Lo ha reso noto il procuratore Luca Tescaroli

La procura di Prato ha inviato avvisi di garanzia alla società Eni spa, e a nove persone - sette dirigenti di Eni e due della società appaltatrice Sergen - per le ipotesi, a vario titolo, di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e lesioni personali per l'esplosione del 9 dicembre 2024 al deposito Eni di Calenzano, che causò cinque morti e ingenti danni materiali. Lo ha reso noto il procuratore Luca Tescaroli.
Più precisamente, le nove persone fisiche, i sette dirigenti di Eni, più il datore di lavoro e il preposto alle attività di Sergen, sono indagati a vario titolo di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e lesioni personali, mentre l'Eni spa, sede di Roma, è indagata ai sensi della L.231 sulla responsabilità amministrativa in ordine ai reati di omicidio e lesioni.

Lo stesso procuratore ha reso noto che la procura ha deciso che si svolga un incidente probatorio, sulla base dei risultati investigativi raccolti durante la prima fase delle indagini.

Sulla base di quanto emerso dalle risultanze investigative, le esplosioni che si verificarono la mattina del 9 dicembre furono un "evento prevedibile ed evitabile" ha detto Tescaroli, aggiungendo inoltre che si trattò di un "errore grave e inescusabile", almeno sulla base dell'analisi della documentazione di sicurezza rilasciata da Eni a Sergen e dalle attività della stessa Sergen "vale a dire la presenza di fonti di innesco, come il motore a scoppio di un elevatore" che "ha generato calore in un'area ad alto rischio in un momento in cui le operazioni di carico delle autobotti erano parallele alle attività di Sergen".

Le persone indagate sono Patrizia Boschetti, come datore di lavoro committente responsabile della struttura organizzativa e gestione operativa del centro Eni spa di Roma, Luigi Collurà dirigente con delega di funzioni sulla sicurezza del deposito Eni di Calenzano e Carlo Di Perna, responsabile manutenzioni e investimenti depositi Centro Eni spa.

Sono indagati poi Marco Bini, preposto Eni richiedente il permesso di lavoro che ha classificato l'attività di Sergen, Elio Ferrara, preposto Eni che ha autorizzato il rinnovo del permesso di lavoro a Sergen per il 9 dicembre 2024,  Emanuela Proietti responsabile del servizio prevenzione protezione (Rspp) di Eni, Enrico Cerbino, responesabile del progetto esterno (project manager external) per le Manutenzioni e investimenti depositi Centro (Eni), Francesco Cirone, datore di lavoro e Rspp della impresa esecutrice Sergen srl di Viggiano (Potenza), Luigi Murno, preposto della Sergen.

Nell'annunciare l'invio degli avvisi di garanzia, Tescaroli ha detto che i reati ipotizzati sono stati "commessi" dai rappresentanti dell'organo dirigente di Eni "Patrizia Boschetti e Luigi Collurà e dagli altri indagati, inseriti nella struttura di Eni, Di Perna, Bini, Ferrara e Proietti, nell'interesse e a vantaggio di Eni, in assenza del modello organizzativo, adottato prima dei fatti, che contenesse misure precauzionali volte a impedire la situazione di rischio prevedibile e evitabile che ha prodotto le esplosioni e l'incendio, tipologia di evento che Eni spa, secondo il metodo statistico utilizzato, aveva classificato con una probabilità di accadimento molto bassa".

La Procura di Prato afferma che "per interesse e vantaggio, quindi" Eni e i suoi dirigenti hanno "permesso la contemporaneità dell'attività lavorativa di manutenzione e di carico di autobotti nella stessa area sotto le pensiline, senza interrompere i carichi delle autobotti, agevolando così - sostiene il procuratore Tescaroli - il mantenimento della produttività funzionale all'attuazione delle strategie imprenditoriali dettate dalla stessa casa madre Eni spa ed escludendo la necessità di dilatare i tempi di attesa degli autisti mentre avvengono manutenzioni lungo le pensiline di carico".    

Tale modalità, sottolinea la procura, "è risultata indistintamente comune a tutti i depositi, non avendo rilevato specifiche ulteriori sulla documentazione di Eni spa, sicché l'interesse e il vantaggio sono ancor più ampliati su scala nazionale".
 
Eni prende atto delle informazioni di garanzia annunciate ed emesse oggi dalla Procura di Prato in relazione all'incidente al deposito di Calenzano e "conferma, come fatto finora, la propria piena e totale collaborazione all'autorità giudiziaria, con la volontà prioritaria di contribuire a individuare le cause e le dinamiche ad esse associate all'origine dell'incidente".

Lo si legge in una nota in cui la stessa Eni "conferma altresì il proprio impegno al risarcimento dei parenti dalle vittime dell'incidente e, con la maggiore tempestività possibile consentita dai tempi dalle attività di perizia, dei danni civili sul territorio, in avanzato stato di definizione complessivo."

Il gruppo petrolifero ricorda poi che "come appreso, gli avvisi hanno riguardato responsabili e operatori di aree tecnico operative della Direzione Refining Revolution and Transformation di Eni legate alle attività del deposito, esponenti della ditta fornitrice Sergen, nonché la stessa Eni SpA per la responsabilità ex Legge 231, e consentiranno il proseguo delle attività investigative anche con il coinvolgimento dei soggetti interessati". 

Nelle indagini, ha spiegato il procuratore capo Luca Tescaroli, sono emerse condotte di responsabilità oggettiva da parte di Eni s.p.a.

La società "è oggetto di illecito amministrativo" anche "per la condotta di uno dei nove indagati, il quale avrebbe tentato in qualche modo di ostacolare le indagini" sulle cause dell'esplosione creando una cartella documentale emersa più di un mese dopo l'esplosione. Nella cartella, con documenti e appunti che compaiono per la prima volta il 27 gennaio, si dà conto della richiesta di Eni a Sergen di rimuovere due valvole.

Durante una perquisizione del 31 gennaio 2025 a un tecnico la procura di Prato ha trovato una cartella con documenti e appunti, che compaiono per la prima volta con data del 27 gennaio 2025, in cui la Sergen srl avrebbe ricevuto da Eni spa delle indicazioni per fare interventi non dovuti a due valvole (la rimozione), lungo l'area in cui partì l'avaria che causò la prima esplosione seguita da altre tre (furono quattro in tutto).      

Sul punto, una portavoce di Eni ha voluto precisare che "con riferimento alle dichiarazioni rese da alcuni rappresentanti politici, Eni smentisce categoricamente di aver mai compiuto alcun tentativo di insabbiamento o intralcio delle indagini sull'incidente di Calenzano, ma di aver sempre prestato all'autorità giudiziaria la massima collaborazione".

"Tale documentazione - ha spiegato Tescaroli - non avrebbe dovuto esserci a valle oltre un mese dopo l'incidente" e il non averli scoperti "avrebbe potuto ostacolare" le indagini nella loro ricostruzione tecnica generale. Tali documenti graverebbero sul comportamento, sulla condotta penalmente rilevante, di uno dei nove indagati nella vicenda".

Il procuratore ha spiegato che "se le pompe" di carico delle autobotti al deposito Eni di Calenzano "fossero rimaste chiuse come dovevano dalle ore 9 alle ore 15 del 9 dicembre 2024, sarebbero andati persi circa 255.000 euro di guadagni".
     
Nelle ipotesi di accusa a carico di Eni spa, il procuratore capo di Prato rileva che che "gli interventi di manutenzione, quel giorno, non potevano e non dovevano essere portati avanti in presenza del normale carico delle autocisterne".

Tra gli elementi per cui, invece, fu continuato a pompare benzina e gasolio nelle linee di carico e proseguì il flusso di camion cisterna mentre venivano fatte attività di manutenzione accanto, viene considerato dall'inchiesta anche il vantaggio economico stimato per quella giornata in quel deposito di Calenzano.

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