Il nostro aggiornamento su quello che una volta era un fiore all'occhiello della città

Undici mesi dopo il nostro ultimo sopralluogo, siamo tornati all’ex Ippodromo Le Mulina, nel cuore del Parco delle Cascine. Allora raccontammo di un’area in pieno degrado, abbandonata a se stessa e trasformata in rifugio abusivo. Oggi la situazione, purtroppo, non è molto cambiata. Ma qualcosa, almeno a livello amministrativo, si è mosso.

Il Comune di Firenze ha finalizzato il procedimento di decadenza della concessione affidata alla società Pegaso Srl, titolare dell’area da anni. L’annuncio ufficiale è arrivato negli scorsi mesi in Consiglio comunale dopo l’ennesimo sgombero di occupanti abusivi all’interno dell’ex ippodromo.

Il provvedimento è duro nei toni e chiaro nelle accuse: l’amministrazione prende atto di un inadempimento grave, sottolineando lo stato di “intollerabile abbandono e degrado” in cui versa l’intero complesso. Una situazione che “pregiudica la sicurezza e l’incolumità pubblica”, si legge nero su bianco.

È l’amaro bilancio di un decennio di promesse mancate. Dopo la concessione del 2015, finalizzata alla creazione di un parco per cavalli, nel 2016 arrivò già la prima revoca da parte del Comune. Ma la storia, come spesso accade in Italia, si è impantanata in una lunga battaglia legale: il TAR, poi il Consiglio di Stato.

Nel frattempo, nel 2023 parte dell’area è finita sotto sequestro per ragioni di sicurezza e degrado. La società aveva presentato un nuovo progetto di riqualificazione da 15 milioni di euro – con ristorante, studentato, museo del cavallo e spazi sportivi – ma tutto è rimasto lettera morta. Anzi, nel frattempo sono arrivati incendi, nuove occupazioni abusive, ulteriori segnalazioni di pericolo e degrado visibile a occhio nudo.

Adesso, con il procedimento di revoca, il Comune intende voltare pagina. Per ora, però, la situazione resta desolante. Cancelli sbarrati, strutture in rovina, silenzio rotto solo dal rumore della vegetazione che riconquista l’asfalto. L’ex ippodromo continua a raccontare il fallimento di un’idea. E chissà se alla prossima visita — tra undici mesi o magari prima — potremo raccontare una storia diversa.

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