Pratica. E’ questo l’aggettivo che viene in mente oggi pensando alla Fiorentina che si è presa sei punti nelle ultime due partite e che, col Lecce come col Milan, ha sfruttato praticamente tutte le occasioni create. Un gran bel passo avanti se si ripensa agli ultimi due anni e mezzo e non è un caso forse che questa inversione di tendenza sia coincisa col ritorno di un centravanti degno di questo nome.
Allora era Vlahovic ( e in quei primi sei mesi targati Italiano i viola erano efficaci eccome), adesso è Kean. E non è solo questione di gol. Per il momento infatti l’ex attaccante della Juventus non ha chissà quali numeri da quel punto di vista ma a far la differenza, e a permettere alla squadra di giocare un calcio molto più diretto e verticale, è tutto il suo lavoro. L’attacco alla profondità, la difesa del pallone spalle alla porta, la capacità di attrarre su di sé (almeno) un paio di difensori liberando spazi per gli altri. Non è un caso insomma che stiano segnando tutti quelli che gli girano attorno.
Certo, c’è poi un discorso di solidità difensiva. Tanto perforabile nelle prime uscite di questa stagione, la difesa viola, quanto impermeabile adesso. Il merito, in questo caso, va ricercato nell’organizzazione di squadra e, soprattutto, dalla filosofia di gioco scelta da Palladino. La Fiorentina ha abbassato parecchio il baricentro, aspetta, aggredisce poco in avanti e, di conseguenza, si scopre poco. Una scelta che adesso, dopo qualche settimana in più di lavoro, è molto ben visibile e che (numeri e risultati alla mano) sta decisamente pagando. Ciò significa che si possa parlare di Champions o che si possa dire che tutto funziona?
Assolutamente no. Mancano altre prove, magari più impegnative rispetto a quella di Lecce, ma i segnali sono sicuramente positivi. L’importante, e qua veniamo alle dolenti note, è non dover perdere per troppo tempo Gudmundsson e, soprattutto, Kean. Perché la fortissima sensazione è che in questo momento sia lui il vero insostituibile della Fiorentina.
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