcuno avrà pensato, il destino si sta nuovamente prendendo gioco di noi. Intanto gli inglesi rimontano sul 2-2, ma poi vanno sotto 2-4, mentre al Franchi entra Nzola dopo un mese di assenza dai convocati per motivi personali. Mancano pochi minuti: rigore per l’Aston Villa, sbagliato. Nzola prende il palo, ma ribadisce in rete. La Fiorentina vince, l’Aston Villa dovrà vincere di due reti in Grecia, mentre la squadra viola avrà due risultati su tre in Belgio, o anche tre su tre per andare almeno ai supplementari. Sì, stavolta ci dev’essere un lieto fine. Per forza, basta solo attendere. E’ ormai questione di qualche giorno.

Una serata da film tra classici, revival e inediti

Le storie che ha regalato Fiorentina-Club Brugge

Difficile azzeccare anche solo un evento di ciò che è accaduto nel giovedì di Conference League. Dalla super favorita Aston Villa che perde 2-4 in casa con l’Olympiakos a M’Bala Nzola che entra allo scadere e fa il gol decisivo per la vittoria della Fiorentina. Proprio lui, reduce da quattro non convocazioni per ‘motivi personali’ che torna, gioca una manciata di minuti e stavolta non fa danni, anzi, centra il palo, non si abbatte, ci crede, butta dentro il 3-2 e fa esplodere il Franchi. Una roba da film.  Altra storia da film è quella di Sottil, uno che da anni è atteso al varco: esplode o no? Fa il salto di qualità oppure no? E dopo che anche quest’anno pareva indirizzato al ‘no, non esplode; no non fa il salto di qualità’, dopo una serie di gare insufficienti (l’ultima a Salerno), ecco la resurrezione. Buon ingresso col Plzen, gol e due assist col Sassuolo, maglia da titolare presa di diritto e di forza in una semifinale europea, rete che sblocca la gara dopo pochi minuti, tra l’altro bellissima, gran partita, poi altro infortunio e nuovo stop che sa di stagione finita. Non molto scenografica la serata di Biraghi, altro giocatore che era atteso al varco come ormai da tempo è sostanzialmente sempre. A maggior ragione dopo la buona prova di Parisi col Sassuolo e la serataccia di Biraghi a Bergamo. Fiorentina avanti dopo pochi minuti, tranquilla, consapevole di aver iniziato nel modo migliore una semifinale europea, rimpallo in area, mani di Biraghi, rigore: gol. Se la fortuna è cieca, la sfiga nel suo caso sembra vederci benissimo. Si potrà avere a che ridire sul fatto che sia arrivato lì col braccio largo, così come che col West Ham era messo male a livello posturale quando il pallone gli sbatté sul braccio, però non si potrà certo dire che sia stato fortunato. Poi ecco l’altra storia da film, quella del Gallo Belotti che torna a cantare, dopo 1000 e più minuti di astinenza, nel momento più importante: palla vagante in area, controllo, girata immediata e gol. Proprio ora, quando per molti la speranza iniziava ad essere vicina allo zero.  Una delle poche cose che era abbastanza pronosticabile, invece, era che la Fiorentina prendesse un gol a ‘bischero’, uno di quelli che solo questa squadra riesce a regalare, sempre uguali: rinvio lungo da dietro, un solo attaccante avversario che parte e fa gol. Così era stato col West Ham, con l’Atalanta e altre mille volte, perfino con avversari come il Maccabi Haifa, e così è stato sul gol del 2-2 del Club Brugge. Difficile, tuttavia, immaginarsi che ciò sarebbe accaduto nel momento in cui i viola avevano appena visto un belga finire sotto la doccia espulso. Impensabile, ma non troppo, perché non è la prima volta che questa Fiorentina si suicida in quel modo. Molto difficile pensare che a perdersi l’attaccante del Bruges fosseRanieri, uno dei migliori in questa stagione ma uno dei peggiori col Club Brugge.  Altra cosa che ha il sapore del ‘classico’ è che la Fiorentina esce dalla gara d’andata col Bruges con un risultato positivo, com’era accaduto con l’Atalanta in Coppa Italia, ma sfruttando solamente in parte il ‘fattore Franchi’. Coi belgi così come coi bergamaschi, infatti, la Fiorentina ha segnato poco in confronto a quanto ha creato, col solo Gonzalez che nel primo tempo poteva farne due. Al contrario ha subito di più di quanto ha concesso, altra cosa dal sapore del ‘classico’, un vero e proprio revival. Peccato, forse, cioè…In fondo la Fiorentina andrà in Belgio partendo dal vantaggio, che però poteva essere molto più ampio, come accadde con l’Atalanta. Ma il Bruges non è l’Atalanta, forse, cioè…Questione di bicchieri, mezzi pieni o mezzi vuoti, del tutto pieni e o del tutto vuoti a seconda di come la si voglia vedere. Atene è più vicina, o meglio meno lontana. Se poi l’Olympiakos facesse fuori l’Aston Villa…Ma meglio pensare prima alla battaglia di Bruges, perché tale sarà. Sperando che l’epilogo sia differente.

Sfruttare il ‘fattore Franchi’. Servono i goleador d’Europa

La Fiorentina va a caccia della Finale di Conference League

Sfruttare il fattore Franchi. Vincenzo Italiano e Nico Gonzalez hanno mandato il loro messaggio, chiaro, in vista della gara di oggi contro il Bruges. La Fiorentina deve incanalare il discorso qualificazione sfruttando la gara d’andata tra le mura amiche. In sostanza, oggi i viola devono vincere, quindi buttarla dentro, possibilmente facendo una gara attenta dietro, per intendersi senza fare regali ai belgi. Più o meno quello che accadde nella semifinale d’andata di Coppa Italia con l’Atalanta al Franchi, dove per ‘il più’ si fa riferimento alla gara di grande attenzione difensiva, con quasi nessuna occasione concessa ai bergamaschi di Gasp, mentre per ‘il meno’ si intende lo spreco offensivo che spesso ha contraddistinto questa Fiorentina. CAMMINO. L’obiettivo, come detto, è quello di evitare di andare in Belgio al ritorno a dover rimontare. Per farlo, ovviamente, dovranno arrivare dei gol all’attivo. Spesso e volentieri è stato Barak a mettere dentro reti decisive nel cammino europeo della Fiorentina, sia l’anno scorso (a Basilea, per esempio) che quest’anno (col Maccabi, all’andata e al ritorno). Oggi il ceco partirà dalla panchina, salvo sorprese. Al suo posto, senza sorprese, ci sarà invece Gonzalez. L’argentino, al pari di Barak, è stato spesso l’uomo della provvidenza per Italiano, in Serie A, Coppa Italia ma soprattutto in Conference. Anche quest’anno è stato lui a metter dentro il primo sigillo europeo, come fece col Twente un anno fa ha fatto altrettanto col Rapid nel preliminare. Nella fase a gironi, fu Luca Ranieri a mettere dentro i primi 2 gol del cammino della Fiorentina, in Belgio, nel 2-2 con cui la squadra di Italiano uscì dalla sfida col Genk, entrambe di testa. Quel Genk che, giusto pochi giorni fa, il Club Brugge ha asfaltato nella poule scudetto con un 4-0 interno e uno 0-3 esterno, giusto per dare dei riferimenti. Nella goleada col Cukaricki segnarono un po’ tutti, da Beltran, che ne fece due di cui uno bellissimo, a Ikoné, passando per Sottil su punizione, Quarta e Maxime Lopez. Col Ferencvaros in gol andarono Barak e Ikoné nel finale, riuscendo a raddrizzare lo 0-2 con cui gli ungheresi erano andati avanti, mentre in Serbia la decise Nzola su rigore. Col Genk al ritorno fu 2-1 viola, con ancora Nico su rigore e gol di Quarta, mentre in Ungheria col Ferencvaros segnò ancora Ranieri sugli sviluppi di un corner. Nella fase ad eliminazione diretta la Fiorentina ha piegato allo scadere in Ungheria il Maccabi Haifa 3-4, coi gol di Nzola, Mandragora, Beltran e Barak in zona Cesarini, anzi in zona Barak. Al ritorno, al Franchi, decise proprio Barak, di testa. Quindi arriviamo alla sfida col Plzen, decisa ai supplementari proprio dai gol di Nico Gonzalez e capitan Biraghi. GOLEADOR. Tirando le somme, dunque, è Nico Gonzalez il miglior marcatore della Fiorentina di questa Conference League con 4 centri. Seguono Beltran, Barak e Ranieri a 3 gol. A 2 reti Ikoné e Quarta. A 1 Sottil, Biraghi, Lopez e Mandragora. Spiccano, al tempo stesso, i vari Bonaventura e Kouame ancora a quota 0 reti in questa Conference, ma d’altronde Jack è stato spesso preservato, mentre Kouame è stato spesso fuori causa e, nel dubbio, se c’era prendeva pali e traverse come col Plzen. A zero anche Belotti, che fino a gennaio giocava nella Roma. Per coloro che sono ancora fermi a zero, già da oggi col Bruges, c’è la possibilità di sbloccarsi, mentre per gli altri c’è voglia e opportunità di incrementare il proprio bottino di reti. Oggi, mercoledì prossimo nel ritorno, e possibilmente anche ad Atene in Finale.

Sperando che sia stato (ri)fatto il pieno

Verso il Club Brugge. Fiorentina a caccia della Finale

Contro il Sassuolo la Fiorentina è ripartita, si è buttata alle spalle il tonfo con l’Atalanta e la delusione di aver mancato la Finale di Coppa Italia rifilando cinque gol agli emiliani ed evidenziando che è ancora viva. Ottima notizia in vista del match di giovedì col Club Brugge in Conference League, sfida che diventa cruciale per questo finale di stagione della squadra di Italiano. FINALE. L’obiettivo è chiaro: vincere la Conference. Per farlo servirà una Fiorentina che nella gara d’andata faccia una grande partita difensiva, ma anche che davanti trovi finalmente un po’ di cinismo. La cinquina rifilata al Sassuolo può aver ridato entusiasmo e fiducia a qualche singolo che, ultimamente, è mancato sotto porta, Nico su tutti. La gestione delle energie, con molti ‘big’ che sono rimasti o totalmente o parzialmente a riposo può essere un fattore importante. Il Club Brugge corre, ci metterà tutto e di più per scrivere la propria storia e giocherà il ritorno in casa. Servirà, dunque, il pieno di benzina. Vedendo la prova col Sassuolo parrebbe che la Fiorentina abbia ritrovato un po’ di energie dopo aver sofferto a Bergamo. FUTURO. A stretto giro di posta, intanto, la Fiorentina si sta mantenendo aperte le porte per una qualificazione alla prossima Europa anche via Serie A, con alcune alternative che stanno mandando segnali a Italiano, come Sottil, ma anche Quarta e Parisi. A fine stagione sarà rivoluzione, questo è ormai noto. Ma poterla fare con una coppa in bacheca, col diritto a partecipare alla prossima Europa League sarebbe qualcosa di sensazionale. Altrimenti, meglio che nulla, il diritto a rifare la prossima Conference via Serie A (e quest’ultimo pare più un dovere che un’impresa).

Le categorie… Quando i valori (tecnici ed economici) fanno la differenza

Fiorentina troppo inferiore all’Atalanta. Ora sotto col Bruges

Non sempre chi più spende ha garanzie di risultati. Nel calcio poi, dove si gioca coi piedi, ci sono i pali, gli arbitri, gli infortuni e quant’altro, a maggior ragione. In una gara secca poi, si sa, può succedere di tutto, mettici che la palla è rotonda e che non ci sono più le mezze stagioni ed ecco che il quadro delle frasi fatte è più o meno completo. Poi però, ci sono le categorie. E duole dirlo, ma la Fiorentina vista a Bergamo non è stata altro se non inferiore. E si parla dell’Atalanta, non del Real Madrid. D’altronde, se si guarda solo ai costi, che sono comunque qualcosa né di totalmente oggettivo ma neanche qualcosa di solamente soggettivo, basta aprire un sito specializzato di valori di cartellini e si vede subito che la rosa dell’Atalanta vale oltre 100 milioni in più di quella della Fiorentina. Nelle fila dei viola il più prezioso è Nico Gonzalez, che vale 40 milioni, poi c’è Dodo a 20, Milenkovic a 16, Beltran a 16 e via discorrendo. Quindi, un solo giocatore che vale più di 25 milioni, che prendiamo a ‘cifra X’ come valore di un giocatore di buon livello, non certo un campione, ma uno di quelli che dovrebbero fare la differenza. L’Atalanta, sopra quella cifra X, ha Scalvini che vale 45 milioni, Koopmeiners, Lookman, De Ketelaere ed Ederson a 30, seguiti da Scamacca a 25 e Touré a 20. E infatti, guarda caso, nel match con la Fiorentina chi ha fatto la differenza? Ecco, se non tutti i nerazzurri sopracitati, quasi. Ragionando non per costi, ma in un ipotetico probabile undici, quanti calciatori prendereste da una squadra o dall’altra? Così, ‘per ragionare’, difficilmente qualcuno preferirebbe Terracciano o Christensen a Musso e Carnesecchi, davanti forse solo Gonzalez potrebbe insidiare gli avanti di Gasperini, e perfino Beltran non l’avrebbe vinta su De Ketelaere, figuriamoci in mezzo al campo dove Koopmeiners ed Ederson hanno sverniciato Mandragora, Bonaventura e chi ha giocato a centrocampo mercoledì nella Fiorentina. Forse il solo Quarta o Ranieri potrebbero trovare una maglia, magari in luogo di Djimsiti. In altri tempi avremmo detto Milenkovic, ma quello che si sta vedendo ultimamente farebbe fatica a giocare titolare in una squadra che lotta per l’Europa. Al massimo potrebbe spuntarla Kayode su Zappacosta, ma solo perché il viola è giovane e in prospettiva promette bene. Riassumendo, il gap tecnico tra Fiorentina e Atalanta è ancora molto alto. E lo si è visto a Bergamo. Poi…Si potrà obbiettare che nel match d’andata la squadra di Italiano ha dominato, che l’Atalanta era sembrata poca roba etc etc. Vero, anzi, verissimo. E quando loro non giravano, ecco i miracoli di Carnesecchi, a proposito di quanto dicevamo in precedenza. E nel computo del doppio confronto, quindi non nella gara secca, i valori sono venuti fuori. D’altronde, l’Atalanta è ormai da anni a livelli a cui la Fiorentina non riesce ad arrivare. Ci sarà un motivo? E non è lo spendere, semmai il farlo bene. Anzi, meglio. Tant’è che i gol che fa Scamacca, Belotti e Beltran non li fanno, aspetto che da queste parti è un mantra ormai da quando Vlahovic è andato alla Juventus. Poi certo, se la linea difensiva non fosse così alta, se i difensori fossero in grado di non farsi bucare con la facilità con cui un coltello trafigge il burro, se il Var, se quello e quell’altro…Il fatto è che, quando la Fiorentina è superiore tecnicamente e nei valori spesso fatica, e quando è inferiore spesso fatica. Insomma, che fatica! Ora arriva il Club Brugge, che come valori ha costi che valgono la metà di quelli della Fiorentina. Chissà se quei valori superiori che ha la squadra viola si tramuteranno in qualcosa di positivo.

Noi, gente che spera

Fiorentina attesa dalla supersfida con l’Atalanta

La Fiorentina supera la Salernitana con una formazione piena zeppa di alternative, stavolta riuscendo anche a gestire le energie giocando solamente un tempo, torna al successo in Serie A dopo 5 giornate e torna a vincere fuori casa come mai aveva fatto in campionato in questo 2024, ma soprattutto si appresta ad affrontare l’Atalanta a Bergamo nella semifinale di ritorno di Coppa Italia.ALL-IN. Per quanto il successo coi campani abbia permesso ai viola di tenersi aperte strade per la prossima Europa anche via Serie A, non c'è dubbio che la sfida di mercoledì coi bergamaschi conti di più. Per il terzo anno di fila, infatti, la Fiorentina è (almeno) in una semifinale, potrebbe essere per il secondo anno di fila in due finali (o almeno una), e a questo giro spera di scrivere un epilogo diverso da quelli che ha avuto a Roma e a Praga l’anno scorso. Vincere un trofeo è l’obiettivo di questo gruppo, traguardo rinforzato negli intenti dopo la scomparsa di Joe Barone. Una sorta di all-in sulle coppe, cercando comunque di tenersi aggrappati al piano B, anzi C, ovvero star lì in classifica. La strada verso l’eldorado passa da Bergamo, dalla difesa di un 1-0 (che poteva essere anche più largo) ottenuto all’andata, con vista su Roma, dove ci dovrebbe essere la Juventus di Vlahovic, Chiesa, Agnelli, dello Scudetto rubato, dell’affaire Baggio, di Nedved, delle plusvalenze, di Calciopoli, Moggi…insomma, ‘lei’. E sai che soddisfazione sarebbe…SPERANZA. Gente che spera, sì, la Fiorentina e i suoi tifosi. Dalla gara di mercoledì passa molto di questa stagione per i viola, che poi si giocheranno il resto dei propri sogni di gloria col Club Brugge in Conference League. Il cammino per Roma e Atene è ancora vivo, ma ora c’è da quagliare. Ora ed eventualmente nelle due finali, o almeno in una.

Sottil, cercasi (altri) segnali

All’andata con la Salernitana la sua miglior gara dell’anno

“Sono contento di quanto fatto da chi è subentrato, come Sottil”, cit. Vincenzo Italiano dopo il successo ai supplementari contro il Plzen in Conference League. D’altronde si sa, nel calcio di oggi, coi cinque cambi che diventano sei in caso di supplementari, chi entra dalla panchina può fare la differenza come non mai. Farla nelle gare in cui conta di più, poi…ci siamo capiti. Come, appunto, ha fatto Sottil nel match vinto dalla Fiorentina ai supplementari col Plzen in Conference League, con buon ingresso anche di Ikoné, autore dell’assist per la rete di Biraghi e da Quarta, con quel bolide da fuori area da cui poi è nato il gol di Nico. SOTTIL. Sottil, anche quest’anno, non è riuscito ancora a trovare né continuità né particolari acuti, rimandando ancora una volta l’appuntamento con quel salto di qualità definitivo atteso da diverse stagioni. All’andata, proprio con la Salernitana, Sottil fu autore della sua miglior gara stagionale, con un gol bellissimo e l’assist per il tris di Bonaventura che permise ai viola di stendere i campani con un netto 3-0. Il tutto condito da un’esultanza polemica con dito alla bocca a voler zittire chi lo aveva spesso criticato. Qualcosa di simile era accaduto anche nei giorni scorsi, con quel post social poi misteriosamente scomparso. Poco male, cose che capitano nell’era dei social. DOMANI. Per quanto il campionato, ormai, abbia poco da regalare alla Fiorentina se non la speranza di rientrare nel giro della lotta per l’Europa, già nella sfida di Salerno coi campani per qualcuno potrebbe esserci l’occasione di provare a riscrivere le gerarchie in vista delle sfide in cui la squadra di Italiano si gioca la stagione. Se a destra gioca sempre Gonzalez, di punta sempre Belotti e da trequartista sempre Beltran, per l’altra maglia sono sempre tutti in corsa. Kouame, ora come ora, è intoccabile. Ma…Sottil ha ancora qualche tempo per insidiare la titolarità dell’ivoriano. Già domani, a Salerno, quando potrebbe toccare nuovamente a Sottil giocare dal 1’. Quest’anno le gare in cui Sottil è stato decisivo si contano sulle dita di una mano: in Serie A, quello con la Salernitana dell’andata è l’unico gol segnato, mentre in Conference League è andato a segno su punizione col Cukaricki al Franchi e in Coppa Italia ha messo dentro il rigore col Parma che ha mandato ai supplementari quell’ottavo di finale. Poi il solito tanto fumo, con solito poco arrosto. Tra la sfida di mercoledì a Bergamo con l’Atalanta in Coppa Italia e il doppio incrocio col Club Brugge in Conference League, per Sottil ci saranno altre occasioni per provare a fare un salto di qualità, quello che Daniele Pradè si attendeva come disse in quella conferenza del 2022. Due anni più tardi c’è ancora la chance, tuttavia, da conquistarsi attraverso gare di ‘minore’ importanza, come quella di Salerno.

Belotti/Nzola peggio di Cabral/Jovic. Media gol/minuti disastrosa

I centravanti della Fiorentina non segnano. A volte neppure tirano

Dicesi centravanti colui che, nel calcio, ha il compito di finalizzare l’azione d’attacco, quindi, in teoria, di fare gol. Poi c’è chi fa il regista offensivo, chi la boa, chi le sponde e…come diceva qualcuno “il nostro centravanti è lo spazio”…bho, vabè, questioni di filosofia. Poi ci sono le punte della Fiorentina, che dal dopo Vlahovic non segnano e spesso neanche tirano. In principio fu la volta di Piatek e Cabral, poi di Cabral e Jovic, quindi di Nzola e Beltran, quando l’argentino faceva la prima punta, poi di Nzola e Belotti, visto che Beltran è stato trasformato in trequartista. Il Gallo, preso a gennaio perché Nzola non segnava neanche per sbaglio, è fermo al centro col Frosinone, poi qualche legno, come a Lecce o con la Lazio, un paio di rigori procurati, poi sbagliati dai compagni, e tanta generosità. Già meglio di Nzola, che di reggere un pallone non se ne parla. E vabè. Le statistiche parlano chiaro, anzi confermano quello che si vede a occhio nudo: gli attaccanti viola non segnano praticamente mai.Belotti ha messo assieme fin qui 945’ da quando veste la maglia viola, considerando tutte le competizioni, segnando 1 gol. La media si fa presto a farla. Nzola, invece, di minuti ne ha messi assieme 1905, mettendo a referto 5 reti, ovvero un gol ogni 381’. L’anno scorso il problema riguardava la coppia Cabral – Jovic, col brasiliano che a Firenze ha chiuso la sua avventura con 3413’ totali in un anno e mezzo per 19 reti, ovvero un gol ogni 180’. Jovic, invece, ha chiuso la sua avventura in maglia gigliata con 13 reti in 2386’, ovvero un gol ogni 183’. Come detto, considerando tutte le competizioni, perché se dovessimo guardare solo i dati della Serie A del brasiliano e del serbo, la media crollerebbe a 1 gol ogni 255’ per Jovic e 1 gol ogni 217,5’ per Cabral. Dati, comunque, di gran lunga migliori rispetto a quelli di Belotti e Nzola. Se si guarda al passato, considerando tutte le competizioni che, val bene chiarirlo, non vedevano impegni di una coppa di terzo livello europeo come la Conference League (senza che nessuno si offenda), quella coppia di punte del 1977-78, quando la Fiorentina rischiò la retrocessione, con Desolati e Sella si fermò a 1 gol ogni 159’ per Sella e 1 ogni 250’ per Desolati.  Anche loro, per dire, fecero meglio di Nzola e Belotti. In anni più recenti, quando la Fiorentina ha lottato per non retrocedere, ha avuto a disposizione bomber implacabili come Amauri, che fece 1 gol in 976’, quindi, tra mezz’ora, meglio di Belotti, Cutrone che ha chiuso con 5 reti in 1224’, ovvero 1 gol ogni 244’. Il tanque Silva chiuse la sua breve avventura viola con 1 gol in 466’, Piatek con 6 reti in 949’, ovvero uno ogni 158’. Vlahovic, giusto per tornare alla premessa, ha lasciato Firenze con una media totale di 1 gol ogni 144’, media di 1 gol ogni 102’ nella metà stagione che giocò prima di andare a gennaio alla Juventus, in cui in 24 presenze aveva segnato 20 gol. In proiezione, Belotti avrebbe dovuto essere già a 9 reti e Nzola a 19, ovviamente per fare come l’ultimo mezzo anno di Vlahovic. Inutile citare gli anni di Batistuta, che comunque segnava di media 1 gol ogni partita e mezzo anche quando la Fiorentina retrocesse, come nel 1992-93, mentre l’altra retrocessione, nel 2001-02, vide Adriano chiudere con 1 rete ogni 234’ e Nuno Gomes con 1 gol ogni 328’. Insomma, non che servisse la calcolatrice per vedere che Belotti e Nzola abbiano numeri impietosi sotto porta, ma tant’è. Magari, da qui a fine stagione segneranno gol a ripetizione. Tempo ancora ce n’è. Anche se da speranza tutto ciò si sta trasformando sempre più in utopia. “Se segnasse saremmo ancora più contenti di lui”, cit. Daniele Pradè giusto domenica scorsa. Ecco, appunto.

Pensiero stupendo…

La Fiorentina batte l’Atalanta. Sognare adesso è (più) lecito

La Fiorentina batte con pieno merito l’Atalanta nella semifinale di Coppa Italia e fa un piccolo ulteriore passo verso la conquista della Finale. Nonostante il diffuso pessimismo che si respirava alla vigilia del match coi bergamaschi, la squadra di Italiano ha ripetuto quanto si era visto con Roma e Lazio, correggendo quegli errori che avevano deciso la gara col Milan e, soprattutto, si potrà presentare tra tre settimane a Bergamo coi classici due risultati su tre.Sognare, adesso, è più che mai lecito per la Fiorentina. In primis perché l’Atalanta è stata ‘dominata’ nel gioco, anche se è abbastanza scontato immaginarsi un canovaccio completamente diverso nella sfida di ritorno da parte del Gasp. Poi perché il performante attacco dei nerazzurri non ha quasi mai impensierito Terracciano, che si è limitato ad un paio di interventi non proprio impossibili. E non solo per demeriti della Dea, ma anche perché la fase difensiva della Fiorentina è stata irreprensibile. Ed è questo l’aspetto più importante, perché è su ciò che i viola avevano bisogno di dare risposte, soprattutto dopo le topiche difensive perpetrate anche col Milan sabato scorso. Serviva una partita in cui si mantenesse altissima la soglia dell’attenzione, in cui si riducessero al massimo gli errori di lettura, singoli e di reparto. E con l’Atalanta la Fiorentina ha dimostrato di saperlo fare. Davanti, invece, solita storia di sempre. Tante occasioni, ma un solo gol. Certo, per meriti di Carnesecchi, ma anche per i cronici difetti dell’attacco viola.Mancanza di cinismo davanti e disattenzioni dietro sono stati a lungo il cruccio di questa Fiorentina. Con l’Atalanta, l’ ‘e’ si è trasformato in ‘o’.  E il risultato è arrivato. A Bergamo, nella sfida di ritorno, servirebbe ripetere la gara difensiva del Franchi, ma anche unirla ad una maggior cattiveria sotto porta. L’Atalanta si dovrà sbilanciare, la Fiorentina dovrà essere brava a resistere ma anche a punire gli avversari. Anche e soprattutto da questo passa la crescita della Fiorentina, da intendere come società, allenatore e giocatori. Spesso sono stati i dettagli a negare sul più bello la conquista del ‘paradiso’.Pensiero stupendo… Perché se è vero che la Fiorentina contro le grandi squadre, o presunte tali, non ha mai deluso dal punto di vista della prestazione, eccezion fatta per la trasferta con l'Inter dell'andata, è altrettanto vero che le è mancato sempre quando quello quando quell’altro dettaglio. E se riuscisse a correggerne almeno uno, come fatto con l’Atalanta, nessun traguardo le sarebbe precluso. Stavolta, inoltre, l'Inter non c'è e non ci sarà in finale. Una eventuale finale, perché per andare a Roma, di nuovo, servirà ripetersi anche a Bergamo. E farlo, possibilmente, nuovamente anche a Roma.

La ‘bolgia’ del Franchi. Partire forte sarà la chiave

Caccia al successo contro il Milan per la Fiorentina

Di motivi per scendere in campo e spingere subito sul gas ce ne sono un’infinità per la Fiorentina. In primis l’aspetto emotivo: il Franchi è tutto esaurito, con oltre 30mila persone che stasera non vogliono far altro che buttarsi alle spalle i giorni del dolore per la scomparsa di Barone. L’atmosfera che si respirerà allo stadio sarà quella tipica della bolgia, col popolo viola che spingerà i suoi ragazzi già da prima dell’uscita dal tunnel. Anzi, ancor prima di arrivare allo stadio, visto che il tifo organizzato si radunerà attorno al pullman della Fiorentina per mandare un segnale di vicinanza e soprattutto carica. Poi ci sarà la maxi-coreografia della Fiesole, con gli sguardi che i vari calciatori rivolgeranno verso gli spalti mentre i decibel saliranno quando partirà l’inno. Quindi il minuto di silenzio, lungo, partecipato, poi un nuovo picco di urla verso l’alto. I primi minuti di partita saranno di un’intensità emotiva pazzesca. Chi scenderà in campo stasera dovrà essere bravo ad interpretare il momento al meglio, farsi trascinare ma anche trascinare. Ecco perché ci si aspetta una partenza a razzo della Fiorentina. Di fronte ci sarà il Milan, non certo un avversario qualunque, per una gara dal coefficiente di difficoltà elevatissimo. Ma lo stesso si diceva per le sfide con Lazio e Roma, cioè le ultime due squadre che in Serie A hanno affrontato la Fiorentina al Franchi e contro cui i viola di Italiano sono subito partiti ‘a martello’. Creando, sprecando, andando sotto coi laziali al 45’ dopo aver preso tre pali e sbagliato l’impossibile sotto porta, ma dominando a prendendosi i tre punti coi biancocelesti pur sbagliando un rigore, con più o meno lo stesso canovaccio che si è visto contro la Roma con, purtroppo, la beffa finale. Amen, quello è il passato. Ci aspettiamo una Fiorentina che interpreti la gara coi rossoneri allo stesso modo. Oggi ancor di più. In ballo ci sono anche punti pesantissimi. La Fiorentina sa bene che non può uscire dal match di oggi senza una vittoria se vuole ancora tenersi aperte le vie dell’Europa via Serie A. Ora o mai più. Poi ci sarà comunque il cammino nelle coppe come via per l’Europa League, ma sia in Coppa Italia che in Conference League ci sarebbe da alzare un trofeo, cosa che tutti sperano, ma che non è certamente scontata. Ma questo sarà un tema che diventerà d’attualità al termine della gara di oggi. Partire forte è la chiave, senza strafare o regalare. Soprattutto in contropiede, e a Leao. L’onda emotiva che si respirerà nel pre e al fischio d’inizio è da cavalcare. Non c’è altro da fare.

Reagire, sì! Ma non è scontato. Non tutti i lutti sono uguali

La Fiorentina è pronta a ripartire dopo la morte di Barone

Il countdown è praticamente agli sgoccioli. E’ tempo di ripartire per la Fiorentina, attesa dalla gara col Milan come primo atto del post Joe Barone. Il Franchi è sold-out. Tutta la città si è voluta stringere attorno alla squadra di Vincenzo Italiano, per vivere assieme una serata in cui c’è voglia di buttarsi alle spalle il dolore e tornare a sorridere. La Fiesole farà la sua parte con una maxi-coreografia in tributo al dg scomparso, il resto toccherà farlo ai calciatori.In questi giorni di lutto un po’ tutti hanno fatto paralleli con quanto accadde nei giorni del post Astori. Quella Fiorentina, tra l’altro con Pioli in panchina, fu capace di trasformare quella tragedia in energia positiva mettendo in fila risultati utili e vittorie, nel nome di Davide. Ma attenzione a dare tutto ciò per scontato. Lo stimolo di andare oltre i propri limiti e dare tutto per onorare la memoria di Barone ci sarà, per forza di cose, ma poi c’è il tasso tecnico, sia proprio che degli avversari. Il calendario è di quelli tosti, con Milan, Atalanta in Coppa Italia, Juventus, Plzen in Conference e via discorrendo. Le motivazioni c’erano, ci sono e ci saranno. Ma non è detto che bastino. Non tutti i lutti sono uguali, non tutte le persone che compongono uno spogliatoio reagiscono allo stesso modo.Fatto sta che, contro il Milan, la Fiorentina tornerà a pensare solo al pallone che rotola. Possibilmente dovrà provare a battere i rossoneri, altrimenti la corsa all’Europa via Serie A potrebbe divenire una salita troppo ripida. Poi dovrà tenere aperto il discorso qualificazione in Finale di Coppa Italia contro l’Atalanta mercoledì al Franchi, andare a Torino a sfidare la Juventus domenica e trasformare il gap che col Plzen c’è, sulla carta, in fatti. Alzare al cielo un trofeo resta l’obiettivo principale di questo gruppo. Lo era prima della scomparsa di Barone, lo è e lo sarà ancor di più adesso. Giusto sperarlo, e provarci. Ma non sarà certamente una passeggiata di salute.

Ieri, oggi e domani

La Fiorentina riparte. Il domani dipende dall’oggi

Si avvicina la sfida col Milan per la Fiorentina. Sabato, al Franchi, coi rossoneri sarà la prima del post-Barone. Come reagirà la squadra viola? Il Franchi sarà praticamente esaurito, la missione è chiara: trasformare il lutto in energia positiva, battere la squadra di Pioli e riaprirsi una via per l’Europa anche attraverso il campionato. Poi sarà la volta delle gare da dentro o fuori, già da mercoledì, quando al Franchi arriverà l’Atalanta per l’andata delle semifinali di Coppa Italia. IERI. A inizio ottobre, in una intervista a La Stampa, Vincenzo Italiano parlò così: “Arriviamo da due finali perse, ora siamo in gara ovunque e dovremo scegliere”. Poi corresse parzialmente il tiro dicendo: “Non ho detto che dovremo scegliere. Vogliamo arrivare fino in fondo a tutte le competizioni”. Il passato, anche recente, racconta di come puntare tutte le fiches su una coppa o sul campionato a volte paga, altre no.  Sarri, due anni fa alla Lazio, puntò tutto sul raggiungimento della zona Champions in A, sacrificando il cammino nelle coppe. Le ultime due volte che la Roma di Mourinho si era presentata a Firenze, lo aveva fatto mettendo in campo seconde e terze linee per privilegiare le gare europee in cui era impegnata. Con Montella, tuttavia, la Fiorentina buttò via tutto facendo turnover quando si trovò in due semifinali, che poi perse con Siviglia e Juventus. Nell’ultimo anno di Pioli a Firenze, riporre tutte le speranze sul doppio confronto con l’Atalanta in semifinale fece passare il campionato in secondo piano, poi le cose precipitarono con le dimissioni del tecnico oggi al Milan, l’eliminazione in Coppa Italia e la salvezza all’ultimo tuffo con Montella in panchina. L’anno scorso, con Italiano, la Fiorentina ha fatto a tratti turnover, prendendo schiaffi all’inizio nel girone e complicandosi la vita nelle partite di ritorno di Conference dopo aver stravinto all’andata. Come a dire: la ricetta giusta non c’è. Italiano dovrà essere bravo a calcolare tutto. OGGI. L’oggi, infatti, mette in palio punti vitali per le speranze d’Europa della Fiorentina via Serie A. Ha senso trascurare la gara col Milan per puntare tutto sulle gare di Coppa? E se andasse male sia col Milan che in Coppa, già mercoledì con l’Atalanta? Vero che a quel punto ci sarebbe comunque la Conference, dove l’urna di Nyon è stata benevola, ma se poi in Finale ci arrivasse comunque una tra Aston Villa e Fenerbahce…non sarebbe certo una passeggiata di salute. Come a dire: meglio provarci, per non avere rimpianti di aver rinunciato scientemente ad un possibile traguardo. Senza dimenticare che, tutto il Franchi sarà lì a spingere la squadra, per onorare la memoria di Joe Barone. DOMANI. Nel frattempo le voci sul possibile addio di Italiano a fine stagione si fanno sempre più insistenti. La decisione che il tecnico viola aveva preso qualche settimana fa è stata confermata, non in maniera ufficiale, ma tant’è. A prescindere di quello che è successo con la scomparsa del dg e di quelli che saranno i risultati a fine stagione. Se è vero che nel calcio la programmazione spesso è tutto, in questo caso il domani della Fiorentina dipende dall’oggi. Se dovesse vincere o la Coppa Italia o la Conference League, infatti, la squadra dovrebbe essere allestita per fare l’Europa League, preferibilmente con un tecnico in panchina che non sia alle prime armi (come sarebbero Gilardino, Palladino o altri candidati per la panchina viola, diverso ma non troppo sarebbe il nome di De Rossi). Gran parte della rosa, già di per sé da rifare visti prestiti, riscatti e scadenze di contratto, andrebbe rifatta alzando ancora l’asticella. Ma tutto ciò appare prematuro, perché quale sia il domani dipenderà dall’oggi. Intanto per Italiano e per la squadra non è ancora tempo per scegliere, bensì di provare a tenersi aperti tutti gli orizzonti.

Dove eravamo rimasti? Fiorentina pronta a ripartire

Dopo il dramma Barone torna a rotolare il pallone

Per quanto faccia uno strano effetto, è arrivato il momento di tornare a pensare al pallone che rotola. Dopo il drammatico lutto che ha visto il mondo Fiorentina dover dare un improvviso, inatteso e prematuro addio al proprio dg Joe Barone, il campo torna a farla da protagonista. RIPARTENZA. La Fiorentina ricomincia dalla sfida col Milan, in programma sabato alle 20.45 al Franchi. Mercoledì 3 aprile alle 21, sempre a Firenze, andrà in scena il primo atto della doppia sfida contro l’Atalanta in Coppa Italia. Quindi ci sarà la trasferta a Torino contro la Juventus, domenica 7 aprile alle 20.45. Poi l’andata dei quarti di Conference League, in Repubblica Ceca, col Viktoria Plzen, in programma giovedì 11 aprile alle 18.45. Quindi il Genoa a Firenze il 15 aprile alle 18:30, di lunedì, e poi giovedì 18 aprile alle 21 il ritorno col Plzen al Franchi. DENTRO O FUORI. Oltre a dove e quando, conterà soprattutto il come la Fiorentina riuscirà ad uscire da questo tour de force di gare, praticamente tutte da dentro o fuori. In caso di successo sui rossoneri di Pioli sabato, ad esempio, la squadra di Italiano potrebbe mantenere vive, se non accrescere, le proprie speranze di Europa via Serie A. Altrimenti la strada si farebbe in salita, ripida. In caso di risultato positivo coi bergamaschi di Gasperini mercoledì, la strada per la finale di Coppa Italia resterebbe aperta, mentre in caso di tonfo, col ritorno previsto in trasferta a Bergamo, arrivederci sognatori. Servirebbe un’impresa in casa dei nerazzurri del Gasp, dove in stagione hanno vinto solo Napoli, Inter e Bologna. A quel punto resterebbe ‘solo’ la Conference League per tornare in Europa ai viola, con la sfida col Plzen che, sulla carta, sembra in discesa, anche in virtù del giocare l’andata in Repubblica Ceca e il ritorno in casa, ma poi c’è il campo che emetterà le proprie sentenze. NOTE POSITIVE. La Fiorentina potrà contare su una città intera che, nei giorni di lutto, si è unita, compattata e stretta a questo gruppo. Il Franchi sarà strapieno sabato e lo sarà anche per il match con l’Atalanta. Ci sarà voglia di andare oltre, di dare tutto, anche per onorare la memoria di Barone. Durante la sosta Castrovilli, Kouame e Dodo hanno potuto aumentare la loro condizione. Anche Christensen viaggia verso il recupero. Beltran ha segnato due gol con l’Argentina Under 23, e ha confermato di essere in un buon momento, così come Barak, che anche in Nazionale ha trovato la via del gol. Anche Arthur ha avuto qualche giorno per ritrovare un po’ di condizione dopo i problemi che lo avevano fermato e rallentato prima della sosta. NOTE NEGATIVE. Nico Gonzalez che tornerà a Firenze a ridosso del match coi rossoneri è sicuramente un problema, anzi il problema. Ma non è certamente una novità. Probabile che Italiano lo gestisca, per averlo al meglio con l’Atalanta mercoledì. Contro il Milan non ci sarà neppure Bonaventura, squalificato. In pratica ai viola mancheranno i due cannonieri della Serie A, a segno 7 volte ciascuno. Torna a rotolare il pallone, insomma. Nei prossimi 15-20 giorni la Fiorentina è chiamata a scrivere il proprio destino. Lo ha nelle proprie mani, anzi nei propri piedi. A dirla tutta, forse ancor di più, nella propria testa. Gettare il proverbiale cuore oltre l’ostacolo, per onorare la memoria di Joe. E’ questa la missione di questo spogliatoio: alzare al cielo un trofeo. Che vorrebbe dire entrare in Europa, l’Europa League, fare la storia. Ecco, dov’eravamo rimasti…

In attesa...c’è del Viola in giro per il Mondo

I calciatori della Fiorentina in Nazionale

C'è del Viola in giro per il mondo. Non solo in America, dove purtroppo nei prossimi giorni sarà dato l'ultimo saluto al direttore generale Barone, ma anche per quello che riguarda il pallone che rotola. Aspetto che, com'era doveroso, nei giorni di lutto che stanno ancora accompagnando il mondo Fiorentina è passato in secondo, forse anche terzo o quarto piano, ma che per dovere di cronaca dobbiamo tornare a raccontare. Tra i primi a scendere in campo c’è stato Jack Bonaventura, in occasione dell’amichevole giocata dall’Italia di Spalletti negli Stati Uniti contro Il Venezuela. Per il calciatore della Fiorentina partenza da titolare, pochi spunti degni di nota in positivo, uno da matita blu in negativo. Sui quotidiani raffica di insufficienze, 4,5 per il Corriere dello Sport, che della sua prestazione scrive: ‘Gioca col cuore pesante. Il minuto di silenzio prima della partita lo riporta al dramma vissuto dalla sua squadra con la scomparsa di Barone. Non è facile ripartire subito, ci prova e si batte tanto, fino all’errore clamoroso che riporta il Venezuela in vantaggio. Un errore non da lui e che gli costa la sostituzione’. 5 in pagella per la Gazzetta dello Sport, che scrive di Jack: ‘Il più difensivo dei due teorici trequartisti. Offre più fatica che inserimenti e con la fisicità dei venezuelani alla distanza finisce per pagare in lucidità. La palla regalata in disimpegno è grave, non da giocatore di livello qual è, e vale l’1-1 dei rivali’. 5,5 per Tuttosport, che scrive ‘dovrebbe cercare maggiormente la profondità. Circondato, è indotto all’errore. Finché arriva l’assist per… Machis’. Domani, domenica 24 marzo alle 21, gli azzurri giocheranno un’altra gara amichevole contro l’Ecuador. Tutto da vedere se Jack troverà altri minuti oltre ai 45 giocati l’altro giorno. Nel dubbio, contro il Milan sarà squalificato, dopo il rinvio della gara con l’Atalanta in cui, appunto, Bonaventura era  out per squalifica.  Per Kayode, invece, solo pochi minuti con l’Italia Under 21 nel 2-0 degli azzurrini contro la Lettonia, gara valida per la qualificazione agli Europei di categoria. Il terzino viola è entrato all’86’ dopo il doppio vantaggio firmato da Casadei e Fabbian.   Antonin Barak continua nel suo percorso di ascesa. Come aveva lasciato prima del lutto di Bergamo, col gol segnato al Maccabi in Conference League, così ha ricominciato, buttandola dentro anche con la Repubblica Ceca. Per il centrocampista della Fiorentina, che non veniva chiamato dal ct ceco da quasi un anno, nell’amichevole giocata dai suoi contro la Norvegia ingresso nella ripresa, a mezz’ora dalla fine e gol nella zona Barak, all’85’, confermandosi giocatore che sotto porta sa dire la sua, buona notizia anche per Italiano. Adesso per la Repubblica Ceca ci sarà un’altra amichevole, contro l’Armenia, martedì sera.   Poi ci sono gli argentini. Per Nico Gonzalez un tempo da titolare nell’amichevole giocata stanotte contro El Salvador, da terzino sinistro, ruolo che in passato aveva già ricoperto un paio di volte con lo Stoccarda, ma che sinceramente, a queste latitudini, sembrano una grossa forzatura. Per l’albiceleste, adesso, ci sarà un’altra amichevole in calendario, col Costa Rica, nella notte tra martedì e mercoledì, che costringerà Gonzalez a tornare a Firenze solamente a poche ore da Fiorentina-Milan, con dunque un solo allenamento, quello del venerdì di vigilia, da poter disputare coi compagni. Nella larga vittoria ottenuta dall’Argentina Under 23 contro il Messico, invece, l’attaccante della Fiorentina Lucas Beltran è stato protagonista con una doppietta. Due gol da dentro l’area di rigore per l’attaccante viola che hanno fissato il risultato finale sul 4-2. Nel caso del Vikingo, il prossimo impegno sarà nuovamente col Messico Under 23 nella notte tra lunedì e martedì, con la possibilità di poter fare ritorno a Firenze qualche ora prima rispetto a Nico.  Con la Serbia, invece, c’è Nikola Milenkovic, che non ha preso parte all’amichevole con la Russia giocata dai balcanici ma che dovrebbe scendere in campo contro Cipro, lunedì alle 18.    Poi, anche per i Nazionali sarà tempo di tornare a Firenze, dove un gruppo intero attende di poter scendere in campo contro il Milan, anche per onorare la memoria di Joe Barone.

Ripartire, andando oltre…in nome di Joe

Prove di ripartenza per la Fiorentina

‘E adesso?’ La domanda è lecita, un po’ cinica, ma neanche più di tanto. Forse forse, per come abbiamo imparato a conoscerlo e come lo hanno descritto i protagonisti del mondo del calcio in queste ore di lutto, sarebbe stata tra le principali preoccupazioni dello stesso Barone. Come ripartirà la Fiorentina? Al netto di ruoli, incarichi e mansioni su cui solo Rocco Commisso può realmente sapere cosa sarà meglio per la società viola, c’è da provare ad arginare quel senso dispaesamento che tutto il mondo Fiorentina sta vivendo in questi giorni. Smarrimento e incredulità sono facilmente leggibili sui volti di tifosi, calciatori, dirigenti, tutti. Adesso è ancora il momento del lutto, che ogni essere umano elabora a suo modo e coi suoi tempi, poi ci sarà il lento ritorno alla ‘normalità’, da intendere come il provare a ripartire, il dover ripartire, tutti assieme, più uniti che mai. Come accaduto oggi, al Viola Park, dove l’allenamento è iniziato con tutto il gruppo unito, stretto, in cerchio. Nei giorni del drammatico addio a Davide Astori, quello spogliatoio reagì proprio così, con forza, nel nome di Davide, del capitano, con un Pioli che si trovò a dover fare da babbo a 25 ragazzi che avevano perso improvvisamente il loro leader, ma proprio nel nome di Davide provarono e riuscirono ad andare oltre i loro limiti. Questa Fiorentina perde una figura di riferimento. Piaccia o meno, piacesse o meno, Barone era sempre lì, ovunque. E adesso toccherà a Italiano, al Capitano Biraghi, a Daniele Pradè e a Commisso stesso far diventare questo dolore un motore interiore, una molla di reazione positiva. Per Joe, oggi, come fu per Davide all’epoca. Quel gruppo riuscì a tirar fuori energie che non sapeva di avere. Ognuno correva più di prima, per il compagno, per Davide. E non è retorica, è ciò che accadde. Il rischio che quella Fiorentina precipitasse c’era, come c’è oggi. La speranza è che tutti, dentro di sé, trovino la forza di andare oltre i propri limiti in nome di Joe.

Marcia sull’Europa. Via Coppe, ma anche in Serie A

La Fiorentina deve vincere con l’Atalanta

L’urna di Nyon ha dato una mano alla Fiorentina. Le tre squadre, sulla carta, più forti si butteranno fuori tra loro, con solo una tra Aston Villa, Fenerbache e Lille che arriverà a giocarsi la Finale di Conference League. Per i viola il cammino europeo è clamorosamente divenuto in discesa, sempre sulla carta, perché poi è il campo ad emettere le proprie sentenze. LA VIA DELL’EUROPA (LEAGUE). La qualificazione all’Europa League via Conference, dunque, si è fatta meno ardua di quanto potesse essere, per quanto in finale ci sarebbe comunque un ostacolo decisamente tosto da superare. C’è poi la possibilità di arrivarci via Coppa Italia. Lì basterebbe eliminare l’Atalanta in semifinale e battere una tra Juve e Lazio in finale. In sintesi, per entrare in Europa League la Fiorentina dovrebbe vincere un trofeo, nazionale o europeo, cosa che l’anno scorso ha fallito sul più bello, due volte, e che manca al club viola da oltre vent’anni.  Poi c’è il campionato. LA VIA NAZIONALE. Nell’anno in cui, attraverso il ranking Uefa, l’Italia potrebbe portare cinque squadre in Champions dalla Serie A, non provarci nemmeno sarebbe un suicidio per la Fiorentina. Ma…il quinto posto, è lontano, anche per suicidi vari tipo quello commesso dalla squadra di Italiano nei secondi finali con la Roma, o all’andata con la Lazio o a Lecce. E tutto passa da quello che accadrà domani a Bergamo. Se la Fiorentina dovesse vincere con l’Atalanta e la Roma non battere il Sassuolo, oltre al Napoli che giocherà con l’Inter, la corsa al quinto posto si riaccenderebbe di colpo per i viola. E comunque, resterebbe viva almeno la corsa per l’Europa League via Serie A. In caso di ko a Bergamo e vittoria della Roma, il quinto posto diverrebbe una chimera, e si complicherebbe anche la corsa all’Europa via campionato. In quel caso, dunque, toccherebbe riporre ogni speranza sulle coppe. SCEGLIERE. “Siamo in corsa su tre fronti, dovremo scegliere”, si lasciò scappare a ottobre il tecnico della Fiorentina Italiano in una intervista che poi, parzialmente, corresse dicendo che, in caso, più avanti, qualche scelta su cosa puntare più, o meno, sarebbe stata un’idea da prendere in considerazione. D’altronde lo hanno fatto spesso altre squadre negli ultimi anni, come la Roma, la Lazio, l’Atalanta o la Juventus, squadre che quando sono arrivate in fondo a varie competizioni hanno fatto turnover lasciando qualcosa per strada. In caso di ko a Bergamo, ad esempio, un ragionamento sulla gestione di energie e uomini potrebbe essere preso in considerazione, ovviamente quando si avvicineranno le gare da dentro o fuori nelle coppe. Lì, in caso, la Fiorentina potrebbe decidere di fare all-in su Coppa Italia e/o Conference League col rischio, tuttavia, di restare con un pugno di mosche in mano. Adesso, però, non è ancora giunto quel momento. La gara con l’Atalanta, in caso di successo, garantirebbe un’altra via d’accesso all’Europa. Quindi…avanti tutta. Da lunedì, a seconda di come sarà andato il match coi bergamaschi, si potrà pensare ad altri scenari ed eventualmente ‘scegliere’. Ora, ancora, no.

Evitare harakiri, in campo e fuori

Per i viola c’è da eliminare il Maccabi

Se c’è una squadra che è capace di farsi del male da sola, quella è la Fiorentina. Lo ha dimostrato più volte anche quest’anno, come quando si è fatta pareggiare dalla Roma all’ultimo secondo, pareggiare e ribaltare nel recupero dal Lecce (che poi non ha più vinto una partita), come quando ha regalato un rigore alla Lazio all’ultimo secondo nel match dell’andata, o riuscendo a fallire 5 rigori su 6 nel 2024. Se poi dovessimo ripensare a come buttò al vento la possibilità di andare almeno ai supplementari a Praga nella finale col West Ham…meglio evitare. C’è però un’altra caratteristica che questa squadra ha spesso avuto anche nella scorsa Conference, ovvero riuscire a far riaprire agli avversari gare già ampiamente chiuse con goleade all’andata. Accadde col Braga, quando la Fiorentina vinse 0-4 all’andata in Portogallo ma poi vide i ‘sorci verdi’ nella sfida di ritorno, così come fu col Lech Poznan, quando dopo l’1-4 in Polonia fu costretta ad andare ai supplementari dopo aver chiuso i 90’ sullo 0-3. SUL CAMPO. Col Maccabi Haifa, dunque, c’è poco da scherzare. Sia perché gli israeliani hanno dimostrato all’andata che sanno come far male ai viola, sia perché in qualche giocatore della Fiorentina ci saranno ancora le scorie della delusione del 2-2 incassato al 94’ dalla Roma pochi giorni fa. La Fiorentina deve evitare harakiri, affrontare il Maccabi con la giusta testa e incanalare la partita e la qualificazione ai quarti di finale nella giusta direzione fin da subito. Altrimenti servirebbe nuovamente una rincorsa per evitare il disastro. Domenica, poi, ci sarà l’Atalanta in campionato, a Bergamo, e sarebbe il caso di risparmiare qualche energia mentale e fisica. Dalla sfida coi nerazzurri di Gasperini passano quasi tutte le speranze di poter ambire ancora all’Europa via Serie A. In caso di ko a Bergamo…la strada sarebbe in salita. PER LE PAROLE DI ITALIANO. C’è poi il fronte degli ‘anti-Italiano’ che non aspetta altro che vedere la Fiorentina fare un’altra figuraccia per scagliarsi addosso al tecnico. Le parole vaghe sul suo futuro di ieri (che sanno tanto di addio a fine stagione) andrebbero ad alimentare tale vento. Vincere e passare il turno (magari in scioltezza) potrebbe far passare in secondo piano questa situazione. FUORI. Poi c’è l’aspetto extra-campo. Campo di Marte è blindato da tre giorni. La speranza è che non accada nulla di grave dal punto di vista dell’ordine pubblico. Né per mandare dei messaggi politici (a prescindere di come la si pensi su Israele, non è questa la sede opportuna), né creando situazioni spiacevoli con le forze dell’ordine. Il tutto, va da sé, anche per evitare sanzioni per la Fiorentina. Evitare harakiri, insomma. Su tutti i fronti.

Cercasi pass per i quarti. Possibilmente evitando troppi patemi

La Fiorentina sfiderà al Franchi il Maccabi in Conference

“Non dire gatto, se non ce l’hai nel sacco”, amava dire il Trap. Mai proverbio è più azzeccato nel calcio, in particolar modo sembra esserlo per la Fiorentina che, spesso, ha trovato il modo di farsi del male da sola sul più bello, quando il più era già stato fatto e bastava solamente gestire. E’ accaduto ciò con la Roma pochi giorni fa, così come accadde a Lecce o in finale di Conference col West Ham. Giovedì la squadra di Italiano sarà chiamata a gestire il 3-4 rimediato una settimana fa a Budapest, in trasferta, contro un avversario inferiore che, però, ha dimostrato nel match d’andata di sapere come far male alla Fiorentina. Il problema più grande, forse forse, è proprio la Fiorentina per la Fiorentina. L’anno scorso fu il Braga a spaventare il Franchi dopo un successo all’andata per 0-4 in Portogallo, poi lo fece anche il Lech Poznan, battuto 1-4 in Polonia ma capace di portare la sfida ai supplementari vincendo 0-3 a Firenze. In Europa, d’altronde si sa, mai dare qualcosa per scontato o sottovalutare gli avversari, anche i più ‘scarsi’ sulla carta, come accadde con l’Rfs Riga a Firenze. E se c’è una cosa che questa squadra ha dimostrato di fare fatica a fare è proprio gestire. Quindi guai a pensare che tutto è già stato fatto in ottica passaggio del turno, anche se di fronte c’è il Maccabi Haifa e se si gioca a Firenze dopo aver vinto la gara d’andata. Nella testa del tecnico, tuttavia, ci sarà anche da pensare alla sfida di Bergamo contro l’Atalanta di domenica, gara che potrebbe riaprire o chiudere le porte dell’Europa per la Fiorentina. In caso di vittoria coi nerazzurri di Gasp, infatti, la classifica potrebbe tornare stuzzicante come lo era al minuto 93’ di domenica (prima che la Roma pareggiasse), in caso di ko il gap potrebbe diventare incolmabile. Prima, però, c’è da eliminare il Maccabi Haifa e andare ai quarti di Conference, per lasciarsi aperta un’altra strada per tornare in Europa l’anno prossimo. Magari, se possibile, entrando in campo con testa e atteggiamento giusti per evitare patemi ed eccessivo spreco di energie come accaduto anche l’anno scorso nelle gare sopracitate.

Maledetti dettagli! Altri due punti persi. Ma la Fiorentina c’è

I viola gettano via due punti pesanti coi giallorossi

Nel calcio, come spesso anche nella vita, sono i dettagli a fare la differenza. Se Duncan avesse perso tempo con quel pallone, lo avesse tenuto, avesse appoggiato indietro anziché cercare un improbabile appoggio in profondità per Nzola…Se Llorente avesse tirato non in modo perfetto, se avesse beccato Ranieri in disperata scivolata…se Paredes fosse stato espulso sul rigore, se Mancini fosse stato espulso al terzo fallo da giallo nel primo tempo…se Biraghi avesse trasformato il rigore…E ne potremmo citare altri cento di se e ma, che però resta il patrimonio dei ‘bischeri’. Come, tra l’altro, spesso è accaduto alla Fiorentina, tipo all’Olimpico all’andata col rigore di Milenkovic che, a differenza degli ultimi cinque di fila che quattro calciatori viola diversi hanno sbagliato, Immobile ha trasformato, o tipo a Praga in Finale di Conference League etc etc. Basta farsi del male! Ma che su alcuni aspetti questa Fiorentina debba migliorare è ormai cosa nota. Si perché gettare al vento due punti d’oro come erano quelli che i viola avrebbero stra-meritato con la Roma fa girare le scatole, e non poco. La classifica avrebbe rimesso la Fiorentina in piena lotta per l’Europa (quale? Bho! Anche quella con la musichetta, in teoria), ma alla fine i dettagli hanno premiato la Roma e stroncato la Fiorentina. De Rossi ha cambiato modulo nella ripresa, Italiano ha fatto tre cambi a due minuti dalla fine, Llorente l’ha messa, Duncan l’ha regalata. Dettagli, appunto. Ma la Fiorentina c’è. Questa è la buona notizia. Non è neppure parente di quella che si vedeva fino a qualche settimana fa perdere (giustamente) a Lecce, non vincere (giustamente) ad Empoli. Se la squadra di Italiano dovesse giocare sempre come fatto coi giallorossi potrebbe anche pensare di far punti pesanti nelle prossime tre gare con Atalanta, Milan e Juventus. A patto che quei dettagli di cui sopra, al prossimo giro, vadano nella giusta direzione (non solo per fortuna o sfortuna, ma anche con testa e preparazione). Già domenica con l’Atalanta la possibilità di ri-provarci. Nel mezzo anche la missione tutt’altro che impossibile di eliminare il Maccabi Haifa e andare ai quarti di Conference League.

Cercasi prima vittoria in trasferta del 2024

I viola cercano il primo successo lontano dal Franchi del nuovo anno

Caccia al primo successo esterno del nuovo anno per la Fiorentina di Vincenzo Italiano. Per quanto sia campo neutro, a Budapest, col Maccabi Haifa i viola cercano il primo successo lontano dal Franchi del 2024.ANNO SCORSO. L’anno scorso, soprattutto nella fase ad eliminazione diretta, la Fiorentina fu corsara praticamente ovunque. Vinse 0-4 a Braga, 1-4 a Poznan, 1-4 a Sivas, 1-2 (1-3 ai supplementari) a Basilea, dopo aver vinto 0-3 a Riga con l’Rfs e 0-3 a Edimburgo con gli Hearts nella fase a gironi. A completare il quadro delle gare esterne della scorsa edizione di Conference lo 0-0 col Twente nel preliminare e il ko 3-0 col Basaksehir, oltre alla finale, ahinoi, persa a Praga col West Ham.FINE 2023 VS INIZIO 2024. Nella prima parte di questa stagione la Fiorentina era riuscita a vincere fuori casa con Genoa, Napoli, Udinese e Monza in Serie A e col Cukaricki in Conference. Poi pareggi col Genk e col Ferencvaros, oltre al ko rimediato a Vienna nel preliminare, comunque ribaltato con la sfida di ritorno. Nel 2024, invece, le gioie rimediate dalla Fiorentina in trasferta sono ancora ferme a quota 0. Ko in campionato con Sassuolo, Bologna, Lecce e Napoli in Supercoppa, pareggi con Torino ed Empoli.PRIMA. Fin qui, nel complesso, la squadra di Italiano ha un rendimento casalingo ottimo: in Serie A viaggia con la media di 2 punti a partita, con 8 vittorie 2 pareggi e 3 ko. In Coppa Italia è andata bene con Parma e Bologna, mentre in Conference sono arrivati i successi con Rapid, Genk e Cukaricki e il pareggio col Ferencvaros. Oggi con il Maccabi Haifa, a Budapest, è arrivato il momento di tornare a casa con la prima vittoria in trasferta di questo 2024.

Quelli dell’ultima chiamata. Ora o (forse) mai più

Col Maccabi per molti viola è l’ultima chiamata per far vedere qualcosa

 Torna la Conference League per la Fiorentina. Torna a risuonare quella musichetta che, per quanto non ti faccia urlare a decibel sparati ‘The Champions’ sul finale, nel suo piccolo ha comunque il suo fascino e che l’anno scorso ha permesso alla squadra viola di togliersi delle soddisfazioni, fino ad accarezzare il sogno di sollevare al cielo una coppa europea che poi, però, ha preso la direzione dell’Inghilterra sponda West Ham. Se quello, ormai, è il passato (da buttarsi alle spalle, definitivamente ma non troppo, cercando di trasformare quella ferita in voglia di rivincita), il presente dice che per la Fiorentina c’è il Maccabi Haifa, a Budapest. Gara che si inserisce nel più classico dei momenti clou della stagione. Dopo che l’asticella delle ambizioni in Serie A è andata costantemente a calare in questo 2024, la squadra di Italiano non può concedersi altri passi falsi, né nelle coppe né in campionato. Giovedì il Maccabi, domenica la Roma, poi il ancora il Maccabi e quindi l’Atalanta: da queste 4 gare si capirà come e dove potrà andare a parare la stagione dei viola, e se ogni speranza di non restare nell’anonimato non debba essere riposta nella sola doppia sfida di Coppa Italia coi bergamaschi di Gasperini. Detto tutto ciò, c’è una schiera di calciatori che sono pressoché all’ultima chiamata. O risorgono e danno dei segnali di vita oppure, come si dice in gergo aulico, ‘buonanotte al secchio’. ULTIMA CHIAMATA. M’Bala Nzola è il primo della lista di coloro che sono all’ultima chance (sempre che giochi). Dopo aver fatto qualche gol qua e là su rigore e o con quello scavetto al Cagliari, c’è l’assoluto bisogno che l’angolano faccia qualcosa, per l’oggi e per il domani. Perché anche per necessità (problemi per Belotti o Beltran, ad esempio), o per pochi minuti che siano, sarebbe fondamentale per la Fiorentina poter contare su uno che di mestiere fa l’attaccante e che, ogni santa volta che ha giocato contro la squadra viola, faceva pensare ai più ‘cavolo, lo prendesse la Fiorentina…’. Per lui, sempre che giochi, quella di Budapest sa tanto di ultima se non ultimissima chiamata. O si rifà, oppure ‘buonanotte al secchio’. Complici i reiterati problemi di Arthur, muscolari o per pedate varie come quella di Linetty sabato a Torino, adesso più che mai c’è bisogno che Maxime Lopez si svegli e torni a fare quello che faceva al Sassuolo, dove ogni volta che giocava contro la squadra viola faceva pensare ‘cavolo, lo prendesse la Fiorentina…’. Ora per Maxime è quasi da dentro o fuori. O cambia passo, cresce e inizia a rendersi utile, oppure ‘buonanotte al secchio’. Nel caso di Antonin Barak ci possono essere tutti gli alibi del mondo. Dalla grave infezione rimediata in piena estate che lo ha costretto a saltare tutta la preparazione all’assetto tattico della Fiorentina che smorza un po’ quella sua spiccata capacità di inserimento da dietro  che lo aveva fatto andare in doppia cifra a Verona. Però, ecco, se nel caso fisico/atletico non è vietato fare preparazioni ad hoc durante la stagione e recuperare, nel caso tattico si può studiare qualcosa di diverso. Ma adesso c’è da farlo vedere, altrimenti ‘buonanotte al secchio’. Su Sottil, ormai, sono in tanti ad aver perso la speranza. L’esterno classe 1999 è da anni atteso al salto di qualità, che però non ha mai fatto. Un po’ per infortuni e problemi vari un po’ perché, forse forse, non lo ha nelle corde. Certo, se le alternative sono Ikoné e…uhm, basta, c’è solo lui visto che a gennaio non è arrivato nessun’altro esterno e Kouame spera a breve di rientrare dopo tre mesi di assenza tra Coppa D’Africa e malaria, sarebbe il caso di darsi una mossa. Lo farà? Ci riuscirà? Altrimenti ‘buonanotte al secchio’. META’ E META’. Poi c’è tutta un’altra schiera di giocatori che sono lì, nel limbo, tra premesse e speranze, flop o mezzi flop, alti (pochi) e bassi (molti). E’ il caso di Ikoné, capace di accendersi come fatto col Frosinone e poi…basta. Solo lì, il resto tante prestazioni deludenti, inconcludenti se non disastrose. Poi c’è Duncan, autore di un inizio di stagione da urlo ma, ultimamente, anche lui in grande calo. Quindi c’è Parisi.  L’ex Empoli, nonostante Biraghi non abbia certamente attraversato il suo miglior momento di forma, non ha quasi più trovato spazio dopo essere stato schierato contromano a destra, dove ha fatto oggettivamente male. Ma non può essersi scordato come ben faceva quel ruolo ad Empoli pochi mesi fa. Tra i ‘maestri’ degli alti e bassi c’è Mandragora. L’ex Torino l’anno scorso fu uno dei protagonisti migliori nel periodo in cui la squadra viola risalì in Serie A e andò avanti in tutte le coppe, salvo poi chiudere in calando e con quell’errore a Praga che molti ancora ricordano. Quest’anno, alti (pochi) e bassi (molti). Non che altri stiano tutti facendo partite da 7,5 fisso in pagella, tipo Belotti, Milenkovic, anche Faraoni, che dopo la giornataccia di Empoli è chiamato al riscatto. Poi chissà che i vari Infantino e Castrovilli non trovino minuti da qui a breve (non in Conference), ma anche loro potrebbero tornare utili. La speranza è la stessa che, spesso e volentieri, ha accompagnato anche la stagione scorsa della Fiorentina: che le serate d’Europa, di Conference, con quella musichetta lì siano il trampolino di ri-lancio per molti giocatori che stanno attraversando momenti difficili. Come quando Cabral e Jovic ne fecero due ciascuno a Braga, come Barak a Basilea o Sottil col Lech Poznan al Franchi, come in parte accaduto anche quest’anno nella sfida col Cukaricki in cui Beltran ha messo dentro i primi due gol in maglia viola etc etc. E non solo per la singola sfida in sé, col Maccabi, ma anche per il prossimo denso futuro che attende la Fiorentina tra Europa, Serie A e Coppa Italia dove ci sarà, o meglio ci sarebbe, bisogno di tutti per non abbandonarsi al 'buonanotte al secchio' di cui sopra.

Così simili, così diversi. Juric vs Italiano, tra tabù da sfatare e voglia di volare

Sfida nella sfida tra i due tecnici in Fiorentina-Torino

Ivan Juric da una parte, Vincenzo Italiano dall’altra. Torino-Fiorentina mette ancora una volta di fronte due tecnici della ‘media borghesia’ della Serie A, quelli che stanno un gradino sotto ai top ma che ambiscono ad entrare in quel ‘gotha’, come ad esempio ha fatto ormai da qualche anno Gasperini, come sta per fare Thiago Motta. TRENI. Nel caso di Juric, forse, quel treno è ormai passato. Poteva essere l’allenatore della Fiorentina, più volte tra l’altro, ma alla fine è rimasto a Torino. E soprattutto è rimasto lì, nel limbo, tra una sempre buona posizione in classifica che non è mai stata ottima, distinguendosi per un buon lavoro ma non ottimo. Per Italiano il treno è stato la Fiorentina, potrebbe esserlo ancora la Fiorentina in caso di permanenza a Firenze, ma probabilmente il salto lo farà a fine stagione quando potrebbe prendere altre strade. Intanto ci sono ancora grandi obiettivi per questa, tra una qualificazione in Europa da conquistare in campionato e la speranza di far meglio di quanto fatto l’anno scorso nelle coppe, che vorrebbe dire alzare al cielo un trofeo dopo la doppia beffa di Roma e Praga. Traguardi per i quali Juric non è ancora mai arrivato a lottare, giusto per rimarcare una sottile differenza. DIVERSI. Italiano e Juric, dicevamo. Simili per ambizioni e voglia di fare strada, ma anche molto diversi per mille aspetti. Per il croato la fase difensiva è l’aspetto principale da curare. Tanto che, ogni anno, il suo Torino arriva in fondo al campionato con una delle primissime difese della Serie A per gol subiti. Il mantra di Italiano, invece, fu chiaro dal primo giorno: ‘difendere bene, attaccare benissimo’, praticamente l’opposto. Il primo obiettivo di Juric è blindare la propria porta, come accaduto in 12 gare nelle prime 26 giornate, 8 volte in casa su 13 gare interne. Italiano, invece, lavora sulla difesa alta (a volte pure troppo) dal primo giorno in cui siede sulla panchina della Fiorentina. Tanto che i viola hanno incassato almeno una rete in ogni gara tranne che a Udine, con la Salernitana, col Verona, col Monza, col Torino e col Cagliari. Il croato si ispira a Gasperini per la fase difensiva, da sempre. Italiano si ispira a Gasperini per la fase offensiva, da sempre. Pressing a tutto campo e marcature uno contro uno a tutto campo, come insegna Klopp, sono il mantra tattico di Juric, marcature a zona, accettazione del rischio difensivo ma propensione decisamente offensiva quello del tecnico viola. Basta vedere i numeri per capirne di più: nello stesso lasso di tempo da cui Italiano è a Firenze e Juric è a Torino i granata hanno segnato 71 reti, mentre la Fiorentina ne ha fatti 151; il Toro ne ha incassati 107 mentre la Fiorentina 124. In classifica i viola sono avanti al Torino di 5 punti quest’anno, sono stati avanti di 3 punti l’anno scorso e 12 due stagioni fa. Tradotto: ad uno piace stare nella propria metà campo, col baricentro basso e con tanta fisicità, l’altro fa stare le sue squadre nella metà campo avversaria, col baricentro alto e con tanta tecnica. Almeno questo racconta la loro storia. CARATTERI. Anche a livello caratteriale Juric e Italiano sono molto simili, ma anche tanto differenti. Entrambi hanno fame, voglia di emergere e di arrivare, hanno grande temperamento e sono martelli sul campo e in allenamento. Il croato, però, a volte va oltre, sia con le parole che coi fatti, non tirandosi indietro se c’è da discutere o litigare coi propri dirigenti o con chissà chi. Più volte Juric, anche pubblicamente, non ha fatto mistero di alcune scelte di mercato che non condivideva, come quando dopo un Fiorentina-Torino perso al Franchi chiese in sala stampa al suo presidente acquisti, e tanti.  Il viola, invece, è più aziendalista. Soltanto nello scorso gennaio ha alzato un po’ la voce, sempre con toni pacati (quando chiedeva un esterno, prima, e quando disse: “Mercato? Non ho niente da dire”). Se tra Juric e Cairo volano spesso gli stracci, anche in diretta tv, a Firenze non è mai successo nulla di tutto ciò “in società c’è gente bellissima”, le ultime parole del tecnico viola). Neppure quando a Italiano è stato venduto il capocannoniere del campionato a metà stagione. Ecco perché, forse forse, quel treno Juric non lo prenderà mai, a differenza di Italiano. Nel calcio, d’altronde, non c’è solo l’aspetto tecnico/tattico quando una ‘big’ ti punta per affidarti la panchina. PRECEDENTI. Detto tutto ciò, il Torino e Juric sono per caratteristiche proprio l’avversario che la Fiorentina e Italiano più soffrono. L’anno scorso fu solo pareggio in Piemonte, come due stagioni fa. Nel mezzo la sonora vittoria del Toro per 4-0. L’ultima volta che la Fiorentina ha vinto in casa dei granata fu in Coppa Italia nel 2019, con doppietta di Chiesa, mentre in Serie A il segno 2 manca dal marzo 2018. A Firenze, invece, le cose sono andate spesso diversamente. All’andata la decise Ranieri, l’anno scorso in Coppa Italia fu 2-1 Fiorentina e accesso in semifinale, ma anche ko 0-1 con quello sciagurato errore di Amrabat che mandò in porta i granata, e vittoria 2-1 nel 2021. Il bilancio, insomma, è in equilibrio. Ma oggi si gioca a Torino, e dopo aver sfatato il tabù Lazio, eccone un altro per Italiano: battere Juric e il Torino a Torino. Perché la carta è un conto, il campo poi è un’altra cosa.

In cerca della riprova. Fiorentina davvero guarita e ritrovata?

La Fiorentina è attesa dalla sfida col Toro

Come si possa passare da una Fiorentina che quasi non tira in porta con Bologna ed Empoli ad una che fa due gol, prende 4 pali e domina in lungo e in largo contro la Lazio nel giro di pochi giorni è la grande domanda che accompagna chi ha il viola nel cuore. Al netto della crescita di condizione di alcuni singoli e delle difficoltà di un avversario reduce dalla sfida coi granata di pochi giorni prima, ciò che è apparso evidente nel successo coi biancocelesti di lunedì è che in campo c’era un’altra Fiorentina. Convinta, affamata, coraggiosa nello schierarsi con più di metà squadra composta da calciatori offensivi e soprattutto…viva, sensazione che non aveva trasmesso in diverse gare precedenti di questo avvio di 2024. Tutto bene, bello (anzi, molto bello)…bis. L’interrogativo sta tutto qui: la Fiorentina è definitivamente guarita? Quella di sabato sera contro il Torino di Juric sarà la gara della riprova. I granata non stanno volando dal punto di vista dei risultati, ma sono in forma dal punto di vista delle prestazioni. Con Lazio e Roma il Toro ha rimediato due ko, ma avrebbe meritato molto di più per occasioni create e concesse. Per tipologia di gioco e caratteristiche, inoltre, quella di Juric è la classica tipologia di avversario che la Fiorentina di Italiano soffre di più. Ma se in campo i viola scendessero con lo stesso furore, lo stesso coraggio e la stessa convinzione mostrata nella sfida con la Lazio, allora sì che potremmo dire che la Fiorentina è guarita. Ancora è prematuro. La classifica si è rifatta interessante coi tre punti ottenuti coi biancocelesti di Sarri lunedì scorso per la Fiorentina. In caso di altro successo, a Torino, allora…

Oggi o mai più. Fiorentina al bivio: o riparte o sprofonda

Gara crocevia per il cammino dei viola. Al Franchi arriva la Lazio

La Fiorentina di Vincenzo Italiano è chiamata a reagire. Contro la Lazio di Maurizio Sarri è gara da dentro o fuori al Franchi. O la squadra viola riparte oppure rischia di sprofondare nell’anonimato. L’avversario è dei peggiori, come lo saranno tutti coloro che la Fiorentina dovrà affrontare nei prossimi impegni, tra cui Torino, Roma, Atalanta, Milan e Juventus (stando al solo campionato). La Lazio, infatti, è tra le bestie nere in assoluto di Italiano. Da quando è a Firenze il tecnico gigliato è riuscito a piegare Mourinho, Spalletti, Allegri, Inzaghi, ma mai Sarri. Tra l’altro soffrendo sempre le stesse cose: al Franchi il contropiede, a Roma le disattenzioni. Le ultime due volte che la Lazio si è presentata a Firenze ha vinto 0-4 e 0-3, facendo attaccare la Fiorentina, ripartendo sfruttando buche e amnesie difensive dei viola e portando a casa l’intera posta in palio. Non che quando si sono alternati Montella, Prandelli, Iachini e tutti gli altri allenatori che hanno guidato in precedenza la Fiorentina siano arrivate chissà quali soddisfazioni coi biancocelesti, anzi. Più in generale, Italiano a parte, negli ultimi anni la Lazio ha quasi sempre fatto la voce grossa coi viola. A Firenze, per esempio, negli ultimi dieci incroci la Fiorentina ha vinto solo con Iachini, una volta,2-0, grazie alla doppietta di Vlahovic e con Sousa, 3-2 nel 2016-17. Poi 7 vittorie laziali e 1 pari. Ma la Fiorentina non ha alternative. Oggi deve reagire, ritrovarsi e ripartire. Perché ok la Lazio, Sarri, bestie nere e cabale varie, ma se la situazione che si è creata è quella che è lo si deve anche alla serie di tonfi che la Fiorentina ha messo in serie contro avversari decisamente di livello inferiore, che poi hanno racimolato ko contro praticamente tutti come Sassuolo o Lecce, perciò…come si dice, ‘ora o mai più’. Da Campo di Marte, oggi alle 20.45, è in partenza l’ultimo treno che porta in Europa per la Fiorentina. O almeno quello che permetterebbe di continuare a sperare che questo finale di stagione non sia destinato ad essere un lungo calvario, che costringerebbe a riporre gli ultimi e residui sogni di gloria in Coppa Italia e Conference League.  Ma anche solo sperarci diventerebbe molto più difficile.

Beltran, la Fiorentina si aggrappa all’argentino per sfatare il tabù Lazio

L’attaccante viola è uno dei pochi giocatori a vivere un buon momento di forma

Si avvicina la sfida con la Lazio per la Fiorentina. Lunedì sera, al Franchi, i viola di Italiano sono chiamati a reagire dopo il brutto inizio di 2024. Sulla strada ci sarà una delle squadre con cui il tecnico viola non ha mai vinto, e con cui la Fiorentina ha spesso capitolato. Negli ultimi due incroci al Franchi, ad esempio, i laziali si sono imposti 0-4 e 0-3. Per tornare a sorridere c’è chi si aggrappa a questo, quello o quell’altro, che sia un ritorno ad alti, o meglio buoni, livelli di Nico Gonzalez, Arthur e Bonaventura, che il Gallo Belottitorni ad incidere, che Ikoné torni a fare qualcosa come col Frosinone, o che lunedì Sottil si svegli col piede giusto, che magari Terracciano sia in versione ‘San Pietro’, che la difesa regga e che…Lucas Beltran continui nel suo buon momento.  Nel buio totale in cui è piombata la Fiorentina del 2024, infatti, si è accesa la luce dell’argentino. Dopo un primo approccio complicato in Italia, l’ex attaccante del River ha iniziato a entrare con continuità nel tabellino dei marcatori. Il diagonale spedito in porta ad Empoli è un altro segnale di forma crescente, come ha detto lo stesso Italiano: “Lucas è cambiato rispetto a quando è arrivato. Adesso è molto più dinamico, qualitativo, si smarca, ha iniziato a prendere confidenza. Da quando è arrivato fino ad adesso è un altro giocatore ed ha margini di crescita importanti”.  Numeri alla mano, Beltran è il migliore attaccante negli ultimi tre mesi di campionato dietro solo a Vlahovic e Lautaro. Sei reti per lui nelle ultime nove uscite in cui ha giocato da titolare. Sei centri, tra l’altro, con sette tiri in porta. Un exploit che coincide, forse non per caso, con lo spostamento di Beltran sulla linea dei trequartisti, dopo che nella prima parte di annata non era riuscito ad incidere da centravanti. E così Lucas ha iniziato a vedere la porta. Sono sei i gol in campionato, lo stesso bottino che Lautaro Martinez (spesso termine di paragone portato per descrivere El Vikingo) aveva realizzato alla sua prima stagione in Italia. A cui vanno aggiunti i due gol bellissimi segnati al Cukaricki in Conference League. E con l’impennata di reti, Beltran ha ormai messo dietro nelle gerarchie un Bonaventura che continua col suo momento difficile. E poi…ecco la Lazio, lunedì, al Franchi, dicevamo maledettamente bestia nera la squadra di Sarri per la Fiorentina. Italiano dovrebbe affidarsi ancora a Beltran, che nel match d’andata fece un gol bellissimo scartando anche il portiere, che venne annullato per un controllo di mano da parte della punta viola. Lunedì la possibilità di rifarsi. Sperando che tutta la Fiorentina si ritrovi, si rifaccia e torni a vincere. Magari con gol vittoria di Beltran.

Dal “noi forti, loro fortissimi” dell’andata alla necessità di sfatare il tabù

L’ultima Lazio è cambiata, e la Fiorentina?

“Noi siamo forti, ma loro sono fortissimi”, disse Vincenzo Italiano quando il 30 ottobre scorso la sua Fiorentina perse con la Lazio, al 94’. In quella sfida la squadra di Sarri non fece nulla per avere la meglio dei viola, se non approfittare di un clamoroso svarione di Milenkovic a tempo scaduto che permise a Immobile di mettere dentro il rigore della vittoria. Un classico per la Fiorentina targata Italiano, soprattutto contro i biancocelesti di Sarri. Quella Fiorentina, rispetto a questa che si sta vedendo da inizio 2024, faceva comunque sempre la partita, creava e manteneva la sua classica identità. Cosa che oggi, invece, sembra essersi smarrita. Un girone dopo, alla giornata numero 26 (quella dell’Olimpico fu la decima giornata di Serie A), la Fiorentina si ritrova ancora su per giù in zona della Lazio, ma arriva alla gara di lunedì avendo dilapidato con un gennaio/febbraio orribile quel gap che aveva messo tra sé e la squadra capitolina, per propri meriti e per demeriti altrui, visto che la partenza di stagione della formazione di Sarri era stata tutt’altro che esaltante, così come era accaduto a Roma, Atalanta e altre che, pian piano, si sono ritrovate. Sarri è riuscito a cambiare la sua squadra, facendo meno possesso palla, dandole meno indole offensivista ma più pratica, e sta ottenendo risultati. Italiano ci ha provato, ma ultimamente non ci sta riuscendo. Italiano non ha ancora mai vinto una volta in carriera contro Sarri. Da quando è alla Fiorentina, inoltre, spesso e volentieri ha rimediato figuracce nelle gare interne. L’anno scorso finì addirittura 0-4, con la Lazio che agiva in ripartenza, tirava e segnava, mentre la Fiorentina attaccava, andava spesso in orizzontale e lasciava praterie che i laziali sfruttavano. Stesso copione che si verificò due anni fa, quando la Lazio vinse al Franchi 0-3 e che la squadra biancoceleste sta riuscendo ad utilizzare sempre più, come fatto anche a Torino nel match di recupero di campionato che ha visto la Lazio soffrire, ripartire, ma vincere. Già di per sé, dunque, la Fiorentina e Italiano soffrono maledettamente il modo di giocare dei laziali e di Sarri. Il momento difficile che stanno vivendo i viola, in crisi di risultati, gioco e identità, rende ancor più delicato l’incrocio di lunedì. Al Franchi, stavolta, l’epilogo dovrà essere diverso. La Fiorentina è chiamata a reagire e sfatare il tabù Lazio, a tutti i costi. Altrimenti l’aria attorno alla squadra, e adesso anche alla società, potrebbe farsi sempre più pesante.

Un (goal del) Gallo non fa Primavera. No, Belotti non ha risolto i problemi della Fiorentina

Nelle ultime due partite Belotti non ha praticamente tirato in porta

Diciamocelo chiaramente, quando il Gallo Belotti l’ha messa dentro, col Frosinone, praticamente al secondo tiro da calciatore della Fiorentina, tutti abbiamo pensato ‘ooooh, ecco il centravanti, visto? ecco fatto. Ora sì, problema risolto’. Poi però, tra Bologna ed Empoli, partite dove ci si aspettava ulteriori segnali da parte del Gallo e della manovra offensiva della Fiorentina, riecco il nulla cosmico. Tra la gara del Dall’Ara e quella del Castellani, in cui la Fiorentina ha calciato in porta sì e no un paio di volte in 180’, Belotti non ha praticamente mai strusciato il pallone, figuriamoci tirare in porta. A Empoli Belotti ha toccato il pallone soltanto 11 volte nei 72 minuti che è stato in campo, dati che nemmeno il peggior Nzola. Attenzione, avviso ai naviganti: nessuno vuole crocifiggere in ‘sala mensa’ Belotti, per carità. E’ innegabile, tuttavia, che il problema offensivo che aveva questa Fiorentina prima che arrivasse il Gallo è ancora lì, lo stesso che c’era quando giocavano Beltran e/o Nzola, Jovic e Cabral, Piatek e Cabral: agli attaccanti arrivano pochi palloni da giocare e pochissimi da mettere dentro. Nelle ultime due gare con Bologna ed Empoli, nonostante Italiano abbia cambiato uomini in attacco dal 1’ o a gara in corso, schierando Ikoné, Gonzalez, Beltran trequartista, Bonaventura e Sottil, il succo non è cambiato: Belotti non ha tirato in porta. E tranne un paio di conclusioni di Ikoné e Bonaventura al Dall’Ara e quella di Beltran al Castellani, la Fiorentina in generale non ha mai tirato in porta. Cambiando il centravanti, con Belotti, il risultato non è cambiato. La Fiorentina fa una fatica immensa nel mettere le punte in condizione di far gol, o anche di non farli ma quantomeno di sbagliarli. Il Gallo, ha messo a referto 5 tiri totali tra Lecce, Frosinone, Bologna ed Empoli, come detto 0 nelle ultime due sfide. E se fino a fine dicembre, col fil rouge che più o meno era sempre lo stesso, ci avevano messo una pezza i vari Gonzalez, Bonaventura, Quarta e altri, da quando Nico e Jack sono andati a calare ecco che sono scomparsi gol e risultati per la Fiorentina. Per quanto nelle 9 gare giocate dai viola nel 2024 siano stati segnati 10 gol, 5 sono stati messi a referto col solo Frosinone mentre in 5 partite la Fiorentina non ha segnato. E, come detto, nelle ultime due quasi non ha neppure tirato. In partenza c’è un treno di gare in cui dalle punte, e più in generale da tutta la Fiorentina, si attendono segnali: Lazio in casa, Toro fuori, Roma in casa, Atalanta fuori, Milan in casa, Atalanta in casa in Coppa Italia e Juventus fuori. La speranza è che il Gallo torni ad alzare la cresta, che Nico si ritrovi, che Kouame torni a dare il suo apporto dopo la Coppa D’Africa, che Ikoné faccia l’Ikoné versione Fiorentina-Frosinone e non quello che si è visto per quasi tutte le altre partite giocate, che Jack e Arthur tornino a fare la differenza e che almeno Beltran, a segno sei volte nelle ultime nove partite in cui è stato titolare in Serie A, continui in qualche maniera a buttarla dentro. Altrimenti, tener botta senza segnare, si annuncia sfida impossibile.

C’erano una volta i tre tenori. Che oggi non cantano più

Le difficoltà dei tre calciatori viola che facevano la differenza

C’erano una volta i tre tenori, quelli che facevano la differenza, che trascinavano la Fiorentina al quarto posto per tutto un girone, mostrando una vena realizzativa mai vista prima nel caso di Nico Gonzalez e Jack Bonaventura, una sapiente e costante regia nel caso di Arthur. Poi, però, hanno smesso di cantare e la Fiorentina si è sciolta. Dalla partita col Sassuolo, da quel rigore sbagliato, Bonaventura non è più riuscito ad esprimersi a quei livelli con cui aveva fatto la differenza nella prima parte di stagione. Tra voci, rumors e qualche difficoltà fisica è costantemente andato a peggiorare, anzi, è rimasto più o meno sempre ai soliti, negativi, livelli. Tanto da finire anche in panchina o ad essere sostituito all’intervallo. Nel caso di Nico, invece, tutto è da imputare a quel maledetto infortunio patito in Ungheria col Ferencvaros, col rientro che è coinciso con scampoli con l’Inter, con rigore sbagliato, a Lecce, col Frosinone (unica gara giocata dall’argentino a buoni livelli) e a Bologna. Ma…per ritrovare quel Nico che, spesso, al primo pallone la buttava dentro, che faceva la differenza e che trascinava la Fiorentina, bè, forse servirà ancora del tempo. E poi c’è Arthur, anche lui ormai da un mese e mezzo a…mezzo servizio. Ed ecco che la Fiorentina si è involuta, tutta. Certo, se le alternative che ha a disposizione Italiano si fossero degnati di far qualcosa di buono…Magari la Fiorentina avrebbe potuto comunque fare buon viso a cattiva sorte. Ogni tanto, ad esempio, Barak avrebbe potuto far pesare meno le difficoltà di Bonaventura, ma a parte il gol al Frosinone, con un rimpallo casuale, del ceco non si sono avute tracce. Figuriamoci, poi, gli esterni d’attacco che hanno giocato al posto di Gonzalez. Tra i vari Brekalo (poi ceduto), Sottil (scomparso) e Ikonè, sempre disastroso tranne che col Frosinone, peggio mi sento. Tanto che Italiano ha dovuto schierare Nzola esterno alto a Lecce o cercare nuove soluzioni come Beltran esterno alto, o Bonaventura esterno alto, o Beltran alle spalle di Belotti etc etc. E menomale che adesso tornerà a disposizione Kouame. Se poi Jack, Nico e Arthur non si fossero fatti male…Che sfiga! Bè, si, fino ad un certo punto però. Perché, nei tre precedenti anni, il regista brasiliano aveva giocato più di 20 partite stagionali solo 1 volta, era reduce da un anno passato ai box e non ha mai avuto continuità. Di Nico, ormai, sappiamo più o meno tutto, con due stagioni vissute per metà fuori per infortuni vari, e nel caso di Bonaventura era lecito attendersi una flessione vista la carta d’identità. Che questi tre tenori avessero avuto già qualche problematica nella loro cartella clinica lo si sapeva, dunque. E poi, sfiga, sì, che tutti e tre insieme, ma è altrettanto vero che altri non stanno particolarmente brillando. E questo è un altro dei problemi. Detto ciò, c’è da ripartire, con l’Empoli, dove Arthur potrebbe essere ancora una volta assente, e dove Italiano non può far altro che sperare che i suoi altri due tenori ritrovino la voce e tornino a fare la differenza.

L'è tutto sbagliato, l'è tutto da rifare!

La Fiorentina perde anche a Bologna. Il trend si fa preoccupante

Guardando questa Fiorentina viene da pensare esattamente quello che amava dire Gino Bartali. E sarà che i fiorentini son così, spesso polemici (a volte anche troppo) e criticoni, ma il trend che ha intrapreso la squadra di Italiano da inizio gennaio non lascia troppi spazi per l’ottimismo. Anche coloro che amavano ignorare quei segnali di criticità che già quando i viola, a dicembre, vincevano ma soffrivano dannatamente contro chiunque e le carenze di una rosa che stava già allora facendo qualcosa di superiore alle proprie potenzialità, che rispondevano col ‘troppe critiche, siamo quarti in classifica’, visto come la Fiorentina sta andando da inizio gennaio si stanno ricredendo. Peccato, perché mentre la classifica vedeva i viola volare e le altre annaspare, chi avrebbe dovuto avere la lungimiranza di capire che per stare lassù serviva muoversi in altro modo e con altre tempistiche a gennaio ha avuto la stessa lunghezza di pensiero di chi credeva davvero che Duncan potesse avere il rendimento super che aveva avuto fin lì, che Bonaventura potesse reggere a quei ritmi e che, dinanzi alle richieste di incontri sul rinnovo si potesse tranquillamente ignorare (d’altronde a quell’età che vuole? Ha anche delle pretese?), che Arthur fosse improvvisamente diventato un calciatore da 50 partite all’anno ad altissimi livelli, che Terracciano potesse fare 3-4 miracoli a domenica, che se gli attaccanti non segnavano fosse solo colpa loro, tanto ci pensavano Quarta, Ranieri o altri a segnare, che se Italiano chiedeva un esterno si potesse far finta di nulla prendendo un centravanti (tanto che il tecnico continua a schierare Nzola esterno), che anziché dare all’allenatore un centrale di rendimento per poter continuare a lavorare sulla difesa a tre si cedesse Mina e si prendesse un terzino del Verona etc etc. Poi, però, le altre hanno svoltato, e ora vanno. La Fiorentina, invece, è ancora lì a pensare che quei 30 o 40 milioni che voleva il Genoa per Gudmundsson erano troppi, così come la Lazio per Zaccagni, che Brian Rodriguez o Ruben Vargas…etc etc. Ma tanto è rimasto Ikoné, che a Bologna è tornare il solito Ikoné. La cinquina rifilata al Frosinone è così rimasta la classica rondine che non fa primavera. E la classifica ora piange, così come le prospettive di questa Fiorentina. Lo schiaffo di Bologna è solo un altro colpo basso che ha fatto seguito ai ko con Sassuolo, Inter, Napoli in Supercoppa, Lecce e un pari sofferto con l’Udinese dopo che in qualche modo, col Bologna in Coppa Italia, la Fiorentina l’aveva sfangata. Il problema, adesso, è che questa squadra può perdere con tutti, mentre non dà mai la sensazione di poter vincere contro nessuno. E come diceva Bartali “l'è tutto sbagliato, l'è tutto da rifare!”. Peccato che rendersene conto oggi (sempre che ci sia davvero questa presa di coscienza), sia un pizzico tardivo. E non certo segno di lungimiranza.

I ‘no’ di gennaio: Ngonge, 20 milioni per Gudmundsson e 25 per Zaccagni

Ma almeno col Frosinone rientra Ikoné

Passano i giorni, i punti in classifica per la Fiorentina restano più o meno gli stessi, così come le criticità, ma le offerte che la società viola avrebbe fatto per quello o per quell’altro si arricchiscono sempre di nuovi dettagli.Dopo i giorni di tira e molla per Gudmundsson, bollati da Genova come un semplice “ci hanno fatto un’offerta, ma abbiamo risposto subito che non volevamo cederlo”, il “Ngonge? mai trattato”, ecco che da Roma rilanciano di un’offerta fatta dalla Fiorentina alla Lazio da 25 milioni di euro più bonus per Zaccagni, ovviamente respinta da Lotito. E così, mentre ‘nel buio della sala correvano voci incontrollate e pazzesche. Si diceva che l'Italia stava vincendo per 20 a 0 e che aveva segnato anche Zoff di testa su calcio d’angolo’, la domanda sorge spontanea: ma se la Fiorentina aveva 20-25 milioni di euro da spendere sul mercato invernale, perché Italiano si ritrova a dover sperare che Kouame rientri dalla Coppa D’Africa, o che Ikoné-Sottil azzecchino, prima o poi, la giornata di grazia? Non c’era un piano b? Evidentemente no.Sempre che i rumors che sono emersi siano reali, e non c’è motivo per credere il contrario, la Fiorentina che domenica affronterà il Frosinone in una gara da psicodramma, dove ha tutto da perdere e poco da guadagnare, ritroverà il rientrante dalla squalifica Ikoné. Ma gli altri esterni…sono ancora lontani dall’essere al top della forma. Sottil, anche a Lecce, è stato trasparente, mentre Nico è ancora in fase di rientro e Kouame è arrivato in fondo alla Coppa D'Africa. Dopo le polemiche sullo spostamento sulla fascia di Nzola in Salento e le difficoltà evidenziate da Bonaventura quando è stato schierato come esterno alto, le risorse su cui Italiano potrà contare coi ciociari sono sempre quelle. E la speranza è che, domenica alle 12:30, Nico ritrovi se stesso, Ikoné azzecchi la giornata e Sottil si dia una sveglia. Nel frattempo non è da escludere che, da qui al fischio d’inizio della gara col Frosinone, non escano altre presunte voci su offerte per Tizio, Caio o Sempronio. Ovviamente respinte al mittente. Tanto c’è Ikoné…

Fin qui mercato conservativo per la Fiorentina: dal frigo esce Brekalo ed entra Rodriguez

La Fiorentina saluta Brekalo e abbraccia Rodriguez. Ikoné resta, e adesso?

Chi si aspettava un mercato aggressivo da parte della Fiorentina, vista la posizione in classifica e l'impegno in Supercoppa, oltre al passaggio in semifinale di Coppa Italia e gli ottavi di Conference League, al momento è rimasto deluso. La frase di Barone prima della sfida col Sassuolo ("abbiamo il frigo pieno" ndr), che molti speravano essere solamente una boutade, ad oggi si sta invece rivelando una reale profezia. Dal ‘frigo’ viola esce Josip Brekalo, che torna in patria, mentre arriverà Brian Rodriguez. L’uruguaiano viene da uno stop di diverse settimane, non ha certo il gol nel dna, viene dal Messico e avrà bisogno di tempo per adattarsi al calcio italiano e di Italiano. Non proprio, insomma, quello che sembrava aver chiesto il tecnico viola già a fine 2023, cioè un esterno offensivo pronto, che conoscesse il nostro campionato e che potesse far fare alla sua Fiorentina un salto di qualità. E adesso? All’orizzonte non sembrano esserci chissà quali movimenti, con la dirigenza viola che ha stoppato le voci su una eventuale partenza di Ikoné, mentre è lecito attendersi l’uscita di Mina, direzione Portogallo. A quel punto, coi rientri ormai imminenti di Dodo e l’innesto di Faraoni, sarebbe lecito attendersi un’entrata in difesa, in modo tale da consentire a Italiano di poter virare sulla difesa a tre in caso di necessità. Poi ci sono i rumors su Barak e Nzola da monitorare. Se partisse il ceco, sponda Napoli, chissà che la Fiorentina non possa tornare con forza su Ruben Vargas dell’Augsburg, altro calciatore che non risponde molto all’identikit di cui sopra, ma che potrebbe dare una mano alla sterilità dell’attacco viola. Chi si aspettava, insomma, un mercato aggressivo per provare a difendere il quarto posto e insidiare Napoli, Inter e Lazio in Arabia Saudita, si è dovuto accontentare di una strategia conservativa da parte del club viola, che da inizio 2024 ha perso col Sassuolo, pareggiato a fatica con l’Udinese, eliminato soffrendo  il Bologna ai rigori in Coppa Italia, e perso rovinosamente col Napoli a Riyad. D’altronde a breve rientreranno Dodo e domenica con l’Inter si rivedrà in campo Gonzalez. Sperando che questa sessione di calciomercato non passi alla storia come l’ennesima occasione persa, in stile Benalouane o Ficini. Salvo clamorosi (ma al momento inattesi, per quanto sperati) scossoni e ripensamenti dell’ultima settimana.