Lo Stato in Italia "è stato troppe volte e tutt'ora lo è, affiancato purtroppo da un Antistato, che non conosce umanità, al quale non gliene batte niente della bellezza e che ragiona addirittura con il metro di sopprimere un ragazzino sciogliendolo nell'acido. Questo è qualcosa che non possiamo far finta di non vedere, come quando andiamo al cinema e davanti a un film dell'orrore ci tappiamo gli occhi".
Lo ha detto Stefano Massini rivolgendosi agli studenti a Firenze nell'intervento che ha concluso l'evento della Regione Toscana per commemorare la strage dei Georgofili del 27 maggio 1993. Un giorno che il drammaturgo Massini, allora 17enne, ha ricordato in questo modo: "Ero a scuola e ci dissero che era esplosa una caldaia vicino agli Uffizi", "poi arrivò la notizia che non era così, che non era stata una caldaia e che c'erano dei morti".
Allora, ha aggiunto, "ero un cretino perché in quel momento la prima cosa che mi venne in mente, non fu l'indignazione, il senso civico, il disprezzo o la paura. No, la prima cosa che mi passò in mente fu che, siccome il giorno dopo l'insegnante di scienze naturali aveva previsto il compito in classe e noi non volevamo farlo, c'era andata benissimo perché saremmo andati alla manifestazione".
Manifestazione, ha proseguito, "dove mi resi conto che cosa era accaduto e del fatto che questa cosa mi riguardava; in qualche modo quell'attentato era stato un attentato anche contro di me".
Massini ha concluso il suo intervento ricordando Pietro Nava, il rappresentante di commercio testimone oculare dell'omicidio del giudice Rosario Livatino, di fatto il primo testimone di giustizia, costretto a lasciare tutto, cambiare nome e vivere all'estero perché minacciato di vendetta. "La civiltà è coraggio - ha concluso -. E questo episodio ne è la dimostrazione".
Lo ha detto Stefano Massini rivolgendosi agli studenti a Firenze nell'intervento che ha concluso l'evento della Regione Toscana per commemorare la strage dei Georgofili del 27 maggio 1993. Un giorno che il drammaturgo Massini, allora 17enne, ha ricordato in questo modo: "Ero a scuola e ci dissero che era esplosa una caldaia vicino agli Uffizi", "poi arrivò la notizia che non era così, che non era stata una caldaia e che c'erano dei morti".
Allora, ha aggiunto, "ero un cretino perché in quel momento la prima cosa che mi venne in mente, non fu l'indignazione, il senso civico, il disprezzo o la paura. No, la prima cosa che mi passò in mente fu che, siccome il giorno dopo l'insegnante di scienze naturali aveva previsto il compito in classe e noi non volevamo farlo, c'era andata benissimo perché saremmo andati alla manifestazione".
Manifestazione, ha proseguito, "dove mi resi conto che cosa era accaduto e del fatto che questa cosa mi riguardava; in qualche modo quell'attentato era stato un attentato anche contro di me".
Massini ha concluso il suo intervento ricordando Pietro Nava, il rappresentante di commercio testimone oculare dell'omicidio del giudice Rosario Livatino, di fatto il primo testimone di giustizia, costretto a lasciare tutto, cambiare nome e vivere all'estero perché minacciato di vendetta. "La civiltà è coraggio - ha concluso -. E questo episodio ne è la dimostrazione".
Condividi
La funzionalità è stata disattivata perché si avvale di cookies (Maggiori informazioni)
Attiva i cookies
Attiva i cookies