Dodici mesi fa, la Fiorentina sembrava pronta a scrivere un nuovo capitolo della sua storia. Dopo la fine dell’era Vincenzo Italiano, culminata con la sconfitta in finale di Conference League, la società aveva scelto di azzerare tutto per ripartire. L’arrivo in panchina di Raffaele Palladino e una rosa ampiamente rinnovata promettevano un progetto tecnico ambizioso, capace di restituire entusiasmo e competitività. Tuttavia, a un anno di distanza, l’impressione è quella di un fallimento gestionale: la squadra si ritrova nuovamente a dover ricominciare da capo.
La partenza inaspettata di Palladino ha colto molti di sorpresa. Il tecnico, arrivato con grandi aspettative, ha lasciato anzitempo, segno di un progetto che non ha mai veramente preso forma. Anche dal punto di vista della composizione della squadra, il quadro è tutt’altro che incoraggiante. Gran parte dei volti nuovi introdotti nell’ultima stagione sono stati presi in prestito e difficilmente faranno parte del futuro viola.
Dei sette giocatori arrivati con la formula del prestito, soltanto due resteranno a Firenze: Robin Gosens e Nicolò Fagioli, entrambi riscattati in automatico per via di clausole contrattuali. Tutti gli altri — Cataldi, Colpani, Adli, Folorunsho, Zaniolo e Bove — sono destinati a fare le valigie. Nessuno di loro ha inciso in maniera significativa, e la strategia adottata dalla dirigenza si è rivelata poco lungimirante.
La politica dei prestiti onerosi a basso rischio ha avuto l’effetto opposto a quello sperato: invece di gettare le basi per una rosa stabile e futuribile, ha finito per costruire una squadra temporanea, senza fondamenta solide. In termini di risultati, la stagione non ha portato traguardi significativi, e sotto il profilo della progettualità, il club si ritrova ora con tanti vuoti da colmare.
Anche a livello finanziario, le scelte fatte non sono state leggere. La Fiorentina ha speso 11,2 milioni di euro per operazioni in prestito oneroso che non avranno un seguito. Una cifra già importante, che potrebbe aumentare fino a sfiorare i 20 milioni qualora non venisse riscattato Gudmundsson, arrivato in prestito con un costo iniziale di 8 milioni. Se anche l’islandese dovesse tornare al Genoa, si tratterebbe di un ulteriore investimento senza ritorno, aggravando un bilancio sportivo ed economico già critico.
Ora il club è chiamato a ricostruire nuovamente, con l’obbligo di non ripetere gli errori del recente passato. Serve una strategia più strutturata, capace di unire visione tecnica e sostenibilità economica. Puntare solo su operazioni tampone o su giocatori a breve termine non ha funzionato, e i risultati lo dimostrano.
La Fiorentina si trova dunque di fronte all’ennesimo bivio. Per evitare un altro anno di transizione sterile, sarà fondamentale cambiare approccio: meno prestiti, più progettualità. Il pubblico viola merita una squadra stabile e competitiva, non un cantiere perenne.
La partenza inaspettata di Palladino ha colto molti di sorpresa. Il tecnico, arrivato con grandi aspettative, ha lasciato anzitempo, segno di un progetto che non ha mai veramente preso forma. Anche dal punto di vista della composizione della squadra, il quadro è tutt’altro che incoraggiante. Gran parte dei volti nuovi introdotti nell’ultima stagione sono stati presi in prestito e difficilmente faranno parte del futuro viola.
Dei sette giocatori arrivati con la formula del prestito, soltanto due resteranno a Firenze: Robin Gosens e Nicolò Fagioli, entrambi riscattati in automatico per via di clausole contrattuali. Tutti gli altri — Cataldi, Colpani, Adli, Folorunsho, Zaniolo e Bove — sono destinati a fare le valigie. Nessuno di loro ha inciso in maniera significativa, e la strategia adottata dalla dirigenza si è rivelata poco lungimirante.
La politica dei prestiti onerosi a basso rischio ha avuto l’effetto opposto a quello sperato: invece di gettare le basi per una rosa stabile e futuribile, ha finito per costruire una squadra temporanea, senza fondamenta solide. In termini di risultati, la stagione non ha portato traguardi significativi, e sotto il profilo della progettualità, il club si ritrova ora con tanti vuoti da colmare.
Anche a livello finanziario, le scelte fatte non sono state leggere. La Fiorentina ha speso 11,2 milioni di euro per operazioni in prestito oneroso che non avranno un seguito. Una cifra già importante, che potrebbe aumentare fino a sfiorare i 20 milioni qualora non venisse riscattato Gudmundsson, arrivato in prestito con un costo iniziale di 8 milioni. Se anche l’islandese dovesse tornare al Genoa, si tratterebbe di un ulteriore investimento senza ritorno, aggravando un bilancio sportivo ed economico già critico.
Ora il club è chiamato a ricostruire nuovamente, con l’obbligo di non ripetere gli errori del recente passato. Serve una strategia più strutturata, capace di unire visione tecnica e sostenibilità economica. Puntare solo su operazioni tampone o su giocatori a breve termine non ha funzionato, e i risultati lo dimostrano.
La Fiorentina si trova dunque di fronte all’ennesimo bivio. Per evitare un altro anno di transizione sterile, sarà fondamentale cambiare approccio: meno prestiti, più progettualità. Il pubblico viola merita una squadra stabile e competitiva, non un cantiere perenne.
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