Controlli inefficaci e solo parziali, standard ambientali e sociali non rispettati e lavoratori costretti a turni lunghissimi: nell’inchiesta condotta dall’agenzia di stampa Reuters sulla catena di controlli e ispezioni del settore della moda di lusso, “Inside luxury good’s broken audit system”, condotta anche in alcune aziende tra Firenze e Prato, è emerso che nel sistema di controlli effettuati sulla catena di produzione abbia diverse zone d’ombra.
Come riporta questa mattina il Corriere Fiorentino, infatti, Reuters ha scoperto, analizzando i documenti e, soprattutto, parlando con gli addetti e gli operai delle aziende terze che lavorano nell’indotto dell’alta moda, che i controlli che vengono effettuati periodicamente sono parziali e che tacciono di problematiche evidenti: come specifica il quotidiano, attualmente in Italia non esiste una legge che imponga alle aziende di condurre gli audit (ovvero i controlli sul rispetto delle regole procedurali in azienda) sulle imprese dell’indotto e di fornitura.
I controlli vengono sì effettuati, ma sono controlli parziali, dei quali, riporta il quotidiano citando le testimonianze dei lavoratori delle aziende fornitrici, le aziende vengono informate con anticipo, di modo che possano prepararsi e mostrarsi come pienamente in regola: una volta terminata l’ispezione, si torna alla regolarità.
Una regolarità, scrive il quotidiano, fatta di turni lunghissimi e precarietà (il settore della moda in Toscana sta attraversando un momento di grande crisi, e molte aziende stanno ricorrendo alla cassa integrazione per farvi fronte).
La situazione, per i lavoratori, sembra essere un minimo migliorata dopo la sindacalizzazione, che ha portato ad inquadramenti contrattuali regolari e a turni di lavoro ordinari, anche se la situazione rimane comunque molto difficile per i lavoratori dell’indotto, costretti a fare i conti con sfruttamento e precarietà in un settore che, negli ultimi tempi, sta facendo molta fatica ad andare avanti: nel 2024 in Toscana erano conteggiati circa 130mila addetti nel settore della moda, che genera un giro d’affari di cinque miliardi e mezzo di euro. Tuttavia la crisi ha colpito duramente l’ambito, che nei primi sei mesi dell’anno scorso ha registrato ben 135mila ore di cassa integrazione e 300 aziende che hanno chiuso i battenti.
Come riporta questa mattina il Corriere Fiorentino, infatti, Reuters ha scoperto, analizzando i documenti e, soprattutto, parlando con gli addetti e gli operai delle aziende terze che lavorano nell’indotto dell’alta moda, che i controlli che vengono effettuati periodicamente sono parziali e che tacciono di problematiche evidenti: come specifica il quotidiano, attualmente in Italia non esiste una legge che imponga alle aziende di condurre gli audit (ovvero i controlli sul rispetto delle regole procedurali in azienda) sulle imprese dell’indotto e di fornitura.
I controlli vengono sì effettuati, ma sono controlli parziali, dei quali, riporta il quotidiano citando le testimonianze dei lavoratori delle aziende fornitrici, le aziende vengono informate con anticipo, di modo che possano prepararsi e mostrarsi come pienamente in regola: una volta terminata l’ispezione, si torna alla regolarità.
Una regolarità, scrive il quotidiano, fatta di turni lunghissimi e precarietà (il settore della moda in Toscana sta attraversando un momento di grande crisi, e molte aziende stanno ricorrendo alla cassa integrazione per farvi fronte).
La situazione, per i lavoratori, sembra essere un minimo migliorata dopo la sindacalizzazione, che ha portato ad inquadramenti contrattuali regolari e a turni di lavoro ordinari, anche se la situazione rimane comunque molto difficile per i lavoratori dell’indotto, costretti a fare i conti con sfruttamento e precarietà in un settore che, negli ultimi tempi, sta facendo molta fatica ad andare avanti: nel 2024 in Toscana erano conteggiati circa 130mila addetti nel settore della moda, che genera un giro d’affari di cinque miliardi e mezzo di euro. Tuttavia la crisi ha colpito duramente l’ambito, che nei primi sei mesi dell’anno scorso ha registrato ben 135mila ore di cassa integrazione e 300 aziende che hanno chiuso i battenti.
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