Rischio inquinamento per le falde acquifere nell’area intorno al deposito Eni di Calenzano (Firenze), dove il 9 dicembre 2024 un’esplosione ha provocato la morte di cinque operai, mentre i corsi d'acqua nei pressi dell'impianto sono contaminati. E' quanto emerge dalla consulenza tecnica che la procura di Pratoha affidato a febbraio al geologo Giovanni Balestri. La notizia dell'ipotesi del danno ambientale è riportata dalle cronache regionali di Repubblica e Corriere Fiorentino. La relazione sarebbe stata inviata dal procuratore capo di Prato Luca Tescaroli al ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, al sindaco della Città metropolitana Sara Funaro e al prefetto di FirenzeFrancesca Ferrandino.
Secondo quanto riportato dai quotidiani, il consulente avrebbe accertato che tramite una valvola azionabile manualmente, è possibile dirottare il refluo dalla vasca finale del ciclo depurativo al fosso Tomerello, in un alveo non cementato che permetterebbe quindi il trasferimento di eventuali contaminanti nella falda acquifera sottostante, con cui il fosso è in collegamento, ragioni per cui lo scarico non è autorizzato né autorizzabile. Le acque che devono essere allontanate dall’impianto Eni, previo passaggio al depuratore interno, possono essere scaricate solo nel torrente Garille, che ha invece alveo e sponde cementate per isolarlo dalle acque sotterranee.
E dalle analisi del 13 febbraio sarebbe emersa una costante presenza di idrocarburi nelle acque superficiali di fosso e torrente, con concentrazioni fino a sei volte superiori a quelle previste dall’autorizzazione. Inoltre sarebbe emersa l'assenza di presìdi contro il rischio idraulico: mancherebbe una recinzione atta a evitare l'ingesso di acque alluvionali dall'esterno e a contenerle entro il perimetro, senza farle poi tornare all'esterno.
Secondo quanto riportato dai quotidiani, il consulente avrebbe accertato che tramite una valvola azionabile manualmente, è possibile dirottare il refluo dalla vasca finale del ciclo depurativo al fosso Tomerello, in un alveo non cementato che permetterebbe quindi il trasferimento di eventuali contaminanti nella falda acquifera sottostante, con cui il fosso è in collegamento, ragioni per cui lo scarico non è autorizzato né autorizzabile. Le acque che devono essere allontanate dall’impianto Eni, previo passaggio al depuratore interno, possono essere scaricate solo nel torrente Garille, che ha invece alveo e sponde cementate per isolarlo dalle acque sotterranee.
E dalle analisi del 13 febbraio sarebbe emersa una costante presenza di idrocarburi nelle acque superficiali di fosso e torrente, con concentrazioni fino a sei volte superiori a quelle previste dall’autorizzazione. Inoltre sarebbe emersa l'assenza di presìdi contro il rischio idraulico: mancherebbe una recinzione atta a evitare l'ingesso di acque alluvionali dall'esterno e a contenerle entro il perimetro, senza farle poi tornare all'esterno.
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