Sembra di essere in un film di azione, leggendo “La seconda guerra di Malavita” (Edarc Edizioni) di Valerio De Lorenzo, presentato alla Florence University of Arts con Angelo Rizzone direttore della Libreria Gioberti.
Dopo un prosecco di benvenuto, Valentina Monacò ha fatto gli onori di casa per la FUA introducendo l’autore. “La mia passione per l’argomento nasce da libri e film”, ha iniziato De Lorenzo. “Racconto quello che succede nelle periferie più disastrate di Messina, ma senza folclore. Sono nato in una strada elegante che, però, porta a un quartiere malfamato. Là, quando ero ragazzo, molti miei compagni erano mariuoli o figli di mariuoli”.
Il protagonista del libro si chiama Culonero e tenta di annientare il rivale Tarzanetto “Ho scoperto che nella malavita messinese c’è stato davvero uno soprannominato Culonero, ma era marginale alle vicende criminose, mentre il mio personaggio è un capo a tutti gli effetti”.
Come definire questo libro?
“Una specie di hard boiled alla Raymond Chandler e Mickey Spillane in salsa siciliana. La struttura delle frasi riprende il modo di parlare, ma ci sono pochissimi termini dialettali. È il mio secondo libro. Il primo, storico, “Memorie della città guerriera”, è sempre ambientato a Messina, che ho lasciato a 25 anni per venire a Firenze”.
Ci sono altri modelli letterari?
“Auguste Le Breton e Harry Grey, autore del romanzo da cui è tratto C’era una volta in America. Mi piacerebbe avvicinarmi all’inarrivabile Mario Puzo, autore de Il padrino. Come scrittori siciliani, sono un grande lettore di Camilleri, ma lui con il commissario Montalbano sta dalla parte dei buoni, io invece, letterariamente, sto coi cattivi”.
Qual è il punto di vista del romanzo?
“A me interessava raccontare di bande criminali organizzate che lottano per il predominio di zone cittadine, per emulare le grandi bande del passato. Ci sono anche poliziotti e magistrati, ma come contorno alla loro storia. E un giornalista perplesso se seguire il suo intuito e denunciare le malefatte o conviverci facendo finta di nulla”.
Ci sono anche delle figure femminili?
“Naturalmente! Potrebbero sembrare decorative e succubi del mondo maschile, ma alla fine anche loro determinano lo svolgimento delle vicende”.
Dopo un prosecco di benvenuto, Valentina Monacò ha fatto gli onori di casa per la FUA introducendo l’autore. “La mia passione per l’argomento nasce da libri e film”, ha iniziato De Lorenzo. “Racconto quello che succede nelle periferie più disastrate di Messina, ma senza folclore. Sono nato in una strada elegante che, però, porta a un quartiere malfamato. Là, quando ero ragazzo, molti miei compagni erano mariuoli o figli di mariuoli”.
Il protagonista del libro si chiama Culonero e tenta di annientare il rivale Tarzanetto “Ho scoperto che nella malavita messinese c’è stato davvero uno soprannominato Culonero, ma era marginale alle vicende criminose, mentre il mio personaggio è un capo a tutti gli effetti”.
Come definire questo libro?
“Una specie di hard boiled alla Raymond Chandler e Mickey Spillane in salsa siciliana. La struttura delle frasi riprende il modo di parlare, ma ci sono pochissimi termini dialettali. È il mio secondo libro. Il primo, storico, “Memorie della città guerriera”, è sempre ambientato a Messina, che ho lasciato a 25 anni per venire a Firenze”.
Ci sono altri modelli letterari?
“Auguste Le Breton e Harry Grey, autore del romanzo da cui è tratto C’era una volta in America. Mi piacerebbe avvicinarmi all’inarrivabile Mario Puzo, autore de Il padrino. Come scrittori siciliani, sono un grande lettore di Camilleri, ma lui con il commissario Montalbano sta dalla parte dei buoni, io invece, letterariamente, sto coi cattivi”.
Qual è il punto di vista del romanzo?
“A me interessava raccontare di bande criminali organizzate che lottano per il predominio di zone cittadine, per emulare le grandi bande del passato. Ci sono anche poliziotti e magistrati, ma come contorno alla loro storia. E un giornalista perplesso se seguire il suo intuito e denunciare le malefatte o conviverci facendo finta di nulla”.
Ci sono anche delle figure femminili?
“Naturalmente! Potrebbero sembrare decorative e succubi del mondo maschile, ma alla fine anche loro determinano lo svolgimento delle vicende”.
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