La candidata Sindaco Sara Funaro, che nel Comune di Firenze ricopre proprio la carica di Assessora al welfare, è da sempre molto attenta agli ultimi e alle politiche sociali. Un tema altrettanto centrale anche per Caterina Biti che - dopo aver ricoperto le cariche di Consigliera comunale, Assessora all'ambiente e Presidente del Consiglio a Palazzo Vecchio, oltre che di Senatrice con il PD nel 2018 - si candida per il Consiglio comunale, a sostegno proprio di Sara Funaro. Queste le sue parole in esclusiva ai nostri microfoni:
Quali sono le priorità da attuare dal punto di vista delle politiche sociali?
“Non lasciare nessuno da solo nel bisogno. Costruire reti di sostegno e cura più capillari possibile, anche immaginando figure che facciano da cerniera fra le varie Associazioni e il Comune di Firenze, quindi fra le istituzioni e tutta la rete del terzo settore. Le Associazioni sono strategiche e saranno l’interlocutore primario, prima di tutto per conoscere e di conseguenza intervenire.
La legge sul Terzo Settore ha delle criticità, certo, ma anche dei punti di forza: su questi bisogna lavorare andando prima di tutto a creare co-progettazione e co-programmazione e tessere la rete capillare necessaria per intercettare più persone possibile. In questo modo vogliamo che il maggior numero di situazioni di sofferenza, di povertà, di fragilità, di difficoltà siano viste e conosciute e si mettano in campo tutte le azioni per poterle risolvere”.
Peraltro in una regione come la Toscana e in una città come Firenze dove il terzo settore è in grande crescita e così come il numero delle organizzazioni…
“Sì, la Regione Toscana e il Comune di Firenze hanno da anni tra le priorità l'attenzione all'altro, soprattutto quando è in situazioni di fragilità e di difficoltà. La cura, l’accoglienza, la vicinanza sono valori fondanti di Firenze, della nostra tradizione e anche del Partito Democratico: sono le nostre priorità sulle quali continuare a investire idee e risorse per migliorare. È ovvio che il rapporto è stretto tra comuni e Regione anche in questo senso. Con il Covid prima e il PNRR dopo, per esempio, ci siamo resi conto di quanto le strutture territoriali debbano essere implementate e rafforzate. O costruite laddove non ci sono.
Parlando proprio delle risorse del PNRR, non possiamo non citare le ‘Case di comunità’ che saranno create, e che saranno veri e propri presidi che si prefiggono di tenere insieme sociale e sanitario, due aspetti spesso interconnessi. Questi luoghi saranno fondamentali per creare quella rete che si dovrà prendere cura di tutte le fragilità e le difficoltà: intercettare la ‘zona grigia’ sarà quanto mai essenziale, conoscere le situazioni in bilico e sostenere quelle persone sarà importante per non farle precipitare in condizioni di svantaggio e intervenire perché si rielevino verso una vita dignitosa. In questo modo una fascia di popolazione che rischia di necessitare assistenza con un'attenzione particolare può fare quel passo in avanti che gli permetta di uscire da una situazione ‘borderline’ e di partecipare in tutto e per tutto alla costruzione di una comunità dove si sta meglio”.
Un’altra delle categorie che ha grande necessità di assistenza è quella degli anziani, una categoria peraltro sempre in crescita. Recentemente a Novoli è stato inaugurata la prima struttura di senior housing, il Villaggio Novoli. Può questo tipo di strutture diventare un modello da replicare?
“Sì, sicuramente. Il calo demografico e il conseguente invecchiamento medio della popolazione sono fatti noti che interessano tutto il Paese. Anche questo è un tema che dovremmo affrontare come politica e come istituzioni. Ci sono sempre più anziani e quindi persone che, seppur contribuiscano tanto alla vita anche della città, avranno bisogno di attenzione particolare. Quindi quello a cui fa riferimento è uno di quei modelli nuovi e non è l’unico - cito in più solo il Villaggio Montedomini - da esportare e da far crescere indubbiamente”.
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