Uno studio della Cisl Toscana ha rilevato che due occupati su tre lavorano con contratti part-time nella ristorazione, un orario ridotto che "non hanno scelto, ma subiscono", sostiene il sindacato.
"Le aziende - afferma Alessandro Gualtieri, segretario generale della Fisascat-Toscana - risolvono così i loro problemi di flessibilità, ma si crea lavoro povero. Vanno trovate soluzioni contrattando e con la bilateralità" mentre "il salario minimo è del tutto inefficace".
Un'indagine svolta da Istel e Fisascat-Cisl Toscana su un campione di 130 addetti - età media 44 anni, 81,5% donne -, ha riguardato la ristorazione collettiva (mense) ha evidenziato che il 66,9% di loro "subisce il part-time" mentre tra il 33,1% che invece ha scelto l'orario ridotto "la metà circa lo ha fatto per una decisione valoriale (avere più tempo per sé e per la famiglia), l'altra metà per problemi legati ai servizi alla famiglia: troppo costosi, con orari rigidi, non adeguati per conciliarsi con un lavoro full-time".
La maggior parte sono da molti anni nella stessa azienda, quindi hanno un lavoro stabile, ma parziale. Inoltre, l'indagine spiega che "si fa ampio ricorso alla flessibilità oraria: al 74% degli addetti viene abitualmente chiesto lavoro supplementare, al 69% è di prolungare l'orario di lavoro della giornata, al 56% di modificare i turni, non sempre con adeguato preavviso".
In molti casi gli addetti di questo settore, pur con un part-time hanno orari misti o spezzati e quindi, pur lavorando poche ore sono 'impegnati' per l'intera giornata. Il 46,2% delle intervistate ha sempre lavorato a tempo parziale, aggiungendo al rischio di povertà lavorativa oggi, quello di povertà previdenziale all'età della pensione.
"Con il ricorso al part-time - dice Alessandro Gualtieri, segretario generale della Fisascat-Toscana - le aziende hanno flessibilizzato il lavoro, rispondendo alle proprie esigenze, ma creando spesso nuovi lavoratori poveri: le responsabilità sono anche in capo ai committenti di certi servizi come accade per le mense. La presenza di lavoro povero nel turismo dipende da questo e dalla stagionalità, che per tanti lavoratori sono una condizione subita. E' evidente che parlare di salario minimo in questo settore è solo abusare di uno slogan perché sarebbe una misura totalmente inefficace", invece "bisogna cercare soluzioni attraverso la contrattazione e la bilateralità. Le imprese devono capire che non possono scaricare tutto il peso sui dipendenti".
In generale in Toscana, è stato spiegato dalla Cisl sulla base di dati di altri enti, l'incidenza del lavoro part-time è del 19,7% sul totale degli occupati, oltre due punti percentuali in più rispetto alla media nazionale: 248.000 donne (il 77,4% del totale e per cui è una modalità di lavoro diffusa in tutte le fasce di età) e uomini (tra i quali è diffuso soprattutto tra i più giovani) che lavorano con orario ridotto.
Al part-time si fa ricorso in percentuali molto diverse a seconda del settore, a conferma che si tratta più di una modalità imposta dai datori di lavoro che richiesta dai lavoratori (secondo l'Osservatorio Inps/settore privato): 9,2% nelle costruzioni, 16,4% nel manifatturiero, 38,2% nel commercio, 50,6% nei servizi di alloggio e ristorazione.
L'Istat stima nel 59,2% la quota di part-time involontario in Toscana (contro il 57,9% italiano). Infine, sul totale degli occupati toscani, uno su 10 ha un contratto part-time, ma vorrebbe lavorare full-time, a tempo pieno.
"Le aziende - afferma Alessandro Gualtieri, segretario generale della Fisascat-Toscana - risolvono così i loro problemi di flessibilità, ma si crea lavoro povero. Vanno trovate soluzioni contrattando e con la bilateralità" mentre "il salario minimo è del tutto inefficace".
Un'indagine svolta da Istel e Fisascat-Cisl Toscana su un campione di 130 addetti - età media 44 anni, 81,5% donne -, ha riguardato la ristorazione collettiva (mense) ha evidenziato che il 66,9% di loro "subisce il part-time" mentre tra il 33,1% che invece ha scelto l'orario ridotto "la metà circa lo ha fatto per una decisione valoriale (avere più tempo per sé e per la famiglia), l'altra metà per problemi legati ai servizi alla famiglia: troppo costosi, con orari rigidi, non adeguati per conciliarsi con un lavoro full-time".
La maggior parte sono da molti anni nella stessa azienda, quindi hanno un lavoro stabile, ma parziale. Inoltre, l'indagine spiega che "si fa ampio ricorso alla flessibilità oraria: al 74% degli addetti viene abitualmente chiesto lavoro supplementare, al 69% è di prolungare l'orario di lavoro della giornata, al 56% di modificare i turni, non sempre con adeguato preavviso".
In molti casi gli addetti di questo settore, pur con un part-time hanno orari misti o spezzati e quindi, pur lavorando poche ore sono 'impegnati' per l'intera giornata. Il 46,2% delle intervistate ha sempre lavorato a tempo parziale, aggiungendo al rischio di povertà lavorativa oggi, quello di povertà previdenziale all'età della pensione.
"Con il ricorso al part-time - dice Alessandro Gualtieri, segretario generale della Fisascat-Toscana - le aziende hanno flessibilizzato il lavoro, rispondendo alle proprie esigenze, ma creando spesso nuovi lavoratori poveri: le responsabilità sono anche in capo ai committenti di certi servizi come accade per le mense. La presenza di lavoro povero nel turismo dipende da questo e dalla stagionalità, che per tanti lavoratori sono una condizione subita. E' evidente che parlare di salario minimo in questo settore è solo abusare di uno slogan perché sarebbe una misura totalmente inefficace", invece "bisogna cercare soluzioni attraverso la contrattazione e la bilateralità. Le imprese devono capire che non possono scaricare tutto il peso sui dipendenti".
In generale in Toscana, è stato spiegato dalla Cisl sulla base di dati di altri enti, l'incidenza del lavoro part-time è del 19,7% sul totale degli occupati, oltre due punti percentuali in più rispetto alla media nazionale: 248.000 donne (il 77,4% del totale e per cui è una modalità di lavoro diffusa in tutte le fasce di età) e uomini (tra i quali è diffuso soprattutto tra i più giovani) che lavorano con orario ridotto.
Al part-time si fa ricorso in percentuali molto diverse a seconda del settore, a conferma che si tratta più di una modalità imposta dai datori di lavoro che richiesta dai lavoratori (secondo l'Osservatorio Inps/settore privato): 9,2% nelle costruzioni, 16,4% nel manifatturiero, 38,2% nel commercio, 50,6% nei servizi di alloggio e ristorazione.
L'Istat stima nel 59,2% la quota di part-time involontario in Toscana (contro il 57,9% italiano). Infine, sul totale degli occupati toscani, uno su 10 ha un contratto part-time, ma vorrebbe lavorare full-time, a tempo pieno.
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