"Siamo di fronte all'ennesimo fallimento dello Stato, una tragedia annunciata. Oggi un uomo si è tolto la vita nel carcere della Dogaia, è il quarto suicidio dall'inizio dell'anno. Nonostante le continue promesse del governo e le passerelle degli esponenti della destra, a Prato non è arrivato nulla. Cosa deve ancora succedere per dimostrare che siamo di fronte a una vera e propria emergenza?". Lo dichiara in una nota Marco Biagioni, segretario Pd a Prato, dopo il suicidio di un detenuto italiano di 50 anni nel carcere cittadino de La Dogaia. E' il quarto suicidio nel penitenziario di Prato.
Sul fatto interviene anche il portavoce della segreteria regionale del Pd della Toscana, Diego Blasi. "Quante vite si devono ancora interrompere prima che il governo si decida ad intervenire con azioni mirate? - afferma in una sua nota - Dallo scorso agosto, quando un altro detenuto si tolse la vita, nulla è cambiato. La situazione alla Dogaia è la stessa, identica a quella in cui riversa la maggior parte delle carceri italiane: le condizioni di vita dei detenuti sono insostenibili, tra cimici nei letti e blatte, oltre a problemi strutturali che rendono l'edificio troppo caldo d'estate e freddo d'inverno. A questo si aggiungono i problemi legati al sovraffollamento e ad un supporto psicologico per i detenuti che è evidente non sia sufficiente, oltre alle condizioni in cui è costretto a lavorare il personale sanitario e la Polizia penitenziaria".
"C'è un'emergenza che il governo italiano non vuole affrontare e sanare - conclude -, contribuendo così a rendere il carcere non più luogo dove chi commette reati ha la possibilità di essere riabilitato e reinserito nella società, ma vere e proprie strutture della morte dove non vengono rispettati i basilari diritti umani".
Sul fatto interviene anche il portavoce della segreteria regionale del Pd della Toscana, Diego Blasi. "Quante vite si devono ancora interrompere prima che il governo si decida ad intervenire con azioni mirate? - afferma in una sua nota - Dallo scorso agosto, quando un altro detenuto si tolse la vita, nulla è cambiato. La situazione alla Dogaia è la stessa, identica a quella in cui riversa la maggior parte delle carceri italiane: le condizioni di vita dei detenuti sono insostenibili, tra cimici nei letti e blatte, oltre a problemi strutturali che rendono l'edificio troppo caldo d'estate e freddo d'inverno. A questo si aggiungono i problemi legati al sovraffollamento e ad un supporto psicologico per i detenuti che è evidente non sia sufficiente, oltre alle condizioni in cui è costretto a lavorare il personale sanitario e la Polizia penitenziaria".
"C'è un'emergenza che il governo italiano non vuole affrontare e sanare - conclude -, contribuendo così a rendere il carcere non più luogo dove chi commette reati ha la possibilità di essere riabilitato e reinserito nella società, ma vere e proprie strutture della morte dove non vengono rispettati i basilari diritti umani".
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