L'uomo è stato rinviato a giudizio per maltrattamenti in famiglia. Il processo si aprirà il prossimo 17 dicembre

Più di 40 anni di umiliazioni e vessazioni da parte del marito. E’ quanto accaduto ad una donna fiorentina che vivendo per tanto tempo in una condizione così dolorosa è caduta in depressione. Solo quando nel 2022 lui ha chiesto la separazione e l’ha costretta a lasciare la casa in cui vivevano, lei, assistita dall’avvocato Stefania Scarpati, lo ha denunciato. Un ragioniere di 75 anni rinviato a giudizio perchè accusato di maltrattamenti in famiglia. Il processo si aprirà il prossimo 17 dicembre.

Come riporta il Corriere fiorentino, i due si conoscono nel 1974 giovanissimi. Lei 15 anni operaia di Firenze, lui 24 ragioniere, originario di Bologna senza un lavoro stabile. Dopo tre anni di fidanzamento decidono di sposarsi. “La differenza di età è stata decisiva nel nostro rapporto: lui ha comandato e io sono stata remissiva” spiega la donna nella denuncia.

Poi il marito decide, dopo la nascita della prima di tre figlie, di abbandonare Firenze per vivere in casa dei suoi, in un piccolo centro della provincia di Bologna, quasi al confine con la Toscana. E ancora lui a spingere la moglie a rinunciare al lavoro in fabbrica per dedicarsi alla famiglia. “Dovevo essere sotto il suo controllo per sapere cosa facevo”, afferma la donna che trascorreva le giornate in compagnia della suocera, lavando, stirando e imparando a cucinare “come il marito pretendeva” e se sbagliava qualcosa, lui si infuriava.

“Ero assuefatta e non volevo ritornare dai miei genitori — ricorda la donna — Mi aveva isolato, non avevo amicizie perché non uscivo mai. Non potevo andare con le bambine in visita dai nonni a Firenze senza che lui mi accompagnasse e la stazione più vicina era a San Benedetto Val di Sambro, raggiungibile solo in pullman”.


Il ragioniere, hanno ricostruito le indagini, usciva da solo: andava al ristorante con gli amici, frequentava discoteche e tornava a tarda notte. Lei era costretta a elemosinare quanto necessario, si legge negli atti, per le più basilari esigenze personali. “Le mie richieste dovevano essere motivate e lui valutava l’effettivo bisogno». Quando lui le ha imposto di accogliere e accudire uno zio gravemente malato la moglie ha protestato. E ancora lui si è infuriato: «Non sei a casa tua e devi adattarti senza discutere”.


È stato allora che si è ammalata di depressione: “Per colpa sua sono dimagrita di 30 chili e volevo solo dormire”. Grazie però all’intervento dei genitori, ha ricominciato a vivere. L’ultima beffa, sei mesi prima della separazione: il marito l’avrebbe convinta a donargli un terreno edificabile, spacciandolo come un bene del valore di 400 euro.

Lei lo ha scoperto e anche questo raggiro è finito negli atti del processo. “Quando ho ascoltato questa storia mi è sembrato di essere catapultata negli anni 50 — commenta l’avvocato Scarpati — Il cambiamento culturale tanto auspicato non può prescindere dal passaggio nelle aule di giustizia”.


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