Gabriella Breri e suo figlio Gianni hanno deciso che il telefono che l’antifascista e partigiano Erio Breri usò per comunicare con gli Alleati dovrà essere conservato a Palazzo Vecchio, a memoria di quell’impresa

Era l’agosto del 1944, gli Alleati erano ormai arrivati all’altezza di Firenze dopo aver liberato buona parte della Toscana e si avvicinavano sempre più al Nord Italia, ma per passare oltre dovevano superare l’Arno, e i nazisti che lo presidiavano.

A Firenze, all’epoca occupata dai nazisti, lavorava come vigile urbano Erio Breri, che era anche un convinto antifascista e partigiano a cui, nei difficili giorni dell’agosto del ’44, era stato affidato il compito di presidiare il telefono, un modello da campo di fabbricazione tedesca, e la bobina con cui partigiani e Alleati comunicavano.

Un apparecchio importantissimo, che si snodava per tutto il Corridoio Vasariano e arrivava in Oltrarno, nascosto nella Sala delle Carte Geografiche di Palazzo Vecchio per attirare il meno possibile l’attenzione dei tedeschi: ma, come racconta lo stesso Breri nel suo diario, il sette agosto poco ci mancò che non scoprissero tutto, e fu solo la rapidità con cui i partigiani nascosero tutto a salvare la situazione.

Quel telefono, fondamentale per la Liberazione di Firenze dall’occupazione nazifascista, sarà ora donato a Palazzo Vecchio, in una sorta di “ritorno a casa”: la figlia di Erio Breri, Gabriella, e il nipote, Gianni, hanno infatti deciso di donare il prezioso cimelio alla città di Firenze, come simbolo non solo del coraggio di Erio e di tutte le persone che, come lui, decisero di lottare contro il nazismo, ma anche come simbolo di libertà.
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