Lo afferma uno studio dell'Irpet presentato ieri a Palazzo Strozzi Sacrati nell'ambito de 'La Toscana delle Donne'

Un terzo delle 50.000 imprese agricole toscane sono guidate da donne. Sono aziende strutturate, non attività secondarie. Molte lavorano nell'olivicoltura, frutticoltura e vitivinicoltura. L'aumento della loro presenza nel settore è frutto del processo di professionalizzazione che ha riguardato tutto il settore. Sono alcuni degli spunti emersi da una ricerca di Irpet (curata da Sara Turchetti e Natalia Faraoni) presentata ieri pomeriggio a Palazzo Strozzi Sacrati a Firenze, nel corso di un incontro, inserito all'interno de La Toscana delle donne, su sviluppo rurale e imprenditoria femminile.
    
Le aziende agricole femminili in Toscana si caratterizzano per una dimensione media più contenuta rispetto a quelle guidate da uomini (10 ettari contro 13,7). Il numero delle imprese al femminile non è aumentato rispetto al 2010, cresciuto invece il numero di ore lavorate dalle donne, rendendo di fatto le loro attività non secondarie, di integrazione del reddito, ma strutturate.

Lavorano in prevalenza nelle colture legnose agrarie mentre il vivaismo è un settore prettamente maschile. Molte lavorano nell'olivicoltura e nella frutticoltura; buone quote anche nella vitivinicoltura. Non lavorano molto per conto terzi, essendo molto più specializzate nelle attività non meccanizzate. L'incidenza delle donne che si dedicano ad attività connesse, come agriturismo ed energia solare, è leggermente superiore a quella maschile (16% contro 15%).

Sul fronte delle competenze, le imprenditrici mostrano livelli di istruzione variegati: il 24,8% ha un diploma tecnico agrario, e il 9,9% ha una laurea agraria, un dato superiore alla media maschile. Questi numeri evidenziano una crescente professionalizzazione delle donne nel settore. Nonostante i progressi, le imprenditrici devono affrontare ostacoli significativi, come la difficoltà di accesso al credito (57%) e la bassa redditività (47,8%).

L'indagine sottolinea anche una maggiore propensione delle donne a investire in sostenibilità, ad esempio, tramite pratiche di agricoltura biologica (37,1%) o riduzione degli input chimici (33,8%).

"Sono numeri incoraggianti - ha commentato la capo di Gabinetto del presidente Cristina Manetti - che mostrano un consistente aumento delle donne nel mondo agricolo. Un mondo che sta riscoprendo l'importanza della figura femminile, in particolar modo nella gestione di molte realtà. Con i bandi Feasr la Regione sta cercando di incentivare ancor più la loro presenza attraverso l'inserimento di criteri di premialità".
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