Domani alle 20, quando terminerà Atalanta-Fiorentina, saranno passati 1016 giorni da quel Fiorentina-Cosenza in cui Vincenzo Italiano debuttò sulla panchina viola (4-0 ndr). Triennio in cui il tecnico gigliato ha guidato la Fiorentina per 161 volte, domani sarà la 162°, mettendo a referto 78 vittorie, 34 pareggi e 49 sconfitte. Più o meno, perché poi ci sarebbero da considerare quelle gare finite in pareggio ma vinte o perse ai supplementari, tipo, appunto, mercoledì scorso ad Atene. La media punti di Italiano a Firenze, prima dell’inutile partita di Bergamo, è di 1,66 a partita considerando tutte le competizioni, di poco inferiore a quella di Montella che chiuse a 1,80 e vicina a quella di Prandelli che nel suo primo ciclo si fermò con 1,72 di media. Va da sé come debbano essere fatte le debite differenziazioni del caso, perché un conto è fare tre punti in Champions League, magari vincendo ad Anfield Road, altri è fare gli stessi tre punti ma in Conference League vincendo con l’Rfs Riga, così come andrebbero considerate le diverse rose a disposizione. Un conto è avere davanti Toni, Pepito Rossi o Gilardino, un altro è avere Nzola, Piatek o Cabral, un conto è avere Joaquin, Cuadrado e un altro è avere Brekalo, Ikoné e quelli che ha avuto in questo triennio la Fiorentina. Ma tant’è.
Quella di Bergamo sarà l’ultima panchina di Italiano da allenatore viola, ‘the last dance’, con la bacheca della Fiorentina che è rimasta identica a 1016 giorni fa nonostante le 3 finali disputate, di cui due europee di fila, ma perse, oltre ad altre due semifinali di Coppa Italia. L’ultima panchina, per la felicità dei suoi più acerrimi contestatori, quelli per cui Italiano doveva far difendere meglio la sua Fiorentina, che ‘si prende sempre i soliti gol’ per colpa della difesa alta, con l’Atalanta ultimamente in Coppa Italia così come col West Ham un anno fa, o qui e là. Poi, però, ripensandoci, ma come hanno fatto Kouame e Jack a sbagliare quei gol lì ad Atene? Come hanno fatto i viola a fare solo un gol all’andata con l’Atalanta? Come diavolo è possibile?
Ecco, sì, ok, in parte tutto vero quello che si è detto su questo triennio di Italiano, ma a onor del vero, se davanti non fossero stati sbagliati tutti i centravanti, se per fare un gol non fossero serviti valanghe di tiri, magari sarebbe stato più semplice e una delle tre finali sarebbe finita in maniera differente.
Sarebbe, forse, chissà, il se e il ma d’altronde, è il patrimonio dei bischeri e quindi, tornando alla premessa, quello slogan del difendere bene e attaccare benissimo lo si è visto soprattutto nel primo anno quando, guarda caso, c’era Vlahovic davanti autore di 17 gol in 20 giornate, poi…qualche buona e bella partita, risultati, soprattutto in Europa, ma poi…niente trofei. 1016 giorni dopo siamo giunti all’epilogo, un percorso fatto di momenti difficili, di qualche contestazione ma anche di sostegno e il più volte sentito ‘oh vincenzo portaci la coppa’, che è rimasto uno slogan, perché quelle coppe sono andate sempre altrove.
Resta l’esserci arrivato tre volte in finale, vero, ‘se, ma’ e bischeri bis. L’epilogo era ed è inevitabile. Tanto, diciamocelo pure: se Italiano avesse fatto catenaccio sarebbe stato criticato, se avesse fatto giocare la sua Fiorentina tutta all’attacco idem, se avesse fatto l’80% di possesso palla sarebbe stato criticato, se avesse fatto il 20% idem. Quindi, giusto dirsi addio. Peccato che il saluto debba arrivare con l’ennesima delusione.
E, attenzione: non trattasi solamente di un elogio per quanto fatto e per una critica di chi lo ha soltanto criticato, ma…che tutto quanto di non positivo è successo alla Fiorentina sia accaduto solo per colpe di Italiano, bè, ci sembra un po’ ingeneroso. The last dance, 1016 giorni dopo. Si volta pagina. Italiano saluta, toccherà al suo successore provare a far meglio, così come alla società permettergli di farlo, cosa che non è del tutto e sempre successa, come nell’ultimo mercato invernale quando la Fiorentina era quarta.
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