Nella classifica nazionale dei comuni capoluogo di provincia che hanno registrato il maggior calo di negozi tra 2012 e 2024, Firenze si posiziona al 65esimo posto, con una perdita del 23,1%. In Toscana, le maggiori perdite si registrano a Pistoia, al 12esimo posto con -29.9% delle botteghe; Livorno, al 16esimo con -28.5%, Arezzo al 33esimo con -26,2; Massa al 36esimo con il 25,8, Lucca e Grosseto al 51esimo posto con -24,3%. Meglio di Firenze solo Pisa, Siena e Prato (rispettivamente al 73esimo con -22,5%, all'81esimo con -21,8% e al 108esimo con -15,6%). E' quanto emerge dall'ultima indagine di Confcommercio nazionale secondo cui complessivamente hanno chiuso i battenti quasi 118mila negozi al dettaglio e 23mila attività di commercio ambulante.
"In poco più di dieci anni in Toscana ogni capoluogo ha perso in media un'attività commerciale su quattro - evidenzia il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni -. E la flessione si è accentuata dopo il 2019, negli anni della pandemia, quando le fragilità del settore si sono amplificate". "A risentire maggiormente della crisi - aggiunge - sono stati i negozi di abbigliamento, calzature, articoli per la casa, giocattoli, librerie, edicole, ferramenta e cartolibrerie, ma anche i banchi del mercato ambulante e i negozi di alimentari".
Per Marinoni "Firenze sta perdendo pezzi importanti della sua identità commerciale. E la notizia della chiusura della libreria Alzaia, che mette sale sulle ferite, è il segno lampante della crisi demografica che sta riguardando il commercio non solo a Firenze, ma in tutte le città italiane. Crescono solo ristorazione e ricettività. Il tessuto economico ed urbano ne esce ovunque profondamente cambiato".
Per il direttore di Confcommercio Toscana "la sfida ora è invertire la rotta, promuovendo politiche di rigenerazione urbana e sostegno al commercio locale, per evitare che le città si svuotino e perdano la loro anima”.
"In poco più di dieci anni in Toscana ogni capoluogo ha perso in media un'attività commerciale su quattro - evidenzia il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni -. E la flessione si è accentuata dopo il 2019, negli anni della pandemia, quando le fragilità del settore si sono amplificate". "A risentire maggiormente della crisi - aggiunge - sono stati i negozi di abbigliamento, calzature, articoli per la casa, giocattoli, librerie, edicole, ferramenta e cartolibrerie, ma anche i banchi del mercato ambulante e i negozi di alimentari".
Per Marinoni "Firenze sta perdendo pezzi importanti della sua identità commerciale. E la notizia della chiusura della libreria Alzaia, che mette sale sulle ferite, è il segno lampante della crisi demografica che sta riguardando il commercio non solo a Firenze, ma in tutte le città italiane. Crescono solo ristorazione e ricettività. Il tessuto economico ed urbano ne esce ovunque profondamente cambiato".
Per il direttore di Confcommercio Toscana "la sfida ora è invertire la rotta, promuovendo politiche di rigenerazione urbana e sostegno al commercio locale, per evitare che le città si svuotino e perdano la loro anima”.
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