Il come eravamo di una generazione speciale. I “ragazzi” di sinistra cinquanta anni dopo

Ho conosciuto Massimo Gramigni nel giugno del 1979, lui era l’organizzatore con Radio Centofiori dell’eccezionale concerto allo stadio di Dalla e De Gregori, io un ragazzo che voleva fare a tutti i costi il giornalista e che si era messo in testa di intervistare “quelli importanti”, non importa per quale radio, comunque concorrente alla sua.

Non ci fu niente da fare, arrivai ad un passo da De Gregori, ma poi arrivò Massimo e l’intervista svanì.

C’è voluto del tempo per farmi sbollire la rabbia, un tempo passato ad ammirare tutto quello che stava costruendo, qualcosa di unico nel frastagliato e litigioso mondo fiorentino, ancora più frammentato quando si parla di organizzazione di eventi e spettacoli.

Oggi Massimo è un gigante del suo mondo insieme al suo socio da sempre Claudio Bertini, anche se non vuole sentirselo dire, ma oltre mezzo secolo fa era uno di quelli che credeva che si potesse vivere in un mondo migliore e si dava molto da fare.

Aveva quel “senso di appartenenza a una razza che voleva spiccare il volo per cambiare veramente la vita”.

E con lui migliaia di ragazzi che io vedevo muoversi sicuri e che oggi sono nonni, chissà quanto disillusi.

Tra pochi giorni questa generazione che non credo abbia perso, nonostante quello che pensa l’immenso Gaber, si ritrova a casa di Massimo, al Tuscany Hall e per questo gli ho chiesto di raccontarmi com’erano loro negli anni settanta e cosa è lui oggi. E lo ringrazio di averlo fatto per firenzedintorni.it

David Guetta


Ho partecipato a quattro incontri di preparazione all’evento del 10 febbraio, di cui due al Tuscany Hall nel ridotto, ritrovando molti compagni che dal 1972 giorno della mia iscrizione al PCI, mi hanno educato.

Scrissi a suo tempo che grazie a quella scelta (la più bella della mia vita)  oggi sono un sessantaseienne fortunato perché  faccio un mestiere che amo da 45 anni e lo faccio con un socio al 50% dal 1981.
In più, sono sposato dal 1986 con Caterina, credo insomma di essere sempre stato fedele ai miei principi. 
Penso che la nostra militanza abbia seminato un orto, in cui ci sono ancora semi fertili. 
E allora ritroviamoci per consegnare questo orto si nostri figli e nipoti perché se lo meritano.
Quando alla fine “bene o male faremo due conti” scopriremo che questo orto vale più della bilancia che misura le nostre diversità sull’ oggi e sul futuro.

La Festa dell’ Unità nazionale del 1975 mi ha insegnato cosa fosse il lavoro di gruppo per un ragazzo che allora aveva appena diciotto anni.

I tre articoli di Enrico Berlinguer sul compromesso storico usciti su Rinascita mi hanno insegnato a leggere (stupidamente la scuola è stata distante da me e io da lei).
Affiggere tantissimi manifesti vota PCI mi ha insegnato ad essere bravo a fare la colla.

Ho un permanente senso di riconoscenza verso chi mi ha permesso di imparare ed essere, proprio grazie a queste esperienze, socio in 10 imprese di spettacolo, con 60 dipendenti.

Ai miei figli avrò dato poca presenza come padre, però sono consapevoli che a 15 anni ho scelto da che parte stare del mondo, quella giusta, almeno secondo me.

Massimo Gramigni






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