Dal vino all’oreficeria, l’economia della Toscana rischia di essere messa in difficoltà dalle misure commerciali del neo presidente americano, ma Giani frena: “Monitoriamo la situazione”

Il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump fa tremare i polsi all’export toscano, che negli Stati Uniti trova uno dei più importanti sbocchi commerciali.

L’annuncio dell’imposizione di dazi sulle merci europee, e quindi chiaramente anche toscane, non fa ben sperare aziende e imprenditori di casa nostra, che specialmente in alcuni settori come la moda sono già alle prese con crisi molto gravi, che le tensioni commerciali rischiano solo di aggravare.

Sul timore di dazi sulle merci straniere promesso da Trump però cerca di smorzare il presidente della Regione Eugenio Giani, che, come riporta questa mattina La Repubblica Firenze, ricorda che il tycoon già in passato aveva annunciato misure che poi non si sono concretizzate: in poche parole, il governatore predica calma.

Ma nonostante i tentativi di rassicurazione di Giani, è chiaro che l’imprenditoria toscana è preoccupata.
Il settore che, fra tanti, rischia di essere più penalizzato dalle misure protezionistiche americane è quello della moda, già alle prese con un grave calo delle vendite che con i dazi vedrebbe ulteriormente ridotto il proprio export, come spiega al quotidiano il presidente di Confindustria Toscana Nord Daniele Matteini: sarebbero in difficoltà anche arredamento e meccanica di precisione.

Dello stesso avviso il presidente di Confartigianto orafi Luca Parrini, che ritene insostenbili i dazi al 15% sui prodotti dell’oreficeria toscana, e la presidente di Assopellettieri Claudia Sequi.

Infine l’agroalimentare, con il vino e l’olio toscani che potrebbero essere fortemente danneggiati dall’imposizione di dazi, come ammonisce al quotidiano il presidente del consorzio Olio toscano Igp Fabrizio Filippi.

Per quanto riguarda Firenze nello specifico, la Camera di Commercio ha stimato che nel corso del 2024 il valore totale delle esportazioni verso gli States dovrebbe raggiungere e superare i cinque miliardi di euro: una vera e propria miniera d’oro che rischia di chiudersi sotto i colpi del protezionismo, in attesa che la diplomazia faccia il suo corso.
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